Epidemia di COVID-19 in Sardegna

COVID-19 epidemic in Sardinia


Giovanni Sotgiu, Andrea Piana

Dipartimento di Scienze Mediche,
Chirurgiche e Sperimentali,
Università degli Studi di Sassari,
Sassari


L’epidemia di Covid-19 causata da SARS-CoV-2 ha presentato, ad oggi, un’evoluzione temporale differente nei diversi contesti regionali. In particolare, la regione Sardegna ha notificato un incremento significativo dei casi di positività a partire dal mese di marzo 2020, con evoluzione in ascesa nella prima parte del mese di aprile 2020, seguito da una inversione di tendenza nella crescita a seguito dell’applicazione delle misure comunitarie ed individuali raccomandate dal Governo italiano. La collocazione geografica nel sud Italia e la condizione insulare hanno giocato un ruolo epidemiologicamente rilevante nel limitare la circolazione del virus, riducendo il numero di soggetti positivi provenienti dalle aree italiane ad alta incidenza prima colpite. Tale contenimento è stato rafforzato mediante il blocco quasi totale delle attività aero-portuali, in essere per tutto l’anno ma generalmente limitate durante il periodo autunno-invernale. Nel contesto provinciale, solamente la provincia di Sassari ha presentato una incidenza molto elevata conseguentemente ad un cluster nosocomiale ed alla diffusione virale nelle case di riposo nel capoluogo provinciale.

Il calo regionale dell’incidenza dei soggetti con positività al SARS-CoV-2 nei mesi di maggio, giugno, e luglio si è associato ad alcuni focolai controllati rapidamente nella loro evoluzione dai servizi territoriali mediante attività di contact tracing.

Tuttavia, l’incremento del flusso turistico e dei trasporti, a partire dalla fine del mese di luglio, ha verosimilmente favorito l’arrivo di un numero elevato di soggetti positivi contagiosi: sia gruppi autoctoni che hanno soggiornato per motivi turistici in Paesi ad alta incidenza (ad esempio Spagna, Grecia, e Croazia) sia soggetti non residenti in Sardegna che hanno raggiunto l’isola per motivi turistico-ricreativi, provenienti da aree geografiche con elevata circolazione virale, hanno permesso la trasmissione comunitaria del virus, favorita dal mancato rispetto individuale e comunitario delle misure di controllo e prevenzione (mancato od inappropriato uso della mascherina chirurgica, igiene delle mani, distanza sociale di almeno un metro, ventilazione degli ambienti confinati).

Durante la fine del mese di agosto è stato notificato un incremento dei casi di positività associato, nel successivo mese di settembre, ad un incremento dei casi di malattia e, quindi, di ricoveri in degenza ordinaria, subintensiva, ed intensiva. Durante i mesi di ottobre e novembre si è assistito ad un incremento dei casi di positività (fino a raggiungere un numero giornaliero superiore a 500 casi incidenti), ad una difficoltà di resilienza del servizio sanitario regionale sia in ambito nosocomiale che territoriale (contact tracing), e a una mortalità crescente.

Gli interventi della politica regionale di limitare l’arrivo dei soggetti contagiosi mediante certificazione di negatività virologica sono stati sospesi dall’autorità giudiziaria amministrativa regionale su richiesta del Governo italiano sia nel mese di giugno che in quello di settembre. La limitazione della circolazione di individui positivi provenienti da aree ad alta incidenza verso un contesto a bassa incidenza poteva rappresentare un importante intervento di sanità pubblica. Tuttavia, la perdita del senso di consapevolezza del rischio nella popolazione, sostenuta da discutibili dichiarazioni politiche e tecniche in ambito nazionale sulla fine dell’evoluzione epidemica, l’assenza di controlli comunitari, ed il mancato rispetto delle regole individuali hanno favorito la circolazione del virus, con un incremento sostanziale della trasmissione comunitaria alla ripresa delle attività lavorative e scolastiche a metà settembre, parallelamente a quanto accaduto in altre realtà regionali italiane ed in altri Paesi (ad esempio, USA, Spagna, Francia, UK); in particolare, il mancato rispetto delle regole di controllo dell’infezione nei trasporti locali e nelle attività ricreative e di aggregazione sociale (ad esempio bar e circoli) ha favorito la diffusione ubiquitaria del virus anche in piccoli centri urbani.

Gli aspetti demografici riferibili all’infezione e alla malattia non risultano dissimili da quelli descritti in altre realtà regionali. L’evoluzione prognostica più sfavorevole è stata identificata nei soggetti ultrasessantacinquenni e/o con almeno una comorbidità. L’età mediana dei casi di positività ha visto un incremento graduale: da valori intorno ai 30 anni nei mesi di luglio-agosto a valori intorno ai 50 anni nel mese di novembre.

L’ultimo documento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità1 il giorno 27 Novembre 2020 evidenzia un numero totale di casi pari a 14.789 dall’inizio dell’epidemia (corrispondente ad un’incidenza cumulativa di 912,56 casi per 100.000 abitanti), un numero di casi incidenti nel periodo 16 novembre-22 novembre pari a 1.064 (equivalente ad una incidenza di 65,26 casi per 100.000 abitanti), ed un Rt medio nei precedenti 14 giorni pari a 0,72 (95% CI: 0,47-0,93). Tale situazione epidemiologica è risultata migliore rispetto a quella rilevata in altri contesti regionali. La sostanziale differenza nell’evoluzione epidemica regionale pre- e post-estate è rappresentata dalla concentrazione di casi di positività nella provincia di Sassari all’inizio dell’ondata epidemica a marzo e dalla diffusione ubiquitaria dei casi di positività da settembre a novembre 2020 (Figura 1, Istituto Superiore di Sanità). 


Referenza

1. Task force COVID-19 del Dipartimento Malattie Infettive e Servizio di Informatica, Istituto Superiore di Sanità. Epidemia COVID-19, Aggiornamento nazionale: 25 novembre 2020.