IFIC. International Federation of Infection Control
Concetti base nel controllo delle infezioni, 3a edizione, 2016.
Capitolo 4. Sorveglianza delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie
Antimicrobial Resistance: The Commission intensifies its battle with a new action plan

Kathryn N. Suh,1 Terrie B. Lee2
1. Department of Medicine, Division of Infectious Diseases
Associate Director, Infection Prevention and Control Program,
The Ottawa Hospital
2. CIC Director, Infection Prevention & Employee Health Charleston
Area Medical Center Charleston, WV 2

Traduzione a cura di Laura Cavazzuti.






Che cos’è la sorveglianza?
La sorveglianza, nel contesto della sanità pubblica, è definita come “la raccolta corrente e sistematica, l’analisi, l’interpretazione e la trasmissione di dati relativi ad un evento correlato alla salute allo scopo di ridurre la morbilità e la mortalità e di migliorare la salute”.1 Uno degli elementi chiave della sorveglianza è la sistematicità del processo. Inoltre, la sorveglianza perde di significato se le informazioni ed i risultati ottenuti non vengono utilizzati. Gli scopi specifici di una sorveglianza possono variare a seconda di chi la effettua e della popolazione studiata, e possono includere una o tutte le seguenti attività: rilevazione dei tassi di base o endemici di malattia; identificazione di epidemie o variazioni nel trend delle patologie; determinazione dei fattori di rischio per specifiche patologie o la loro storia naturale; misurazione della conformità agli standard stabiliti; valutazione degli effetti dell’introduzione di cambiamenti nelle pratiche, di nuovi interventi o di nuove tecnologie. La sorveglianza, nel contesto della prevenzione delle infezioni e della sanità pubblica, favorisce inoltre l’identificazione di patologie trasmissibili di rilevanza pubblica che devono essere comunicate alle autorità sanitarie per prevenirne la diffusione (ad esempio: tubercolosi, febbri virali emorragiche, malattie sessualmente trasmesse), crea le basi per poter attivare immediate azioni preventive (ad esempio in caso di epidemie) e indirizza le politiche sanitarie. Infine, la sorveglianza dovrebbe generare dati che possano essere utilizzati in qualche modo per migliorare la qualità delle cure.
Uno dei primi esempi di sorveglianza è rappresentato dall’indagine di John Snow sull’epidemia di colera a Londra nel 1854. All’epoca la “germ theory” (i microrganismi sono causa di specifiche malattie) non era ancora stata postulata, ed egli utilizzò rudimentali metodi epidemiologici e statistici per identificare l’acqua come fonte dell’epidemia. Raccomandò di rimuovere la maniglia della pompa dell’acqua di Broad Street, prevenendo l’ulteriore consumo di acqua contaminata e fermando l’epidemia, anche se l’epidemia in quel momento era già in riduzione. La sorveglianza è stata riconosciuta come una pratica necessaria in sanità pubblica solo a partire dal 19502 ed è stato introdotto il termine “sorveglianza di malattia”. Le epidemie di infezioni da stafilococco negli ospedali statunitensi dello stesso periodo portarono alle prime raccomandazioni relative ai programmi di sorveglianza negli ospedali.3 Lo studio di Haley sull’efficacia del controllo delle infezioni nosocomiali (SENIC project, Study of the Efficacy of Nosocomial Infection Control)4 ha per la prima volta fornito le evidenze dell’impatto della sorveglianza nella riduzione dei tassi delle infezioni correlate all’assistenza (ICA).
Nei setting di cura, la sorveglianza delle ICA è una delle attività fondamentali dei servizi preposti alla prevenzione delle infezioni. Senza la conoscenza dei dati (di base) esistenti 1) è difficile sapere quali miglioramenti sono necessari; 2) le epidemie possono essere misconosciute e 3) l’effetto del cambiamento delle pratiche può non essere riconosciuto. Le collaborazioni regionali, nazionali ed internazionali relative alla sorveglianza e al controllo delle infezioni, come l’International Control Consortium5 (INICC: globale, include America Latina, Asia, Africa, Europa; http://www.inicc.org), il National Healthcare Safety Network6 (NHSN, Stati Uniti; www.cdc.gov/nhsn/), il Canadian Nosocomial Infection Surveillance Program (CNISP, Canada; http://www.phac-aspc.gc.ca/nois-sinp/survprog-eng.php), e l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC, Europe; http://ecdc.europa.eu/en/healthtopics/ healthcare-associated_infections), tra gli altri, producono dati di sorveglianza che generano informazioni valutabili rispetto ai trend geografici complessivi. Ciò nonostante, a causa di differenze metodologiche nella sorveglianza o nelle definizioni, questi risultati possono non essere utilizzabili come riferimenti (benchmark) accurati per confronti dei tassi a livello di singola struttura o di programma.

Stabilire un programma di sorveglianza
Un buon programma di sorveglianza include un piano scritto che delinei gli scopi e gli obiettivi del programma, e dovrebbe essere basato su un contesto che includa molte pratiche ben definite.6 Un piano scritto permette inoltre di allocare le risorse in maniera strategica, per permettere di effettuare una sorveglianza effettiva e significativa, diminuire i tassi di infezioni correlate all’assistenza e migliorare la sicurezza dei pazienti. I programmi di sorveglianza dovrebbero essere valutati periodicamente, per assicurarsi che rispondano effettivamente ai bisogni della struttura.1,7
Le questioni da considerare quando si elabora un programma di sorveglianza in una struttura sanitaria possono includere quelle qui di seguito indicate.
1. È necessario sorvegliare tutta la struttura o focalizzare l’attenzione su (individuate) categorie di pazienti/procedure ad alto rischio/procedure più frequentemente effettuate?
2. Quali dati già esistenti sono in grado di aiutare le attività di sorveglianza – sono disponibili dati storici o è necessario acquisire prima di tutto dei dati di base?
3. I tassi sono aumentati in alcuni gruppi/procedure/interventi? Quali sono i più importanti processi di prevenzione e controllo delle infezioni associati a questi tassi ed è opportuno che vengano anch’essi misurati?
4. Esistono patologie emergenti la cui insorgenza deve essere monitorata?
5. Come saranno (sviluppate ed) applicate le definizioni di caso?
6. Dovrebbe essere utilizzata una sorveglianza continuativa o indagini di prevalenza puntuale?
7. Come saranno raccolti, conservati, consultati, analizzati, sintetizzati ed interpretati i dati?
8. Come saranno trasmessi periodicamente i risultati ai clinici?
9. Come saranno utilizzate le informazioni per continuare a ridurre i tassi di infezione?

Fasi di programmazione e di implementazione della sorveglianza
Le fasi illustrate di seguito sono utili per programmare ed implementare un affidabile programma di sorveglianza.7 Le fasi possono essere applicate in differenti contesti assistenziali, perché i principi di un buon programma di sorveglianza non dipendono dal setting.

1. Identificare la popolazione
Prima di iniziare un programma di sorveglianza è importante definire la popolazione a cui la struttura o la sorveglianza si rivolge. I processi e gli esiti da misurare dipenderanno dalla popolazione di pazienti, dalle diagnosi più comuni, dalle procedure effettuate più di frequente e dal capire se esistano aumentati rischi di infezione basati sulle caratteristiche demografiche dei pazienti o sulle procedure eseguite. Questa valutazione sarà utile per definire quali attività di sorveglianza (e di conseguenza quali misure di processo ed esito) siano prioritarie.

2. Selezionare il processo o l’esito da sorvegliare
La sorveglianza può misurare sia processi che esiti. I processi sono attività tipicamente effettuate dalle strutture sanitarie durante il percorso di cura di un paziente. Esempi di processi misurabili includono l’igiene delle mani, la gestione dell’antibiotico profilassi pre-operatoria, l’immunizzazione degli operatori o l’utilizzo di dispositivi; ognuno di questi rappresenta un’attività che viene svolta sui o per i pazienti. Anche attività di autocura dei pazienti, quali la doccia antisettica pre-operatoria, possono essere considerate come processi. Gli esiti, invece, si riferiscono ai risultati delle cure; esempi includono le infezioni correlate all’assistenza, le ulcere da decubito, le cadute e i decessi.
Gli obiettivi della sorveglianza dovrebbero essere rilevanti per la struttura, il programma o la popolazione a cui sono rivolti. Elementi che possono influenzare la selezione degli obiettivi di sorveglianza comprendono la frequenza degli esiti, la morbilità e la mortalità associate, i costi sanitari diretti e indiretti degli esiti e la capacità di influenzare un cambiamento (es. migliorare gli esiti). Patogeni epidemiologicamente importanti, come lo Staphylococcus aureus meticillino – resistente (MRSA), enterococchi vancomicina – resistenti (VRE), batteri gram negativi produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) e Clostridium difficile, ad esempio, sono spesso inclusi nei programmi di sorveglianza. In alcune regioni o paesi, è obbligatorio segnalare i tassi di alcune infezioni correlate all’assistenza. Ad esempio, gli ospedali per acuti degli Stati Uniti devono obbligatoriamente comunicare i dati relativi a diversi esiti quali le batteriemie associate a cateterismo vascolare centrale (CLABSI) e infezioni delle vie urinarie associate a cateterismo vescicale (CAUTI), così come il numero di vaccinazioni antinfluenzali (indicatore di processo). Sono inoltre previsti report relativi a processi o esiti dai centri di chirurgia ambulatoriale, istituti oncologici, strutture di lungodegenza, strutture psichiatriche di ricovero, strutture ospedaliere di riabilitazione, centri dialisi territoriali. L’obbligatorietà di comunicare questi dati porta a focalizzarsi su ambiti predeterminati nei programmi di sorveglianza, con il rischio di non riuscire ad implementare misure preventive se i programmi non sono sufficientemente sostenuti.

3. Utilizzo di definizioni di sorveglianza
Le infezioni correlate all’assistenza sono “infezioni che insorgono in un paziente durante il percorso di cura in un ospedale o in altra struttura assistenziale, che non erano presenti o in incubazione al momento del ricovero. Sono incluse le infezioni acquisite in un contesto assistenziale che si manifestano dopo la dimissione ed anche le infezioni occupazionali degli operatori della struttura”.8 Il cut-off di insorgenza della patologia dopo 48 ore o più dal ricovero è tipicamente utilizzato per distinguere tra infezioni contratte nell’organizzazione sanitaria e infezioni comunitarie, anche se un sistema di sorveglianza può individuare tempistiche più precise di insorgenza delle ICA, anche attraverso parametri per includere i casi insorti dopo la dimissione.
Le definizioni di caso utilizzate per la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza devono essere applicate regolarmente. Dovrebbero essere messe per iscritto e, se possibile, validate (ossia testate per verificare che misurino quanto previsto); questo garantisce accuratezza e consistenza nei risultati della sorveglianza, e permette, se i metodi di sorveglianza e le definizioni sono le stesse, il confronto dei tassi di una struttura nel tempo (o con altre strutture). Il National Healthcare Safety Network (NHSN) degli Stati Uniti (le definizioni di caso del 2016 sono disponibili al link http://www.cdc.gov/nhsn/PDFs/pscManual/17pscNosInfDef_current.pdf; le definizioni sono aggiornate regolarmente, e potrebbero essere cambiate rispetto a quelle del presente documento), l’ECDC9 e l’INICC5 forniscono esempi di definizioni di sorveglianza standardizzate nei setting di cura per acuti. Le definizioni di caso dovrebbero indicare l’arco temporale per classificare le infezioni come correlate all’organizzazione sanitaria, definire chiaramente i criteri di inclusione ed esclusione, e possono comprendere sia dati clinici che di laboratorio. È importante essere consapevoli che i casi di specifiche ICA identificati utilizzando le definizioni della sorveglianza (intese per essere applicate su popolazioni aggregate) possono essere non sempre in accordo con le diagnosi cliniche (intese per essere applicate ai singoli pazienti). Le definizioni di caso possono non essere appropriate per tutti i contesti e possono essere modificate se necessario, ma le modifiche dovrebbero essere chiaramente documentate, perché questo potrebbe incidere sulla possibilità di comparare i risultati della sorveglianza nella struttura e con strutture diverse. Alcune volte le definizioni devono essere sviluppate de novo, ad esempio quando emergono nuove patologie. Possono anche sussistere definizioni distinte per setting diversi; ad esempio, alcune definizioni di infezioni correlate all’assistenza nelle strutture di lungodegenza possono essere meno dipendenti dai test di laboratorio,10 e l’Associazione dei Professionisti in Epidemiologia e Controllo delle Infezioni (APIC) ha sviluppato definizioni di infezioni correlate all’assistenza da utilizzare nei setting di assistenza domiciliare e hospice.11

4. Raccogliere dati di sorveglianza
Le attività di sorveglianza dovrebbero essere supervisionate da un esperto formato in maniera professionale rispetto a prevenzione e controllo delle infezioni, ma la maggior parte delle attività dovrà fare affidamento anche sull’aiuto di altri operatori per completare il processo di raccolta dei dati. Questo include l’aiuto del personale infermieristico nell’identificare i pazienti con segni e sintomi di infezione, nel contare o documentare la giornate-dispositivo (ad esempio, per i cateteri venosi centrali o per i cateteri a permanenza) o nel documentare e raccogliere informazioni sul rischio chirurgico come la classificazione delle ferite e altri fattori di rischio. Il personale addetto all’assistenza respiratoria può essere coinvolto nella raccolta dati relativa all’utilizzo di ventilatori polmonari per i pazienti. Il personale di laboratorio fornisce informazioni essenziali relative alla microbiologia ed altri test di laboratorio. I servizi amministrativi possono fornire i necessari dati statistici relativi a numero di pazienti, giornate di degenza e informazioni relative alla dimissione. È importante che tutto il personale coinvolto nella raccolta dei dati di sorveglianza sia formato rispetto al suo ruolo specifico nel processo di sorveglianza. Esso non solo deve essere formato, ma il percorso formativo deve essere validato verificandone l’accuratezza in casi test programmando un re-training ad intervalli regolari, ad esempio annualmente.
I dati di sorveglianza possono essere ricavati da molte differenti fonti. Sia il numeratore (numero di infezioni insorte durante il periodo di sorveglianza) che il denominatore (numero di pazienti a rischio di sviluppare infezioni durante il periodo di sorveglianza) sono dati richiesti per la maggior parte delle attività di sorveglianza. Le fonti di dati che possono fornire informazioni utili per la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza possono già essere presenti in una struttura; alcuni esempi includono i dati di laboratori, le cartelle cliniche, le date di ingresso dei pazienti. L’identificazione delle infezioni correlate all’assistenza può essere ottenuta attraverso una sorveglianza attiva o passiva o dalla combinazione di entrambe. Qualsiasi metodo si utilizzi, è importante usare le stesse definizioni e lo stesso metodo di raccolta dei dati nel tempo, in modo tale che i cambiamenti nei tassi non possano essere attribuiti a cambiamenti metodologici.
La sorveglianza globale dell’ospedale (“whole-house”) di tutti i pazienti ammessi permette l’elaborazione del tasso complessivo di infezioni correlate all’assistenza della struttura, ossia la percentuale complessiva di pazienti che sviluppano una infezione correlata all’assistenza durante il periodo di sorveglianza. In generale, questa pratica non è consigliata, per diversi motivi. A parte l’essere molto impegnativa, il tasso complessivo di infezioni correlate all’assistenza può non cogliere l’importanza di alcune infezioni rispetto ad altre, e non permette stratificazioni del rischio (vedi sotto) e aggiustamenti. Inoltre, un tasso complessivo può sottostimare i reali tassi di infezioni correlate all’assistenza, perché i pazienti con più di un’infezione vengono conteggiati una sola volta. La sorveglianza globale dell’ospedale può però essere ragionevole in due casi. Se non sono disponibili dati storici, un periodo limitato di sorveglianza estesa può portare ad avere abbastanza informazioni per identificare le aree dove sarebbe più utile concentrare sorveglianze specifiche. In questa situazione potrebbero anche essere più utili i tassi di prevalenza rispetto ai tassi di incidenza. La sorveglianza globale inoltre può essere utile se la struttura è di dimensioni così piccole (ad esempio < 100 posti letto) che il numero di procedure di un tipo specifico è limitato ed è difficile analizzare i dati in modo significativo. In questa situazione, l’analisi dei dati di incidenza o di prevalenza può essere utile. La limitazione di entrambe le situazioni resta l’impossibilità di comparare questi tassi globali di infezioni correlate all’assistenza con i tassi riportati da altre strutture, anche se simili, o anche rispetto all’evoluzione dei tassi della struttura stessa nel tempo.
Sorveglianze specifiche, per determinate infezioni correlate all’assistenza, ad esempio batteriemie associate a cateterismo centrale (CLABSI), infezioni del sito chirurgico (ISC), o per specifiche popolazioni (ad esempio nelle terapie intensive) sono quindi da preferire. Le sorveglianze specifiche permettono di utilizzare più efficacemente le risorse per prevenire le infezioni, concentrandosi su esiti o popolazioni ad alto rischio.
La ricerca dei casi può essere effettuata in due modi: attivamente e passivamente. La sorveglianza attiva comporta l’avere professionisti formati, come gli addetti al controllo delle infezioni, che attivamente ricercano i casi di ICA. Questo può comportare visite regolari (ad esempio giornaliere) di unità operative/reparti per individuare pazienti a rischio di sviluppare una ICA e/o revisionare la loro documentazione clinica. Le informazioni sulla documentazione clinica dei pazienti che possono suggerire la presenza di una ICA comprendono segni vitali (febbre) o la prescrizione di una terapia antibiotica. Anche se la sorveglianza attiva è il metodo più sensibile per rilevare una ICA durante il ricovero, è dispendiosa perché richiede staff formato e tempo dedicato; può essere necessario consultare molta documentazione clinica e vedere molti pazienti per rilevare poche infezioni.
La sorveglianza passiva si basa su altre figure (ad esempio medici, infermieri o il laboratorio di microbiologia) che non sono direttamente responsabili nelle attività di sorveglianza per la segnalazione delle ICA. I casi segnalati possono non rispettare i criteri standardizzati di identificazione delle ICA e casi reali possono essere completamente persi. L’identificazione delle epidemie può avvenire con ritardo, o non avvenire del tutto, se la raccolta dati non è sistematica. Come metodo primario di sorveglianza, la sorveglianza passiva non è opportuna.12 In uno studio, la sorveglianza passiva delle infezioni del sito chirurgico (ISC) da parte dei clinici ha portato alla perdita di più di un terzo dei casi di ISC identificati da personale formato addetto al controllo delle infezioni.13
I test di laboratorio possono essere utili per stimolare il sospetto di ICA, dando inizio ad una più accurata analisi della cartella clinica. L’affidamento esclusivo ai dati di laboratorio (in assenza evidenze cliniche) può portare ad una errata diagnosi, dato che la positività dei test di laboratorio non sempre implica la presenza di infezione e la negatività non sempre significa assenza di infezione. L’utilità dei test di laboratorio è significativamente ridotta se i clinici non inviano campioni da analizzare. Nondimeno, per specifici microrganismi importanti dal punto di vista epidemiologico e di controllo delle infezioni (ad esempio MRSA, tubercolosi) la sorveglianza passiva da parte del laboratorio è relativamente semplice ed economica e nei laboratori informatizzati può essere automatizzata. I report di laboratorio possono essere utilizzati per identificare trend di specifici microrganismi nei diversi reparti nel tempo e facilitare la strategia del team di prevenzione delle ICA nell’individuare le azione preventive. Nelle strutture dei paesi in via di sviluppo la mancanza di laboratori di microbiologia rappresenta una criticità. Nessun metodo di identificazione dei casi è perfetto ed ognuno ha le sue limitazioni. I vantaggi relativi dei diversi metodi possono variare tra le strutture e possono in parte essere determinati da quali fonti di dati sono già disponibili. In generale, l’identificazione dei casi attraverso la combinazione di metodi di sorveglianza attivi e passivi con alert elettronici (dal laboratorio, per esempio) è comunemente utilizzata e può migliorare l’identificazione dei casi di ICA rispetto all’utilizzo di una sola delle metodiche.
Dovrebbe essere sviluppato uno strumento per la raccolta dei dati relativi alle ICA. Questo può essere un supporto durevole (carta) o, idealmente, informatico. Le informazioni raccolte dovrebbero includere dati di base, come ad esempio i dati anagrafici del paziente e la data di ingresso o di esecuzione di una procedura, ma anche dati rilevanti per le ICA sorvegliate, e devono poter essere aggiornate non appena siano disponibili nuove informazioni. Lo strumento di raccolta dei dati dovrebbe essere revisionato per verificare che i dati siano completi e dovrebbe essere sottoposto ad audit periodici per assicurare la buona qualità dei dati raccolti.

5. Analizzare ed interpretare i dati
I dati di sorveglianza sono analizzati periodicamente per essere tradotti in risultati, di solito calcolati come tassi (vedi alla prossima sezione). La frequenza di elaborazione è spesso determinata dalle dimensioni del denominatore; tassi basati su poche osservazioni o su brevi periodi a rischio possono essere fuorvianti e altamente variabili. La frequenza di elaborazione, comunque, dovrebbe prendere in considerazione la necessità di intervenire sui risultati in maniera periodica. L’elaborazione può avvenire su base mensile o quadrimestrale, per esempio, ma segnalare un aumento dei tassi di una specifica ICA relativo ad un periodo di tempo non recente non è significativo. I dati di prevalenza raccolti utilizzando gli studi di prevalenza puntuale sono di solito analizzati immediatamente dopo la fine dello studio, per determinare un tasso che si riferisca al periodo di osservazione.
I tassi di infezione varieranno a secondo delle definizioni utilizzate e i confronti andrebbero effettuati solo se lo stesso set di definizioni è utilizzato ed applicato esattamente nella stessa maniera. Perciò, è spesso più significativo utilizzare i dati di sorveglianza della propria istituzione per misurare i trend temporali piuttosto che allarmare lo staff con la segnalazione dell’incremento di un problema o monitorare l’efficacia degli interventi.
La soglia di un tasso per una specifica infezione correlata all’assistenza può essere determinata da precedenti rilevazioni, seguite da condivisioni con i clinici (ad esempio, equipe chirurgiche) rispetto all’obiettivo che pensano di poter ottenere. Alternativamente, la soglia può essere basata sui dati di letteratura. I tassi pubblicati vengono in gran parte da sistemi sanitari ad elevate risorse o collaborativi (ad esempio NHSN; CNISP) e possono essere non rappresentativi per altri. Tassi per i confronti fra strutture con risorse più limitate o miste sono resi disponibili dall’INICC.14,15 In alcuni paesi sviluppati è stato stabilito un target “zero” infezioni, specialmente per quelle ICA che si sa possono essere prevenibili attraverso l’implementazione di appropriate misure di prevenzione. Questo è un argomento controverso, specialmente nei paesi o nelle organizzazioni che si trovano nelle fasi iniziali del percorso di sviluppo di sistemi di prevenzione e controllo delle infezioni, o nelle aree in cui le risorse per gli interventi di prevenzione sono limitate.
I tassi di una sorveglianza in corso possono sembrare più alti della soglia accettata; questo può succedere se la dimensione del campione non include tutti i pazienti (per esempio, tutta la popolazione). Se ogni paziente è sorvegliato, il tasso riflette la situazione nella popolazione. Se non tutti i pazienti sono valutati durante il periodo di studio (questo capita di frequente perché i pazienti cambiano posto letto, vengono trasferiti, sono dimessi o muoiono prima di essere inclusi nella sorveglianza), allora può essere calcolata una statistica che rifletta l’affidabilità di una stima del reale tasso. L’intervallo di confidenza (IC) del 95% fornisce i limiti del tasso del campione analizzato. Se l’intervallo di confidenza del 95% include (o è inferiore a) la soglia del tasso, allora il tasso è considerato entro limiti accettabili. Gli intervalli di confidenza possono essere calcolati dal numeratore o dal denominatore. Un software scaricabile è disponibile per aiutare l’effettuazione del calcolo (vedi le risorse aggiuntive alla fine del capitolo).

6. Applicare la stratificazione del rischio
La stratificazione del rischio è un metodo per controllare le differenze che sono alla base del rischio di infezione. Questo viene realizzato suddividendo la popolazione sorvegliata in gruppi basati su caratteristiche simili note per essere associate con differenti rischi per una determinata ICA. La stratificazione del rischio per il peso alla nascita è un esempio comune, utilizzato nell’analisi degli esiti neonatali come infezioni correlate a cateterismo vascolare centrale, per le quali il peso alla nascita è noto che influenzi il rischio di sviluppare una CLABSI. La stratificazione del rischio è stata storicamente applicata per riportare i tassi di infezioni del sito chirurgico, utilizzando caratteristiche quali la classe di contaminazione della ferita (ossia classi da I a IV: pulita, pulita-contaminata, contaminata, sporca) o l’indice di rischio NHSN (NNIS).16 Maggiore è il grado di contaminazione della ferita o l’indice di rischio, più elevato sarà il tasso atteso di infezione del sito chirurgico; pertanto, fornire un tasso globale di infezione del sito chirurgico senza stratificazione del rischio può portare a risultati inaccurati e fuorvianti. La stratificazione quindi permette confronti più significativi tra tassi, purché il denominatore (popolazione) in ogni strato sia abbastanza numeroso da permettere risultati statisticamente validi.

7. Riportare ed utilizzare le informazioni di sorveglianza
I report di sorveglianza dovrebbero includere informazioni che ne delineino il razionale, se non già chiaro; il periodo di sorveglianza; il calcolo dei tassi di incidenza rispetto ai tassi di prevalenza; le soglie per effettuare i paragoni; l’interpretazione di tutti i risultati; le azioni di prevenzione e controllo delle infezioni richieste basate sui risultati.
I risultati della sorveglianza devono essere forniti regolarmente, a cadenze stabilite e in un formato utile e comprensibile ai clinici per aiutarli a scegliere le azioni o a migliorare i processi per ridurre i tassi di infezione. I tassi dovrebbero essere forniti anche alle direzioni, che possono assicurare che vengano dedicate sufficienti risorse per implementare i cambiamenti nelle pratiche. Dovrebbero essere forniti dati descrittivi di base rispetto al numero totale di casi (numeratore), il numero totale di pazienti o di giornate-dispositivo (denominatore) per ogni tasso, così come dovrebbero essere riportati i tassi precedenti per dimostrare cambiamenti significativi. Grafici ed altre rappresentazioni visive dei tassi di ICA sono spesso più facili da capire da parte dei clinici ed altri operatori, e possono rendere più leggibili soglie e intervalli di confidenza. Un utile riferimento su come rappresentare dati di controllo delle infezioni è disponibile on line al link www.webbertraining.com/files/library/docs/ 19.pdf.

Valutazione del programma di sorveglianza
I programmi di sorveglianza dovrebbero essere valutati periodicamente per assicurare che stiano fornendo informazioni rilevanti, in maniera efficiente ed efficace. Se le attività di sorveglianza non colgono gli scopi del programma o non contribuiscono a migliorare la sicurezza dei pazienti e ad abbassare i tassi di infezione devono essere rivalutate.
Gli aspetti di un programma di sorveglianza che dovrebbero essere valutati comprendono: la semplicità del sistema; la sua capacità di adattarsi al cambiamento; la qualità dei dati di sorveglianza; l’accettabilità del programma da parte dei clinici; la capacità di rilevare i casi di ICA (sensibilità); la rappresentatività della popolazione studiata; l’arco temporale delle attività di sorveglianza; l’affidabilità del sistema (ossia la capacità di resistere alle sfide inaspettate e di fornire i dati come richiesto).1 I cambiamenti nei programmi di sorveglianza dovrebbero quindi essere effettuati sulla base della valutazione dei risultati del programma. La valutazione periodica del programma è utile anche per definire se le risorse umane dedicate sono adeguate per il raggiungimento degli scopi stabiliti, o se sono necessarie risorse aggiuntive.

Importanti considerazioni metodologiche sulla sorveglianza
Ogni qual volta vengano effettuate delle misurazioni, inevitabilmente ci saranno degli errori. Gli errori possono essere casuali o sistematici. Gli errori casuali non possono mai essere eliminati, ma solo ridotti incrementando le dimensioni del campione. Questo può essere impossibile negli studi condotti su un piccolo numero di pazienti.
Gli errori sistematici possono essere ridotti utilizzando metodi standardizzati. Con questo si intende che l’applicazione di definizioni valide viene effettuata in maniera affidabile sempre con le stesse modalità. L’affidabilità e la validità delle definizioni di ICA sono due concetti importanti di sorveglianza. Il bersaglio (figura 1) illustra sia l’alta affidabilità che la validità – le frecce che colpiscono il centro del bersaglio illustrano la validità, le frecce che colpiscono lo stesso settore del bersaglio tutte le volte illustrano la ripetibilità o affidabilità. Se le frecce colpiscono a lato del bersaglio tutte le volte, i risultati saranno affidabili ma non validi.




Statistica di base per la sorveglianza: calcolo dei tassi
Tassi, rapporti e proporzioni
I dati di sorveglianza sono utilizzati per determinare i tassi di infezioni correlate all’assistenza. Un tasso (rate) è il verificarsi di un evento in una specifica popolazione durante un periodo di tempo definito. Il calcolo dei tassi richiede che un evento (il numeratore, ad esempio una specifica infezione correlata all’assistenza) possa essere identificato e che la popolazione a rischio di contrarre o sviluppare l’infezione correlata all’assistenza (denominatore) possa essere analogamente calcolato.
I casi di una specifica ICA (numeratore) possono essere identificati utilizzando diversi metodi (vedi sezione successiva), ma una definizione di caso standardizzata e validata dovrebbe essere utilizzata ogni qual volta sia possibile. La popolazione a rischio (denominatore) dovrebbe includere, in generale, tutti gli individui che potrebbero sviluppare l’esito di interesse. Per esempio, nel calcolare il tasso di infezione del sito chirurgico in seguito ad isterectomia per via addominale, dovrebbero essere incluse solo le donne che hanno subito un’isterectomia per via addominale (che quindi possono aver sviluppato una infezione del sito chirurgico correlata a questa procedura). Allo stesso modo, se il paziente ha già sviluppato un esito, non è a rischio di diventare un nuovo caso e non dovrebbe essere incluso nel denominatore durante il periodo dello studio (ad esempio, un paziente già noto per essere colonizzato da MRSA non dovrebbe essere incluso nel denominatore quando si calcolano i tassi di colonizzazione da MRSA). Per alcuni esiti, il rischio può essere influenzato dalla durata dell’esposizione ad uno specifico fattore di rischio, e dunque una determinazione dell’esposizione cumulativa può essere più appropriata. Per esempio, i pazienti non possono sviluppare eventi associati alla ventilazione (VAE) senza essere ventilati; il rischio di un evento associato a ventilazione aumenta all’aumentare della durata della ventilazione; pertanto un denominatore appropriato dovrebbe indicare la durata dell’esposizione al ventilatore, espresso in giornate-ventilatore. I tassi possono essere riportati come il tasso di eventi associati alla ventilazione per 1000 giornate-ventilatore ed interpretati come rischio di acquisire un VAE.
Un rapporto (ratio) è una frazione, ottenuta dividendo una quantità (il numeratore) con una seconda quantità (il denominatore); il numeratore può essere incluso o no nel denominatore. Una proporzione è un rapporto in cui il numeratore deve essere incluso nel denominatore. La media è il valore medio di un insieme di valori. La mediana è il valore intermedio di un insieme di valori quando l’insieme è distribuito in ordine dal più basso al più alto.
Il rapporto di utilizzo di un dispositivo è il numero di giornate-dispositivo per numero di giornate-paziente in un periodo definito. Rappresenta una misura delle giornate di degenza complessive del paziente durante le quali è stato utilizzato un dispositivo ad alto rischio e può essere utilizzato come un indicatore del rischio di infezione.







Incidenza
L’incidenza di un’infezione correlata all’assistenza è un tasso specifico che rappresenta il numero di nuovi casi di una malattia (ad esempio, una specifica infezione correlata all’assistenza) che si verificano in una determinata popolazione in un determinato periodo. Tutti gli individui della popolazione osservata devono essere a rischio di sviluppare l’esito. Per calcolare l’incidenza, il numero di pazienti a rischio per una specifica ICA durante il periodo di sorveglianza crea il denominatore:



Per essere precisi, comunque, spesso viene effettuata una sorveglianza continua e viene misurata l’incidenza cumulativa di casi nella popolazione a rischio. Quando viene utilizzata l’incidenza cumulativa si tiene conto di due presupposti: a)la popolazione a rischio (il denominatore) dovrebbe includere tutti i pazienti che sono a rischio di sviluppare l’esito all’inizio del periodo di sorveglianza; e b) tutti gli individui della popolazione a rischio vengono seguiti per lo stesso periodo di tempo (figura 4.2).



Se i pazienti sono seguiti per l’insorgenza di una ICA, ma il periodo di follow up varia per ogni paziente, viene utilizzata una misura di incidenza più precisa, la densità di incidenza. Per calcolare la densità di incidenza il denominatore sarebbe la durata complessiva del rischio (di sviluppare l’esito) di tutti i pazienti, espressa come tempo-persona. Per esempio, l’unità di rischio può essere una giornata in ospedale; ogni paziente può avere una diversa durata della degenza (ossia giornate di degenza).
La densità d’incidenza può essere espressa come:



Come si può vedere nella figura 4.3, sei pazienti sono seguiti per periodi di tempo variabili; globalmente, il periodo di follow up è di 35 giorni. Se due pazienti sviluppano la ICA di interesse durante il follow up, la densità di incidenza è di 57 casi per 1000 giornate-paziente. Altre situazioni in cui la densità di incidenza è utile sono le infezioni correlate all’impiego di dispositivi (ad esempio le CLABSI). Il rischio di sviluppare una CLABSI aumenta all’aumentare dell’esposizione al fattore di rischio (catetere). Per i pazienti sorvegliati per CLABSI, il denominatore che meglio rappresenta l’esposizione al rischio sarebbe la durata complessiva di esposizione alle linee centrali di tutti i pazienti sorvegliati, misurata come giornate-catetere, dove una giornata-catetere è definita come una giornata con almeno una linea centrale. Il tasso di CLABSI sarebbe:



In questo esempio, le giornate catetere centrale possono essere calcolate solo tra i pazienti che hanno una linea centrale. Il tasso ottenuto dovrebbe essere espresso come un numero per 1000 giornate-catetere centrale.
Allo stesso modo, i tassi di infezioni delle vie urinarie correlate all’utilizzo di catetere vescicale (CAUTI) possono essere calcolati come di seguito riportato, per determinare il tasso di CAUTI per 1000 giornate catetere urinario:



Occasionalmente, potrebbero esserci dei problemi nel determinare accuratamente i denominatori per i periodi di sorveglianza. Questo può facilmente capitare per i denominatori ad alto rischio utilizzati per calcolare le densità di incidenza, ad esempio per le infezioni correlate a dispositivi. Un metodo utilizzabile per superare questo ostacolo è calcolare la media dei dati disponibili del denominatore per stimare i dati mancanti.17 Un approccio alternativo è di effettuare un campionamento, la regolare ma meno frequente raccolta dati del denominatore, ad esempio in un giorno prestabilito ogni settimana.18,19 Quando si utilizza il campionamento, esiste un piccolo grado di errore, il cui effetto aumenta al diminuire del denominatore.18 Anche se questi approcci non sono stati diffusamente utilizzati o valutati, possono essere opzioni utilizzabili nelle strutture in cui le risorse non permettono la sorveglianza continua.
Una forma molto specifica di tasso di incidenza è il tasso d’attacco. Il tasso d’attacco è simile al tasso di incidenza ma è normalmente utilizzato per descrivere l’incidenza di malattia correlata ad un’esposizione comune (ad esempio epidemia), e viene espresso come una proporzione (percentuale). È calcolato utilizzando lo stesso metodo di base del tasso di incidenza.

Prevalenza
La prevalenza di una ICA è la proporzione di pazienti che hanno una ICA attiva (nuova e precedentemente diagnosticata) in una popolazione definita durante il periodo di sorveglianza. Possono essere nuovi casi o casi che si sono sviluppati prima dell’indagine.
Prevalenza (%):



In generale, la prevalenza aumenta all’aumentare della durata della patologia. La prevalenza può essere determinata in un singolo momento nel tempo (prevalenza puntale) o durante un periodo di tempo definito (prevalenza periodica). Visto che i tassi di prevalenza includono le infezioni nuove e le infezioni già presenti, essi non possono essere confrontati con i tassi di incidenza, che includono solo le nuove infezioni.
La figura 4 rappresenta una prevalenza breve di 7 giorni (prevalenza periodica). Sei pazienti sono stati sorvegliati, e due avevano una ICA attiva: il Paziente E ha sviluppato una nuova infezione durante il periodo di sorveglianza ed il Paziente F aveva una pregressa infezione. Quindi il numero di infezioni (numeratore) sarebbe di 2 su 6 pazienti (denominatore), con una prevalenza del 33%. Il Paziente C ha acquisito un’infezione che non è inclusa perché insorta dopo l’ultimo giorno della sorveglianza.




Metodi di sorveglianza nella prevenzione e controllo delle infezioni

Sorveglianza continua versus indagini di prevalenza
La sorveglianza continua è tipicamente condotta in modo prospettico; è il modo migliore per stabilire trend e distribuzione dell’incidenza di malattia. Dovrebbero essere analizzati anche fattori di rischio intrinseci e misure indirette (proxy) per assicurarsi che i tassi di ICA non siano cambiati a causa di questi elementi piuttosto che per le pratiche cliniche.20 Esempi di fattori di rischio intrinseci includono età, sesso, perdita di sangue, abitudine tabagica, stato immunitario o malattie/condizioni sottostanti che possono incrementare il rischio di infezione. Semplici misure come età e durata media della degenza (come misura del grado di severità di malattia) possono essere utili fattori di rischio indiretto. I fattori di rischio estrinseci sono più facili da controllare; esempi includono l’igiene delle mani, la durata di degenza pre-operatoria, la durata delle procedure chirurgiche, equipe chirurgiche con personale in formazione, e preparazione pre-operatoria della cute. A volte sia i fattori intrinseci che quelli estrinseci possono modificare i tassi delle infezioni correlate all’assistenza (ad esempio, un’ aumentata colonizzazione dei pazienti da MRSA di origine comunitaria associata a scarsa igiene delle mani degli operatori sanitari). I fattori di rischio rilevanti dovrebbero essere misurati per identificare cambiamenti significativi; questi fattori possono spiegare un tasso di ICA modificato e richiedono la revisione delle attività di prevenzione delle infezioni.
Gli studi di prevalenza sono un’alternativa alla sorveglianza continua, in particolare se le risorse non consentono la sorveglianza continua. Vengono realizzati in un giorno specifico o in una settimana e possono mostrare l’ordine di grandezza delle ICA in una struttura sanitaria o in una regione, evidenziare problemi che necessitano di ulteriori approfondimenti e identificare cambiamenti nei modelli delle ICA. Gli studi di prevalenza puntuale hanno dimostrato che la prevalenza delle ICA si attesta intorno al 5-16%, a seconda del setting della struttura sanitaria considerata7,21-23. Gli studi di prevalenza possono essere utilizzati per identificare aree o servizi dove si sospetta che i tassi di infezione siano alti, o per concentrarsi sulla misurazione di processi (ad esempio, igiene delle mani, profilassi antibiotica). Studi di prevalenza ripetuti possono dimostrare inoltre cambiamenti nei tassi. Potenziali svantaggi significativi degli studi di prevalenza includono la possibilità di non rilevare variazioni cicliche o stagionali nei tassi e l’incapacità di rilevare le epidemie se lo studio non coincide con il verificarsi dell’epidemia.

Sorveglianza post-dimissione
Alcune ICA si manifestano solo dopo la dimissione dall’ospedale. Questo si verifica soprattutto per le infezioni del sito chirurgico (SSI), in particolare nei paesi dove le degenze post-operatorie sono brevi. La sorveglianza delle SSI nei pazienti ricoverati sottostima il reale tasso, visto che molte di esse si possono manifestare solo dopo la dimissione. La sorveglianza post-dimissione, che fa riferimento all’identificazione dei casi dopo la dimissione dall’ospedale, consentirà quindi di ottenere un tasso di infezioni del sito chirurgico più affidabile (ma talvolta significativamente maggiore)24 in confronto alla sorveglianza dei pazienti ricoverati e può identificare i pazienti a più alto rischio di sviluppare infezione.
Differenti metodi di sorveglianza post-dimissione sono stati utilizzati con gradi diversi di successo, inclusi questionari o lettere al paziente, telefonate, esame diretto dei professionisti sanitari.25-28 A prescindere dalla modalità utilizzata, nessun metodo si è dimostrato affidabile in modo costante.

Sorveglianza sindromica
La sorveglianza sindromica “fornisce un’indicazione di schemi di malattia, un metodo per identificare anomalie nei dati di salute o un segnale che un evento di rilevanza di sanità pubblica si sta verificando.”29 Anche se non è disponibile una definizione accettata costantemente, la sorveglianza sindromica ha lo scopo di fornire un allarme precoce di eventi epidemici e di facilitare una risposta di sanità pubblica efficace e tempestiva.
I dati utilizzati per la sorveglianza sindromica per identificare trend di patologie (a volte prima che una diagnosi definitiva venga stabilita) possono includere segni e sintomi di malattie specifiche (ad esempio influenza, SARS, febbri emorragiche) o possono essere non specifici.30 Le strutture sanitarie possono essere una preziosa fonte di dati, disponendo di database contenenti le diagnosi, i possibili reclami dei pazienti, le cartelle cliniche. Esempi di altri dati che possono essere utilizzati includono informazioni correlate allo stato di salute quali le vendite di farmaci prescritti o di farmaci da banco (ad esempio, rimedi per i raffreddamenti, prescrizioni di antivirali, antibiotici).

Requisiti minimi di sorveglianza in contesti con risorse limitate
Effettuare una sorveglianza affidabile e accurata può rappresentare una sfida anche nei setting con le risorse meglio organizzate, dove le fonti dei dati sono molteplici e accessibili al team di sorveglianza, le risorse ed i servizi informatici sono ben stabiliti ed è presente personale dedicato e formato (ossia personale addetto al controllo infezioni). Nei setting con risorse limitate, dove si può trovare carenza di una o più di queste risorse si possono considerare come requisiti minimi per una sorveglianza quelli qui di seguito elencati.
1. Definire la popolazione. Anche i più basilari programmi di sorveglianza devono considerare la tipologia di pazienti assistiti e la tipologia di servizi che la struttura eroga, al fine di determinare i rischi di infezione.
2. Selezionare i processi o gli esiti della sorveglianza. Identificare e misurare gli esiti più importanti e limitare la misurazione dei processi a quelli che sono i più importanti nella popolazione di pazienti considerata aiuta a preservare tempo e risorse nei setting limitati.
3. Utilizzare definizioni di sorveglianza. I principi di base qui descritti si applicano a contesti con risorse limitate. Per alcune attività di sorveglianza la raccolta dati limitata può essere più semplice e maggiormente tempo-efficiente, con minor dipendenza da altre risorse. Ad esempio, l’ECDC (European Centre for Disease Control) suggerisce che può essere appropriato l’utilizzo di un protocollo di sorveglianza “leggera” per attività specifiche di sorveglianza (ad esempio, sorveglianza nei reparti di terapia intensiva, sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico), nelle quali i dati dettagliati sono ottenuti soltanto per i casi di infezione correlata all’assistenza ed i denominatori sono aggregati per unità operativa o procedura.9
4. Raccogliere i dati di sorveglianza. Visto che la raccolta dei dati può essere impegnativa e richiedere tempo, e in molti contesti con risorse limitate gli operatori possono non avere accesso a dati informatizzati, può essere necessario formare altri operatori che collaborino alla raccolta dati. I contesti con risorse molto limitate possono prendere in considerazione l’effettuazione di studi di prevalenza puntuale ripetuti che possono identificare aree ad alto rischio che richiedono maggiori attenzioni, e monitorare le infezioni correlate all’assistenza o gli indicatori di processo in questi contesti. Al posto della sorveglianza continuativa, anche la sorveglianza a campione o la sorveglianza periodica prolungata di specifici programmi o procedure può far risparmiare tempo e risorse; ad esempio, la sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico o delle infezioni in terapia intensiva può essere effettuata per soli 3 mesi ogni anno invece che per 12 mesi, tenendo conto del fatto che variazioni stagionali o variazioni inaspettate possono non essere riconosciute.
5. Analizzare ed interpretare i dati. Nei programmi di sorveglianza più limitati o basilari l’analisi dei dati può essere semplificata in modo da fornire solo i risultati più importanti. La stratificazione del rischio potrebbe non essere realizzabile per diverse ragioni (ad esempio, mancanza di dati, formazione o risorse inadeguate) e può essere omessa, anche se questo potrebbe limitare i confronti con altre organizzazioni o benchmark pubblicati.
6. Riportare e utilizzare le informazioni relative alla sorveglianza. In tutti i sistemi, è una criticità che i dati di sorveglianza vengano forniti a ed utilizzati dai più rilevanti soggetti interessati; il fallimento di uno dei due aspetti rende inutile il programma sorveglianza.
7. Valutare il programma. Le attività di sorveglianza dovrebbero essere valutate periodicamente in tutti i programmi di sorveglianza. Come minimo, devono essere valutati l’accettabilità del programma, la qualità dei dati, ed ogni cambiamento nella popolazione dei pazienti che impatta sulla rilevanza del programma di sorveglianza.

Riepilogo
La sorveglianza è un’attività fondamentale di tutti i programmi di prevenzione delle infezioni. Se ben pianificato ed implementato, un programma di sorveglianza può essere uno degli strumenti più potenti che un professionista esperto nella prevenzione e controllo delle infezioni possa portare in un’organizzazione. I dati di sorveglianza possono indicare che è necessario effettuare cambiamenti nelle pratiche cliniche o nell’organizzazione, tracciare i progressi durante l’implementazione dei cambiamenti, dimostrare il successo o il fallimento di quanto è stato realizzato. Inoltre, la sorveglianza può fornire evidenze convincenti della necessità di dedicare risorse adeguate per il programma di prevenzione e controllo delle infezioni, con un impatto positivo sui pazienti assistiti.  ▪



Riferimenti bibliografici
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Pubblicato per gentile concessione dell'IFIC che ringraziamo.
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