Joseph Lister (1827-1912)

Le infezioni del sito chirurgico costituiscono oggi una temibile complicanza dell’intervento, evenienza però rara quando si rispettino le corrette procedure.
A metà del 1800 la mortalità per infezione era invece altissima (attorno al 50%) ed era accettata come rischio insito in qualsiasi intervento chirurgico. Il dato non stupisce se solo si pensi alle condizioni delle sale operatorie e ai comportamenti dei chirurghi a quell’epoca: sale gremite di studenti, chirurghi che operavano senza guanti (e spesso senza lavarsi le mani tra un’operazione e l’altra), utilizzando fasciature già usate e mal lavate e strumenti incrostati di sudiciume mischiato a residui biologici di precedenti interventi, puliti con un semplice panno sporco. Risultato? I pazienti morivano per quelle che noi oggi definiamo Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (IOS), ma che all’epoca erano ancora concettualmente sconosciute.
Alcuni medici cominciarono però ad interrogarsi su come evitare l’infezione post-operatoria ed ebbero le giuste intuizioni per identificare possibili rimedi: l’igiene delle mani, proposta da Ignaz Philipp Semmelweis per evitare la “febbre puerperale”, e l’antisepsi proposta da Joseph Lister per combattere la “gangrena ospedaliera”.
Il primo, come sappiamo, fece una fine tragica in manicomio, osteggiato e deriso dalla classe medica, il secondo, più fortunato, dopo un periodo in cui i colleghi cercarono di osteggiarlo e screditarlo, vide invece riconosciute le sue tesi, ospitate anche sulla rivista The Lancet (“Antiseptic Principle of the Practice of Surgery”, marzo 1867), e premiata la sua vita professionale con la nomina a presidente del “Royal College of Surgeons”, il titolo di baronetto elargito dalla regina Vittoria e la denominazione di Listeria al bacillo responsabile della listeriosi.
Il maggior merito di Lister è stato quello di aver applicato ai problemi chirurgici un approccio scientifico, unendo l’attività clinica alla ricerca, avendo come riferimento l’evidenza sperimentale.
Lister aveva osservato che i pazienti con fratture chiuse (in cui la cute rimane integra) sopravvivevano, mentre quelli con fratture esposte (in cui vi era una lacerazione della cute) sviluppava una cancrena che richiedeva l’amputazione dell’arto o portava in molti casi a morte. Lister aveva anche osservato che la gangrena era molto più diffusa tra i malati curati in ospedale che tra quelli curati nei casolari delle campagne inglesi. Queste osservazioni gli fecero pensare a qualcosa che penetrava nei tessuti dall’esterno e poteva essere trasmesso da un malato all’altro, in contrasto con l’opinione allora diffusa che la putrefazione dei tessuti fosse dovuta a gas venefici contenuti nell’aria (teoria del miasma). Così cominciò a lavarsi accuratamente le mani prima di operare e a prestare maggiore attenzione alla pulizia degli indumenti utilizzati.
La lettura delle opere del chimico francese Louis Pasteur, consigliatagli da Thomas Anderson, amico e collega universitario, confermò i dubbi sulla teoria del miasma. Pasteur aveva infatti dimostrato che la fermentazione alcolica di alcuni liquidi era dovuta a batteri presenti in essi e che la bollitura era in grado di arrestare il processo. Prima di Pasteur, gli scienziati ritenevano la fermentazione un fenomeno esclusivamente chimico. Il chimico francese riuscì invece a dimostrare il ruolo essenziale svolto dai microrganismi, e in particolare dal lievito, in questo processo. Osservò anche che la formazione di sostanze, quali l’acido acetico e l’acido lattico, che rendevano imbevibile il vino, era dovuta a microrganismi provenienti dall’esterno e scoprì che portando il vino in pochi secondi a una temperatura dai 50-60 °C era possibile impedirne la crescita.



Merito di Lister è stato intuire che i casi di cancrena post-chirurgica non erano dovuti a gas venefici e ipotizzare che nelle ferite avvenisse qualcosa di simile alla fermentazione studiata da Pasteur. Che fossero davvero i batteri i responsabili dell’insorgenza della cancrena? Bisognava però trovare un’alternativa al calore per impedire la putrefazione. Non potendo, ovviamente, bollire gli arti o le ferite dei malati Lister pensò di usare il fenolo (all’epoca chiamato acido carbolico e poi acido fenico, sostanza scoperta nel 1834 da Friedlieb Ferdinand Runge e ottenuta in forma pura da Auguste Laurent nel 1941), ed usata per combattere un parassita del bestiame e eliminare gli odori del liquame.
Lister utilizzò il fenolo inizialmente per detergere le ferite esposte per prevenire o arrestare la cancrena ed evitare l’amputazione: in soluzione acquosa al 5% per la disinfezione della cute e in soluzione oleosa per la medicazione delle ferite.
Visti i buoni risultati, nonostante un’azione irritante sulla cute sana attorno alla ferita, decise di estendere l’uso alla disinfezione della sala operatoria, dello strumentario, delle mani dei chirurghi, dell’aria atmosferica (sottoposta a irrorazione continua tramite un apposito spruzzatore da lui costruito).
E lo scrittore George Bernard Shaw dirà che “la fine del secolo sa di acido fenico”
La prima esperienza fu eseguita il 12 agosto 1865 e il metodo fu reso noto nel 1867 con la pubblicazione, già citata, su The Lancet, in cui compare per la prima volta il termine “antisepsi”.
Il passo successivo ha visto la nascita della chirurgia asettica, non alternativa, ma complementare a quella antisettica. L’antisepsi mirava a distruggere con agenti chimici i microrganismi, prima e dopo l’invasione della ferita. L’asepsi è invece, come la definiva lo stesso Lister “la condizione di una ferita dalla quale è assente la sepsi”.
Last but not least, Lister è stato anche un grande studioso e chirurgo. Si ricordano i suoi studi sull’infiammazione e sulla coagulazione del sangue. Ma anche l’introduzione nella pratica chirurgica di tubi di drenaggio e dei fili di sutura assorbibili (catgut). E lo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche per: litotomia, vene varicose, correzione di deformità ossee, mastectomia. Non sembra esagerato quanto affermano Dennis Pitt e Jean-Michel Aubain che lo hanno definito, in occasione del centenario della sua morte, “padre della moderna chirurgia” (Pitt D, Aubain JM. Joseph Lister: father of modern surgery. Canadian Journal of Surgery 2012;55(5):E8-9), aggiungendo che Joseph Lister “remains an inspiration for surgeons today”.

Antonio Goglio