Le precauzioni standard: cosa significano e cosa no
Standard precautions: what they mean and what does not

E.T. Curran
NHS National Service Scotland,
Health Protection Scotland

Le recenti linee guida per il controllo delle Enterobacteriaceae produttrici di carbapenemasi hanno messo in evidenza un punto critico per i Comitati di prevenzione e controllo delle infezioni (CIO): è erroneo e pericoloso dare per scontato che i professionisti dei CIO e gli operatori sanitari abbiano una comune comprensione di quello che il termine “precauzioni standard” significhi e quindi includa.
Cosa esattamente significhi questo termine differisce tra le recenti linee guida dell’OMS, dei CDC americani, dell’Agenzia scozzese e della linea guida inglese epic3.1-4
Questa situazione è pericolosa perché tali differenze possono condurre a incomprensioni e, potenzialmente, ad un vero danno. È giunto il momento per un consensus dei professionisti su un’unica definizione del termine “precauzioni standard”.

Breve sintesi delle precauzioni: da universali a standard
Nel 1988 i CDC hanno introdotto il termine “precauzioni universali” con l’obiettivo di prevenire l’esposizione occupazionale degli operatori sanitari ai virus a trasmissione ematica (BloodBorneViruses – BBVs).5 
Le precauzioni universali si applicavano al sangue e ad alcuni, ma non a tutti, liquidi biologici; dovevano essere applicate per tutti i pazienti, indipendentemente dal loro noto stato infettivo.
Nel 1996 i CDC sostituirono il termine “precauzioni universali” con “precauzioni standard”, con l’obiettivo di prevenire le infezioni nosocomiali sia nei pazienti sia negli operatori sanitari; le precauzioni standard prendevano in considerazione altri microrganismi oltre ai BBVs.6
I CDC hanno aggiornato la definizione di precauzioni standard nel 2007, includendovi a) nuovi elementi di igiene respiratoria, a seguito di quanto appreso nelle epidemie di SARS, b) le pratiche iniettive sicure, a seguito delle numerose epidemie da BBVs e altri microrganismi, conseguenza soprattutto di aghi e flaconi multiuso contaminati.2

Modifiche nella traduzione
Molte agenzie sanitarie hanno ora modificato le precauzioni standard dei CDC.
• Le precauzioni standard dell’OMS contengono ora un più limitato numero di azioni rispetto a quelle indicate dai CDC.1
• Le precauzioni standard pubblicate dall’Agenzia scozzese comprendono sia una politica sia una indipendente e aggiuntiva revisione della letteratura per fornire le prove di efficacia a supporto delle azioni richieste, che sono simili, ma non sovrapponibili, a quelle del modello CDC.3
• La linea guida epic34 ha recentemente aggiornato i principi standard per l’Inghilterra. Questo documento non prevede alcuni dei fondamenti delle precauzioni standard dei CDC, ma include informazioni critiche su molte procedure correlate a dispositivi medici ad alto rischio infettivo.
• Anche l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha raccomandato e promosso l’uso delle precauzioni standard, ma senza specificare cosa sia incluso in tale termine.7
Alcune variazioni di contenuto dei documenti citati si possono spiegare con il fatto che le diverse organizzazioni nazionali hanno differenti ruoli giurisdizionali, e da elementi differenti del mandato dato agli autori; ma questi sono problemi che possono essere superati. All’attuale conoscenza dell’autore, nessuna precauzione standard contiene azioni che possono essere omesse; esse devono essere tutte applicate, sempre.

Precauzioni basate sulla trasmissione
Le precauzioni basate sulla trasmissione sono applicate in aggiunta alle precauzioni standard quando i pazienti hanno il sospetto, o la conferma diagnostica, di una delle infezioni o dei microrganismi inclusi in una specifica lista. Per decidere se una persona necessita di precauzioni basate sulla trasmissione, deve essere fatta una valutazione del rischio per ciascun paziente al suo ingresso. Questa valutazione del rischio infettivo è, quindi, un’azione critica compresa nelle precauzioni standard. Questa valutazione va fatta per pazienti con diarrea, vomito, ferite infette, sintomi di possibile tubercolosi o ad alto rischio di essere portatori di microrganismi multifarmacoresistenti (MDROs), identificandoli come a rischio infettivo per gli altri; come conseguenza, in questi casi oltre alle precauzioni standard è necessario applicare queste precauzioni.

Valutazione continua delle precauzioni standard
Quando sorgono nuove sfide al controllo infettivo, come quello delle Enterobacteriaceae produttrici di carbapenemasi, gli estensori delle linee-guida devono determinare se qualche contenuto delle precauzioni standard necessita di un cambiamento (ad es. materiali o metodi per l’igiene delle mani). Se non ci sono prove di efficacia che portino a modificare le precauzioni standard, ciò dovrebbe essere esplicitamente affermato nella nuova guida. Enfatizzare l’importanza delle precauzioni standard con aggettivi quali “strette”, “efficaci”, “buone”, “eccellenti” o “forti” non è di alcun aiuto poiché ciò implica che esiste l’esigenza di praticarle in sicurezza solo se un rischio infettivo è riconosciuto, oppure che è accettabile non applicare sempre le precauzioni standard. E questo non è il caso: le precauzioni standard sono lo standard e devono essere praticate per ogni paziente e da ciascun operatore sanitario nell’ambito dell’assistenza sanitaria.
Il concetto è semplice: le precauzioni standard rappresentano ciò che deve essere fatto sempre, e che deve essere presente in tutti gli ambienti di assistenza sanitaria sempre, per ridurre al minimo il rischio di acquisire infezioni. Però, tradurre effettivamente questo in un linguaggio chiaro, conciso e accurato è difficile. 
Le linee-guida emesse dopo le epidemie da Pseudomonas spp in terapia intensiva neonatale hanno implicato azioni quali non travasare fluidi biologici nei lavandini.8 Questa azione è rilevante in tutti gli ambiti di cura e sempre; perciò essa dovrebbe essere incorporata nelle precauzioni standard.

Le precauzioni standard continuano ad evolvere
Le precauzioni standard sono evolute nel tempo dalla protezione degli operatori sanitari rispetto al rischio di acquisire BBVs alla protezione di operatori sanitari e pazienti da microrganismi esogeni, a quello che oggi è la protezione delle persone in ambiente di assistenza sanitaria dalle infezioni di origine sia esogena sia endogena. Nel tentativo di presentare una sintesi di facile comprensione delle precauzioni standard si propone la seguente definizione: le precauzioni standard sono progettate per prevenire la trasmissione crociata e l’infezione (incluse le infezioni da BBVs) quando si riceve assistenza sanitaria, quando la si pratica oppure quando si è soltanto presenti in un ambiente di cura.
Esse sono un insieme minimo di azioni che devono essere praticate in ogni ambiente di assistenza sanitaria e devono essere usate per ogni procedura di assistenza, sempre.
Ci sono tre categorie di azione.
• Azioni di base per assicurare un ambiente sicuro: azioni praticate su oggetti inanimati quali attrezzature, superfici ambientali e biancheria. Per esempio, un ambiente pulito, attrezzature ricondizionate e pronte per l’uso sul paziente successivo, lo smaltimento sicuro di rifiuti e di sangue e liquidi biologici.
• Azioni di base per l’assistenza sicura delle persone (ad es. quello che è praticato da e sulle persone), quali l’igiene delle mani, l’uso dei dispositivi di protezione individuale, il galateo respiratorio, la valutazione del paziente prima della sua sistemazione all’ingresso e una efficace procedura post-esposizione a sangue e liquidi biologici.
• Azioni di base per l’assistenza sicura delle persone sottoposte a procedure ad alto rischio infettivo. Ogni procedura che implica l’uso di un dispositivo invasivo o l’accesso a un’area corporea sterile presenta un alto rischio di infezione e dovrebbe essere evitata ogniqualvolta sia possibile. Quando tali procedure non possono essere evitate, dovrebbero essere praticate in modo tale da minimizzare i rischi. Rientrano in questa categoria le procedure sicure con dispositivi invasivi (comprese le endoscopie) e le pratiche iniettive sicure (comprese la preparazione di farmaci parenterali e la puntura lombare).
Questa è una sintesi nuova, ma presenta una semplice ripartizione di ciò che deve essere fatto sugli ambienti inanimati in ambito di assistenza sanitaria e sulle persone per prevenire le infezioni. 
Inoltre consente che nuove azioni siano inserite qualora rispondano al criterio della necessità che siano praticate su ogni paziente e sempre. Con l’inserimento delle procedure invasive nella terza categoria, esse possono essere rinominate per ciò che comportano per i pazienti: un alto rischio d’infezione. La prima e seconda categoria risultano sgombre da istruzioni per procedure che potrebbero non essere mai praticate in determinati ambiti di assistenza.

Chiamata all’azione
Questo breve articolo evidenzia che le precauzioni standard sono, al momento, tutto fuorché standard. Inoltre quello che deve far parte delle precauzioni standard continua a evolvere insieme alla comprensione dei mutamenti del rischio infettivo negli ambiti di assistenza. Per evitare che le Enterobacteriaceae produttrici di carbapenemasi divengano endemiche, precauzioni standard condivise devono divenire standard. Al momento non si parla un linguaggio comune a proposito delle precauzioni standard. Le linee guida nazionali e internazionali non dovrebbero decantare le precauzioni standard a meno che e fino a che esse non esplicitino quello che si intende con tale termine. C’è una buona ragione per raccogliere i principali esperti, compresi i clinici e gli esperti di fattori umani, per concordare cosa significa e cosa non significa il termine precauzioni standard. Cosa è e cosa non è 9 - un’espressione familiare (NdT perché usata da Florence Nightingale).

Bibliografia
1. World Health Organization. Standard precautions in healthcare: aidememoire. Epidemic and pandemic alert and response. Geneva: WHO. Available at: http://www.who.int/csr/resources/ publications/EPR_AM2_E7.pdf ; 2007. Last accessed 22nd November 2014.
2. Siegel JD, Rhinehart E, Jackson M, Chiarello L. Guideline for isolation precautions: preventing transmission of infectious agents in health care settings. Am J Infect Control 2007; 35:S65eS164.
3. Infection Control Team, Health Protection Scotland. National infection prevention and control manual. Chapter 1: standard infection control precautions (SICPs). Glasgow: HPS, 2014.
4. Loveday HP, Wilson JA, Pratt RJ, et al. epic3: national evidence based guidelines for preventing healthcare-associated infections in NHS hospitals in England. J Hosp Infect 2014;86 (Suppl.1): S1eS70.
5. Anon. Perspectives in disease prevention and health promotion update: universal precautions for prevention of transmission of human immunodeficiency virus, hepatitis B virus, and other bloodborne pathogens in health-care settings. MMWR 1988; 37:377e388.
6. Garner JS. Guideline for isolation precautions in hospitals. Hospital Infection Control Practices Advisory Committee. Infect Control Hosp Epidemiol 1996;17:53e80.
7. European Centre for Disease Control Working Group. ECDC Technical Report: risk assessment on the spread of carbapenemaseproducing Enterobacteriaceae (CPE) through patient transfer between healthcare facilities, with special emphasis on cross-border transfer. Stockholm: ECDC, 2013.
8. McBride M. Interim guidance on Pseudomonas and neonatal units HSS(MD)4/2012. Belfast: Department of Health, Social Services and Public Safety, 2012.
9. Nightingale F. Notes on nursing: what it is and what it is not. London: Harrison and Sons, 1858.