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A cura di Giulia De Angelis

“Osserva e aspetta”: nuova strategia di stewardship in terapia intensiva
I pazienti ricoverati in terapia intensiva vanno molto spesso incontro a terapia antibiotica. Se gli antibiotici sono terapie salvavita nei pazienti infetti, nei pazienti senza infezione non sono di alcun aiuto e mettono il paziente a rischio di potenziali eventi avversi associati agli antibiotici, inclusi tossicità del farmaco, rischio di infezioni opportunistiche secondarie e resistenza antimicrobica. Lo “scalaggio” ( de-escalation ) dell'antibiotico è stato proposto come un potenziale compromesso per ridurre l'abuso di antibiotici ad ampio spettro. Tuttavia, mancano prove evidenti che dimostrino che la de-escalation degli antibiotici sia una strategia affidabile nei pazienti in terapia intensiva, in parte a causa della mancanza di una chiara e diffusa definizione di de-escalation . Recentemente, una nuova strategia di stewardship antibiotica si sta diffondendo in terapia intensiva, cioè evitare l'inizio di terapia antibiotica nel paziente fino a quando il medico curante non sia convinto della presenza di infezione e della sua fonte. Tale strategia è definita watchful waiting  o, in lingua italiana, "attesa vigile".



In uno degli ultimi numeri di Clinical Microbiology and Infection, Denny et al. hanno pubblicato una revisione narrativa della letteratura sulle possibilità e limiti di successo della strategia di “attesa vigile” in terapia intensiva. L’analisi critica della letteratura evidenzia la mancanza di dati robusti sulla efficacia e sicurezza di questo approccio nei pazienti con sospetto di infezione in terapia intensiva e vengono individuati due ambiti dove sarà necessario fare luce nel corso dei prossimi anni:
- da una parte, c’è la necessità di individuare strategie diagnostiche altamente accurate per identificare rapidamente  i pazienti  con infezione,
- in secondo luogo, devono essere pianificati studi multicentrici con un robusto disegno ed una adeguata dimensione campionaria. Gli autori propongono inoltre un algoritmo decisionale, che viene riportato in Figura 1.
Denny KJ, De Wale J, Laupland KB, Harris PNA, Lipman J. When not to start antibiotics: avoiding antibiotic overuse in the intensive care unit. Clin Microbiol Infect 2020 Jan;26(1):35-40.



Epidemia influenzale 2017-2018: cosa è successo in Europa
Uno dei principali fattori di aumento della mortalità invernale è l'influenza stagionale. Dal 2009 EuroMOMO, la rete europea per il monitoraggio dei tassi di mortalità legati ad azioni di sanità pubblica, monitora e pubblica settimanalmente la mortalità cumulativa e associata a patologie specifiche come l’influenza nei paesi europei partecipanti (www. FluNewsEurope.org). Di recente, EuroMOMO è stato integrato con FluMOMO, un ulteriore modello di analisi che include indicatori di attività influenzale e temperatura ambientale. Lo scopo di questo modello è ottenere stime tempestive della mortalità attribuibile all'influenza aggiustate per temperature estreme. Da dicembre 2017 EuroMOMO ha notificato un marcato aumento della mortalità nei paesi partecipanti, in particolare nei paesi dell'Europa occidentale e meridionale e sopra i 65 anni di età. Utilizzando i dati forniti da EuroMOMO e FluMOMO, Nielsen e colleghi del nodo EuroMOMO di Copenhagen hanno valutato la corrispondenza tra mortalità globale e attribuibile all’epidemia influenzale nella stagione 2017/2018 in Europa, tenendo conto dei valori di temperatura locale. Lo studio ha incluso dati corrispondenti a 24 paesi europei e 361 milioni di abitanti, rappresentanti il 60% (361/599) della popolazione europea.
Nel complesso la stagione influenzale europea 2017/18 è stata dominata dall'influenza B, con valori quasi due volte superiori rispetto all'influenza A. La mortalità cumulativa è risultata oltre i livelli di soglia in tutti i paesi partecipanti, ad eccezione della Grecia, e ciò si è verificato dapprima in Spagna (settimana 46/2017), seguita da Scozia (settimana 47/2017), Inghilterra, Irlanda del Nord e Portogallo (settimana 49/2017), Francia, Irlanda e Italia (settimana 50/2017), Norvegia, Svizzera e Galles (settimana 51/2017), Danimarca (settimana 52/2017), Austria e Paesi Bassi, Belgio e Ungheria (settimana 1/2018). La mortalità in Francia, Norvegia e Svizzera è tornata ai livelli previsti alla fine di gennaio e in Scozia a febbraio. Per gli altri paesi, l'eccedenza è continuata fino a marzo. Durante la stagione influenzale 2017/18, i paesi della parte sud-occidentale dell'Europa e della Scozia hanno registrato valori di mortalità cumulativa particolarmente elevati. Secondo il modello FluMOMO, l'aumento di mortalità nella stagione 2017/18 potrebbe essere stato in gran parte attribuibile all'attività influenzale. Il secondo picco tardivo della mortalità (febbraio-marzo 2018) potrebbe essere invece attribuito in una certa misura alle temperature eccezionalmente fredde del periodo.  Estendendo i risultati del modello a tutta la popolazione europea, il numero di decessi in Europa durante la stagione 2017/18 sarebbe di 202 mila, di cui 152  mila attribuibili all'influenza..
Nielsen J, Vestergaard LS, Richter L et al. European all-cause excess and influenza-attributable mortality in the 2017/18 season: should the burden of influenza B be reconsidered? Clin Microbiol Infect 2019 Oct;25(10):1266-76.



Ancora influenza: vaccino trivalente o quadrivalente?
La vaccinazione stagionale è considerata la strategia più efficace per la prevenzione dell'influenza. Fino a poco tempo fa il pilastro della vaccinazione antinfluenzale era rappresentato dal vaccino antinfluenzale trivalente (TIV) contenente due antigeni del virus dell’influenza A e un antigene del virus B (lignaggio Victoria). Il vaccino antinfluenzale quadrivalente (QIV), che contiene un antigene aggiuntivo del virus B (lignaggio Yamagata), è stato approvato per la prima volta nel 2012 e introdotto negli ultimi anni. L'importanza di un'efficace copertura contro l’influenza B mediante vaccinazione è supportata dal suo contributo al carico complessivo dell'influenza stagionale (vedi lavoro di Nielsen e colleghi descritto nel precedente capitolo).
In un recente ampio studio di coorte un gruppo di ricercatori israeliani ha confronto l’efficacia dei vaccini QIV e TIV su obiettivi clinicamente significativi, tra cui il tasso di ospedalizzazione, la mortalità, il numero di accessi in pronto soccorso e la comparsa di sindrome simil-influenzale. Nello studio sono stati valutati i dati relativi a due stagioni (2015-2016 e 2017-2018), nel corso delle quali gli stessi vaccini TIV (Influvac®, Abbott Laboratories, Vaxigrip®, Sanofi Pasteur, or Agrippal®, Seqirus vaccines) e QIV (Fluarix tetra®, GSK) erano resi disponibili. In entrambe le stagioni, influenza B ha rappresentato, rispettivamente, il 56,5% e il 70% di tutti i casi documentati di influenza, con una differenza sostanziale dei lignaggi osservati. Infatti, nel primo periodo l'87,2% dei ceppi B caratterizzati molecolarmente erano del lignaggio Victoria, mentre nel secondo periodo il 98,7% apparteneva al lignaggio Yamagata.
Nel primo periodo 2015-2016 sono stati inclusi nell'analisi 150.518 persone vaccinate, di cui il 67% con TIV e il 33% con QIV. Nel secondo periodo 2017-2018 sono stati inclusi 168.296 persone vaccinate, di cui il 28% con TIV e il 72% con QIV. L'assunzione del vaccino antinfluenzale è risultato simile nei due periodi (rispettivamente: 16,5% e 17,3%). Il confronto dei due gruppi (pazienti vaccinati con QIV versus TIV) tramite analisi di regressione logistica multivariata ha rivelato che i pazienti sottoposti a QIV mostravano un rischio significativamente ridotto di essere ospedalizzati e di accedere in pronto soccorso nell’analisi di entrambi i periodi, e anche un rischio inferiore di presentare una sindrome simil-influenzale ed exitus  nella sola analisi del secondo periodo. I risultati di questo studio sottolineano l’importanza della copertura vaccinale antinfluenzale estesa.
Shasha D, Valinsky L, Hershkowitz Sikron F et al. Quadrivalent versus trivalent influenza vaccine: clinical outcomes in two influenza seasons, historical cohort  study. Clin Microbiol Infect 2020 Jan; 26(1):101-6.



Isolamento da contatto in stanza singola o multipla e frequenza di colonizzazione da Enterobacteriaceae ESBL-produttori: risultati di uno studio randomizzato
L’importanza dell’isolamento da contatto dei pazienti colonizzati o infetti da batteri multiresistenti rimane un’indiscussa misura di controllo per la prevenzione della diffusione intraospedaliera. D’altra parte, se l’isolamento da contatto sia da effettuarsi necessariamente in stanza singola è ancora un argomento discusso, poiché mancano solidi studi scientifici che ne abbiano dimostrato la reale superiorità rispetto all’isolamento da contatto in stanza multipla, a fronte di un notevole carico sia per il paziente (maggior rischio di depressione e ansia) che per il personale e il reparto. In uno studio di coorte multicentrico di recente pubblicazione, l’uso di isolamento da contatto in stanza singola non si era dimostrato efficace rispetto al non uso alcuno di procedure da contatto in una coorte di pazienti a bassa prevalenza, come è la Germania, ma alto rischio di acquisizione (reparti di onco-ematologia) (vedi questa stessa rubrica in GIMPIOS 2019/3).
La conoscenza su questo importante argomento è stata di recente arricchita dai risultati del primo studio randomizzato multicentrico che ha coinvolto reparti medici e chirurgici di 16 ospedali olandesi. Durante due periodi di studio consecutivi, sono state applicate precauzioni di contatto in camera singola o in camera multipla (da due a sei letti) a pazienti colonizzati e/o infetti da Enterobacteriaceae produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL), secondo un modello randomizzato per cluster. Le misure di isolamento da contatto erano identiche nei due periodi e includevano igiene delle mani, uso di guanti e camici monouso. Seicentosedici pazienti sono stati inclusi nello studio. L’isolamento da contatto in stanza multipla non è risultato inferiore a quello in stanza singola per impedire la trasmissione di Enterobacteriaceae ESBL-produttori ad altri pazienti ricoverati nello stesso reparto nella settimana successiva l’arruolamento. I risultati di questo studio potrebbero cambiare in maniera sostanziale l’approccio all’isolamento da contatto dei pazienti positivi per batteri multiresistenti.
Kluytmans-van den Bergh MFQ, Bruijning-Verhagen PCJ, Vandenbroucke-Grauls CMJE et al. Study Group. Contact precautions in single-bed or multiple-bed rooms for patients with extended-spectrum β -lactamase-producing Enterobacteriaceae in Dutch hospitals: a cluster-randomised, crossover, non-inferiority study. Lancet Infect Dis 2019 Oct;19(10):1069-79.