Comunicazioni orali

Antimicrobial stewardship
C1.
Programma di implementazione dell’Antimicrobial Stewardship tramite l’utilizzo di un social network in un grande ospedale di Roma — Antimicrobial Stewardship program implementation using a social network in a large hospital in Rome
Patrizia Magrini,1 Silvio Capizzi,2 Anna Ferrari,1 Emanuele Nicastri,3 Danilo Zuliani,1 Milva Ballardini,1 Marcello Meledandri,1
Claudio Pisanelli,
1Franco Cerquetani,1 Tiziana Magnante,1
Lorenzo Sommella,
1
1Azienda Complesso Ospedaliero, San Filippo Neri, Roma; 2Istituto di Sanità Pubblica-Sezione di Igiene, Policlinico A. Gemelli - Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 3Istituto Nazionale per le Malattie Infettive, Lazzaro Spallanzani, Roma
Obiettivi. L’antimicrobial stewardship (AS) è un processo integrato multiprofessionale che si propone di indirizzare l’uso di antibiotici per ridurre le infezioni correlate all’organizzazione sanitaria (IOS) da microrganismi resistenti e le relative conseguenze cliniche ed economiche (aumento di morbilità, letalità, complicanze, rischio di epidemie, prolungamento delle degenze, dei relativi costi). Su iniziativa della Commissione per il Controllo delle Infezioni Ospedaliere (CIO) è stato istituito presso l’ACO S.Filippo Neri di Roma un ASTeam (composto da 2 farmacisti, 2 igienisti, 2 infettivologi, 2 microbiologi, un informatico) per promuovere, anche attraverso l’uso di un social network, la prescrizione di terapie antibiotiche appropriate in relazione alla scelta della molecola, al dosaggio, alla via di somministrazione e alla durata della terapia.
Materiali e metodi. Sono stati effettuati i seguenti step:
– creazione di un account twitter e scelta dei following di interesse;
– creazione di una sezione dedicata all’AS nel sito internet aziendale;
– ricerca periodica attraverso i principali database scientifici degli articoli sul tema dell’AS e archiviazione nel sito;
– elaborazione di tweet (max 140 caratteri) postati e anche archiviati sul sito aziendale.
Risultati. Il CIO_ACOSFN_ASTeam ha ad oggi 54 follower e 26 following; sono stati postati 126 tweet, diffondendo le più recenti evidenze scientifiche sull’argomento, informazioni o suggerimenti “spot” utili per il controllo delle IOS. Oltre 50 articoli scientifici di recente pubblicazione sono stati classificati in sezioni e resi disponibili alla consultazione online. Al momento solo un altro CIO nazionale è stato reperito con reciproco collegamento sul network.
Conclusioni. In aggiunta agli strumenti tradizionali dell’AS, l’utilizzo del social network può rappresentare un utile ausilio per una veloce e sintetica comunicazione tra i professionisti impegnati quotidianamente a contrastare le IOS nonché tra i CIO esistenti in Italia, candidandosi a diventare strumento di una rete per la crescita e l’aggiornamento o in situazioni di emergenza (epidemia, informazioni su farmaci, etc.).

Antisepsi, disinfezione e pulizia
C2.
Meccanismi e tipi di resistenza ai biocidi — Mechanisms and types of resistance of microorganisms to biocides
Vyacheslav Shkarin, Olga Kovalishena, Anna Blagonravova
State Budgetary Educational Establishment of Higher Professional Training “Nizhny Novgorod State Medical Academy” of the Ministry of Public Health of, Nizhny Novgorod State Medical Academy, Nizhny Novgorod, Russian Federation
Objective. The purpose of investigation was to summarize and systematize the data of different investigators and the authors’ own findings obtained in the course of studies of microorganism resistance to biocides (disinfectants (DS), antiseptics (AS), antibiotics(AB), and to work out a resistance classification.
Materials and methods. Review of scientific publications. Modeling of resistance of microorganisms to disinfectants and antiseptics in laboratory experiments by using bacteriological, molecular-genetics and electron microscopy methods, methods of estimation of susceptibility to biocides.
Results. Questions of microorganisms resistance to DS and AS have been studied by many specialists, but there are only single attempts to systematize the data obtained. Gerald McDonnel and A. Denver Russel offered a classification according to which the following types of resistance, depending on the mechanisms of its formation, are distinguished: 1. Intrinsic Bacterial Resistance mechanism; 2. Acquired Bacterial Resistance mechanism: 2.1. Plasmid-mediated Resistance; 2.2. Mutational Resistance; 3. Physiological (phenotypic) adaptation. The experts of the Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR) in 2009 have summarized the available data on the microorganisms resistance to biocides and distinguished the following mechanisms: permeability; efflux; degradation; mutation; phenotypic change; induction (stress response). Using numerous data of investigators, as well as our own findings an attempt of classifying microorganisms resistance to disinfecting agents has been made. On the basis of such classification feature as “availability or absence of the reference (natural) resistance to DS and AS) the following kinds of resistance can be divided: 1.Natural resistance (there is original/innate resistance to DS); 2. Acquired resistance (original/innate resistance is absent). The basic feature, making the core of acquired resistance classification, is the mechanisms of its formation according to which acquired resistance may be divided into: 1.genotypic resistance caused by: 1.1.mutations; 1.2. plasmids and transposons transfer; 1.3. other changes of chromosomal and extrachromosomal DNA; 2. phenotypic resistance: 2.1. biofilms formation; 2.2. induced resistance. Our own investigations have demonstrated the possibility of induced resistance development by microorganism test-strains in-vitro as a result of systematic action of DS in reduced (subbactericidal) concentrations. The resistance to DS must be considered in combination with the resistance to other biosedes. According to the presence/absence of the resistance to other biocides it may be divided into: 1.resistance to a single DS/AS (monoresistance); 2. resistance to other DS/ AS: 2.1. cross resistance  (is a resistance to different DS/AS from the same group of chemical compounds based on the same active substance); 2.2. associated resistance (is a resistance referring to various groups of chemical compounds according to active substance); 2.3. matched resistance (is a resistance to two and more DS/AS from the same group of chemical compounds, but with various active substance); 3. combined resistance (is a resistance both to DS/AS and antibiotics).
Conclusion. The classification of resistance of microorganisms to biocides is presented for discussion. Mechanisms and types of resistance of microorganisms to biocides need to be further integrated research and systematization.

Esperienze di controllo delle IOS
C3.
Contenimento di un outbreak di Klebsiella pneumoniae ESBL-produttore (KP-ESBL) in un reparto di terapia intensiva neonatale — Control of Klebsiella pneumoniae ESBL+ outbreak in a neonatal intensive care unit
Patrizia Cambieri,1 Mariasofia Caltagirone,2 Micaela Brandolini,1 Ibrahim Bitar,2 Claudia Dalla Valle,1 Mauro Stronati,3
Lidia Decembrino,
3 Laura Pagani,2 Piero Marone,1
1S.C. Microbiologia e Virologia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia; 2Dipartimento di Scienze Clinico-Chirurgiche Diagnostiche e Pediatriche, Unità di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Università di Pavia; 3S.C. Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
Obiettivi. Klebsiella pneumoniae rappresenta uno dei principali patogeni nosocomiali responsabile di sepsi e infezioni neonatali. La colonizzazione rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo dell’infezione nei pazienti ospedalizzati. Questo studio riporta le misure di sorveglianza e controllo adottate per il contenimento di un outbreak di infezioni/colonizzazioni da Klebsiella pneumoniae ESBL-produttore (KP-ESBL) verificatosi tra aprile e agosto 2013 nel reparto di Terapia Intensiva-Patologia Neonatale della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. La tipizzazione molecolare, effettuata tramite PFGE, ha permesso di accertare la clonalità degli isolati clinici.
Materiali e metodi. Il controllo delle infezioni correlate all’assistenza prevede l’adozione di corrette pratiche assistenziali, il trattamento dell’infezione, lo screening dei pazienti, l’isolamento dei colonizzati/infetti. A tal proposito a partire dal mese di aprile ad ogni neonato sono stati effettuati tamponi rettali all’ingresso in reparto e ogni 5 giorni. Sono stati inoltre eseguiti campionamenti ambientali in punti potenzialmente critici presso la struttura di ricovero.
A partire da agosto, in aggiunta al cohorting, il reparto è stato suddiviso in due zone separate (neonati colonizzati/infetti e negativi) ciascuna con personale dedicato. Ceppi KP-ESBL rappresentativi e precedentemente identificati come CTX-M-15-produttori sono stati sottoposti a tipizzazione mediante PFGE.
Risultati. Nel periodo considerato sono stati ricoverati 293 pazienti. 66/293 neonati sono risultati colonizzati, 18/293 infetti da KP-ESBL. Dal campionamento ambientale, si è evidenziata iniziale presenza di KP-ESBL in due punti attigui alle culle di pazienti colonizzati/infetti. La suddivisione del reparto ha permesso una progressiva riduzione del numero di neonati colonizzati/infetti fino alla risoluzione dell’outbreak. L’analisi molecolare ha evidenziato l’appartenenza dei ceppi CTX-M-15-produttori ad un unico clone.
Conclusioni. La suddivisione del reparto e la meticolosa aderenza alle pratiche assistenziali per il controllo delle infezioni hanno consentito di risolvere l’outbreak. Si conferma inoltre il ruolo centrale del Laboratorio di Microbiologia nell’individuazione e caratterizzazione tempestiva di outbreak ospedalieri causati da microrganismi multiresistenti come KP-ESBL.
C4.
Epidemiologia delle infezioni da Klebsiella pneumoniae produttrice di KPC nella ASL di Pescara: un anno di esperienza — Epidemiology of KPC-producing Klebsiella infections in Pescara Hospital
Ennio Polilli, Dalia Palmieri, Vincenzo Savini, Paolo Fazii, Giuseppe Garofalo, Livio Del Duca, Claudio D’amario,
Giustino Parruti,Valerio Cortesi
ASL Pescara, Ospedale “Spirito Santo” Pescara
Obiettivi. La resistenza ai carbapenemi degli enterobatteri costituisce un problema clinico-assistenziale rilevante in quanto causa di terapia antibiotica inefficace e alti tassi di mortalità. In presenza di infezioni da Klebsiella pneumoniae produttrice di KPC, pertanto, è necessario circoscrivere il rischio di diffusione, identificare tempestivamente i casi di infezione/colonizzazione ed instaurare terapie efficaci.
Materiali e metodi. Studio retrospettivo effettuato su pazienti con infezione/colonizzazione da Klebsiella pneumoniae produttrice di KPC segnalati al GOE (Gruppo Operativo Epidemiologico) come stabilito dalla nuova Procedura aziendale ASL di Pescara. Alle analisi microbiologiche colturali sono seguite indagini molecolari di conferma per l’identificazione dei geni di antibiotico resistenza blaKPC, blaVIM e blaOXA-48 (OXVIKP, Progenie, Genova). Per ogni caso segnalato è stato effettuato un sopralluogo per la revisione delle procedure clinico-assistenziali.
Risultati. Da gennaio 2013 a dicembre 2013 sono state registrate 20 segnalazioni di infezione/colonizzazione da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi pervenute rispettivamente dalle Unità Operative di Ematologia (12), Rianimazione (3), Neurochirurgia (2), Medicina generale (1), Urologia (1) e Geriatria (1). L’età media è stata di 62.3±16.3 anni. La durata media di ricovero è stata di 45.6±35.8 giorni, la mortalità riscontrata nel campione è stata del 40%, di cui 7 decessi osservati in ambito ematologico peraltro non direttamente attribuibile alle infezioni nella maggior parte dei casi, mentre il 46% dei dimessi è stato trasferito in reparti di lungodegenza. Ai casi riscontrati hanno fatto seguito strette misure di isolamento da contatto e di sanificazione ambientale. Sono in corso ulteriori analisi per il riscontro di eventuali cluster epidemici.
Conclusioni. Anche nelle Strutture ospedaliere della ASL di Pescara sono state riscontrate infezioni/colonizzazioni sostenute da Klebsiella pneumoniae produttrice di KPC che hanno reso necessario implementare misure aggiuntive e maggiormente restrittive di prevenzione e controllo, per limitarne la trasmissione ed evitare che i casi di colonizzazione si trasformino in casi conclamati di infezione.

Formazione, comunicazione e audit
C5.
Infezioni e assistenza: poche cose da fare sempre! — Hand washing: low cost training, few things to do… always!
Laura Masala,1 Federico Argiolas,2 Maria Paola Argiolas,1
Maria Paola Pilloni,
3 Cristina Racis,4 Sandra Cara,5
Maria Rosa Faedda,
2 Giuseppe Sechi,6 
1Laboratorio analisi, Ospedale “N.S. Bonaria”, San Gavino Monreale; 2Direzione sanitaria, Ospedale “Businco”, Cagliari; 3Chirurgia generale, Ospedale “N.S. Bonaria”, San Gavino Monreale; 4Cardiologia, Ospedale “N.S. Bonaria”, San Gavino Monreale; 5Pronto Soccorso e OBI, Ospedale “N.S. Bonaria”, San Gavino Monreale; 6Direzione sanitaria, Ospedale
“N.S. Bonaria”, San Gavino Monreale
Obiettivi. La formazione rappresenta uno dei pilastri della strategia multimodale OMS mirata al miglioramento dell’igiene delle mani. Si propone un metodo di formazione ‘low cost’, che minimizza il tempo in aula degli operatori, aumentando la popolazione base di riferimento ed enfatizzando la verifica del saper eseguire in maniera corretta l’igiene delle mani. 
Metodi. L’Ospedale di San Gavino a gennaio 2014 ha avviato un corso di 2 ore, programmato in 20 edizioni, ciascuna per 20 partecipanti. Il corso prevede una fase iniziale e finale di valutazione in cui ciascun operatore esegue l’igiene delle mani con soluzione alcolica addizionata con sostanza fluorescente e compila un questionario con 15 domande. La parte centrale ha taglio essenziale e pratico, focalizzato su pratiche ed errori relativi all’igiene delle mani rilevati in Ospedale durante i tre mesi di osservazione (ottobre-dicembre 2013).
Risultati. Rappresentiamo qui il report delle prime 5 edizioni, per complessivi 100 partecipanti: 55 provenienti dai reparti, 30 dai servizi e 15 dal territorio. Gli infermieri sono 65, 11 i medici, 9 i tecnici, 15 altri operatori. Tra prima e dopo il ‘core’ del corso si apprezza la riduzione nella presenza dei monili durante l’igiene delle mani (da 57 a 44 operatori) e, soprattutto, il miglioramento della frizione con soli 19 operatori (sui 61 iniziali) che non disinfettano correttamente i palmi e 29 operatori (sui 71 iniziali) che non disinfettano correttamente il dorso. Le risposte al questionario mostrano un miglioramento nelle conoscenze con un dimezzamento degli errori (dal 24% al 13%). Il corso è gradito a 98 partecipanti, 2 danno una valutazione neutra, 0 negativa.
Conclusioni. Stante la non obbligatorietà dell’evento e la mancanza di crediti ECM, vale essenzialmente la pena di ricordare la elevata partecipazione, che si è diffusa sostanzialmente con il “passa parola”... purtroppo più tra gli infermieri che tra i medici.

Igiene delle mani
C6.
Il lavaggio delle mani: la valutazione della best practice attraverso i requisiti di accreditamento — Handwashing: the evaluation of best practices through the accreditation requirements
Anna Poli, Enrica Fornai
S.O.S. Vigilanza e Controllo Infezioni Correlate all’Assistenza,
ASF 10, Firenze
Obiettivi. “Cure pulite sono cure più sicure” è lo slogan scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la campagna mondiale sull’igiene delle mani. La Regione Toscana ha aderito da anni a tale progetto con numerose iniziative. L’obiettivo ultimo è il miglioramento dell’igiene delle mani come requisito comune di accreditamento nelle Strutture Sanitarie previsto dalla LR 51/2009.
Materiali e metodi. La programmazione delle sessioni di osservazione è stata organizzata per Dipartimenti. Le rilevazioni sono state condotte da un team dedicato durante tutto l’anno 2013 nei cinque Presidi Ospedalieri.
Risultati. Sono state effettuate un totale di 4517 osservazioni. Nel dipartimento medico l’adesione al lavaggio delle mani è stata calcolata attorno al 64,75%. Un’analisi più approfondita ha permesso di valutarne l’adesione per categoria professionale: gli infermieri hanno un’adesione pari al 68,22%, i medici del 57,84%, gli OSS del 61,99%. Nel dipartimento chirurgico l’adesione è del 68,48%, per gli infermieri del 72,36%, del 70,76% per i medici, e del 68,53% per gli OSS. Nel dipartimento materno-infantile si è osservata un’adesione del 49,33%; nel dipartimento di emergenza-urgenza del 52,08%; nei reparti di terapia intensiva del 78,57%; e del 77,84% nel dipartimento oncologico.
Conclusioni. Attraverso le sessioni di osservazione abbiamo verificato il miglioramento dei tassi di adesione rispetto agli anni precedenti arrivando al conseguimento di una cultura della sicurezza del paziente che ha avuto un approccio multimodale e multiprofessionale. Il “Framework per l’autovalutazione dell’igiene delle mani” è stato un ulteriore supporto culturale e di riferimento. L’ASF 10 è considerata centro di riferimento perché ha contribuito alla promozione dell’igiene delle mani attraverso la ricerca, l’innovazione e la condivisione delle informazioni grazie all’impegno di tutti gli operatori sanitari. Si è passati dallo studio del problema attraverso il feedback dei risultati all’applicazione di interventi correttivi, che caratterizzano i sistemi di valutazione presenti nel processo di Accreditamento delle Strutture Sanitarie.
C7.
Analisi del consumo di soluzioni di gel-alcolico: indicatore di qualità per la sicurezza dei pazienti — An analysis of the use of alcohol-based gel sanitisers as a quality indicator of patient safety
Filomena Silverj,1Alessandra Gambi,1 Ines Bianco,1
Francesco De Vita,
1 Arturo Di Girolamo,1 Maria Antonietta Pompeo,1 Alessandra Argentieri,1 Maria B. Di Sciascio,2 Adele Rulli2
1Gruppo Operativo CIO, 2UOC Qualità Rischio Clinico
Azienda Asl
02 Abruzzo Lanciano-Vasto-Chieti
Obiettivi. Utilizzare il consumo di gel alcolico come indicatore della pratica di igiene delle mani ed elemento significativo di qualità e sicurezza delle prestazioni, nell’ambito delle strategie per il contenimento delle infezioni correlate all’assistenza e dei germi multiresistenti negli ambienti di cura.
Materiali e metodi. Da una revisione della letteratura si è individuato in almeno 20L/1000 giorni/pz la quantità necessaria a garantire la sicurezza delle pratiche assistenziali,identificando gli episodi di lavaggio nei 5 momenti fondamentali (WHO). Si è scelto il metodo di rilevazione indiretto dei consumi all’inizio del progetto e nell’anno dell’attuazione. È stato somministrato un questionario al personale per la verifica delle conoscenze sull’igiene delle mani; è stata programmata una dotazione capillare di gel, sono stati realizzati incontri formativi aziendali, audit nei reparti a maggiore diffusione di patogeni sentinella; è stato realizzato uno studio osservazionale opportunità/azione confrontando le azioni di igiene delle mani effettuate sul totale di quelle necessarie, distinte per area critica/medica/chirurgica e figure professionali.
Risultati. In un anno di osservazione si è passati da una media di consumo di gel alcolico di 5,9 L a 9,4 L/1000 giorni/pz con una compliance dal 29,5% al 47%;contestualmente si è verificata una riduzione degli isolamenti di patogeni alert, come lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) con una diminuzione media del 31%, più spiccata in area critica.
Conclusioni. Il metodo utilizzato si è dimostrato utile per valutare l’efficacia dell’intervento che ha prodotto un miglioramento nell’approccio del personale al problema dell’igiene delle mani e un decremento nelle percentuali d’isolamento di patogeni alert. Sono necessari ulteriori valutazioni e studi per definire l’outcome sul paziente ed estendere tale approccio a macroaree assistenziali che comprendano tutte le strutture implicate nei percorsi di cura.

Indagini di prevalenza
C8.
Cosa c’è di nuovo sulle infezioni correlate all’assistenza ed uso di antibiotici nelle strutture residenziali per anziani in Italia? I risultati del progetto europeo HALT2 — What’s new about healthcare acquired infections and antimicrobials use in the Italian Long Term Care Facilities? Results from the HALT2 european project
Enrico Ricchizzi,1 Maria Luisa Moro,1 Antonella Agodi,2
Luca Arnoldo,
3 Martina Barchitta,2 Silvio Brusaferro,3
Roberto Cocconi,
3 Rosario Cunsolo,4 Marcello D’errico,5
Ugo Fedeli,
6 Federica Ferraro,9 Giuseppe Murolo,7 Dalia Palmieri,8 Giustino Parruti,8 Vincenzo Puro,9 Luca Ruscitti,9 Elena Schievano,6 Michela Stillo,11 Valeria Torregrossa,10 Carla Maria Zotti11
1Area Rischio Infettivo, Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale Emilia Romagna, Bologna; 2Dipartimento “G. F. Ingrassia”, Università di Catania; 3Direzione Sanitaria, Policlinico Universitario Udine; 4Direzione medica, AOU Policlinico-Vittorio Emanuele”, Catania; 5SOD Igiene Ospedaliera, AOU Ospedali Riuniti, Ancona; 6Servizio Epidemiologico Regionale, Regione Veneto, Padova; 7Assessorato alla Salute, Regione Sicilia, Palermo; 8Malattie Infettive, P.O. Spirito Santo, Pescara; 9INMI,Ospedale Spallanzani, Roma; 10Direzione sanitaria, AOU Policlinico Paolo Giaccone, Palermo; 11Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università degli studi di Torino
Nel periodo Aprile-Maggio 2013, L’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha promosso lo studio europeo HALT2 con l’obbiettivo di indagare le infezioni correlate all’organizzazione sanitaria (IOS), l’uso di antibiotici sistemici nelle strutture socio-sanitarie residenziali per anziani.
Il protocollo consisteva in una prevalenza puntuale della frequenza di infezioni ed uso di antibiotici sistemici durante la quale venivano raccolti anche indicatori di struttura relativi alla prevenzione e controllo delle infezioni e sulla politica antibiotica, formazione del personale assistenziale e presenza di sistemi di sorveglianza. Le infezioni incluse erano quelle diagnosticate dai nuovi criteri di McGeer, gli antibiotici erano tutti quelli sistemici in somministrazione nel giorno dello studio mentre la popolazione oggetto di studio era caratterizzata mediante indicatori di complessità assistenziale e presenza di fattori di ischio per l’insorgenza di infezioni.
Per l’Italia hanno aderito, volontariamente, 235 strutture da 11 regioni per un totale di 18.418 ospiti. La popolazione era molto anziana e ad elevato carico assistenziale e non trascurabile esposizione a procedure o dispositivi invasivi.
La prevalenza di infezione osservata è stata pari al 3.3%, con le infezioni respiratorie, urinarie e della cute o ferita tra le più frequenti. La prevalenza di ospiti in trattamento con antibiotico sistemico era pari al 4%, soprattutto con finalità terapeutica a base di cefalosporine di terza generazione, fluorochinoloni e penicilline con inibitore.
Sebbene la diffusione di protocolli di gestione sia alta, scarsa è la presenza di strumenti di sorveglianza delle IOS, dei germi multi resistenti o dei consumi di antibiotici. Così come frammentata è anche l’offerta formativa, spesso limitata ai soli infermieri ed al personale assistenziale.
Nonostante il problema della gestione delle IOS e degli antibiotici sia rilevante, nelle strutture residenziali manca ancora una diffusione omogenea degli elementi standard di prevenzione e controllo in un contesto dell’assistenza sempre più rilevante nella rete assistenziale.

Operatori e rischio biologico
C9.
Infezione tubercolare latente e potenziali fattori di rischio negli studenti in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Genova — Latent tuberculosis infection and potential associated risk factors among medical students of the University of Genoa
Paolo Durando,1 Cristiano Alicino,1 Andrea Orsi,1 Mauro Piccinini,2 Fabio Spigno,2 Giovanni Mazzarello,3 Dimitri Sossai,4
Ilaria Barberis,
1 Chiara Paganino,1 Guglielmo Dini,2
Emanuela Massa,
2 Filippo Ansaldi,1 Giancarlo Icardi1
1UO Igiene, IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - IST Istituto Nazionale per la ricerca sul Cancro, Dipartimento di Scienze della Salute (DiSSal), e Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva Università degli Studi di Genova; 2Dipartimento di Scienze della Salute (DiSSal), Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro e Servizio Prevenzione e Protezione, Università degli Studi di Genova; 3UO Clinica Malattie Infettive, IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - IST Istituto Nazionale per la ricerca sul Cancro, Dipartimento di Scienze della Salute (DiSSal), Università degli Studi di Genova; 4Servizio Prevenzione e Protezione, IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - IST Istituto Nazionale per la ricerca sul Cancro, Genova
Obiettivi. Stimare la prevalenza d’infezione tubercolare latente (ITBL) e valutare possibili fattori di rischio associati in un’ampia coorte di studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Genova, in formazione presso l’IRCCS AOU San Martino-IST di Genova.
Materiali e metodi. In uno studio di prevalenza, condotto nel periodo marzo-dicembre 2012, tutti gli studenti iscritti dal I al VI anno sono stati invitati, previa anamnesi mirata per tubercolosi (TB), a effettuare il test cutaneo alla tubercolina (TST) secondo Mantoux, considerato positivo alla comparsa di un indurimento di diametro ≥ 10 mm, a 48-72 ore dall’inoculazione. Il test basato su rilascio d’interferon-gamma (IGRA) è stato utilizzato come conferma nei casi positivi all’intradermoreazione. A tutti gli arruolati è stato somministrato un questionario standardizzato per la valutazione del rischio di ITBL, condotta mediante analisi univariata e multivariata dei possibili fattori associati.
Risultati. 1302 (86,2%) studenti dei 1511 convocati, hanno effettuato il test cutaneo e compilato il questionario. La prevalenza di TST positivi è risultata 0,8% e solo in 2 degli 11 casi positivi al TST la diagnosi di ITBL è stata confermata tramite IGRA. Non sono emerse differenze significative nella prevalenza di ITBL tra gli studenti di area pre-clinica (I-III anno) e clinica (IV-VI anno) e all’aumentare dell’anno di corso di studi. Analogamente, non sono state rilevate differenze per età, genere e precedenti contatti con pazienti affetti da TB contagiosa. Studenti provenienti da paesi a elevata incidenza di TB hanno mostrato una maggior prevalenza di TST positivi (9,2% vs 0,3%, p=0,001). Tuttavia, l’unica variabile indipendentemente associata a positività per TST è risultata una precedente vaccinazione con bacillo di Calmette-Guèrin (BCG) (OR 16,88, IC 95% = 2,38-119,65, p= 0.005).
Conclusioni. La prevalenza di ITBL è risultata molto bassa, così come il rischio di acquisire l’infezione in ambito nosocomiale durante il percorso formativo. I programmi di screening consentono l’identificazione e la gestione appropriata dei casi sporadici in aree a bassa circolazione in comunità di Mycobacterium tuberculosis.

Prevenzione e controllo delle IOS
C10.
Strategie di controllo delle Enterobacteriaceae produttrici di carbapenemasi: risultati di un’analisi in Lombardia — Strategie to control carbapenemasi producing Enterobacteriaceae: results from a survey in Lombardy
Angelo Pan,1 Antonio Goglio,2 Francesco Auxilia,3 Raffaele Bruno,4
Maria Teresa Cuppone,
5 Vincenzo Emmi,6 Giuseppe Grioni,7 Francesco Luzzaro,8 Caterina Masia,9 Andrea Patroni,10
Patrizio Piacentini,
11 Alfredo Porro,12 Aurelio Sessa,13
Liana Signorini,
14 Evelyn van Hauwermeiren,1 Paolo Viganò,15 Maurizio Bersani16 
1Malattie Infettive e Tropicali, Istituti Ospitalieri di Cremona; 2Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie, Milano; 3Istituto di Igiene, Università degli Studi di Milano; 4Dipartimento di Malattie Infettive, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università degli Studi, Pavia; 5Direzione Sanitaria, IRCCS Policlinico San Donato, S. Donato Milanese; 6Servizio di Terapia Intensiva, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia; 7Direzione, Istituto Scientifico di Riabilitazione, Fondazione Salvatore Maugeri, Castel Goffredo; 8Laboratorio di Microbiologia, Ospedale A. Manzoni, Lecco; 9Direzione Sanitaria, Istituto Europeo di Oncologia, Milano; 10Divisione di Medicina, Ospedale di Esine; 11Servizio di Farmacia, Ospedale San Carlo Borromeo, Milano; 12Divisione di Medicina 4, Ospedale di Rho; 13Società Italiana di Medicina Generale, Milano; 14Dipartimento di Malattie Infettive, Spedali Civili, Brescia; 15Divisione di Malattie Infettive, Ospedale Civile di Legnano, Legnano; 16Programmazione e Sviluppo Piani, Progettazione e Sviluppo Piani, Comunicazione, Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia, Milano
Obiettivi. Il controllo delle Enterobacteriaceae produttrici di carbapenemasi (CPE) rappresenta un problema epidemiologico per il nostro Paese. Per valutare lo stato dell’arte nel controllo delle CPE è stato inviato agli ospedali della regione Lombardia un questionario dedicato. Vengono qui riportati i dati relativi ai risultati del questionario.
Materiali e metodi. Nel settembre 2012 è stato inviato a tutti gli ospedali della regione Lombardia un questionario sullo stato di diffusione e controllo delle CPE, costituito da 35 domande suddivise in 6 paragrafi. È stata eseguita un’analisi statistica descrittiva ed un’analisi uni- e multivariata.
Risultati. Ottantasei ospedali su 203 della Regione (41%) hanno risposto al questionario. Ottantuno ospedali (94%) hanno affrontato il problema del controllo delle CPE, ma solo il 29% ha preparato un protocollo specifico. Settantuno ospedali (83%) hanno avuto almeno un isolamento di CPE; nel 23% degli ospedali si sono verificate epidemie di CPE.
Il 15% degli ospedali ha organizzato programmi di ricerca attiva di CPE tramite tampone rettale al momento del ricovero, nel 77% dei casi in terapia intensiva. In 54 ospedali (63%) i pazienti CPE positivi vengono isolati in stanza singola, mentre in 15 (17%) non viene eseguito alcun isolamento. Il 41% degli ospedali segnala la positività per CPE sulla lettera di dimissione. La soglia della MIC considerata sospetta per la produzione di carbapenemasi varia nei diversi ospedali: per meropenem MIC ≥0.5 mg/L= 37%, MIC ≥1 mg/L= 27%, MIC ≥2 mg/L= 21%.
Conclusioni. Il problema dei CPE ha interessato la maggioranza degli ospedali regionali. I punti critici sono: 1) mancanza di uniformità nell’interpretazione della sospetta presenza di carbapenemasi, 2) carenza di protocolli locali per il controllo del germe, 3) inadeguato isolamento in stanza singola, 4) carenza del passaggio dell’informazione sulla positività alla dimissione. È necessario un intervento centrale regionale mirato a rendere uniformi i comportamenti.
C11.
Accreditamento Joint Commission International (JCI) e Infezioni Correlate all’Organizzazione Sanitaria (IOS): studio di una Scheda Unica di Rilevazione e Sorveglianza (SURS) proattiva per il soddisfacimento degli standard PCI 6, PCI 7, PCI 10 — Joint Commission International (JCI) Accreditation and Healthcare Associated Infections (HAI): a Single proactive Tool for Detection and Surveillance (STDS) for PCI 6, 7 PCI, PCI 10 standard satisfaction
Teresa Iori,1 Andrea Ianni,1 Laura Andrissi2
1Comitato Infezioni Ospedaliere Policlinico,
2Istituto di Filosofia dell’Agire Scientifico e Tecnologico
Università Campus Bio-Medico di Roma
Obiettivi. L’Accreditamento JCI delle strutture sanitarie è un processo volontario che prevede il miglioramento continuo nei processi e nei risultati come strategia fondamentale per assicurare la dovuta sicurezza del paziente. L’obiettivo è di soddisfare gli Standard PCI 6 (approccio risk-based, prevenzione e controllo IOS), PCI 7 (implementazione strategie riduzione IOS), PCI 10 (miglioramento qualità e salute pazienti) attraverso l’utilizzo di un unico strumento agile e proattivo, la SURS.
Materiali e metodi. Nella prima fase hanno partecipato al progettoil Gruppo Operativo del CIO e i medici referenti dei reparti interessati (Medicina Interna, Geriatria, Chirurgia Generale, Geriatrica, Cardiochirurgia, UTI) del Policlinico Universitario Campus-Biomedico di Roma. È seguita (gennaio-febbraio 2014) la sperimentazione cartacea nei reparti con raccolta giornaliera dati fino alla dimissione e richiamo telefonico a 30 giorni per i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico. I criteri per la diagnosi di IOS sono quelli definiti dal CDC di Atlanta e NHSN. Le schede, inserite su un supporto informatico (Access 2007) in collegamento alla base dati SDO sono quindi state analizzate con software statistici.
Risultati. Sono stati monitorati tutti i Ricoveri Ordinari nei 6 reparti identificati e i dati confrontati con quelli microbiologici evidenziano la presenza di discrepanze tra i due metodi di sorveglianza dimostrando la necessità del loro utilizzo congiunto. Ha permesso la sorveglianza IOS (incidenza, sede, localizzazione e agente), dei fattori di rischio, l’appropriata profilassi e terapia antibiotica in chirurgia, tempi di refertazione microbiologica e inizio terapia, dell’eventuale prolungamento della degenza e relativo aumento di costi.
Conclusioni. La SURS si è dimostrata un valido strumento per il conseguimento di tre standard JCI e permette le necessarie azioni volte a focalizzare gli obiettivi del programma ospedaliero di prevenzione e controllo delle infezioni individuati nel Risk Assessment annuale e promuovere il Benchmarking. Ha inoltre evidenziato l’importanza di interventi formativi rivolti ai medici compilatori per aumentare compliance e ottimizzazione dei percorsi (Standard PCI 11).
C12.
Il progetto sepsi@al.t: un approccio integrato per la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle sepsi — The sepsi@al.t project: an integrated approach for prevention, diagnosis and therapy of sepsis
Andrea Rocchetti,1 Eugenio Mantia,2 Roberta Bellini,3
Grazia Lomolino
4
1SSD Microbiologia,
2S.C. Malattie Infettive ASO
3SSA Sviluppo strategico innovazione e qualità
4SSA Controllo Infezioni, ASO
Dipartimento dei Servizi Ospedalieri, SS. Antonio, Biagio e C. Arrigo, Alessandria
Introduzione. La sepsi rappresenta una condizione clinica di difficile gestione ed associata ad una mortalità elevata nelle sue forme gravi (sepsi grave e shock settico). Si ritiene possibile, attraverso un’azione di “governance” che coinvolga tutti adeguando e sincronizzando gli interventi, di poter raggiungere gli obiettivi di: 1. Ridurre il tempo diagnostico. 2. Ridurre il tempo della finestra terapeutica. 3. Ridurre almeno del 10% all’anno per tre anni le sepsi correlate all’assistenza.
Materiali e metodi. Il progetto interviene in tutte le fasi del processo-prevenzione, diagnosi e terapia.
Prevenzione. 1. Standardizzazione dei criteri di diagnosi. 2. Costruzione delle reti neurali informatiche per la stima del rischio di sepsi IOS, definizione del disegno dello studio delle sepsi, codifica delle variabili. 3. Programmazione e conduzione di audit clinici accreditati sull’uso appropriato dei markers biochimici di sepsi e degli antibiotici.  
Diagnosi. 1. Monitoraggio dei tempi di lavorazione dell’emocoltura dalla raccolta del campione alla refertazione (confronto con gli Standards Internazionali). 2. Incubatori per emocoltura decentrati in area strategiche (per assicurare l’immediato inizio dell’incubazione h24). 3. Formazione sul campo accreditata per gli operatori sanitari sui criteri di diagnosi e sulla corretta effettuazione del prelievo. 4. Definizione dei costi standard in microbiologia. 5. Implementazione tecnologica del Laboratorio di Microbiologia (Maldi tof, robotica, Biologia Molecolare).
Terapia. 1. Segnalazione “Allarme Informatico della Sepsi”. 2. Raccolta e valutazione sull’appropriatezza della terapia antibiotica (scelta della molecola, modalità di somministrazione, tempi di risposta rispetto all’informazione microbiologica, durata) mediante punteggio score e ricaduta in termini di budget. 3. Analisi costo/giornata di terapia ragionata e mirata -Creazione di un centro di costo Sespi.
Risultati. I risultati raggiunti nella fase preliminare, realizzata in collaborazione con il Dipartimento Emergenza e Accettazione (DEA), hanno evidenziato: 1. una riduzione dei tempi diagnostici dell’emocoltura (comunicazione dei risultati del Gram e quelli definitivi al DEA vs gli altri Dipartimenti rispettivamente dopo 23h 41’ e 34h 09’ per il Gram e 49h43’ vs 58h19’ per il risultato definitivo). 2. un incremento percentuale delle emocolture positive (20,5% al Dea, 11% nel resto dell’Ospedale). 3. una modifica nelle prescrizioni antibiotiche (documentata dalla riduzione della spesa per antibiotici nel 2013 di circa il 25%).
Conclusioni. Il progetto sepsi@al.t intende capitalizzare il lavoro preliminare svolto con il DEA, programmare nuove iniziative ed investire in ciò che serve coinvolgendo tutti gli operatori in modo continuato e coordinato evitando sprechi di tempo, risorse e denaro.