L’agenda di lavoro multidisciplinare
della nostra società scientifica
The agenda for multidisciplinary work
of our scientific society

Il controllo efficace delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (IOS) è un fatto tutt’altro che compiuto. Lo scenario italiano in tema di IOS, nell’anno di grazia 2014, presenta molte ombre. Le rilevazioni compiute nel passato biennio a livello europeo (point prevalence study ECDC, sistema EARS-Net, EUCLID study, etc.) mostrano che nel Belpaese vi è una grande diversità sia dell’epidemiologia delle IOS sia degli interventi realizzati. Intuiamo, leggendo questi dati e incrociandoli con la nostra esperienza quotidiana, che la diversità rispecchia la frammentazione del nostro SSN su base regionale, ma anche la grande variabilità all’interno di singole regioni. Rileviamo con disappunto che esiste tuttora una scarsa affezione verso mezzi di prevenzione basilari come il gel alcolico; osserviamo con crescente preoccupazione l’ondata di piena delle infezioni da Clostridium difficile; prendiamo atto con frustrazione del colore “rosso fisso” che caratterizza l’Italia nelle mappe europee sull’antibiotico-resistenza. Probabilmente quest’ultimo fenomeno si pone come la maggiore criticità italica quando si parla di IOS. Un esempio esplicativo: un paziente che acquisisce un’infezione da enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE) non va solo incontro a un accidente, doloroso e costoso, del suo percorso di cura, ma rischia la vita perché la sua condizione clinica è difficilmente trattabile con i farmaci a disposizione. Il contesto generale, peraltro, non rassicura: si osserva il continuo de-finanziamento del SSN; il consumo territoriale di antibiotici, come risulta dall’ultimo rapporto OSMED/AIFA, è in aumento. È purtroppo in aumento anche il consumo mondiale di antimicrobici, in parte trainato dagli emergenti paesi “BRICS”, con gli inevitabili effetti di selezione di vecchi e nuovi microrganismi multi resistenti. In Italia cresce continuamente il contenzioso legale associato alle IOS e si moltiplicano le richieste di risarcimento, in molti casi (paradossalmente) proprio nei confronti delle strutture più impegnate nella prevenzione e che adottano le politiche più trasparenti in tema di eventi avversi.
Eppure, non tutto è da rigettare, paragonando l’attuale situazione a quella di 10-15 anni fa. Alcune regioni italiane (Emilia-Romagna in primis) hanno consolidato eccellenti programmi di sorveglianza e prevenzione di IOS e farmacoresistenze. Le metodologie di lavoro e i risultati conseguiti in queste regioni costituiscono un’utile base su cui i gruppi del controllo infezioni, sparsi per la Penisola sotto vari appellativi, possono lavorare per avviare le iniziative locali. Dopo anni di silenzio, il Ministero della Salute ha rilasciato un importante provvedimento che istituisce la sorveglianza nazionale delle infezioni gravi da CPE. Numerose realtà – sia regioni, sia aziende sanitarie locali – hanno implementato le misure del programma Clean Care Safer Care (WHO). La costituzione di gruppi locali o regionali dedicati al rischio infettivo, nell’ambito della gestione del cosiddetto rischio clinico, sta rappresentando per molti versi un’opportunità; certo, esiste la possibilità di sovrapposizione con i CIO o, addirittura, di eclissi delle competenze dei CIO dietro a strutture talvolta con profilo tecnico-amministrativo (più che sanitario) e con vocazione diversa. Occorre però dire che molti CIO della Penisola erano più sulla carta che effettivi, che alcune regioni non consideravano le IOS un problema ( sic) e che la questione rischio clinico ha contribuito a far accendere le luci su temi importanti, in passato sottovalutati. Su questo stimolo, gli obiettivi delle direzioni strategiche delle aziende sanitarie ora contemplano “ufficialmente” impegni di attivazione di sistemi di sorveglianza, di riduzione di determinate tipologie di IOS, di controllo (economico) dell’uso degli antibiotici. In questi anni, inoltre, è aumentata di molto la massa critica di sanitari che hanno maturato consapevolezza del problema IOS. Non si tratta più soltanto della solita “cerchia di amici” che ruota attorno ai CIO ma, spesso, di operatori coinvolti nell’insuccesso di un caso clinico per un’infezione inattesa, nei numerosi contenziosi, innescati dalla mutata epidemiologia delle IOS e dalla rilevanza che cittadini, associazioni e media attribuiscono al problema. Da ultimo, ancorché di una certa importanza, il discutibile sistema formativo ECM ha visto fiorire una gran mole di eventi, contribuendo ad aggiornare e consolidare argomenti generali in tema di IOS che l’ultra specializzato mondo sanitario sembrava, fino a qualche anno fa, poco propenso a recepire.
In questo quadro così composito, qual è l’azione che SImPIOS può e deve svolgere nell’immediato futuro? Diciamo subito che non si può parlare di singola azione, bensì di una moltitudine di attività, condotte con costanza dalle diverse professionalità che compongono il tessuto della nostra società scientifica. Sinteticamente, vediamo le aree di intervento possibili e alcune linee di sviluppo.
— Potenziare l’attività di formazione, condotta sia in modo diretto sia in associazione con partner. Oltre ai “classici” appuntamenti di SImPIOS (seminario e congresso nazionali) è necessario far crescere gli eventi regionali e locali (anche su argomenti ristretti, ma adottando un taglio applicativo, rivolgendosi a gruppi ristretti, preferenzialmente ripetendo piccoli eventi attrattivi); occorre ampliare l’offerta e i partecipanti dei corsi a distanza e ricercare nuove, più efficaci, modalità formative.
Collaborare in modo più stretto con le società scientifiche culturalmente più affini, sia per organizzare eventi formativi comuni (locali, regionali e nazionali) sia per promuovere interventi di sensibilizzazione su IOS e resistenze microbiche, preparare documenti di valenza istituzionale, lanciare survey.
— Collaborare in modo continuativo con le maggiori associazioni di pazienti e di cittadini sulle tematiche del miglioramento della qualità dell’assistenza, della sicurezza delle cure, della corretta comunicazione degli eventi avversi di natura infettiva, della gestione dei pazienti fragili nei contesti extra-ospedalieri.
— Potenziare la produzione di pratici documenti di orientamento (su singoli aspetti del controllo infezioni, di antimicrobial stewardship, diagnostica, etc.); questi documenti – prodotti attraverso l’attivazione di gruppi di lavoro ad hoc all’interno di SImPIOS – devono essere di facile e immediato uso nella pratica clinica e assistenziale.
— Migliorare in generale la “capacità di comunicazione” di SImPIOS, sia nei confronti dei propri associati che degli operatori sanitari comunque vicini alla visione della società. Consolidare il rapporto con questi ultimi. Aumentare la penetranza delle attività svolte e della tematica IOS nei media e nelle istituzioni. Sfruttare, eventualmente, a tal fine le opportunità offerte da alcuni social network.
— Accrescere il valore scientifico dell’associazione attraverso il disegno e la conduzione – “targati SImPIOS” – di uno o più studi multicentrici.
Nulla osta che a queste attività altre se ne possano aggiungere, in conformità a eventuali idee e proposte che il Consiglio Direttivo, i delegati regionali e i singoli associati vogliano formulare nei mesi a venire.
Quando, qualche tempo fa, alcuni colleghi hanno ventilato il mio nome come possibile candidato alla presidenza di SImPIOS, sono rimasto un po’ perplesso. Il dubbio si è trasformato in panico quando ho capito che la candidatura si traduceva in qualcosa di più. Ho cercato di adottare un’escape strategy preventiva: “Siete sicuri che abbia il profilo giusto per fare il presidente? SImPIOS è una società autorevole che in questi anni è stata rappresentata da prestigiose figure del mondo scientifico e sanitario italiano…”. Niente da fare: il Consiglio Direttivo è sovrano e ha deciso. “Sono a disposizione”, ho detto. “Cercherò di mettercela tutta”, ho pensato.
Rappresentare SImPIOS nel biennio a venire per me è un onore grandissimo.

Marcello Meledandri