XI Congresso Nazionale SIMPIOS

Riccione 23-25 ottobre 2023


Poster


Sorveglianza clinica delle IOS/ICA
e delle pratiche assistenziali


P1.

La sorveglianza delle infezioni da Clostridioides difficile (CDI) in Ausl della Romagna, implementazione di un protocollo interno

M. Leopardi, C. Biagetti, A. De Rosa, A. Amadori, S. Alvisi,
R. Brunelli, U. Carioli, S. Cedioli, M. Ciotti, M. Corda,
C. D’Angeli, V. Magnani, N. Marcatelli, M. Minghetti,
L. Savegnago, A. Pazzini, V. Vujasin, M. Fantini, E. Prati

Ausl Romagna

Introduzione. Le CDI sono la prima causa di diarree infettive nelle strutture sanitarie e tra le principali infezioni acquisite in ambito ospedaliero, con aumento di mortalità, allungamento dei tempi di degenza e incremento dei costi. Dal 2016 l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) coordina la sorveglianza delle CDI negli ospedali per acuti con un Protocollo Operativo prodotto per implementare e armonizzare la sorveglianza delle CDI in Europa. In Italia non è ancora attivo un sistema di sorveglianza nazionale. L’Ausl Romagna è la quinta azienda sanitaria italiana per popolazione (1.124.896 residenti, su oltre 5.000 Km2, in 4 Ambiti: Rimini, Ravenna, Forlì, Cesena). Dopo una sperimentazione, dal 2020 il nucleo Strategico della Struttura di Programma Infezioni e Antibiotico Resistenza Ausl Romagna, ha avviato una sorveglianza continuativa delle CDI, con protocollo interno sul modello fornito da ECDC. Metodi. La sorveglianza è estesa a tutti i pazienti ricoverati presso: a) Degenze ospedaliere, b) Ospedali di Comunità, c) Case Residenza Assistita (CRA) accreditate. Sono esclusi dalla sorveglianza: a) non ricoverati negli ospedali dell’Ausl/CRA accreditate, b) bambini di età <1 anno ricoverati nelle Case di Cura private o convenzionate. I casi di CDI sono segnalati da un Alert del sistema Vigiguard del laboratorio di microbiologia con sede a Pievesestina. La sorveglianza sanitaria è condotta dagli infermieri specialisti in rischio infettivo (ISRI) e dagli infettivologi. Per ogni singola segnalazione, gli ISRI si occupano dell’indagine epidemiologica (raccolta dati: età, sesso, sintomatologia, trattamento antibiotico e terapie concomitanti) e dell’implementazione delle buone pratiche di IPC. Il data base che traduce i criteri di diagnosi in formule è stato redatto dalla data manager (DM) in collaborazione con gli ISRI. La DM con frequenza semestrale estrae report per ogni ambito territoriale e uno congiunto di AUSL Romagna. Risultati. I dati raccolti nel 2022 hanno mostrato un’incidenza annua di CDI pari a 3.8 casi/10000 patient-days. Nel 2022 sono stati segnalati 572 casi sospetti di CDI su tutta l’Ausl Romagna, i casi accertati sono stati 349, così distribuiti: a) HA CDI correlate all’assistenza: 69% 244/349, b) CA CDI di origine comunitaria: 10% 37/349, c) UA CDI di origine indefinita: 10% 35/349, d) CDI ricorrenti: 9% (33/349). L’86% dei primi episodi di CDI (274/316 casi HA-CA-UA CDI), è stato trattato con antibioticoterapia. Di questi pazienti, l’86% (237/274) è stato trattato con vancomicina (V), il 9% (26/274) con metronidazolo (M), il restante 4% circa con associazione V+M. Nelle forme di CDI Ricorrenti, l’82% (28/33) dei pazienti ha ricevuto terapia antibiotica: 89% (25/28) con V, 7% (2/28) con M e 4% (1/28) con associazione V+M. Sul totale ben 222 sono stati classificati come Non Casi, cioè positività dei test di laboratorio per CDI in assenza di sintomi. Il 66% (146/222) di questi pazienti è stato sottoposto a trattamento antibiotico (V o M). Conclusioni. La sorveglianza in Ausl Romagna descrive un tassello della situazione epidemiologica italiana su CDI che ad oggi è mancante nel report europeo. L’incidenza 2022 di CDI in Ausl Romagna è in linea con la media europea dell’ultimo report ECDC. In accordo con i dati europei, il 69% delle infezioni è acquisito in ambito ospedaliero mentre il 30% è di origine sconosciuta o comunitaria, le CDI ricorrenti rappresentano il 9% vs 6,4% europeo. Dai dati emerge che il trattamento delle CDI si discosta in parte dalle linee guida internazionali, per l’uso di M (10% dei casi) e che esiste un elevato numero di diagnosi improprie di CDI. Alla luce di questi aspetti è stato messo a punto un programma di formazione e supporto per medici e personale infermieristico per ottimizzare la diagnosi ed il trattamento di CDI. La sorveglianza raccoglie dati di epidemiologia locale per implementare tempestivamente le buone pratiche di IPC e allo stesso tempo guidare politiche di antibiotic/diagnostic stewardship.


P2.

Attivazione del servizio a gestione infermieristica degli accessi venosi centrali e periferici (TAV), formazione e sorveglianza

M. Vanni, M. Casali, B. Calesini, A. Puorto, S. Salvatori,
N. Marcatelli, L. Savegnago, R. Giannini

Ausl Romagna

Introduzione. La letteratura internazionale suggerisce fortemente la necessità di istituire un gruppo di professionisti specializzati e dedicati a tempo pieno all’impianto e alla gestione degli accessi vascolari venosi, al fine di migliorare gli esiti clinici e organizzativi. La scelta proattiva dell’accesso idoneo, la formazione degli operatori sanitari con relativa condivisione di documenti di riferimento, l’attività di monitoraggio e la soddisfazione dei pazienti, conducono ad una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti e migliorano le politiche aziendali sul tema. Nella Regione Emilia Romagna, la costituzione di un Team Accessi Vascolari (TAV) nelle realtà sanitarie ospedaliere rappresenta uno dei punti cardine delle Linee Guida di Indirizzo Regionali del 2021 che trae le proprie basi da quanto emerso in letteratura. Metodi. A partire dal 3 gennaio 2022, la Direzione Infermieristica e Tecnica e la Direzione Medica dell’ambito di Rimini Ausl della Romagna hanno istituito il Servizio TAV per rispondere alle numerose richieste di impianto di PICC Peripherally Inserted Central Catheter e cateteri venosi profondi (Midline e Minimidline) provenienti da tutto l’ambito territoriale. È stato identificato un locale idoneo da dedicare all’attività ambulatoriale come definito da procedura aziendale, che richiede come setting un ambulatorio chirurgico attrezzato. Il progetto ha previsto un’allocazione progressiva del personale infermieristico con formazione specifica in possesso del Master di I Livello Risk Management degli Accessi Vascolari, il quale garantisce l’attività assistenziale con un’apertura dell’ambulatorio sei giorni alla settimana. All’inizio sono stati assegnati 2 professionisti e successivamente è stato inserito il terzo. Da febbraio a giugno, in collaborazione con il Rischio Infettivo è stato costruito un database di raccolta dati secondo criteri internazionali: CRBSI (infezione catetere correlata), CLABSI (infezione catetere associata), dislocazioni, trombosi, occlusioni e programmato un corso di formazione sulla gestione degli accessi vascolari e scelta del materiale appropriato dedicato al personale infermieristico che gestisce accessi vascolari, dell’ambito territoriale di Rimini, decisione presa dopo sopralluoghi, a causa di criticità emerse. Risultati. Nel 2022 sono stati posizionamenti 403 Picc, 201 Midline, 68 Minimidline. Le complicanze sono state: 6 CRBSI e 6 CLABSI su 44.775 giorni catetere con percentuale totale dello 0,27% di cui 0,13% CRABSI e 0,13% CLABSI; 11 TVP (trombosi venosa profonda) con percentuale 2,7%, 3 occlusioni, 10 Dislocazioni. Altro: dolore, secrezione e flogosi exit-site con numero di 4, e 2 loop. Il corso di formazione ha incluso 39 edizioni di 2 ore ciascuna e la percentuale dei formati è stata >80% sul totale degli infermieri in organico che gestiscono gli accessi vascolari, delle unità operative di Oncoematologia, Day Hospital Oncologici, Medicine e Lungodegenze, Geriatria, Chirurgia Generale, Ortopedie, Medicine d’Urgenza e Pronto Soccorsi. Conclusioni. L’approccio del team alla valutazione, inserimento e mantenimento dei dispositivi vascolari evidenzia il miglioramento degli esiti clinici, dell’esperienza del paziente e del processo di cura. I professionisti dedicati garantiscono il mantenimento delle competenze avanzate indispensabili per avere un alto livello di successo nelle procedure, la frequenza della pratica è legata alla diminuzione dei fallimenti procedurali. La formazione degli operatori e la sorveglianza contribuiscono ad intercettare e prevenire le complicanze migliorando la qualità delle cure. L’obiettivo centrale della sicurezza del paziente si unisce al miglioramento del costo-efficacia nonché all’efficienza aziendale.


P3.

Modello organizzativo delle figure infermieristiche addette al rischio infettivo in Ausl Romagna

M. Taglioni, A. Amadori, V. Magnani, S. Alvisi, N. Marcatelli,
C. Biagetti

Ausl Romagna

Introduzione. L’introduzione nelle organizzazioni sanitarie degli infermieri dedicati al controllo del rischio infettivo compare nella Circolare ministeriale 52/1985.La quantificazione del fabbisogno è suggerita, nella Circolare Ministeriale 8/1988, nel numero di “un infermiere o caposala ogni 250-400 posti letto ovvero, sulla base della tipologia dei reparti e delle competenze, ogni 9.000-10.000 ricoveri annui”. Metodi. In Ausl Romagna l’organizzazione prevede la presenza di un Coordinatore Aziendale e una articolazione di ambito così suddivisa: • Cesena 1 ISRI con funzioni di Coordinamento + 2 ISRI Specialist, • Forlì 1 ISRI con funzioni di Coordinamento + 2 ISRI Specialist, • Ravenna 1 ISRI con funzioni di Coordinamento + 4 ISRI Specialist, • Rimini 1 ISRI con funzioni di Coordinamento + 3 ISRI Specialist. Nel corso del 2022 gli infermieri dedicati al rischio infettivo sono stati inclusi nella definizione di Infermieri Specialist, e le posizioni sono state bandite per infermieri in possesso del Master di primo livello in management del rischio infettivo correlato all’assistenza sanitaria. Ad oggi tutte le figure sono in possesso di Incarichi di Funzione. In Ausl Romagna sono quindi presenti 15 ISRI con Full Time Equivalent del 100%. Ogni anno la Direzione Infermieristica Aziendale finanzia la partecipazione al master di primo livello in management del rischio infettivo correlato all’assistenza sanitaria di almeno un infermiere per ciascun ambito territoriale (Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini). Risultati. In Ausl Romagna è stato introdotto il modello delle reti Link in tutti e quattro gli ambiti con un buono sviluppo intra-ospedaliero, seppure ancora disomogeneo tra gli ambiti; l’ampliamento di tale modello vede una minore presenza dei Link sulle strutture residenziali. Il più recente intervento di miglioramento rivolto a questo contesto è rappresentato da una collaborazione tra Dipartimento di Sanità Pubblica (DSP) e Struttura di Programma Aziendale Infezioni e Antibiotico resistenza (SPIAR), attraverso una formazione ad ampio spettro, frontale e sul campo, di 20 infermieri del DSP da parte degli ISRI, per la conduzione di osservazioni dell’adesione alle buone pratiche assistenziali nelle Case Residenze per Anziani (CRA). La formazione ha avuto una durata di 20 ore di formazione frontale, e di 12 ore di formazione sul campo per ciascun discente. Alla formazione seguirà una affiliazione degli operatori formati agli ISRI per l’individuazione delle azioni di miglioramento necessarie almeno nelle CRA. Conclusioni. Per garantire una migliore integrazione ospedale/territorio, le ipotesi di sviluppo del modello organizzativo degli infermieri del rischio infettivo prevedono l’implementazione nell’organico ISRI di una figura dedicata al governo delle attività di gestione del rischio infettivo in ambito territoriale. A tal fine, è in progettazione una selezione specifica di infermieri specialist del rischio infettivo per la parte territoriale, afferenti al Responsabile di ambito. Nel contempo, dopo la prima definizione dei fabbisogni di ISRI del 2022 e la prima analisi delle attività, si ritiene utile approfondire ulteriormente l’analisi con misurazioni dirette e prolungate nel tempo al fine di perfezionare il fabbisogno di ISRI anche per l’ambito ospedaliero. Per migliorare l’affiliazione dei Link al contesto organizzativo si sta procedendo a formalizzare le composizioni delle Reti all’interno di SPIAR e a creare una modalità di informazione continua condivisa fra SPIAR e tutti gli appartenenti alle reti. È in corso di progettazione la realizzazione di un pacchetto formativo condiviso dai quattro ambiti aziendali dedicato ai link, che preveda prima formazione e re-training periodici, per uniformare l’acquisizione e il mantenimento delle competenze. Attraverso la partecipazione annuale finanziata al Master specifico, è auspicabile che buona parte dei Link acquisisca competenze distintive di alto livello e possa inserirsi nel modello organizzativo la figura di Link Dipartimentale /ISRI.


P4.

Sorveglianza del sito chirurgico in Ausl Romagna

F. Ferri, A. Amadori, S. Alvisi, C. Biagetti, R. Brunelli, U. Carioli,
S. Cedioli, M. Ciotti, N. Marcatelli, M. Minghetti, M. Corda,
L. Savegnago, M. Leopardi, R. Gianfreda, A. Pazzini,
M. Malavolti, E. Prati, C. D’Angeli, V. Vujasin, V. Magnani

Ausl Romagna

Introduzione. Le Infezioni del Sito Chirurgico (SSI) sono tra le più comuni infezioni nelle organizzazioni sanitarie; spesso insorgono dopo la dimissione. Questo rende la sorveglianza delle SSI particolarmente difficile poiché comporta un follow-up post-operatorio. È un’attività essenziale per minimizzare il rischio associato alla chirurgia. La sorveglianza può ridurre il tasso di SSI. Dal 2005, la Regione Emilia-Romagna (RER) ha avviato un sistema di sorveglianza delle SSI (SIChER). Questo progetto é obiettivo di budget per i Direttori Generali. Nel 2023 tale obiettivo è del 75%. SIChER è evoluto nel tempo ed è in grado di rendere continuativamente disponibili i tassi di SSI stratificati per fattori di rischio con supporto di strumenti informatici. L’Ausl Romagna è gerarchicamente composta da 21 dipartimenti medici/chirurgici, 168 reparti di dimissione e 67 Unità Operative (UO) chirurgiche generali, specialistiche, ortopediche con un totale di procedure sorvegliate previste nel National Healthcare Safety Network (NHSN) dal 2017 al 2022 di oltre 123.000. Obiettivi. Riduzione delle SSI. Sorvegliare gli interventi chirurgici previsti, standardizzare le definizioni e garantire la sorveglianza attiva a 30 giorni per gli interventi non protesici e a 90 giorni per i protesici. Assicurare continuità e sostenibilità alla sorveglianza con il supporto e l’integrazione dei sistemi informatici, sviluppare le competenze e l’autonomia dei professionisti. Soddisfare i debiti informativi verso la RER. Metodi. Il protocollo di sorveglianza è fornito dalla RER. Gli interventi sono stratificati per categoria NHSN, Infection Risk Index, media di giorni insorgenza infezione, giorni di follow-up, RATIO e RATE. I tempi di sorveglianza per la compilazione SICHER sono quelli sopra indicati e vengono compilati sia durante il ricovero sia post ricovero con visita, telefonata, visione della documentazione di re-ricoveri e re-interventi. Nonostante il follow-up telefonico e la visita siano indicate per la sorveglianza delle SSI, questo dato è integrato mediante l’utilizzo di database sanitari per gestire la loro sottostima. Risultati. Negli anni 2018-2019-2020-2021 la copertura è rimasta mediamente del 89% a fronte di circa 79.000 interventi sorvegliati passando al 90% su oltre 21.800 procedure sorvegliate nel 2022. Per le procedure non protesiche dal 2018 al 2022, l’ultimo contatto avvenuto alla dimissione è passato da oltre 9.000 a 3.500. L’ultimo giorno di follow-up con visita post dimissione/telefonata/analisi documentazione è passato da 11.000 nel 2018 a oltre 18.000 nel 2022. La sorveglianza delle protesiche ha visto un incremento delle modalità di contatto post ricovero. Il follow-up è passato da una mediana per le non protesiche di 10 giorni nel 2018, fino a 29 nel 2022 mentre le protesiche sono passate da una di 30 giorni nel 2018 a 63 giorni nel 2022. L’incremento della sorveglianza e follow-up ha portato ad una maggior consapevolezza dei professionisti e ad un aumento di SSI. L’Ausl Romagna aveva una RATIO media dal 2018-2020 di 1,83 per le non protesiche e 1,17 per quelle protesiche. La RATIO media nel 2021 è aumentata per le non protesiche fino a 2,34 mentre per le protesiche di 1,29. Le SSI segnalate nell’anno 2022 sono 655 con una media di 35 giorni insorgenza, una RATIO di 2,33 e un RATE di 0,57. Questo dato è stato possibile grazie anche al supporto informatico e a sistemi semiautomatici sviluppati internamente. Conclusioni. La sorveglianza attiva da parte delle équipe chirurgiche deve essere costantemente incentivata dal team multidisciplinare del rischio infettivo; inoltre deve permettere ai professionisti di avere tassi reali di SSI, consentire benchmarking sulle NHSN e prevenire precocemente SSI e cluster. Questo percorso continuativo vedrà l’Ausl Romagna lavorare sulle competenze e tecniche dei diversi professionisti, con l’obiettivo che la tecnologia sia sempre a maggior supporto dei professionisti e che la sorveglianza sia culturalmente vista come parte integrante dell’assistenza.


P5.

L’importanza della stretta collaborazione tra microbiologo e clinico: diagnosi tempestiva di grave infezione ematica da Klebsiella pneumoniae KPC positiva

F. Basile1, D. Fioriti1, G. Olivieri1, A. Ulivieri2, L. Lavra2,
S. Missori
1, R.M. Oliveiro1, G. Parisi1

1UOC Microbiologia e Virologia, AOS Camillo Forlanini, Roma, 2Laboratorio di Ricerca Biomedica, Fondazione Niccolò Cusano, Roma

Introduzione. Le batteriemie catetere-correlate determinano gravi quadri clinici e costituiscono il 15-30% di tutte le batteriemie nosocomiali. L’emocoltura rimane l’esame gold standard per la diagnosi, tuttavia l’identificazione definitiva di un patogeno da flacone positivo può richiedere dalle 24 alle 72 ore con le metodiche tradizionali. I test molecolari, basati su pannelli sindromici che prevedono la rilevazione qualitativa simultanea di molteplici acidi nucleici appartenenti a lieviti e batteri oltre al rilevamento di alcuni markers di resistenza, permettono una rapida diagnosi del patogeno direttamente su campioni di emocoltura positiva oltre che una precoce instaurazione di terapia antibiotica mirata. Metodi. Uomo di 56 anni affetto da epatopatia cronica viene ricoverato presso il reparto di Medicina dell’Ospedale San Camillo Forlanini per febbre con calo ponderale, astenia ed episodi di vomito post prandiale. Durante il ricovero il paziente presenta insufficienza renale cronica terminale, acidosi metabolica, linfoadenomegalie, recente Covid-19, episodi settici con infezione dei devices vascolari, trombosi a partenza da catetere vascolare. Le emocolture da catetere venoso centrale (CVC) sono state incubate nel sistema di monitoraggio continuo automatizzato BACTEC® (Becton Dickinson). L’identificazione del DNA batterico su emocoltura è stata eseguita mediante FilmArray utilizzando BioFire® Blood Culture Identification 2 (BCID2) Panel (bioMelieux Italia). Risultati. Due set di emocolture di sangue da CVC, raccolto durante un picco febbrile (39°C) del paziente, vengono inviati nel nostro Laboratorio ed incubate su BACTEC. A distanza di circa 5 ore, in seguito a insistenti richieste dei Medici di reparto per sospetta infezione da CVC e peggioramento del paziente, è stato effettuato in urgenza un FilmArray sulle emocolture non ancora risultate positive al BACTEC, seguendo un iter diagnostico non previsto dal protocollo del nostro Laboratorio. L’analisi molecolare ha rilevato la presenza di Klebsiella pneumoniae group, KPC positiva. L’esame batterioscopico effettuato in parallelo su un campione concentrato della stessa emocoltura, ha confermato la presenza di batteri Gram negativi a morfologia bastoncellare. Dopo circa 9 ore dall’inserimento in BACTEC, le emocolture sono risultate positive. Parallelamente al percorso molecolare, è stato applicato il percorso microbiologico classico che prevede l’allestimento di esami colturali e conseguente isolamento, identificazione e antibiogramma del patogeno isolato. Le procedure standard (esame colturale di conferma e antibiogramma) hanno confermato la presenza, dopo 24h, di K. pneumoniae resistente ai carbapenemi. Conclusioni. Il caso riportato sottolinea come la stretta collaborazione tra il laboratorio di Microbiologia e il Clinico sia essenziale per il tempestivo inquadramento diagnostico del paziente soprattutto in situazioni in cui le condizioni cliniche del paziente depongono per il rapido instaurarsi di un quadro settico. In particolare, l’applicazione di un protocollo, basato sull’esecuzione del test molecolare da emocoltura non ancora positivizzata, al di fuori del nostro consueto algoritmo, ha permesso di rilevare precocemente la presenza di un ceppo di K. pneumoniae KPC positivo, confortata anche da un esame batterioscopico positivo per bastoncelli GN, eseguito su pellet concentrato di sangue. La diagnostica microbiologica è stata anticipata così di 24 ore, permettendo al clinico di instaurare una terapia rapida e mirata.


P6.

Diagnosi di un caso di leishmaniosi viscerale

F. Basile1, A. D’Agostino1, R.H.M. Sperning1, R. D’Arrigo1,
A. Ulivieri
2, L. Lavra2, M. Santopietro3, A. Guidozzi1,
I. Arpino
1, R.M. Oliveiro1, G. Parisi1

1UOC Microbiologia e Virologia, AOS Camillo Forlanini, Roma, 2Laboratorio di Ricerca Biomedica, Fondazione Niccolò Cusano, Roma, 3UO di Ematologia e Trapianti di cellule Staminali, AOS S. Camillo-Forlanini, Roma

Introduzione. La leishmaniosi è una malattia infettiva causata da protozoi del genere leishmania, parassita intracellulare obbligato del sistema reticolo-istiocitario dell’uomo e di altri mammiferi. È trasmessa ad opera dei flebotomi, insetti ematofagi simili a piccole zanzare. La leishmaniosi è presente nelle aree tropicali e subtropicali temperate del mondo e in tutto il bacino del Mediterraneo. Colpisce prioritariamente i cani, ospiti definitivi, che in Italia rappresentano il “serbatoio” principale del parassita, determinando una zoonosi che interessa in particolar modo gli anziani, i bambini e gli immunodepressi. La forma viscerale è quella più grave che causa, se non trattata, il 100% di mortalità. Tale forma può essere non semplice da diagnosticare a causa di sintomi comuni a molte altre patologie: febbri irregolari e improvvise, perdita di peso, epatosplenomegalia, anemia. Metodi. Paziente maschio di 80 a., diabetico, affetto da basalioma, portatore di n. 4 stent coronarici, in terapia con cardioaspirina, Triatec® e metformina. Al ricovero presenta calo ponderale repentino (-6 kg in un mese) con pancitopenia, splenomegalia, anemia ed ipergammaglobulinemia. La ricerca molecolare del patogeno su sangue e aspirato midollare è stata eseguita con il kit Leishmaniae spp- RT-63 (Clonit). L’esame batterioscopico dell’aspirato midollare è stato effettuato mediante colorazione con Wright-Giemsa. Risultati. Sulla base del quadro clinico del paziente al ricovero e degli esami ematoclinici, in prima istanza si sospetta una forma neoplastica, non confermata né dai markers tumorali né dagli esami strumentali (gastroscopia e colonscopia negative). Vengono effettuati nel laboratorio di microbiologia e virologia ulteriori accertamenti che evidenziano una pregressa infezione sia da EBV (EBNA IgG 794 U/ml, EBV-VCA IgG 6.740 U/ml, EBV-VCA IgM negativo) che da HBV (HBsAb 317,23 mU/mL e HBcAb tot positivo) ed un’infezione da CMV in corso (IgG 54,2 U/ml, IgM positivo). Il paziente risulta negativo all’HIV. In seguito al peggioramento del quadro clinico e anche in considerazione dei dati anamnestici riguardanti la provenienza del paziente da un piccolo centro agricolo e lo stretto contatto con i cani, si sospetta una patologia infettiva riferibile a leishmaniosi viscerale. L’esame batterioscopico eseguito su uno striscio di aspirato midollare mostra la presenza di amastigoti del parassita mentre l’amplificazione del DNA del patogeno mediante PCR, sia su sangue intero che su aspirato midollare, risultavano entrambe positive. Il test sierologico risultava positivo. Questi dati hanno permesso di diagnosticare la leishmaniosi viscerale nel paziente in esame. Conclusioni. L’aumentata diffusione della Leishmaniosi registrata negli ultimi anni, frutto dei cambiamenti climatici favorevoli allo sviluppo del vettore ed allo spostamento dei cani “serbatoio” da aree endemiche ad aree indenni, rappresenta un problema di importanza rilevante in Italia e non solo. A fronte di tale diffusione e del difficile inquadramento clinico della patologia, è necessaria sia un’attenta anamnesi del paziente, completa delle informazioni relative alle sue abitudini di vita, sia la possibilità di disporre di test rapidi ad elevata specificità e sensibilità che permettano una individuazione precoce dell’agente etiologico per l’instaurazione di una terapia adeguata ed efficace.


P7.

LIAISON® MeMed BV®: una potente soluzione diagnostica per la differenziazione rapida e semplice dell’eziologia dell’infezione

A. D’Agostino1, F. Basile1, R. D’Arrigo1, A. Denaro1, A. Ulivieri2,
L. Lavra
2, R. Soldani1, I. Arpino1, R.M. Oliveiro1, G. Parisi1

1UOC Microbiologia e Virologia, AOS Camillo Forlanini, Roma,
2Laboratorio di Ricerca Biomedica, Fondazione Niccolò Cusano, Roma

Introduzione. Le infezioni virali e batteriche sono spesso clinicamente indistinguibili, portando spesso ad una gestione incerta del paziente e all’utilizzo empirico od improprio di antibiotici, con gravi conseguenze sanitarie ed economiche globali, compresa la comparsa di batteri resistenti agli antibiotici. Le proteine dell’ospite indotte da batteri come la procalcitonina, la proteina C-reattiva (CRP) e l’interleuchina-6, abitualmente utilizzate per supportare la diagnosi, sono influenzate dalla variabilità inter-paziente, inclusa la manifestazione clinica, il tempo dall’insorgenza dei sintomi e gli agenti patogeni interessati. Anche i metodi basati sulla ricerca diretta del patogeno possono essere influenzati da interferenze, inoltre questi metodi non sono legati alla risposta fenotipica. Il test LIAISON® MeMed BV® è la prima soluzione chemiluminescente, ad alta produttività e completamente automatizzata, progettata per differenziare tra infezioni batteriche e virali in un’unica procedura. Il nuovo test è indicato per l’uso in pazienti adulti e pediatrici con sospetta infezione batterica o virale acuta. Metodi. Il presente studio ha lo scopo di valutare le prestazioni del test LIAISON® MeMed BV nella differenziazione tra infezioni batteriche e virali in campioni sierici selezionati dalla biobanca del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Camillo Forlanini. In particolare 61 campioni di siero umano, con diagnosi microbiologicamente confermata di infezione batterica o virale basata su dosaggi standard di riferimento (emocoltura, PCR, IgM virali positive, PCT>8) sono stati testati retrospettivamente con LIAISON® MeMed BV® (DiaSorin S.p.A., Italia) ed è stata analizzata la concordanza tra il risultato di LIAISON® MeMed BV® e la classificazione dell’eziologia dell’infezione precedentemente confermata. Risultati. Un totale di 30 campioni, dei 61 totali selezionati, rientrano nei criteri di inclusione (età media 58 anni, 40% femmine, 60% maschi). È stata diagnosticata una infezione virale nel il 17% (5) dei casi, una infezione batterica nel 77% (23), mentre nel 7% (2) dei casi è presente una co-infezione. Il test rapido LIAISON® MeMed BV® ha mostrato una concordanza con l’eziologia standard di riferimento del 90% (27/30). Non sono stati osservati risultati equivoci e l’83% (25/30) dei campioni analizzati presentava un punteggio di alta probabilità. Il test ha permesso di ottenere una risposta diagnostica in soli 40 minuti, rilevando anche una risposta immunitaria batterica nei pazienti co-infetti. Conclusioni. I risultati ottenuti hanno confermato le elevate prestazioni diagnostiche di LIAISON® MeMed BV® nel differenziare rapidamente l’eziologia delle infezioni batteriche e virali acute. L’approccio completamente automatizzato e ad alto rendimento di tale test permette una significativa riduzione del tempo necessario per fornire una risposta diagnostica accurata e affidabile utile nella scelta del trattamento terapeutico ottimale per il paziente, riducendo potenzialmente l’uso improprio di antibiotici in caso di infezione virale.



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Prevenzione delle infezioni del sito chirurgico (ISC) mediante un bundle di 4 elementi: analisi dei dati provenienti dalla sorveglianza a 10 anni dall’introduzione

F. Cussotto, A.R. Cornio, H.S.M.A. Elhadidy, G. Paladini,
C. Vicentini, C.M. Zotti

Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università degli Studi di Torino

Introduzione. In Piemonte le ISC sono sottoposte a sorveglianza secondo un protocollo derivato da quello dello European Centre for Disease Prevention and Control. A partire dal 2012 è stato introdotto dalla nostra Regione un intervento di prevenzione mediante bundle, composto di 4 elementi: 1) doccia preoperatoria: conforme se eseguita nelle 24 ore precedenti l’incisione; 2) tricotomia: conforme se evitata o eseguita solo mediante rasoi elettrici o crema depilatrice; 3) temperatura intraoperatoria: conforme se la temperatura centrale del paziente prima dell’estubazione è superiore a 36° C, oppure il tipo di intervento non richiede tale monitoraggio; 4) antibiotico-profilassi, appropriata secondo: a. timing: conforme se somministrata nei 60 minuti precedenti l’incisione, salvo eccezioni; b. molecola: conforme al protocollo aziendale; c. dose intraoperatoria (eventuale): conforme al protocollo aziendale; d. durata: conforme se conclusa entro le 24 ore successive all’intervento. L’aderenza a tale intervento è stata registrata separatamente dal 2012 al 2017, poi integrata nella sorveglianza principale delle ISC a partire dal 2018. Pertanto, ogni intervento sorvegliato può includere o non includere le informazioni riguardanti il bundle; nel primo caso, ognuno dei 7 item elencati può essere classificato come conforme, non conforme o non noto. Scopo del nostro studio è analizzare l’andamento nei primi 10 anni (2012-2021): • della completezza dei dati raccolti sul bundle; • dell’aderenza all’applicazione del bundle stesso. Metodi. Abbiamo analizzato tutti i record monitorati attraverso il sistema di sorveglianza dal 2012 al 2021. Per ogni anno, ogni record è stato classificato in uno di tre gruppi: NA (dati sul bundle non raccolti), conformi (7/7 item conformi) e non conformi (almeno 1/7 item non conforme o non noto). Risultati. Complessivamente abbiamo incluso 63.063 record, di cui 22.519 (35,7%) conformi, 18.921 (30,0%) non conformi e 21.623 (34,3%) NA. L’andamento anno per anno è stato il seguente: • 2012: 4.177 di cui 0 conformi, 1.850 (44,3%) non conformi, 2.327 (55,7%) NA, • 2013: 4.663 di cui 106 (2,3%) conformi, 1.597 (34,3%) non conformi, 2.960 (63,5%) NA, • 2014: 5.437 di cui 1.307 (24,0%) conformi, 1.435 (26,4%) non conformi, 2.695 (49,6%) NA, • 2015: 5.709 di cui 712 (12,5%) conformi, 2.121 (37,2%) non conformi, 2.876 (50,4%) NA, • 2016: 5.274 di cui 872 (16,6%) conformi, 843 (16,0%) non conformi, 3.560 (67,5%) NA, • 2017: 6.553 di cui 1.526 (23,3%) conformi, 722 (11,0%) non conformi, 4.305 (65,7%) NA, • 2018: 9.556 di cui 5.147 (53,9%) conformi, 3.065 (32,1%) non conformi, 1.344 (14,1%) NA, • 2019: 9.672 di cui 5.186 (53,6%) conformi, 3.443 (35,6%) non conformi, 1.043 (10,8%) NA, • 2020: 4.206 di cui 2.649 (63,0%) conformi, 1.391 (33,1%) non conformi, 166 (4,0%) NA, • 2021: 7.816 di cui 5.014 (64,2%) conformi, 2.455 (31,4%) non conformi, 347 (4,4%) NA. Analizzando separatamente i 7 item nel complesso dei 10 anni, le percentuali di conformità sono comprese tra un minimo di 53,1% (gestione della temperatura intraoperatoria) e un massimo di 61,3% (timing della profilassi antibiotica). Inoltre, la gestione della temperatura è l’item più frequentemente registrato come non noto (10,2% dei casi), mentre il timing è non noto solo nel 2,8% dei casi. Conclusioni. Per quanto riguarda la completezza dei dati raccolti, osserviamo una netta riduzione nella quota di NA a partire dal 2018 (tra 2017 e 2018 -51,64 punti percentuali); riteniamo che tale riduzione potrebbe essere imputabile al cambio di metodologia nella raccolta dei dati sul bundle, integrata nella sorveglianza delle ISC proprio a partire dal 2018. Per quanto riguarda l’aderenza al bundle, la percentuale di conformità aumenta costantemente ogni anno a partire dal 2015, presentando anch’essa uno scarto più ampio (+30,57 punti) tra 2017 e 2018. Notiamo come la pandemia da SARS-CoV-2, intervenuta negli anni di sorveglianza 2020 e 2021, non evidenzi un impatto rilevante sull’aderenza al bundle, a differenza di altri aspetti dell’attività chirurgica. Poiché, tra i 7 item del bundle, la gestione della temperatura intraoperatoria è quello più spesso indicato come non noto e meno spesso come conforme, possiamo ipotizzare che si tratti del dato più difficile da ricostruire a posteriori se non raccolto in tempo reale.


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Confronto tra le prevalenze di infezioni correlate all’assistenza ed utilizzo di antibiotici nei pazienti Covid-19 rispetto ai pazienti non Covid-19 negli ospedali per acuti della Regione Piemonte, 2022

S. Bazzolo1, R. Bussolino2, C. Gastaldo2, E. Rolfini2,
A. Russotto
2, M.G. Varì2, C. Vicentini2, C.M. Zotti2

1Politecnico di Torino, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture, Torino, 2Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Torino

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) ed il sovrautilizzo di antibiotici rappresentano un problema significativo all’interno delle strutture sanitarie. Le attività di sorveglianza mediante prevalenza puntuale (PPS) promosse con cadenza quinquennale dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), permettono di stimare la dimensione di questi due fenomeni. L’ultima edizione è stata condotta a novembre 2022, includendo per la prima volta il Covid-19. Obiettivo di questo studio è descrivere le prevalenze di ICA, di utilizzo di antibiotici e le caratteristiche dei pazienti Covid-19, confrontandole con le rispettive prevalenze e caratteristiche dei pazienti non Covid-19. Metodi. La versione 6.1 del protocollo ECDC è stata utilizzata per condurre la sorveglianza, svolta in un singolo giorno in ciascun reparto partecipante. In Piemonte hanno partecipato 42 ospedali comprendenti diverse tipologie di reparto per un totale di 7.274 pazienti. Di questi, 409 erano ricoverati in un reparto Covid-19, rientravano in una specialità del medico/paziente Covid-19, o presentavano una ICA da Covid-19, mentre i restanti 6.865 non rispondevano a queste caratteristiche. È stata calcolata la prevalenza di ICA e di pazienti che assumevano antibiotici nei due gruppi. Le analisi sono state effettuate tramite il software IBM SPSS Statistics. Risultati. L’età media dei pazienti Covid-19 era più elevata rispetto ai pazienti non Covid-19 (78,2 vs. 65,78) e la durata della loro degenza era superiore (rispettivamente 14,5 vs. 11,5 giorni). La distribuzione rispetto alla severità delle condizioni cliniche dei pazienti riflette una maggiore complessità dei pazienti Covid-19: il McCabe Score dei pazienti Covid-19 ha mostrato frequenze di malattia non fatale, fatale, rapidamente fatale rispettivamente nel 50,9%, 36,9% e 11,0% dei casi, mentre nei pazienti non Covid-19 tali percentuali erano: 70,1%, 19,3% ed 8,7%. I pazienti Covid-19 erano inoltre maggiormente sottoposti a dispositivi invasivi quali catetere venoso centrale, catetere urinario e tubo endotracheale, i quali erano presenti rispettivamente nel 18,3%, 38,9% e 2,0% dei casi, mentre negli altri pazienti i valori erano rispettivamente del 17,3%, 31,1% e 3,6%. Tra i pazienti Covid-19, la prevalenza di ICA era del 43,3% (IC95% 38,6-48) (n=177 pazienti con ICA), in particolare la prevalenza di ICA da Covid-19 era 41,3% (IC95% 37-46) (n=169), mentre per quelle con altra eziologia era del 7,1% (IC95% 4,94-9,26) (n=29). I pazienti non Covid-19 presentavano invece una prevalenza di ICA pari all’8,1% (IC95% 7,69-8,51) (n=553). Rispetto all’uso di antibiotici, infine, la prevalenza nel gruppo Covid-19 era del 44,5% (IC95% 39,87-49,13) (n=182 pazienti che assumevano antibiotici), mentre calava al 39,7% (IC95% 38,52-40,88) (n=2.725) per i pazienti non Covid-19. Conclusioni. I risultati hanno evidenziato che la prevalenza di ICA di eziologia diversa da SARS-CoV-2 nei pazienti Covid-19 è inferiore rispetto a quella nei pazienti non Covid-19. Questa differenza può essere attribuita all’adozione di procedure di controllo delle infezioni più rigorose. Inoltre, si osserva una prevalenza più alta del 4,8% di antibioticoterapia nei pazienti Covid-19 rispetto ai pazienti non Covid-19. Tale quadro potrebbe essere dovuto alla vulnerabilità dei pazienti ed al possibile utilizzo inadeguato di trattamenti antibiotici empirici per possibili co- o superinfezioni. Questi risultati offrono uno spunto per migliorare la gestione delle ICA e per promuovere un uso appropriato degli antibiotici, al fine di favorire un’assistenza ottimale ai pazienti e di ridurre i rischi legati alle infezioni ospedaliere.


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Segnalazione delle infezioni correlate all’assistenza attraverso il sistema Smart Run Chart: l’esperienza dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli centrale

N. Rassatti1, F. Fonda2, B. Favero3, F. Cozzarin3, C. Cargnelutti1,
E. Lampis
4, A. Faruzzo1, R. Cocconi5

1Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Gruppo Operativo Prevenzione e Controllo Rischio Infettivo, Udine, 2Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Dipartimento Area Emergenza Santa Maria della Misericordia, Udine, 3Università degli Studi di Udine, Dipartimento di Medicina, Udine, 4Università degli Studi di Sassari, Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Sperimentali, Sassari (attualmente: ASL n. 8 di Cagliari, Direzione di Presidio Ospedaliero, Ospedale Santissima Trinità, Cagliari), 5Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, SOC Accreditamento, Qualità e Rischio Clinico, Udine

Introduzione. La sorveglianza delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) è fondamentale per attuare strategie di prevenzione appropriate. Presso il presidio ospedaliero “Santa Maria della Misericordia” di Udine era attivo un sistema di sorveglianza delle ICA basato sulla segnalazione a cura dei professionisti link professional del rischio infettivo attraverso la compilazione di documentazione in formato cartaceo, che in un secondo momento veniva raccolta, validata e analizzata dal Gruppo Operativo Prevenzione e Controllo del Rischio Infettivo aziendale. Obiettivi. Aumentare la compliance nella segnalazione delle ICA attraverso un sistema digitale user-friendly accessibile nelle ventiquattro ore, in grado di integrare le fasi di raccolta, validazione e analisi dei dati. Metodi. Dal 2019 è stato lanciato un nuovo sistema digitale di segnalazione e analisi delle ICA, denominato Smart Run Chart, che è stato esteso all’inizio del 2023 anche ai presidi ospedalieri spoke aziendali di San Daniele/Tolmezzo e Latisana/Palmanova. Smart Run Chart è basato sulla piattaforma open source LimeSurvey a cura di LimeSurvey GmbH. Il sistema prende il nome dal grafico run chart, che identifica la rappresentazione di osservazioni statistiche in funzione di una variabile temporale. L’adozione del sistema consente di effettuare la raccolta, la validazione e l’analisi delle segnalazioni in modo integrato. Attraverso un applicativo accessibile nelle ventiquattro ore tramite la rete internet, i professionisti possono segnalare le ICA oggetto di sorveglianza a livello aziendale in riferimento ai criteri diagnostici definiti dal protocollo Point Prevalence Survey (PPS) dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC). Sono oggetto di segnalazione e monitoraggio le infezioni del sito chirurgico (SSI), le polmoniti (PN), le infezioni del tratto urinario (UTI), le infezioni del sangue (BSI) e le infezioni catetere-correlate (CRI). Nell’interfaccia grafica, il compilatore viene introdotto ad un percorso logico costituito da domande in sequenza predeterminata, rispondente ad un algoritmo attraverso il quale viene verificata dal sistema la corrispondenza dei dati inseriti nella segnalazione ai criteri diagnostici specifici, distinguendo in automatico le segnalazioni da registrare rispetto alle segnalazioni non rispondenti ai criteri (es. batteriuria asintomatica), consentendo la riduzione degli errori nella fase di segnalazione. Il Gruppo Operativo Prevenzione e Controllo del Rischio Infettivo riceve in tempo reale le segnalazioni, consentendo l’interpretazione dei risultati emergenti al fine di adottare prontamente azioni di miglioramento. Risultati. Dal momento del lancio al mese di luglio 2023 sono state raccolte 3.865 segnalazioni di ICA. Nel triennio 2019-2021, le segnalazioni sono state inoltrate prevalentemente da professionisti link professional infermieri (n=816; 55.36%). Le segnalazioni sono state inoltrate più frequentemente durante il turno di lavoro notturno (n=645; 43,76%), seguito da quello pomeridiano (n=418; 28,36%) e mattutino (n=411; 27,88%). Conclusioni. Il sistema Smart Run Chart ha consentito una gestione efficiente delle segnalazioni delle ICA, dalla fase di raccolta alla validazione e analisi attraverso un sistema user-friendly, permettendo l’integrazione delle segnalazioni tra i presidi ospedalieri aziendali. Le prospettive future di sviluppo sono rappresentate dall’implementazione del sistema su base regionale e dall’adozione di strategie per promuovere ulteriormente la compliance nella segnalazione delle ICA, come un’interfaccia grafica per l’utilizzo su dispositivi mobili.



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Valutazione preliminare di un timing specifico di sorveglianza tramite tampone rettale per gli enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE) nell’Unità operativa di neuroriabilitazione del Presidio ospedaliero di Fiorenzuola d’Arda – Ausl Piacenza

S. Galante1, M.G. Silvotti2, M. Turetta1, F. Malatesta1, V. Alessi1,
S. Molinari
1, F. Donati1

1Ausl Piacenza, Dipartimento di Medicina Riabilitativa, UO Neuroriabilitazione, 2Ausl Piacenza, Direzione Medica UO Igiene Ospedaliera

Introduzione. Come è noto, gli enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE) sono responsabili di gravi infezioni e sono molto diffusi in ambito ospedaliero. Nell’ Unità Operativa di Neuroriabilitazione dell’Ausl di Piacenza la maggior parte dei pazienti ricoverati è gravemente compromessa e proviene da altri ospedali e da reparti quali terapie intensive, presentando quindi specifici fattori di rischio per CPE. Nell’anno 2022 su un totale di 174 ricoveri, i pazienti risultati positivi a germi multifarmacoresistenti sono stati 54 di cui 27 (50%) a CPE, pertanto è stata proposta un’estensione della sorveglianza per CPE con un timing specifico a partire dal momento del ricovero per valutare se un solo tampone rettale era sufficiente a confermare la negatività per i pazienti senza storia nota di posititvità a CPE. Metodi. Da novembre 2022 a maggio 2023 è stato avviato uno specifico protocollo di sorveglianza per CPE, mediante screening con tampone rettale a tutti i “nuovi ingressi” in Neuroriabilitazione, sia per i pazienti provenienti da altri Ospedali o Strutture, sia per i pochi pazienti che provenivano dal domicilio, ma che presentavano una storia clinica simile. Il protocollo sperimentale prevedeva di effettuare tamponi rettali con il seguente timing: al momento del ricovero (tempo zero) in 3a giornata, in 7a giornata, in 14a giornata e in 21a giornata di ricovero, mantenendo il paziente in isolamento da contatto. Alla conferma di negatività dopo la 21a giornata, venivano rimosse le misure di isolamento, mentre veniva mantenuto l’isolamento per tutto il periodo del ricovero in caso di rilevazione di positività. I pazienti risultati positivi venivano valutati dal medico e dall’infermiere responsabile che ne disponevano l’isolamento in stanza singola o in coorting o il solo isolamento funzionale in base alle necessità. Come da procedura aziendale, dopo la 21a giornata si proseguiva con la sorveglianza tramite tampone rettale ogni 14 giorni o ogni 7 giorni in caso di contatto di caso. Risultati. Su un totale di 87 pazienti testati nel periodo, 5 sono risultati positivi “all’ingresso” (tempo zero), nessuno in 3a giornata, 3 in 7a giornata, nessuno in 14a giornata e 3 in 21a giornata. Il tampone di sorveglianza in 3a giornata è stato pertanto abolito già a metà del periodo di sperimentazione (febbraio 2023); si è quindi proseguito con il seguente monitoraggio: tempo 0, 7a giornata, 14a giornata e 21a giornata di ricovero. Non è stato possibile il confronto con dati precedenti di diffusione dei CPE, in quanto l’Unità Operativa di Neuroriabilitazione, sede della sperimentazione, era di nuova costituzione con inizio attività a fine anno 2021. Al termine della fase di sperimentazione si è deciso di modificare la procedura aziendale di sorveglianza per CPE per i reparti di riabilitazione, decidendo di mantenere questo protocollo di timing specifico di sorveglianza fino al 21° giorno mantenendo l’isolamento e, alla conferma di negatività, proseguendo per tutta la durata di ricovero con un tampone rettale ogni 7 giorni. Conclusioni. I risultati mostrano che, per i pazienti ad alto rischio, l’attivazione del programma di sorveglianza specifico con un timing dedicato può rappresentare uno strumento utile per individuare ulteriori pazienti colonizzati/infetti e la conseguente adozione di adeguate misure di isolamento, nonché il controllo della trasmissione intra-ospedaliera di CPE impedendone un’ulteriore diffusione e circolazione. Occorre ancora ultimare una valutazione economica ed organizzativa necessaria a mantenere questo timing di sorveglianza.


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Analisi retrospettiva dei fattori di rischio associati alle infezioni correlate all’assistenza in pazienti affetti da Covid-19 ricoverati in Terapia Intensiva nella Regione Molise tra il 2020 e il 2022

C. Adesso1, S. Manocchio1, A. Natale1, R. De Dona1, M.T. Pilla1,
A. D’Amico
1, N. Samprati1, A. Santagata1, V. Viccione1,
M.A. Di Palma
1, A. Pompei1, G. Sansone1, E. Scattareggia1, A. Salzo2, M. Tamburro3, R. Flocco2, A. Lombardi3, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Lo spettro clinico dell’infezione da SARS-CoV-2 può variare da forme asintomatiche a manifestazioni gravi che richiedono il ricovero in Terapia Intensiva (TI) in una percentuale di pazienti che può raggiungere il 32%. Tali soggetti presentano anche un rischio aumentato di sviluppare infezioni correlate all’assistenza (ICA). Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare i fattori di rischio associati allo sviluppo di ICA in pazienti con Covid-19 ricoverati nella TI dell’Ospedale Hub della Regione Molise tra marzo 2020 e dicembre 2022. In particolare, sono stati indagati i fattori sociodemografici, le principali comorbilità preesistenti e la durata di degenza. Metodi. Nel periodo in esame, sono state analizzate le cartelle cliniche di 185 pazienti ricoverati in TI con infezione da SARS-CoV-2. Sono state considerate le ICA confermate da referto microbiologico e supportate dal quadro clinico e dal profilo ematochimico; sono state valutate, inoltre, le principali comorbidità e la durata di degenza dei pazienti. I dati sono stati analizzati mediante statistica descrittiva e univariata utilizzando il test del Chi-quadrato e fissando un valore di significatività pari a p<0,05. Risultati. Il campione presentava un’età media di 66±11,1 anni (range 34-88) ed era costituito per il 67,7% (n=129) da maschi. L’88,1% (n=163) dei pazienti aveva almeno una comorbidità, di cui il 50,8% (n=94) due o più. Le comorbidità maggiormente riscontrate sono state le patologie cardiovascolari (n=96, 51,9%), l’ipertensione arteriosa (n=79, 42,7%) e il diabete mellito di tipo II (n=44, 23,8%). Centotre (55,7%) pazienti hanno sviluppato almeno una ICA, dei quali il 60,4% (n= 78) di sesso maschile e il 54,1% (n=59) con età > 65 anni. Il 55,7% (n=44) degli ipertesi, il 54,5% (n=24) dei diabetici e il 53,1% (n=51) dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari hanno contratto almeno una ICA. Analizzando la durata di degenza è emerso, inoltre, che dei 95 pazienti ricoverati per più di 7 giorni in TI, l’87,4% (n=83) ha sviluppato almeno una ICA. Conclusioni. L’analisi dei dati non ha evidenziato un’associazione statisticamente significativa tra le comorbidità prese in esame e l’insorgenza di ICA nei pazienti-Covid in TI. Nonostante sia stato riportato che la presenza di patologie concomitanti aumenti il rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2, nel campione esaminato non sembrano aver avuto impatto sulla probabilità di sviluppare ICA durante il ricovero. Tuttavia, è importante sottolineare che l’interpretazione di questo dato è resa complessa dall’elevata prevalenza di comorbilità nei pazienti esaminati. In relazione ai fattori sociodemografici, diversamente da quanto emerso in altri studi, l’età avanzata non è risultata significativamente associata a ICA; al contrario, il sesso maschile ha rappresentato un fattore di rischio (p<0,05). Il dato maggiormente significativo ha, però, riguardato la durata di degenza, in quanto i soggetti ricoverati per oltre 7 giorni hanno presentato, come atteso, un rischio consistentemente superiore di sviluppare ICA (p<0,001). Questo studio rappresenta una valutazione preliminare dei fattori di rischio associati all’insorgenza di ICA nei pazienti-Covid ricoverati in TI a livello locale e, sebbene alcuni dati non siano in linea con quanto riportato in letteratura, ciò potrebbe essere attribuito alla ridotta numerosità del campione in esame.


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Confronto dei risultati delle sorveglianze
su infezioni del sito chirurgico nel Presidio Ospedaliero Santa Maria della Misericordia di Udine,
relative agli anni 2019 e 2022

F. Cozzarin1, B. Favero1, A. Faruzzo2, C. Cargnelutti2,
N.
 Rassatti2, R. Cocconi3, L. Arnoldo3

1Dipartimento di Area Medica, Università degli Studi di Udine, Udine, 2Direzione Medica P.O. Santa Maria della Misericordia, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Udine, 3SOC Accreditamento, Qualità e Rischio clinico, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Udine

Introduzione. Le infezioni del sito chirurgico (ISC) rappresentano una delle principali cause di infezioni correlate all’assistenza (ICA) e si associano ad un aumento significativo della durata di degenza, della mortalità e dei costi per trattamenti e procedure chirurgiche aggiuntive. In Friuli Venezia-Giulia la sorveglianza delle ISC è iniziata con uno studio pilota nel 2018 ed è poi stata standardizzata e condotta nel 2019 e 2022, con un periodo di interruzione in concomitanza alla pandemia da Covid-19. Scopo della sorveglianza regionale è la raccolta di dati relativi ai tassi delle ISC, in modo da ottenere una misura dell’entità del problema al fine di guidare l’identificazione di azioni di miglioramento. Questo studio analizza i dati relativi al Presidio Ospedaliero Santa Maria della Misericordia di Udine. Metodi. Sono stati inclusi in entrambe le sorveglianze i pazienti che hanno eseguito un intervento di chirurgia della mammella (BRST), della colecisti (CHOL), del colon (COLO), del retto (REC) o un’erniorrafia (HER) tra il 1° ottobre e il 31 dicembre. Le strutture coinvolte sono state la Chirurgia Generale, la Clinica chirurgica, la Chirurgia plastica e la Clinica senologica del Presidio Ospedaliero Santa Maria della Misericordia di Udine. È stato creato un database su Epi-info 7 con i dati relativi al paziente, tipo di intervento, tipologia di accesso, utilizzo di materiale protesico, classe di intervento, punteggio ASA e durata dell’intervento. I pazienti sono stati sottoposti a follow-up della durata di 30 giorni nel caso di intervento senza inserimento di materiale protesico o di 90 giorni nel caso di presenza di protesi. La sorveglianza post-dimissione è stata condotta tramite contatto telefonico o consultazione dei referti di visite ambulatoriali. Risultati. Nel 2019 sono stati sottoposti a sorveglianza un totale di 529 interventi, di cui 176 di categoria BRST (33,3%), 118 CHOL (22,3%), 55 COLO (10,4%), 168 HER (31,7%) e 12 REC (2,3%). Nel 2022 sono stati sottoposti a sorveglianza un totale di 513 interventi, di cui 184 BRST (35,8%), 106 CHOL (20,7%), 65 COLO (12,7%), 142 HER (27,7%) e 16 REC (3,1%). I tassi di infezione rilevati per ciascuna categoria di intervento sono stati di 1,1% (2 infezioni su 176 interventi) nel 2019 e 1,6% (3/184) nel 2022 per BRST, 2,5% (3/118) nel 2019 e 4,7% (5/106) nel 2022 per CHOL, 10,9% (6/55) nel 2019 e 4,6% (3/65) nel 2022 per COLO, 1,8% (3/168) nel 2019 e 2,8% (4/142) nel 2022 per HER, 6,3% (1/16) nel 2022 per REC. Complessivamente, nel 2019 sono state rilevate 14 infezioni (2,7%), di cui 7 superficiali (50%), 6 profonde (42,9%) e una non nota (7,1%). Nel 2022 sono state rilevate 16 infezioni (3,1%), di cui 9 profonde (56,3%), 6 superficiali (37,5%) e una di organo/spazio (6,2%). La differenza tra i due anni non è statisticamente significativa (p=0,64 OR 1,18 CI95% 0,57-2,45). Conclusioni. Dal confronto delle due sorveglianze, non risulta una differenza statisticamente significativa tra i tassi di ISC registrati nel 2019 e nel 2022. A partire dal 2023, in Friuli Venezia-Giulia la sorveglianza delle ISC verrà estesa ad un maggior numero di categorie di interventi chirurgici, in accordo con il nuovo protocollo di sorveglianza nazionale delle infezioni del sito chirurgico (SNICh2) elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, con il fine di mantenere costantemente alta l’attenzione su questa tipologia di infezioni e di partecipare ad un network nazionale e internazionale che permetta di valutare l’impatto delle azioni di miglioramento messe in atto.


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Sorveglianza attiva: terapia intensiva di rianimazione versus medicina interna

M.A. Distasi1, R. Bruno2, A. Crapolicchio2, M. Bollino3,
M. Lamanna
3, A. Leonetti3, N. Saulle3, L. Ceci4

1Dirigente medico, 2Dirigente biologo, 3Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico (TLSB), 4Direttore, PO Bonomo, ASL BT, UOC Patologia clinica e Microbiologia, Andria

Introduzione. I programmi di sorveglianza attiva sono finalizzati a prevenire la diffusione di enterobatteri produttori di carbapenemasi identificando i soggetti colonizzati. Lo screening dei pazienti colonizzati può essere efficacemente effettuato mediante tampone rettale. Abbiamo analizzato i risultati prodotti sui tamponi rettali inviati presso la UOC di Patologia clinica e Microbiologia della ASL BT da gennaio 2022 a giugno 2023, sviluppando un focus sugli esiti ottenuti da tamponi di provenienza dalla Terapia Intensiva di Rianimazione e dalla Medicina Interna. Metodi. Nel nostro laboratorio il tampone rettale viene esaminato su piattaforma BD MAX automatizzata, fully integrated, che esegue l’estrazione dell’acido nucleico in Real Time PCR in un tempo massimo di 3 ore. Risultati. Nel periodo in esame sono stati processati 1.080 tamponi dei quali 128 (11,9%) sono risultati positivi per KPC, 40 (3,7%) per NDM, 28 (2,6%) per OXA-48, 11 (1%) per IMP-VIM. La Terapia Intensiva di Rianimazione è l’unico reparto del Presidio Ospedaliero Bonomo della ASL BT che esegue sorveglianza attiva sui pazienti all’ingresso e la prosegue per la durata della degenza ripetendo il tampone una volta a settimana. Nel periodo in esame, in Rianimazione sono stati eseguiti 470 tamponi totali; di questi abbiamo considerato il risultato del solo tampone all’ingresso e per i pazienti degenti per un periodo superiore a 5 giorni abbiamo considerato il primo tampone risultato positivo dopo quello negativo iniziale. Eliminando i duplicati calcoliamo 269 tamponi totali dei quali 238 sono risultati negativi (88,5%) e 31 positivi (11,5%). Dei 31 positivi, 23 (74%) sono stati evidenziati in pazienti che si sono positivizzati durante la degenza, 8 (26%) rilevati sul tampone all’ingresso. Dei 31 positivi, 22 (71%) hanno evidenziato KPC, 3 (9,7%) NDM, 2 (6,5%) KPC/OXA-48, 1 (3,2%) KPC/NDM, 1 IMP-VIM, 1 KPC/OXA-48/IMP-VIM, 1 OXA-48. Degli 8 tamponi positivi all’ingresso, 5 (62,5%) hanno evidenziato KPC, 3 (37,5%) NDM. Dalla Medicina sono pervenuti 85 tamponi: escludendo le ripetizioni con stesso risultato sullo stesso paziente, si considerano 74 tamponi. Di questi 55 (74,3%) sono negativi, 19 (25,7%) positivi. Dei positivi 9 (47,4%) hanno rilevato KPC, 8 (42,1%) NDM, 2 (10,5%) OXA-48. Conclusioni. Dall’esame dei nostri dati si evidenzia che il meccanismo di resistenza più rilevato nei due reparti in esame è KPC. In Rianimazione la maggiore percentuale di tamponi risultati positivi per KPC si sviluppa durante la degenza: questo permette di considerare una circolazione ospedaliera di tale meccanismo di resistenza e porta ad attuare in modo più capillare le procedure di prevenzione igienica che in un reparto in emergenza continua possono talora essere trascurate. In Medicina i tamponi positivi sono tutti tamponi eseguiti all’ingresso del paziente in reparto; si osserva una percentuale di NDM di poco inferiore a quella di KPC. La Medicina accoglie pazienti critici affetti da patologie croniche, pazienti di provenienza da RSA, neoplastici: i dati inerenti i tamponi rettali possono offrire una immagine della circolazione delle multiresistenze sul territorio dove sembrerebbero ugualmente rappresentate KPC e NDM. La circolazione di NDM sul territorio può essere altresì confermata dall’osservazione che i tamponi positivi per NDM rilevati in Rianimazione, sono fra quelli risultati positivi sul tampone all’ingresso e quindi di importazione. La multiresistenza sul territorio può essere conseguenza di un uso incongruo della terapia antibiotica, troppo facilmente somministrata soprattutto nel paziente con patologie e criticità. In Medicina si nota un progressivo incremento delle positività dal 2022 al 2023 (4 tamponi positivi nei primi 6 mesi del 2022, 5 nel successivo semestre, 10 fino a giugno 2023): questo atteggiamento dei tamponi della Medicina può essere legato da una parte ad una implementazione dello screening all’atto dei ricoveri dall’altra ad un incremento reale delle multiresistenze nel periodo immediatamente post pandemico. Aggiungiamo che i tempi rapidi di consegna dei risultati sono utili ad attuare decisioni operative immediate e appropriate, come isolamento dei pazienti, attenzione alle procedure igieniche, adeguato uso degli antibiotici, allo scopo di contenere la possibilità di contagio e di progressione verso lo sviluppo di sepsi.

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Impatto dei drenaggi post dimissione nella chirurgia della mammella: la sorveglianza in Friuli Venezia-Giulia

S. Moras1, A. Petrazzuolo1, G. Russo1, R. Cocconi2, L. Arnoldo3, R.M. Gruppo Regionale4, R.A.d.c.e.p.d.I. Gruppo Regionale5

1Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Udine, Udine, 2Direzione medica di Presidio, Azienda Ospedaliero-Universitaria S.M. della Misericordia, Udine, 3Dipartimento Scienze Mediche e Biologiche, Università degli Studi di Udine, Udine, 4Gruppo Regionale dei Risk Manager, Regione Friuli Venezia-Giulia, 5Gruppo Regionale dei rappresentanti aziendali del programma di prevenzione e controllo delle infezioni della Rete Cure Sicure FVG

Introduzione. La Rete Cure Sicure FVG ha messo in atto una sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (ISC), che si è svolta negli anni 2019 e 2022 (nel 2020 e 2021 non è stata effettuata a causa dell’impatto che la pandemia di SARS-CoV-2 ha avuto nella gestione dell’attività chirurgica). Oltre all’importanza che l’utilizzo di questo strumento ha, a livello regionale, sia nel sostenere l’adozione di buone pratiche per la prevenzione delle ISC, sia come solido strumento di benchmark, si è voluto valutare anche l’impatto sulle ISC che la dimissione a domicilio, con drenaggi post-operatori, ha nella chirurgia della mammella; lo scopo di questo abstract è valutare i dati emersi dalla due rilevazioni. Metodi. La sorveglianza è stata effettuata in tutti gli enti pubblici della regione da personale sanitario formato su un protocollo condiviso. Sono state effettuate due rilevazioni di incidenza (2019 e 2022) entrambe della durata di tre mesi che hanno incluso tutti gli interventi effettuati dal 1° ottobre al 31 dicembre. I risultati sono stati elaborati a livello regionale dal coordinamento della Rete Cure Sicure FVG. I pazienti sono stati sottoposti a follow-up (telefonico o attraverso la valutazione della documentazione sanitaria) della durata di 30 giorni nel caso di intervento senza inserimento di materiale protesico o di 90 giorni nel caso di presenza di protesi. I dati sono stati analizzati per singola sorveglianza e sono stati utilizzati i test del chi-quadrato e il test esatto di Fischer; inoltre per l’analisi sull’insorgenza di ISC nel post dimissione è stato utilizzato un modello di regressione logistica dove sono stati considerati come potenziali fattori di rischio il drenaggio in dimissione, l’anno di rilevazione, il risk index (RI), l’età e la presenza di materiale protesico, dal modello sono stati esclusi i pazienti con ISC sviluppate durante la degenza, i deceduti durante il ricovero e i dati mancanti. È stato considerato come significativo un valore della p<0,05. Risultati. Le ferite chirurgiche sottoposte a sorveglianza sono state 660 nel 2019 e 627 nel 2022, l’età media±DS è stata rispettivamente di 57,6±16,7 e 59,0±15,1. L’incidenza delle infezioni si è attestata nel 2019 al 5,0% (33 ISC) mentre al 1,9% (12 ISC), di queste l’insorgenza nel post dimissione è stata del 94,1% (31/33) nel 2019 e del 91,7% (11/12) nel 2022. Le pazienti dimesse con un drenaggio nel 2019 sono state 157 su 648 (4 decessi durante la degenza e 8 dati non noti) nel 2019 e 158 su 626 (1 decesso durante la degenza) nel 2022. Il 9,6% (15/157) delle pazienti dimesse con drenaggio ha presentato una ISC nel 2019 e il 5,7% (9/158) nel 2022 rispetto al dato delle pazienti senza drenaggio che risultava essere il 3,3% (16/491) nel 2019 e lo 0,4% (2/468) nel 2022; la differenza tra le due incidenze era statisticamente significativa in entrambe le sorveglianze. Il modello di regressione logistica ha incluso 1.241 pazienti e di questi 40 hanno sviluppato una ISC; le caratteristiche legate all’ insorgenza di una ISC nel post-dimissione sono risultate la presenza del drenaggio (OR 4,197 CI95% 2,017-8,736) e il valore incrementale del RI, (OR 2,993 CI95% 1,503-5,962); l’anno di sorveglianza 2022 ha mostrato un impatto significativo minore (OR 0,359 CI95% 0,174-738) sulla incidenza di ISC post-dimissione. Conclusioni. I risultati danno una conferma di quello che si conosceva dalla letteratura come l’impatto che un valore maggiore di RI ha sull’insorgenza di una ISC, ma ci dà anche delle informazioni specifiche relative alla situazione regionale. Infatti il dato che emerge è quello di una diminuzione del rischio nel 2022 rispetto al 2019 e ciò permette di valutare l’impatto delle azioni messe in atto nel periodo per il contrasto delle ISC. I dati confermano anche che la presenza di drenaggi in post-dimissione comporta un rischio maggiore per lo sviluppo di una ISC, fattore che sarebbe da approfondire con ulteriori studi specificamente focalizzati.


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Sorveglianza delle Infezioni Correlate all’assistenza (ICA) in Terapia Intensiva Neonatale (TIN)

A. Genga, D. Barbaresi, O.D. Toscano, L. Gatti, G.M. Ricciotti,
A. Marcello, A. Rinaldi, M.I. Faggi, G. Paolorossi, J. Dolcini,
P. Barbadoro, M.M. D’Errico

Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Sezione di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona

Introduzione. I progressi ottenuti dalla TIN consentono la sopravvivenza di neonati di peso basso e molto basso alla nascita; tuttavia, questi ultimi risultano allo stesso tempo esposti ad un maggior rischio di ICA. I fattori di rischio di contrarre una ICA comprendono il ricovero in reparti ad alta intensità di cure, l’utilizzo di dispositivi invasivi quali i cateteri vascolari, la ventilazione meccanica e l’età neonatale, soprattutto in caso di prematurità. Il presente studio si propone di analizzare i dati relativi ai pazienti ricoverati per più di 48 ore presso la TIN dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, con particolare attenzione all’incidenza di Polmoniti Associate a Ventilazione (VAP), sepsi ed al consumo di antibiotici. Metodi. L’attività di sorveglianza viene eseguita settimanalmente ad opera della SOD Igiene Ospedaliera, raccogliendo i dati in modo continuo e sistematico dal 2009, secondo il protocollo del National Healthcare Safety Network (NHSN). Trimestralmente viene redatto un report, condiviso con il personale sanitario del reparto, in cui vengono illustrati i risultati ottenuti che includono la distribuzione dei pazienti per classi di peso, sesso ed età gestazionale e le informazioni relative ad eventuali eventi infettivi correlati a dispositivi invasivi nel corso della degenza, che rispondono ai criteri diagnostici dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Il consumo totale degli antibiotici è stato sintetizzato in termini di Days of Therapy (DOT) standardizzato per 1.000 giornate di degenza. Un DOT rappresenta la somministrazione di un singolo antibiotico in un dato giorno, indipendentemente dal numero di dosi e dal dosaggio. Risultati. Nel 2022 sono stati osservati 392 neonati, di cui 55,1% maschi (N=216) e 44,9% femmine (N=176). La distribuzione per classi di età gestazionale risulta: 29% <34 settimane, 18% 34-36 settimane, 53% >36 settimane; mentre quella per classi di peso: 4% <750g, 3% 751-1.000g, 11% 1.000-1.500g, 31% 1.500-2.500g e 52% >2.500g. L’incidenza cumulativa di VAP è pari al 2% (N=8; IC95% 0,9-4), con una densità di incidenza per 1.000 gg-device dell’1,5 ‰ (IC95% 0,66-3), con un tasso di utilizzo di device per la ventilazione del 61,4% (IC95% 59,9-63,3). L’incidenza cumulativa di sepsi è pari al 10,7% (N=42; IC95% 7,7-14,5), con una densità di incidenza per 1.000 gg-device dell’8,1‰ (IC95% 5,8-11), con un tasso di utilizzo di device vascolari invasivi del 60,9% (IC95% 59,3-62,6). L’andamento della densità di incidenza delle infezioni ha mantenuto un andamento stabile ad eccezione del mese di luglio, in cui due episodi di VAP e sepsi si sono verificati a carico dello stesso paziente. Per quanto riguarda la terapia antibiotica, sono stati registrati 650,7 DOT/1.000 giornate di degenza (N=5.530; IC95% 633,6-668). Del totale delle somministrazioni, le molecole più frequentemente utilizzate sono state fluconazolo per il 22,3% (IC95% 21,1-23,6), gentamicina 20,5% (IC95% 19,3-21,7), ampicillina 18,7% (IC95% 17,6-20), vancomicina 12,6% (IC95% 11,7-13,6), meropenem 9,6% (IC95% 8,8-10,4), e netilmicina collirio 6,3% (IC95% 5,7-7). Conclusioni. L’incidenza di ICA nelle TIN presenta un’ampia variabilità in letteratura, dall’8% al 30%, da cui possiamo concludere come i dati raccolti sono risultati in linea con questi ultimi. Secondo un’analisi retrospettiva sul consumo di antibiotici condotta nel periodo 2008-2018 nello stesso reparto, il consumo medio è risultato pari a 481,6 DOT/1.000 giornate di degenza (con un minimo di 336,8 nel 2017 e un massimo di 501,9 nel 2018), da cui si evince come la quantità totale di antibiotici somministrata nel corso del 2022 risulta notevolmente aumentata. Pertanto, è necessario ottimizzare i sistemi di sorveglianza, di antimicrobial stewardship e l’applicazione delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni, soprattutto in un ambiente complesso e delicato come quello della TIN. Nel contesto delle reti di sorveglianza è inoltre fondamentale promuovere la collaborazione multidisciplinare delle diverse figure professionali coinvolte nell’assistenza ai pazienti della TIN.


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Studio di prevalenza puntuale sulle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) in Piemonte, novembre 2022: confronto tra prevalenza di ICA e Score Infection Prevention and Control Assessment Framework (IPCAF) dell’OMS

M. Castagnotto1, R. Bussolino1, C. Gastaldo1, E. Rolfini1,
H. Elhadidy
1, A. Russotto1, S. Bazzolo2, C. Vicentini1, C.M. Zotti1

1Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e Pediatriche, Torino, 2Politecnico di Torino, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture (DIATI), Torino

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono infezioni acquisite in ospedale o in altri ambiti di assistenza sanitaria, correlate all’episodio assistenziale stesso. Visto il significativo impatto clinico ed economico delle ICA, a partire dal 2011 l’European Center for Disease Control (ECDC) ha promosso uno Studio di Prevalenza Puntuale (PPS) delle ICA a cui partecipano tutti gli Stati europei. Successivamente, nel 2019 l’OMS ha svolto una doppia indagine a livello globale sullo stato dei programmi di igiene delle mani e sulla prevenzione e il controllo delle infezioni (infection prevention and control - IPC) nelle strutture sanitarie per acuti, utilizzando due strumenti di autovalutazione, tra i quali il questionario IPCAF (Infection Prevention and Control Assessment Framework), che ha l’obiettivo di valutare le attività e le risorse esistenti per il controllo e prevenzione delle infezioni nella struttura, identificandone i punti di forza e le eventuali lacune. L’ultima edizione della sorveglianza PPS negli ospedali per acuti (PPS3, condotta a livello europeo nel 2022-2023) ha introdotto una valutazione degli elementi core di IPC a livello di struttura, attraverso una versione breve del questionario IPCAF. Questo studio si propone di mettere a confronto la prevalenza delle ICA e lo score IPCAF di ciascun ospedale al fine di indagare una eventuale correlazione tra questi indicatori. Il secondo obiettivo di questo studio è di valutare se la versione breve del questionario proposta in occasione del PPS3 possa rappresentare un valido strumento per la valutazione delle pratiche IPC. Metodi. La sorveglianza PPS3 si è svolta a livello nazionale a Novembre 2022, utilizzando il protocollo ECDC PPS versione 6.0. Tutte le Aziende della Regione sono state invitate a partecipare. La prevalenza di ICA a livello di ciascun ospedale è stata valutata come prevalenza di pazienti con ICA totale rispetto al numero di pazienti non Covid inclusi (pazienti non ricoverati in reparti Covid e non Covid+). Per il calcolo dello score IPCAF sono invece stati assegnati punteggi 0-1 oppure 0-1-2 per ciascuna delle 9 domande presenti nella scheda H3, attribuendo uno score complessivo da 0 a 14, con 14 punti rappresentanti il miglior score possibile. Successivamente è stata valutata la correlazione tra la prevalenza di ICA e lo score IPCAF a livello di struttura tramite coefficiente Rho di Spearman, poiché la distribuzione delle variabili non era normale. Le analisi sono state condotte con IBM SPSS versione 28.0.1.0. Risultati. In Piemonte sono stati coinvolti 42 ospedali per acuti, di cui 3 privati convenzionati (il 7% del totale), con una media di posti letto di 246, una mediana di 218,5 e un range interquartile (IQR) di 118,5-277,5. Per quanto riguarda il livello di cure erogate gli ospedali erano così suddivisi: il 22% ospedale di base, il 45% di primo livello, il 19% di secondo livello, il 14% specializzato. Nello studio sono stati inclusi 6.865 pazienti non Covid, di cui 553 presentavano almeno 1 ICA il giorno dello studio. La prevalenza mediana di ICA a livello di struttura era 6,97 (IQR: 4,23-8,54). Lo score IPCAF mediano era 11 (IQR: 9,25-12). È stata identificata una moderata correlazione inversa tra le due variabili (Rho -0,340, p 0,034). Conclusioni. Questo studio ha identificato una correlazione inversa tra le pratiche di IPC e la prevalenza di ICA. Questa versione breve dello score IPCAF può essere utilizzata per valutare l’intensità delle pratiche di IPC a livello di struttura anche se, elaborando i dati di un maggior numero di ospedali, potremo dare una valutazione più sensibile.



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Enterococcus faecium vancomicino-resistente: andamento epidemiologico dal 2012 al 2023

A. Pan, P. Brambilla, F. Bianchi, L. Cimardi, S. Dal Zoppo,
A. Ferraresi, L. Ferrari, C. Fornabaio, D. Leonardi, M. Lupi,
M. Milesi, S. Missorini, S. Testa, A. Zoncada,

ASST Cremona

Introduzione. I dati del sistema di sorveglianza nazionale dell’antibiotico resistenza dell’Istituto Superiore di Sanità (AR-ISS) evidenziano come Enterococcus faecium vancomino- resistente (VREf) sia in costante e regolare aumento da 13 anni, con una percentuale di resistenza passata dal 3,9% nel 2010 al 28,2 nel 2021. Le epidemie nosocomiali causate da VREf nel nostro Paese sono probabilmente comuni, anche se i dati disponibili in letteratura sono molto limitati. Presentiamo i dati relativi all’andamento degli isolati di VREf dal gennaio 2012 al giugno 2023. Metodi. È stata condotta un’analisi in parte retrospettiva e in parte prospettica di tutti gli isolati di VREf identificati presso l’ospedale di Cremona dal gennaio 2012 al giugno 2023. Sono state considerati gli isolati da emocoltura, gli isolati da altri materiali clinici e i tamponi rettali (TR) per la ricerca di VREf. I pazienti con VREf sono sempre stati isolati in stanza singola con precauzioni da contatto. A partire dall’agosto 2021 in caso di identificazione di un isolato di VREf viene attivato un intervento di prevenzione e controllo di VREf (IPC-VREf) che prevede lo screening tramite TR di tutti i pazienti degenti al momento dell’identificazione del paziente indice, lo screening con TR periodico di tutti i pazienti ricoverati nei reparti con casi clinici: al ricovero, settimanalmente e alla dimissione. A partire da un’epidemia identificata nell’aprile 2022 sono stati inoltre calcolati su base settimanale: 1) l’incidenza di nuovi casi di colonizzazione o infezione, 2) la prevalenza dei colonizzati (pazienti con TR positivo sul totale dei pazienti sottoposti a TR). Abbiamo condotto un’analisi retrospettiva per identificare possibili focolai epidemici, definiti da almeno due casi nello stesso reparto in due mesi consecutivi. Risultati. Nei 138 mesi di analisi sono stati identificate 141 casi di isolamento di VREf da materiale clinico, di cui 35 batteriemie, e, dall’agosto 2021, 351 casi incidenti di colonizzazione. Le batteriemie sono state una nel 2012-2015, 9 nel periodo 2016-2019 e 25 negli ultimi tre anni e mezzo, mentre il numero degli isolati clinici è stato di 5 nel primo quadriennio, 34 nel periodo 2016-2019 e 67 dal 2020 a giugno 2023. La prevalenza globale è stata dell’8,4% (566/6.731) ed è passata dal 10,9% nel periodo agosto 2021 - aprile 2022 al 7,3% nel periodo aprile - giugno 2023, con un andamento tendenziale alla riduzione negli ultimi due anni. Nei 138 mesi in analisi sono stati identificati 18 possibili focolai epidemici: uno nel 2016, due nel 2019, tre nel 2020, 5 nel 2021. A partire dal marzo 2022 si è identificata un’epidemia con focolai in chirurgia generale (2) e terapia intensiva (TI), mentre nel 2023 sono stati identificati 4 focolai in chirurgia generale, TI, medicina e nefrologia. Con l’introduzione del programma di controllo dell’epidemia dell’aprile 2022 si è osservato, a partire dal terzo mese dopo l’inizio dell’intervento: 1) un calo delle batteriemie (9 fra marzo e giugno 2022 e 3 nei 12 mesi successivi); 2) un progressivo calo dei casi colonizzati incidenti (43 nel maggio 2022; 10 nel giugno 2023); 3) un calo tendenziale della prevalenza, passata dal 26,5% a inizio epidemia al 7,2% nel giugno 2023. Conclusioni. Questa analisi evidenzia quattro spunti di interesse: 1) il numero di casi di infezione e di colonizzazione da VREf è aumentato in modo notevolissimo negli ultimi 12 anni; 2) In concomitanza all’intervento di controllo dell’epidemia si è osservato un calo delle batteriemie, dei casi incidenti e della prevalenza delle colonizzazioni da VREf; 3) sono state identificati numerosi possibili focolai epidemici, sia prima che dopo l’inizio dell’intervento di controllo; 4) nessun intervento è stato organizzato durante i primi due anni della pandemia di Covid per carenza di personale dedicato. Il principale limite di questo studio è l’analisi molecolare dei ceppi isolati, alla quale stiamo lavorando. VREf rappresenta un patogeno emergente che richiede a nostro parere la formazione di un gruppo di lavoro nazionale, possibilmente su proposta della nostra società, che proponga raccomandazioni nazionali per il controllo della diffusione nosocomiale di VREf.


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Studio di prevalenza sulle infezioni correlate all’assistenza e sull’uso degli antibiotici negli ospedali dell’area vasta 2 – Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche

D. Giovannini1, M.G. Zagaglia1, M. Mari1, P. Graciotti1, V. Benigni2

1Direzione delle professioni sanitarie area infermieristica-ostetrica AST Ancona, 2Direzione medica AST Ancona

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano un importante indicatore della qualità dell’assistenza sanitaria. La disabilità, la mortalità, il prolungamento della degenza e l’aumento dell’antibiotico resistenza attribuibili alle ICA determinano un forte impatto sia clinico che economico. Secondo il Ministero della Salute, in Europa ogni anno avvengono 37.000 decessi attribuibili alle ICA, le stesse rappresentano una concausa in ulteriori 110.000 decessi, stimando un costo approssimativo diretto di circa 7 miliardi di Euro. L’Italia ha sempre posto attenzione alla tematica, fin dal 1985 con la circolare del Ministero della Sanità n° 52 “Lotta alle infezioni ospedaliere” (seguita dalla n° 8/1988) promuovendone la sorveglianza nelle strutture sanitarie, contestualmente alla creazione in ogni ospedale dei Comitati per la lotta alle infezioni ospedaliere oggi ricomprese nelle infezioni correlate all’assistenza. Metodi. ASUR Marche ha coinvolto i presidi ospedalieri di Jesi, Senigallia e Fabriano in uno studio di prevalenza. Obiettivi dello studio: • analizzare i pazienti coinvolti, le varie procedure alla quale si sono sottoposti, le infezioni acquisite e gli antibiotici assunti; • diffondere i risultati ottenuti a livello locale, regionale e nazionale; • focalizzare l’attenzione sulla problematica; • identificare le criticità riscontrate, valutare strategie di miglioramento e fornire agli ospedali gli strumenti per attuarle; • formare il personale e rafforzare la sorveglianza. Criteri di inclusione: nello studio sono stati inclusi tutti i reparti per acuti comprese le psichiatrie, i reparti per patologie croniche e le lungodegenze. La raccolta dei dati è stata effettuata con una scheda-questionario. L’indagine è stata svolta nei mesi di febbraio e marzo 2022. I dati sono stati raccolti nell’arco di una settimana per ogni presidio ospedaliero coinvolgendo tutti i pazienti presenti alle ore 8 nell’Unità Operativa presa in esame. Risultati. Lo studio di prevalenza è stato effettuato su un totale di 325 pazienti (177 uomini e 148 donne) nello specifico: 81 a Fabriano, 140 a Jesi, 104 a Senigallia. Le Unità Operative coinvolte nello studio sono state raggruppate ed analizzate in 5 macro-aree: chirurgica, medica, critica, ginecologia ed ostetricia e psichiatria. Il maggior numero di schede è stato compilato dall’area medica, seguita poi dalla chirurgica. Il 23% dei pazienti è stato sottoposto ad intervento durante la degenza, il 7% ha subito un intervento minimamente invasivo, mentre il restante 70% non è stato sottoposto ad alcun tipo di intervento chirurgico. Sul totale del campione preso in esame i pazienti che al momento della rilevazione stavano assumendo uno o più antibiotici sono 137 pari al 42%. L’antibiotico più utilizzato è il ceftriaxone (cefalosporina), seguito dal meropenem (carbapenemi) e dalla cefazolina (cefalosporina di 2a generazione). Su 172 prescrizioni di antibiotico il 24% era in profilassi, il 76% in terapia, (48% empirica e 28% mirata). I microorganismi riscontrati con più frequenza sono: Enterococcus, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus, Acinetobacter baumannii, Escherichia coli, Proteus mirabilis e Serratia marcescens. Un limite dello studio è la diversa stratificazione delle variabili a livello regionale e nazionale. Conclusioni. Lo studio ha dimostrato come spesso si ricorra alla somministrazione di antibiotici come terapia empirica senza aver ricevuto il referto di laboratorio. Negli ultimi anni i clinici hanno fatto frequentemente uso della colistina, da tempo non utilizzata, per la cura di infezioni da microrganismi resistenti ai più recenti antibiotici. La diffusione dei risultati, la formazione degli operatori ed un sistema di sorveglianza rappresentano elementi fondamentali per un efficace programma di controllo delle infezioni correlate all’assistenza. Richard Wenzel, uno dei principali epidemiologi di malattie infettive al mondo, affermava che può esistere un programma di controllo delle infezioni senza sorveglianza, ma coloro che operano in assenza di dati “saranno come l’equipaggio di una navicella spaziale in orbita che viaggia nello spazio senza strumenti di bordo, incapace di sapere dove si trova, i rischi ai quali può andare incontro, la direzione di viaggio e la velocità del volo”.


P20.

Prevalenza delle infezioni del sito chirurgico in chirurgia senologica

C. Andreoni1, G. Tassinari1, M. Nisi2

1AST PU, Direzione Medica di Presidio, Pesaro, 2AST PU, UOC Senologia, Fano

Introduzione. Le infezioni del sito chirurgico (ISC) rappresentano circa un quarto delle infezioni correlate alla assistenza (ICA) nel setting ospedaliero, con un impatto significativo sia sulla durata della degenza che su mortalità attribuibile. Tra queste, quelle relative alla chirurgia senologica sono di rado incluse in studi di prevalenza delle ISC su larga scala, per la ridotta durata di degenza perioperatoria che raramente supera le 48 ore, criterio di inclusione a studi di prevalenza delle ISC secondo l’ECDC. Dalla revisione di letteratura la prevalenza di ISC in chirurgia senologica conservativa è stimabile attorno al 5%, può superare il 10% nel caso di chirurgia oncologica ricostruttiva. Inoltre la maggior parte degli studi utilizza come fonte di raccolta dati la cartella clinica e non prevede un follow up di durata adeguata, soprattutto per l’impegno in termini di risorse umane che comporterebbe. È quindi giustificato ritenere che molte indagini di prevalenza delle ISC in chirurgia senologica possano sottostimare l’entità dell’evento. Lo studio si propone due obiettivi: quello primario è di stimare la prevalenza delle infezioni del sito chirurgico in chirurgia senologica aziendale, il secondario è di verificare l’appropriatezza della profilassi antibiotica perioperatoria. Metodi. Sono stati arruolati tutti i pazienti chirurgici consecutivamente ammessi alla degenza presso la UO di senologia di Fano. Si è deciso di stimare un campione rappresentativo quello con numerosità di almeno 60 pazienti, pari a circa il 10% dei ricoveri 2021. La raccolta dei dati è stata estrapolata dalla cartella clinica da un medico di direzione. Tutti i pazienti arruolati sono stati sottoposti a follow up telefonico postoperatorio a cadenza mensile in caso di chirurgia non protesica e trimestrale per quella protesica. L’intervista telefonica è stata anticipata da informativa somministrata al momento del ricovero da parte del personale di reparto unitamente al consenso per il trattamento dei dati. Sono stati sottoposti a giudizio di conformità gli interventi programmati di chirurgia pulita. Il giudizio di conformità è stato sospeso in caso di chirurgia urgente, contaminata o sporca. Rispetto alla profilassi antibiotica sono stati giudicati conformi gli interventi di chirurgia pulita gestiti con profilassi antibiotica con cefazolina 2 gr o amoxicillina/acido clavulanico 2,2 gr in unica somministrazione endovenosa preoperatoria. I criteri diagnostici di infezione sono quelli identificati da ECDC. Risultati. Dei 91 pazienti arruolati, la prevalenza di ISC è risultata pari al 4% (4/91). Tre dei quattro casi di ISC riguardavano interventi elettivi ricoverati per patologia neoplastica senza posizionamento di protesi, nel quarto caso l’intervento era urgente per rottura protesica. Per gli interventi di chirurgia pulita elettiva l’ISC era superficiale secondo i criteri ECDC ed occorreva in media a 20 gg dall’intervento. In tutti 3 i casi la diagnosi di infezione è stata clinica per dolore, tumefazione e secrezione. In due casi ha richiesto terapia antibiotica per os domiciliare della durata di 7 giorni, un caso è stato gestito con trattamento locale e aspirazione di linfedema. In tutti i casi il trattamento ha consentito la soluzione della ISC. In tutti i casi di chirurgia elettiva la profilassi antibiotica era stata giudicata conforme sia per molecola che per durata. Due dei tre pazienti che hanno sviluppato ISC erano ricoverate per recidiva neoplastica. La conformità rispetto alla profilassi antibiotica è stata del 67%. Dei casi non conformi, nel 20% casi il giudizio di conformità non era applicabile per interventi su sito contaminato o infetto alla ammissione della protesi. Nel 40% la non conformità riguardava la durata della profilassi antibiotica. Da un ulteriore approfondimento è emerso che la profilassi antibiotica veniva continuata, in genere per 6 giorni dopo la dimissione in caso di chirurgia protesica. Il restante 40% dei casi non conformi era dovuto a non completa compilazione della scheda di rilevazione. Conclusioni. La breve durata di degenza non esclude il rischio di ISC. Il follow up a 30 e 90 giorni è fondamentale per identificare correttamente i casi di ISC. In chirurgia senologica la maggior parte delle infezioni avvengono nel periodo post operatorio e sono trattabili a domicilio. Pazienti con recidiva neoplastica sembrano avere maggior rischio di sviluppare ISC.

Sorveglianza di laboratorio


P21.

Sorveglianza di laboratorio in epoca pandemica:
il contributo della microbiologia nell’individuazione
di cluster di enterococco vancomicina resistente (VRE)

L. Masala1, G. Diana2, R. Melis2, E. Pibiri2, A. Aste1

1UOC Patologia Clinica e Microbiologia, P.O. SS. Trinità, ASL Cagliari, 2Dipartimento di Scienze Biomediche, Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia, Università degli Studi di Cagliari

Introduzione. La necessità di contrastare la pandemia da Covid-19 ha determinato importanti cambiamenti organizzativi nelle strutture ospedaliere. Il maggiore carico di lavoro, le specifiche misure di prevenzione adottate per contrastare la trasmissione del virus e il ricorso a personale spesso non adeguatamente formato sulle pratiche igieniche e sul corretto utilizzo dei disinfettanti e degli antimicrobici hanno fatto perdere il focus dal contenimento delle Infezioni Correlate all’Assistenza e dell’antibiotico resistenza, anche in presenza di consolidati programmi di controllo. In contesti come questo, lo screening tramite tampone rettale per la ricerca di germi multiresistenti (MDR) può rivelarsi un valido alleato per la limitazione della loro diffusione, così come la sorveglianza attuata dal laboratorio di microbiologia, che ha il compito di segnalarne tempestivamente la presenza. Metodi. In questo lavoro sono stati analizzati 1.814 tamponi rettali pervenuti dai reparti degli Ospedali afferenti al nostro Laboratorio a partire da gennaio 2018 fino a maggio 2023. Nella nostra Asl la richiesta dei tamponi di screening non è dettata da specifici protocolli aziendali: alcuni reparti richiedono l’esame all’ingresso, altri saltuariamente. La ricerca si è focalizzata sugli isolati di Enterococcus faecalis e Enterococcus faecium VRE ed è stata effettuata tramite terreni cromogenici (Microbiol s.r.l.). L’identificazione è stata ottenuta con la spettrometria di massa (VITEK®MS, bioMérieux) e l’antibiogramma con VITEK® 2 (bioMérieux) e SensititreTM (Thermo ScientificTM). Risultati. Del totale dei tamponi rettali esaminati, 26 (1,43%) erano positivi per E. faecalis, 55 (3,03%) per E. faecium. La frequenza di isolamento di E. faecalis nel corso degli anni mostra un andamento discontinuo: dopo un periodo di stabilità nel triennio 2018-2020 (0,81% - 1,3% - 1,05%), si osserva un brusco aumento dei casi nel 2021 (3,26%), seguito da una drastica riduzione tra il 2022 (0,97%) e il 2023 (0%). L’andamento di E. faecium è invece regolare, con una crescita costante nel tempo (0% nel 2018, 0,97% nel 2019, 1,74% nel 2020, 3,76% nel 2021 e 5,33% nel 2022). I dati relativi ai primi cinque mesi del 2023 (6,29%) rispecchiano il trend in crescita. Da evidenziare, nella fase discendente di due delle principali ondate di Covid-19 in Sardegna, l’incremento generale dei VRE nel primo trimestre 2021 e nello stesso periodo del 2022 un aumento di E. faecium. Conclusioni. La sorveglianza di laboratorio ha giocato un ruolo fondamentale nell’individuazione, in tre dei reparti afferenti, di tre diversi cluster che hanno contribuito all’aumento dei casi negli anni 2021 e 2022 e affiorati in concomitanza con le sopracitate ondate pandemiche. Constatato un reiterato isolamento di VRE da diverse tipologie di campione, prevalentemente urinocolture, il Laboratorio di Microbiologia ha richiesto un incontro con i reparti e la Direzione Sanitaria per proporre lo screening dei pazienti, con l’obiettivo di esaminare la portata della circolazione di tali microrganismi. Questo tempestivo intervento ha così permesso di individuare i cluster; tuttavia non è stato possibile valutarne l’evoluzione nel tempo, data la scarsa quantità di campioni a noi pervenuti nel periodo successivo. Nel caso di E. faecium, il trend in continua crescita, con isolamenti sporadici e omogeneamente distribuiti nel tempo, suggerisce l’ipotesi che possa essersi sviluppato un endemismo. I nostri risultati, preliminari ed esclusivamente epidemiologici, andranno incrociati con i dati di consumo degli antibiotici forniti dalla farmacia ospedaliera. Ad oggi suggeriscono comunque l’importanza di rafforzare i sistemi di sorveglianza per la rilevazione delle resistenze antimicrobiche, dunque la necessità di stilare dei protocolli per il monitoraggio dei pazienti non solo all’ingresso in reparto, ma anche con cadenza regolare durante il periodo di degenza. Quando messe in atto, infatti, tali pratiche si sono dimostrate utili ad individuare tempestivamente la colonizzazione da VRE, e in generale da tutti i germi MDR, concedendo al personale sanitario la possibilità di agire in modo da contenerne la diffusione.


P22.

Introduzione di un metodo molecolare multi-target
per sorvegliare le colonizzazioni da CRE e da altri microrganismi multi-resistenti, valutazione
di performance, benefici e criticità

M. Meledandri, M.L. Schiavone, A. Serse, E. Piombino, S. Emili,
S. Paoletti, M. Ballardini, G. Mariotti, P. Zaccaro, S. Macciomei,
A. Leonardi, J. Fratoni, S. Quartu, A. Tamburro, B. Palazzotti

PO San Filippo Neri - Asl Roma 1, UOC Microbiologia e Virologia, Roma

Introduzione. La sorveglianza attiva delle colonizzazioni (Active Surveillance Culture/ Testing - ASC/AST) è usata per rilevare le fonti di diffusione dei multi-resistenti (MDRO) in un contesto sanitario. In Italia, tale misura è inclusa tra le azioni di contrasto alla diffusione degli Enterobatteri Resistenti ai Carbapenemici (CRE), come da indicazioni del Ministero della Salute. In diversi setting regionali l’ASC/AST viene altresì estesa a una gamma variabile di MDRO, quali VRE, ESBL enterobatteri, Acinetobacter, Pseudomonas, MRSA, ecc. L‘attuale disponibilità di metodi molecolari multi-target consente di rilevare più determinanti di resistenza nello stesso campione (es.: tampone rettale) con un Turnaround Time (TAT) inferiore rispetto ai metodi basati su coltura. Nel presente lavoro è stata valutato un metodo molecolare multi-target su una popolazione ad alto rischio di colonizzazione da CRE, analizzando sia la performance rispetto alla procedura in uso sia le problematiche generate dallo screening esteso di MDRO. Metodi. N° 126 tamponi rettali in fase liquida, nel periodo febbraio-marzo 2023, sono stato lavorati con metodo standard – coltura su ChromID® CARBA SMART Agar (CARB/OXA, bioMérieux France), lettura a 18-24h con emissione di referto preliminare e alert presuntivo (per attivare isolamento) e successiva “lavorazione completa” con identificazione MALDI-TOF e tipizzazione genomica mediante Xpert® Carba-R (Cepheid, USA). Lo stesso blocco di tamponi è stato poi testato con metodo molecolare – Allplex™ Entero-DR Assay (Seegene, Republic of Korea), per rilevazione di 8 determinanti genetici di resistenza in multiplex Real-time PCR (KPC, VIM, NDM, IMP, OXA-48, vanA, vanB, CTX-M) in circa 3 ore. I tamponi provenivano dalla sorveglianza di routine per rischio colonizzazione da CRE negli ospedali S. Filippo Neri e S. Spirito in Saxia di Roma. L’afferenza dei tamponi “lavorati in doppio” era la seguente: 59% area intensiva; 40% area medica o sub-intensiva medica; 1% area chirurgica. I risultati ottenuti per la rilevazione CRE mediante le metodiche ChromID® e AllplexTM sono stati confrontati, valutando concordanza e performance. È stata inoltre effettuata un’analisi descrittiva degli esiti del metodo Allplex™, per quanto riguarda la rilevazione degli altri determinanti di resistenza. Risultati. Rispetto allo standard in uso (ChromID® e successivi step), il metodo molecolare ha mostrato una totale concordanza, rilevando 20/20 CRE e 106/106 negativi. In termini di performance questo si è tradotto come 100% di sensibilità/specificità. Il metodo Allplex™ ha classificato le diverse classi di carbapenemasi concordemente rispetto alla metodologia in uso: 16/16 KPC, 5/5 NDM, 1/1 OXA-48CRE (nota: un caso presentava tre determinanti di resistenza associati). Allplex™ ha altresì rilevato n.6 VIM e n.1 IMP non riconducibili a Enterobacterales, n.38 CTX-M, n.17 VanA, n.30 Van/B. Conclusioni. L’esperienza ha mostrato come il test molecolare possa fornire risultati uguali a quelli di un metodo tradizionale, per attuare ASC/AST dei CRE. La metodologia saggiata ha inoltre un TAT abbreviato rispetto alla coltura (3h vs 18/24h), ancorché tale beneficio sia condizionato dalla frequenza delle sedute analitiche effettuabili (dipendenti da risorse, organizzazione, carichi di lavoro, ecc.). Va comunque considerata la caratteristica di rilevare contestualmente altri determinanti di resistenza. Il campione analizzato presentava, oltre a una quota pari al 16% circa di CRE+, anche circa 30% di CTX-M+ (e, quindi, di ESBL+ enterobatteri), 37% circa VanA+/ VanB+ (e, quindi, VRE+ enterococchi). Sinteticamente, su 126 tamponi n. 73 (circa 58%) mostravano uno o più dei determinanti previsti nel pannello, indicando per i pazienti sorvegliati un rischio elevato di colonizzazione da multi-resistenti diversi (non solo CRE, quindi). Tali risultanze pongono interrogativi in merito alle modalità di infection control da adottare a livello locale e alla loro sostenibilità. Suggeriscono al contempo l’importanza della coerenza tra sorveglianza di laboratorio e politiche di contenimento dell’antimicrobico-resistenza.


P23.

Epidemiologia delle resistenze antimicrobiche:
dati 2021-2022 di un presidio ospedaliero della ASL BT

M.A. Distasi1, R. Bruno2, A. Crapolicchio2, M. Bollino3,
M. Lamanna
3, A. Leonetti3, N. Saulle3, L. Ceci4

1Dirigente medico, UOC Patologia clinica e Microbiologia, 2Dirigente biologo, UOC Patologia clinica e Microbiologia, 3TLSB, UOC Patologia clinica e Microbiologia, 4Direttore, UOC Patologia clinica e Microbiologia, PO Bonomo Andria, ASL BT

Introduzione. La resistenza antimicrobica rappresenta uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello mondiale. L’importanza del fenomeno ha portato all’attivazione di numerosi sistemi di sorveglianza. In questo lavoro è attuata una elaborazione dati degli anni 2021 e 2022 per la valutazione epidemiologica dell’attività della Microbiologia che accoglie campioni dal PO di Andria e dal territorio della ASL BT e per verificare l’incidenza delle resistenze. Metodi. Dalla piattaforma Vitek 2 Compact bioMèrieux, sulla quale vengono eseguiti identificazione e antibiogramma, è stata effettuata estrapolazione dei risultati degli anni 2021 e 2022; gli stessi, dapprima caricati in un file Excel, sono stati successivamente importati e convertiti in BacLink e quindi elaborati in WHONET. WHONET/ BacLink è un’applicazione Windows per la gestione dei dati di laboratorio di Microbiologia e l’analisi dei risultati dei test di sensibilità antimicrobica, supportata dal WHO Collaborating Centre. L’attività su BacLink/WHONET si articola in tre momenti: configurazione del laboratorio, inserimento dei dati, analisi/reporting dei risultati. Analisi preziosa in WHONET è quella dei profili di resistenza. Risultati. Nel 2021 sono stati rilevati 1.958 isolati, nel 2022 2.445 isolati. I dati del 2021 evidenziano che il meccanismo di resistenza di maggiore riscontro è rappresentato da ESBL (7,4%) seguito da carbapenemasi (5,1%) e MRSA (2,4%). Su urine si evidenzia sensibilità ai carbapenemi 100% per E. coli, 82,6% per K. pneumoniae. I dati relativi a sangue e liquor evidenziano l’assenza di E. coli Carbapenemasi produttori mentre per K. pneumoniae si osserva il 61,4% di sensibilità. Sono stati valutati carbapenemi anche per A. baumannii e P. aeruginosa: per il primo si segnala una sensibilità del 7,1% per gli antibiotici esaminati, per il secondo, una sensibilità di circa il 90%. Si osserva inoltre una percentuale di sensibilità a Oxacillina per S. aureus pari al 59,4%. I dati del 2022 confermano che il meccanismo di resistenza di maggiore riscontro è rappresentato da ESBL (11,8%) seguito da carbapenemasi (5,6%) e MRSA (1,6%). Su urine, E.coli risulta sensibile al 99,5% ai carbapenemi e K. pneumoniae 85,8%. I dati relativi a sangue e liquor evidenziano che E. coli non è resistente ai carbapenemi (100% S) mentre per K. pneumoniae si osserva il 64,9% di sensibilità. A. baumannii presenta 100% di resistenza ai carbapenemi, P. aeruginosa 100% di sensibilità. Si osserva inoltre una percentuale di sensibilità a oxacillina per S. aureus pari al 60%. Conclusioni. I dati relativi a sangue e liquor non evidenziano una significativa differenza delle resistenze fra 2021 e 2022. ESBL è alert di più frequente riscontro sia nel 2021 che nel 2022, con una evidente crescita in quest’ultimo anno: questo meccanismo di resistenza, più frequentemente rilevato su E. coli urinario, può essere indice di un inadeguato uso di terapie antibiotiche in ambito comunitario dove persiste il fenomeno dell’autosomministrazione di antibiotici. I risultati ottenuti ci permettono di affermare che la nostra provincia concorre in modo significativo all’incidenza delle multiresistenze. Questo approccio epidemiologico della nostra microbiologia può costituire un efficace metodo per lo studio delle resistenze antimicrobiche e del loro trend nel tempo sia in ambito ospedaliero che in ambito comunitario; può essere utile anche a instaurare elementi correttivi nella proposta di antibiogrammi che possano prevedere molecole singole o di associazione più efficaci per i microrganismi in esame e per offrire risultati utili ad attuare, in ospedale e sul territorio, un uso più adeguato degli antibiotici. In tal modo potremmo risultare più adeguati all’esigenza espressa dai nostri clinici di ricevere tutte le informazioni utili a trattamenti congrui e efficaci a ridurre l’incidenza di infezioni da germi multiresistenti, ridurre la durata delle degenze, migliorare l’outcome dei pazienti e favorire il contenimento della spesa sanitaria. Dalle nostre osservazioni emerge inoltre la necessità di introdurre, nell’ambito della sorveglianza, anche dati relativi alle urine, indice più significativo dell’antibiotico resistenza in ambito comunitario e che potrebbero concorrere ad una valutazione più realistica delle multiresistenze sul territorio.


P24.

Reprocessing degli endoscopi nel servizio di endoscopia digestiva dell’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche

M. Chiavarini1, M.G. Gioia2, D. Mengoni2, E. Moglie2,
E. Martini
2, P. Barbadoro1, M.M. D’Errico1

1Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona, 2SOD Igiene Ospedaliera-Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche

Introduzione. Gli endoscopi sono i dispositivi medici semi-critici associati al più elevato numero di focolai infettivi. I rischi infettivi sono correlati al riutilizzo degli endoscopi nella pratica quotidiana e possono derivare da difetti degli strumenti o da violazioni del protocollo durante il reprocessing. L’uso routinario delle lava-endoscopi ha standardizzato il ricondizionamento degli endoscopi aumentando il profilo di sicurezza del processo di disinfezione di alto livello. Programmi di sorveglianza microbiologica per monitorare l’efficacia del reprocessing degli endoscopi rimangono comunque fortemente raccomandati. Obiettivo. Valutare la qualità nella pratica del reprocessing degli endoscopi e presentare i risultati della sorveglianza microbiologica post-ricondizionamento dei dispositivi flessibili termolabili dell’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche (AOUM). Metodi. Presso il Servizio di Endoscopia digestiva AOUM sono presenti, 4 Sale, 4 lava-endoscopi, 3 Armadi ventilati per lo stoccaggio dei 12 gastroscopi, 14 colonscopi, 7 duodenoscopi, e 5 dispositivi sostitutivi. Il campionamento microbiologico standardizzato è stato eseguito di routine, ogni 6 mesi, a) nel liquido dai canali degli endoscopi in un campione dei 38 endoscopi flessibili. Nel periodo considerato sono stati testati tutti gli strumenti, b) nel liquido bottiglia colonna, eseguito a partire dal 2022, c) nel liquido dell’acqua del risciacquo finale delle lava-endoscopi. Nel periodo considerato sono stati testati 5 lava-endoscopi nel periodo gennaio 2019-marzo 2021, e 4 nuovi lava-endoscopi nel periodo aprile 2021-dicembre 2022. I campioni di liquido dai canali endoscopio, filtrati su membrana ed incubati su piastre agar-sangue a 36°C per 72h, sono stati considerati conformi con un limite di < 10 UFC/ canale. Con valore di carica batterica superiore, veniva effettuata l’identificazione e valutata la qualità microbica. I campioni di liquido bottiglia colonna sono stati seminato per inclusione in R2A ed incubati a 36° per 48h e 22° per 72h; sono stati considerati conformi con un limite di 0 UFC. I campioni di acqua di risciacquo lava-endoscopi, filtrati su membrana ed incubati su piastre R2A a 30 + 2°C per 5 giorni, sono stati considerati conformi con un limite di < 10 UFC/ 100 ml. Nel periodo considerato è stato inoltre effettuato il campionamento microbiologico delle superfici degli armadi medicali dedicati allo stoccaggio degli endoscopi trattati. Per tali campioni, incubati su piastre agar-sangue a 36°C per 72h, è previsto un limite < 25 UFC/24 cm2. Risultati. Durante l’intero periodo, il 15,6% degli endoscopi non era conforme ai valori di riferimento indicati dal Position Statement SIMPIOS- Documento multi-societario, pertanto è stato rimosso dalla pratica clinica fino al nuovo campionamento dopo trattamento di disinfezione e relativa negatività dello stesso. In particolare, il livello di contaminazione batterica superiore al limite è stato registrato nel 25% degli endoscopi nel 2019, nel 0% nel 2020, nel 12,5% nel 2021 e nel 25% nel 2022. Nel 2022, inoltre, sono stati rilevati indicatori di alta rilevanza microbiologica quali Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella spp, Enterobacter spp. Nel 2022 sì è registrata anche una positività sui campioni di liquido bottiglia colonna. Da notare come la non conformità del liquido dell’acqua del risciacquo finale delle lava-endoscopi, registrata nel 28% dei campioni nel periodo gennaio 2019-marzo 2021, con l’introduzione dei nuovi 4 lava-endoscopi è risultata pari a 0% (aprile 2021-dicembre 2022). Dei 32 campionamenti armadi effettuati durante il periodo di studio solo 3 hanno superato il valore massimo accettabile. Conclusioni. La sorveglianza microbiologica post-ricondizionamento degli endoscopi flessibili termolabili è un supporto per la qualità del processo per la sicurezza del paziente e nel controllo delle ICA. Strategie di sorveglianza microbiologica e restituzione dei risultati del monitoraggio ai professionisti, costituiscono interventi per il miglioramento della qualità assistenziale.


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Epidemiologia molecolare di ceppi umani multiresistenti di Pseudomonas aeruginosa isolati in un ospedale del centro Italia: risultati preliminari

A. Lombardi1, M. Tamburro1, C. Adesso2, M.A. Di Palma2,
A. Natale
2, A. D’Amico2, R. De Dona2, N. Samprati2,
A. Santagata
2, V. Viccione2, M. Scutellà3, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 3UOSVD Microbiologia e Diagnostica Molecolare avanzata, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”; Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Pseudomonas aeruginosa è responsabile di infezioni correlate all’assistenza e rientra, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra i microrganismi antibiotico-resistenti con priorità critica a livello globale. Questo studio ha avuto l’obiettivo di caratterizzare, con un approccio biomolecolare, ceppi di origine clinica di P. aeruginosa isolati tra luglio e agosto 2022 nel principale Presidio Ospedaliero (PO) della Regione Molise. Metodi. Sono stati analizzati 19 isolati, di cui è stata valutata la suscettibilità ad antibiotici attraverso sistema automatizzato e interpretando i risultati in accordo con linee guida EUCAST. La tipizzazione molecolare è stata effettuata secondo protocolli standardizzati mediante Enterobacterial Repetitive Intergenic Consensus (ERIC)-PCR, Random Amplification of Polymorphic DNA (RAPD)-PCR con i primer 272 e 208 e Pulsed Field Gel Electrophoresis (PFGE) con SpeI. Le relazioni clonali sono state valutate generando un dendrogramma (algoritmo UPGMA) per ciascuna metodica mediante software Bionumerics, stabilendo un cut-off di similarità al 70% in accordo con dati di letteratura. Risultati. I ceppi analizzati sono stati isolati da pazienti (58% maschi, età media 54±31,9 anni, range 0-89) ricoverati principalmente nei reparti di terapia intensiva neonatale (TIN) e anestesia e rianimazione (21% rispettivamente). Sono stati perlopiù isolati da urinocolture (32%), seguiti da broncoaspirato (16%), catetere (11%), emocolture (5,3%) e tamponi auricolare/nasale/oculare (5,3%). Tutti i ceppi hanno mostrato resistenza verso tigeciclina, trimetoprim, ceftriaxone, cefalexina, cefotaxime, cefoxitina, cefuroxime, ampicillina, amoxicillina-clavulanato, ertapenem e nitrofurantoina. La resistenza è stata, inoltre, osservata verso cefepime (15,8%), ceftazidime (10,5%), piperacillina (16,7%), piperacillina-tazobactam (15,8%), imipenem (10,5%) e meropenem (5,3%). Tutti i ceppi sono risultati suscettibili all’amikacina. L’ERIC-PCR, RAPD-272 e RAPD-208 hanno identificato rispettivamente 8, 6 e 7 cluster (potere discriminante D=0,85, 0,78 e 0,79). Tutte le metodiche hanno raggruppato isolati da pazienti ricoverati in differenti reparti: mediante ERIC-PCR è stato rilevato un cluster con un ceppo rispettivamente da TIN, terapia intensiva, ortopedia, pronto soccorso e nefrologia. La PFGE ha rilevato 16 cluster (D=0,98), includendo nel medesimo cluster solo tre ceppi, uno da riabilitazione e due da patologia neonatale. Conclusioni. L’analisi della suscettibilità agli antibiotici ha evidenziato simili profili di multiresistenza (MDR). I risultati supportano la crescente emergenza di ceppi MDR di P. aeruginosa, in accordo con l’ultimo report di AR-ISS (2021), in cui è stata riportata resistenza verso piperacillina-tazobactam (24,2%), ceftazidime (19,3%) e cefepime (18,3%), imipenem (19,8%) e meropenem (10,1%). La PFGE è risultata la metodica dal più elevato potere discriminante e ha evidenziato un’estrema eterogeneità tra i ceppi. Diversi studi hanno, infatti, evidenziato che il genoma del patogeno è un’entità altamente dinamica, in cui trasferimento orizzontale, ricombinazione e perdita di geni, sono determinanti di diversità genetica e svolgono un ruolo importante nella sua evoluzione. Anche le altre tecniche di genotipizzazione hanno mostrato un buon potere discriminante ed un buon livello di concordanza, avendo raggruppato similmente circa la metà dei ceppi. Considerando la persistenza ambientale di P. aeruginosa nel contesto ospedaliero, nonostante la sua elevata eterogeneità genetica, le indagini di epidemiologia molecolare sono necessarie per la caratterizzazione dei ceppi circolanti e per una migliore comprensione di vie di trasmissione e meccanismi di resistenza, al fine di attuare appropriate strategie di prevenzione e controllo. Attualmente, è in corso l’analisi di ulteriori isolati batterici attraverso multilocus sequence typing e whole genome sequencing per il completamento del quadro epidemiologico.




Prevenzione e controllo delle IOS/ICA


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Colonizzazione da enterococchi vancomicina-resistenti nell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale:
una esperienza di prevenzione e contenimento

R. Loss1, M. Lopez1, S. Tortora1, E. Pagani2, R. Aschbacher2,
D. Gianotti
3, F. Menzato3, A. Staffler3

1Servizio di igiene ospedaliera, Direzione medica, 3Divisione di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale,2Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Ospedale centrale di Bolzano

Introduzione. Enterococchi resistenti alla vancomicina (VRE) sono importanti patogeni responsabili di colonizzazioni e infezioni correlate all’assistenza. I neonati ricoverati in unità di terapia intensiva neonatale (TIN) sono maggiormente suscettibili a colonizzazione e infezione da VRE per fattori di rischio, quali: prematurità, immaturità del sistema immunitario o somministrazione a lungo termine di antibiotici ad ampio spettro. Di seguito vengono descritte le misure adottate per contenere due cluster di casi di colonizzazioni da Enterococcus faecium VRE in una TIN, occorsi tra marzo e maggio 2023 nell’ospedale Regionale di Bolzano. La TIN è l’unica di tutta la provincia e dispone di 22 posti letto totali, di cui 7 di terapia intensiva, 13 di terapia subintensiva e 2 ordinari. Metodi. Lo screening per VRE è stato eseguito su tampone rettale e naso-faringeo (Copan eSwap), strisciando i tamponi su piastre cromogene Brilliance VRE AGAR (Thermo Fisher) e incubandole per 24 ore a 37˚C in aerobiosi. Colonie sospette sono state identificate con MALDI-Tof (Bruker Diagnostics) e l’antibiogramma è stato eseguito con Vitek 2 (card AST-P658). I controlli microbiologici su superfici e macchinari sono stati eseguiti utilizzando dei tamponi strisciati sulle stesse piastre cromogene. Risultati. Nel periodo osservato sono stati riscontrati 36 neonati risultati positivi allo screening per Enterococcus faecium VRE, con fenotipo VanA (per un isolato conferma molecolare con GeneXpert vanA/vanB, Cepheid), in due cluster differenti, con una distanza di circa 1 mese l’uno dall’altro. Nessun neonato è stato trovato positivo per Enterococcus faecalis VRE. Entrambi i focolai sono stati immediatamente gestiti con interventi attivi, tra cui l’adozione di precauzioni per un isolamento da contatto (guanti e camice), materiale dedicato per ogni paziente colonizzato o in attesa di referto (incluso il tiralatte) e una rigorosa igiene delle mani. Tutti i pazienti ricoverati sono stati sottoposti a screening di ingresso e con frequenza settimanale. Un neonato ha sviluppato una sepsi correlata a VRE, non sono stati registrati decessi. Durante il periodo osservato, è stata monitorata costantemente l’adesione all’igiene delle mani degli operatori per un totale di 102 osservazioni. Sono stati eseguiti 57 controlli microbiologici su superfici e macchinari, risultati tutti negativi. Sono state rafforzate le pulizie di tutti gli ambienti, incrementando i turni del personale della ditta di pulizia e fornendo loro una formazione specifica. È stata inoltre revisionata la procedura relativa alla pulizia e disinfezione delle incubatrici, termoculle e lettini. Con il secondo cluster, l’isolamento da contatto è stato esteso anche ai neonati negativi, è stato sospeso l’utilizzo delle sale comuni a tutti i genitori ed introdotto l’utilizzo di coprisonda monouso e la disinfezione quotidiana per gli strumenti ecografici. È stata inoltre prevista la sterilizzazione in termodisinfettore dei succhietti. I genitori sono stati educati alle misure igieniche di isolamento e alla corretta igiene delle mani da parte del personale di reparto e i loro comportamenti sono stati monitorati durante i sopralluoghi. Non è stata possibile la chiusura del reparto a nuovi ricoveri essendo l’unica TIN provinciale, non sempre è stato garantito personale infermieristico dedicato per i pazienti isolati, né è stato eseguito uno screening sul personale. Conclusioni. Nella nostra esperienza l’insieme degli interventi attuati, come screening di ingresso e settimanale, l’adozione di rigide misure di igiene e di isolamento, non sono stati sufficienti per contenere il focolaio, in quanto persistono ancora casi di positività. Resta da valutare se, in aggiunta al bundle di interventi già implementato, possono essere indicati provvedimenti più incisivi come la limitazione dei ricoveri o la chiusura temporanea del reparto.


P27.

Nudge e prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza: un’esperienza proattiva di miglioramento presso un reparto di medicina interna dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze

M. Grazzini1, E. Mantengoli2, D. Paolini1, A. Petrioli3, G. Gallo3,
L. Menicacci
3, G. Tantulli3, G. Bonaccorsi4, G. Galletti5,
F. Ierardi
5, B. Dannaoui6, F. Niccolini1

1AOU Careggi, Igiene e Organizzazione Ospedaliera, 2AOU Careggi, Malattie Infettive e Tropicali, 3AOU Careggi, Medicina Interna 2, 4Università di Firenze, Dip. Scienze della Salute, 5Agenzia Regionale Sanità Toscana,
6AOU Careggi, Informatizzazione Processi Sanitari, Firenze

Introduzione. L’intervento nudge è una spinta gentile che indirizza il comportamento dell’individuo verso azioni ritenute socialmente desiderabili, senza però limitarne la libertà decisionale; agisce modificando il contesto decisionale, al fine di rendere la scelta socialmente facile, attrattiva, rilevante e tempestiva. Gli interventi nudge sono stati introdotti nel campo sanitario per contribuire alla promozione di comportamenti desiderabili. Gli operatori sanitari dell’unità di Medicina Interna 2 dell’AOU Careggi, in maniera proattiva, hanno proposto alla Direzione Sanitaria di organizzare un percorso di ottimizzazione delle misure di prevenzione e controllo infezioni (IPC) applicate nel loro reparto. Metodi. Le tecniche nudge sono state applicate con il supporto dei professionisti di comunicazione e scienze comportamentali dell’Agenzia Regionale di Sanità Toscana (ARS). Durante il kick-off meeting, organizzato con tutto il personale di reparto, è stata effettuata l’analisi dei dati di monitoraggio relativi all’adesione alle misure di IPC e sono stati individuati i punti di forza e di debolezza suscettibili di miglioramento. Sono state identificate 5 aree tematiche, ognuna delle quali è stata assegnata ad un gruppo di lavoro multidisciplinare e multiprofessionale composto da medico, infermiere e OSS del reparto, da medici afferenti al settore Controllo Infezioni della Direzione Sanitaria e da personale ARS. Ogni gruppo ha individuato e prodotto specifiche azioni di miglioramento nell’ambito affidato. I risultati conseguiti dai diversi gruppi sono stati condivisi con tutti gli operatori dell’unità coinvolta. Risultati. Output dei 5 gruppi di lavoro. Gruppo 1: redazione e condivisione di un’istruzione di lavoro in cui sono state definite in dettaglio le modalità operative e le responsabilità del personale di reparto rispetto alla gestione dei pazienti colonizzati/infetti. Gruppo 2: revisione della check-list aziendale per l’allestimento dell’isolamento per i pazienti colonizzati/infetti e creazione de novo di una check-list per l’isolamento protettivo di pazienti immunodepressi. Le due check-list sono state rese disponibili nella cartella informatizzata. Gruppo 3: analisi SWOT di vantaggi e svantaggi dell’isolamento di coorte nello specifico contesto di reparto ed avanzamento proposte per incrementarne l’utilizzo. Gruppo 4: revisione del layout logistico di reparto per facilitare il reperimento tempestivo degli strumenti e dei dispositivi necessari all’assistenza dei pazienti isolati. Gruppo 5: revisione dell’informativa da consegnare ai pazienti colonizzati/infetti da germi multiresistenti. Dopo valutazione dell’informativa in uso presso altre strutture sanitarie regionali e nazionali, i professionisti hanno individuato e categorizzato le informazioni chiave e ne hanno valutato la rilevanza mediante scala Likert. Gli items con punteggio maggiore sono stati utilizzati per stilare la nuova informativa, la cui versione finale è stata riesaminata dagli esperti di comunicazione di ARS e dal gruppo esperto in “Health Literacy” del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Firenze. L’informativa aggiornata è stata inserita nella cartella informatizzata, è stata, inoltre, implementata una funzione per tracciare l’avvenuta consegna del modulo. Conclusioni. L’iniziativa intrapresa rappresenta un concreto contributo volto a potenziare nella pratica quotidiana l’applicazione delle corrette misure di IPC e ad ottimizzare gli strumenti disponibili in tale ambito. L’esperienza, nonostante sia stata realizzata in un contesto specifico, ha offerto l’occasione di rivedere strumenti di interesse aziendale, avendo delle ripercussioni più ampie su tutto il contesto ospedaliero e rappresentando un esempio virtuoso per altre realtà che volessero intraprendere percorsi simili.


P28.

Gestione di un cluster di enterobatteri ndm in una struttura residenziale territoriale

N. Marcatelli1, G. Canova2, C. Ciacci2, M. Ciotti1, M. Leopardi1,
A. Pazzini
1, L. Savegnago1

1Rischio Infettivo Ausl Romagna ambito Rimini, 2Anziani e Disabili Ausl Romagna

Introduzione. Negli ultimi anni la diffusione degli enterobatteri resistenti ai carbapenemi (CRE) è diventata una delle principali minacce per la salute pubblica. Vari studi evidenziano la presenza di CRE anche tra gli ospiti delle long term-care facility. Essi sono una popolazione a rischio di infezioni da MDRO (Organismi Multifarmaco Resistenti) a causa di cronicità e comorbilità. Descriviamo l’adozione di strategie di controllo e prevenzione del rischio infettivo all’interno di una struttura residenziale per anziani (CRA) al fine di contenere e ridurre la diffusione del cluster CRE. Metodi. La CRA è sita a Bellaria Igea Marina. È stata aperta il 26/03/2020, con un nucleo per utenti parzialmente autosufficienti positivi Covid-19 (20 posti) dimessi dall’ospedale e un nucleo quarantena (16 posti). In data 20/07/2020 ha aperto posti residenziali accreditati. La struttura è suddivisa in 2 nuclei separati tra loro da un salone centrale. Tra il 26/08/22 e il 02/09/22 lo screening ospedaliero ha intercettato 3 pazienti portatori di Klebsiella pneumoniae New Delhi metallo beta-lattamasi (KP-NDM) tutti provenienti dalla stessa CRA. Il Rischio Infettivo (RI) ha programmato la sorveglianza attiva attraverso tamponi rettali ogni 7 giorni a tutti i residenti non colonizzati per un mese riscontrando diverse positività di KP-NDM e Escherichia coli-NDM (EC-NDM), e successivamente ogni 30 giorni fino a maggio 2023 con richiesta di screening anche a tutti i nuovi ingressi. In concomitanza sono stati effettuati dal RI 8 sopralluoghi nel 2022 e 4 nel 2023 per il monitoraggio diretto e la formazione sul campo delle buone pratiche di rischio infettivo a tutto il personale che effettua attività assistenziale diretta, chiedendo la predisposizione dell’isolamento in coorting dei positivi, igiene delle mani, corretto utilizzo dei DPI, disinfezione dell’ambiente e delle attrezzature e materiale dedicato. Il RI a novembre ha svolto un ulteriore corso a 3 referenti della CRA per diventare osservatori dell’adesione all’igiene delle mani tramite scheda dell’Organizzazione Mondiale Sanità; l’obiettivo era mantenere il monitoraggio e la formazione a cascata agli altri operatori sulla base di un pacchetto formativo predisposto dal RI. Il personale referente della CRA ha elaborato insieme al RI strumenti/ check-list per il monitoraggio delle buone pratiche composta da 21 item inerenti le precauzioni standard e aggiuntive per contatto, che guida nel monitoraggio su campo. Risultati. Alla fine del 2022 dagli screening effettuati sono risultati un totale di 47 ospiti positivi KP-NDM ed EC-NDM su 68 ospiti residenti (69%) di cui: 44 colonizzazioni intestinali da KP-NDM, 1 colonizzazione intestinale da EC-NDM, 1 colonizzazione intestinale da KP e EC NDM, 1 ospite ha presentato solo infezione delle vie urinarie (IVU) da KP NDM con tampone rettale negativo. Un’ospite colonizzata da KP-NDM ha sviluppato in seguito IVU. Il numero dei positivi con il tempo si è ridotto fino ad arrivare nel mese di marzo 2023 a 7 casi di positività. Non si è verificato nessun ulteriore caso di infezione. Il 15/06/23 gli ospiti positivi intestinali si sono ridotti ulteriormente a 2 su 68 ospiti residenti. Una delle due ospiti rimaste positive é fra le prime riscontrate colonizzate. Durante gli ultimi sopralluoghi di monitoraggio gli operatori hanno dimostrato una sempre maggiore adesione alle misure di prevenzione del rischio infettivo. Conclusioni. La sorveglianza dei CRE all’ingresso in ospedale ha permesso l’intercettazione del cluster verificatosi nella CRA. Si ipotizza che gli interventi di supporto formativo sulle buone pratiche, la programmazione di screening all’ingresso per i nuovi ospiti e i controlli periodici, con la modifica dell’attività assistenziale svolta in CRA, abbiano permesso di contenere la diffusione del cluster. Sono necessari ulteriori approfondimenti sulle migliori ed efficaci strategie di prevenzione e gestione dei CRE nelle strutture residenziali per anziani sul territorio italiano.



P29.

Andamento delle contaminazioni da Legionella spp. nell’impianto idrico di un grande ospedale nel periodo 2016-2023: gestione di una criticità nella transizione
da monoclorammina a biossido di cloro

L. Covolo1, D. Tomasoni2, M. Bersini3, A. Abondio4,
L. Martella
4, C. Blesio2, A. Scalmati2, M. Lorenzoni2,
F. Crivillaro
2, G. Piccioni2, G. Toninelli2, C. Rossi5

1Sezione di Scienze Umane e Sanità Pubblica, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, 2Direzione Medica ASST Spedali Civili, Brescia, 3Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Brescia, Brescia, 4Scuola di Specialità in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Brescia, Brescia, 5Direzione Sanitaria, ASST Spedali Civili – Brescia, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia - Direzione Medica ASST Spedali Civili, Brescia

Introduzione. Il sistema idrico delle strutture sanitarie e in particolare quello dei grandi ospedali rappresenta un importante fattore di rischio per le contaminazioni da Legionella spp. La legionellosi è annoverata tra le infezioni correlate all’assistenza e rappresenta un potenziale rischio per i pazienti assistiti negli ospedali. L’applicazione di un rigido sistema di sorveglianza diventa pertanto cruciale ai fini della prevenzione e controllo di eventuali contaminazioni. Lo scopo dello studio è stato analizzare l’andamento temporale degli esiti dei campionamenti effettuati nell’arco di circa 6 anni e la gestione delle contaminazioni per valutare l’efficacia delle azioni di miglioramento finalizzate all’eliminazione della Legionella spp. ove presente. Metodi. Sono stati raccolti gli esiti dei campionamenti ordinari effettuati da gennaio 2016 ad aprile 2023 presso il presidio ospedaliero ASST Civili di Brescia. I campioni sono stati analizzati secondo le linee guida nazionali. Si sono considerati positivi i campioni che superavano il limite di 100 cfu/L. Nel calcolo della prevalenza sono stati considerati i punti campione positivi la prima volta e sono stati quindi esclusi i ricampionamenti degli stessi punti per controllo. Risultati. In totale sono stati analizzati 1.676 campioni di acqua calda nel periodo considerato. Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 è stato modificato il sistema di trattamento in continuo delle reti idriche dell’ospedale che ha visto l’impiego del biossido di cloro al posto della monocloramina. Contestualmente, si è osservato che la percentuale di campioni positivi per Legionella spp. ha avuto un netto incremento nel 2020 rispetto al 2019 (40% vs 1,7%, p<0,0001), con una percentuale di campioni con concentrazione > 10.000 ufc/L pari al 60,3%. L’aumento delle positività per Legionella è stato riscontrato in modo pressoché uniforme nei vari padiglioni. In seguito all’avvio delle misure di bonifica ambientale mediante iperclorazione si è osservata globalmente una diminuzione delle positività fino a rilevare una positività totale del 33,9% nel 2021 e del 17,7% nel 2022. I campionamenti effettuati da gennaio ad aprile 2023 hanno evidenziato una positività nel 3,6% dei casi, evidenziando un netto calo delle contaminazioni da Legionella spp. Non è stato notificato alcun caso di Legionellosi nosocomiale nel periodo dello studio. Conclusioni. Nel sistema idrico ospedaliero è stata evidenziata una diffusa colonizzazione da Legionella spp a partire dal 2020, probabilmente attribuibile alla modifica del sistema di trattamento di clorazione in continuo della rete idrica dell’ospedale, e che tuttavia è stata gestita efficacemente grazie alle misure di contenimento adottate. Si conferma quindi che la sorveglianza continua della rete idrica presso la struttura ospedaliera costituisce un importante mezzo di controllo delle ICA, necessario per predisporre adeguati interventi di manutenzione e disinfezione.


P30.

Focolaio di Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi nell’unità di neuroriabilitazione dell’Azienda Unità Sanitaria Locale (Ausl) di Piacenza: analisi Whole Genome Sequencing a supporto dell’indagine epidemiologica

M.G. Silvotti1, B. Zerbi1, F. Federici1, G. Tocci2, G. Lo Cascio2,
S. Galante
3

1UO Igiene Ospedaliera - Direzione Medica, 2UO Microbiologia, 3Dipartimento medicina riabilitativa, UO neuroriabilitazione, Ausl di Piacenza

Introduzione. La resistenza ai carbapenemi è in espansione a livello mondiale e Klebsiella pneumoniae (Kp) è endemica in Italia. In Emilia Romagna è attivo un sistema di sorveglianza per la ricerca di CRE mediante tampone rettale di screening, con indicazioni specifiche per le Unità di Riabilitazione dove i ricoverati presentano multipli fattori di rischio. L’obiettivo del lavoro è stato valutare la correlazione tra l’analisi genomica retrospettiva e l’indagine epidemiologica nello studio di un focolaio ospedaliero di Kp carbapenemasi produttrice (KPC-Kp) nell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Ausl di Piacenza. Metodi. Da gennaio a ottobre 2022 nell’Unità di Neuroriabilitazione sono stati isolati 20 ceppi di KPC-Kp da tampone rettale di screening o da campione clinico. Da agosto a settembre in seguito al rilevamento del focolaio di KPC-Kp sono state implementate le misure di contenimento e le precauzioni da contatto in tutto il reparto, la formazione del personale e le procedure di sanificazione. È stata eseguita una dettagliata indagine epidemiologica per identificare le possibili cause della diffusione ed è stata richiesta un’analisi genomica retrospettiva sui 20 isolati da pazienti diversi (Whole Genome Sequencing - WGS) per determinare il Sequence type (ST). Per gli isolati con stesso ST si è valutata la clonalità mediante analisi dei single nucleotide polymorphism (SNPs). Risultati. L’indagine epidemiologica ha rilevato da gennaio a luglio 5 casi di colonizzazione o infezione di KPC-Kp: 4 al momento del ricovero e 1 durante la degenza ospedaliera. Da agosto a settembre sono stati rilevati 13 pazienti colonizzati o infetti: 2 pazienti al momento del ricovero e 11 pazienti con colonizzazione o infezione acquisita durante il ricovero, tutti con profilo fenotipico KPC-Kp. I pazienti coinvolti erano spesso totalmente dipendenti dalle cure del personale e provenivano da lunghe degenze precedenti. L’indagine epidemiologica è terminata a dicembre, rilevando ad ottobre solo 2 ulteriori pazienti colonizzati, di cui 1 al momento del ricovero. In 3 casi l’analisi epidemiologica non ha chiarito se si trattasse di contatto di caso e quindi di possibile infezione correlata all’assistenza, o di colonizzato pre-ricovero. A sua volta la tipizzazione molecolare ha rilevato la presenza di 2 principali Sequence Type (ST), ST307 e ST716 responsabili di 3 cluster contemporanei, e di 4 ST singoli. La correlazione fra i dati epidemiologici e quelli di tipizzazione genomica ha confermato in 14 casi il trasferimento del ceppo fra paziente indice e contatto, e ha rilevato 6 colonizzazioni o infezioni non correlabili al focolaio. Conclusioni. L’analisi filogenetica mediante WGS ha ormai basi solide in vari studi riportati in letteratura. In questo studio il confronto tra indagine epidemiologica e analisi molecolare e filogenetica ha confermato i casi non epidemiologicamente correlati (positivi al momento del ricovero o temporalmente separati) e ha chiarito la corrispondenza nei casi epidemiologicamente dubbi. Inoltre in 3 dei casi epidemiologicamente correlati è emersa la corretta via di trasmissione in quanto il WGS li ha correlati al reale caso indice con stesso ST. Questo lavoro evidenzia che per stabilire più precisamente i link epidemiologici nei casi di sospetto outbreak ospedaliero è quindi necessaria la combinazione di indagine epidemiologica e metodi di tipizzazione WGS, che rappresentano uno strumento efficace a supporto dei metodi epidemiologici tradizionali. Si auspica la diffusione di tali tecnologie per ridurre i costi e implementarne l’uso nei sistemi di sorveglianza.


P31.

Confronto tra due test molecolari multiplex real-time PCR e metodo tradizionale colturale per la ricerca di geni di resistenza carbapenemasi e vana/b su tamponi rettali

R.J. Leali1, F. Cardullo1, A. Zignoli1, A. Zanella2, R. Grillone2,
M. Pegoraro
2, L. Bragagnolo2, F. Onelia2, I. Cerbaro2,
M. Pascarella
2, S. Mondino3, M. Rassu2, R. Cazzaro4

1Scuola di Specializzazione Microbiologia e Virologia Università degli Studi di Padova, 2UOC Microbiologia e Virologia, Ulss 8 Berica Ospedale San Bortolo, Vicenza, 3Direzione medica ospedaliera, Ulss 8 Berica Ospedale San Bortolo, Vicenza, 4Direzione Sanitaria, Ulss 8 Berica Ospedale San Bortolo, Vicenza

Introduzione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “la resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi rappresenta un problema sempre più grave per la salute pubblica”. I germi multi resistenti possono colonizzare l’organismo umano e provocare infezioni gravi per le quali talvolta è difficile trovare una terapia efficace dovuta alla presenza, da parte di questi microrganismi, di geni responsabili di resistenze antibiotiche. Risulta importante quindi procedere con una diagnosi rapida al fine di limitare la diffusione di questi microrganismi. A questo scopo abbiamo sperimentato un percorso diagnostico più rapido attraverso un confronto di due test molecolari basati su piattaforma Real-Time PCR su tamponi rettali confrontandoli a loro volta con il metodo tradizionale che prevede la semina e la coltura dei tamponi rettali su terreni cromogeni specifici per Enterobatteri. Metodi. Sono stati raccolti randomicamente 116 tamponi rettali in E-Swab Copan provenienti dai vari reparti di degenza dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. Sono stati utilizzati due metodi molecolari, un primo test Seegene Allplex™ Entero-DR Assay che rileva ed identifica simultaneamente 8 geni responsabili di antibiotico resistenza: Crabapenemasi: NDM, KPC, OXA-48, VIM, IMP, Beta-Lattamasi a spettro esteso (ESBL): CTX-M, Vancomicina: VanA, VanB. Il secondo test molecolare CRE ELITe MGB® Kit ovvero un saggio qualitativo per la rilevazione del DNA dei geni per la resistenza agli antibiotici carbapenemici KPC, NDM, VIM, IMP, OXA-48-like delle Enterobacteriaceae in campioni di DNA estratto da tampone rettale. Per l’esame colturale è stata effettuata la semina dei medesimi tamponi rettali su terreni selettivi cromogeni specifici per Enterobacteriaceae. Risultati. I due metodi molecolari hanno ottenuto il 100% dei risultati sovrapponibili, sia per la rilevazione dei geni di resistenza identificati e sia per il risultato dei campioni negativi. Dal confronto dei due metodi molecolari con il metodo colturale standard è emersa invece una concordanza di 78 campioni (67,2%) dei quali rispettivamente 9 VRE, 7 KPC, 1 NDM e 61 negativi. I 38 campioni discordanti (32,8%), hanno ottenuto un esito negativo con il metodo colturale, mentre con entrambi i test molecolari sono emersi 26 campioni con gene di resistenza VanB e 12 campioni VanA. Inoltre due campioni che sono risultati concordanti tra la coltura e i test molecolari per il gene KPC, hanno però rilevato, con i test molecolari, la presenza di un ulteriore gene di resistenza oltre al KPC. Un paziente presentava il gene KPC + VanA e l’altro paziente il gene KPC + VanB. Conclusioni. Dall’analisi preliminare dei dati ottenuti, si evince che entrambi i test molecolari delle due case produttrici hanno dimostrato una sovrapponibilità dei risultati e una maggiore sensibilità rispetto al metodo colturale tradizionale. Inoltre il metodo colturale non ha permesso di identificare la doppia resistenza KPC + VanA per un paziente e KPC + VanB per il secondo paziente, ma solo la resistenza per KPC. Dunque, da questo studio possiamo evincere che l’implementazione in routine del saggio molecolare per l’identificazione dei geni di resistenza per i tamponi di sorveglianza porterebbe alla diminuzione notevole del Tourn around time (TAT) da 3/5 giorni a 4 ore e un aumento della sensibilità diagnostica.


P32.

Alluvione e rischio infettivo, prime considerazioni

U. Carioli, A. Amadori, C. Biagetti, S. Alvisi, M. Malavolti,
M. Farina, C. D’Angeli, V. Vujasin, N. Marcatelli, M. Leopardi,
L. Savegnago, A. Pazzini, M. Ciotti, V. Magnani, S. Cedioli,
M. Minghetti, R. Brunelli, M. Corda, E. Prati, R. Angelini,
G. Silvestrini, P. Tatarelli, E. Vanino, M.C. Silvani, G. Rametta,
M. Marabini, R. Mazzoni, M. Taglioni, F. Bravi

Ausl Romagna

Introduzione. Le alluvioni rappresentano i più frequenti disastri naturali e la maggior parte del territorio italiano è esposto ad un elevato rischio idrogeologico. I recenti avvenimenti che hanno colpito l’Emilia-Romagna hanno messo in evidenza la fragilità del territorio e la necessità di forte collaborazione tra le istituzioni. A seguito di un’intensa perturbazione nel mese di maggio 2023 (3-4 e 16-17), il territorio dell’Ausl Romagna è stato interessato da due alluvioni, la seconda quattro volte superiore per intensità; 23 fiumi e torrenti hanno straripato con gravi conseguenze alle strutture civili, industriali, e agricole. L’Ausl assiste 1.125.000 utenti in un’area di 5.000 km2. L’alluvione ha interessato l’attività sanitaria pubblica e privata di tutto il territorio, in particolare i Presidi Ospedalieri (PO) e le strutture intermedie dei distretti di Ravenna, Faenza e Lugo. La commistione tra acque reflue, fognarie, meteoriche e carcasse di animali morti ha aumentato il rischio di proliferazione di microrganismi potenzialmente responsabili di patologie gastrointestinali, infezioni cutanee, respiratorie, oculari, otiti e infezioni trasmesse da puntura di zanzara e altri vettori. L’obiettivo di questo lavoro è quello di identificare e gestire il rischio infettivo nel contesto di una emergenza idrogeologica eccezionale in un’area vasta, densamente popolata. Metodi. Il Dipartimento di Sanità Pubblica (DSP) ha redatto un vademecum con norme comportamentali in condizioni di sovraffollamento e norme per il contatto con l’acqua contaminata; dal 24/5 al 8/6 ha avviato una campagna vaccinale straordinaria rivolta alle persone colpite dall’alluvione e ai volontari; ha svolto attività di sorveglianza igienico sanitaria nei centri di accoglienza; ha gestito le carcasse di animali, le analisi delle acque potabili e costiere. Le prestazioni sanitarie non urgenti sono state sospese dal 18 al 24/05 per garantire l’assistenza alle persone fragili attraverso la ricognizione di posti letto, sia all’interno che all’esterno dell’azienda, coordinato dal servizio di Bed Management. Il Dipartimento di Cure Primarie (DCP) ha avviato una sorveglianza sindromica coinvolgendo la rete dei Medici Sentinella per la segnalazione di sindromi gastrointestinali, respiratorie, infezioni cutanee, otiti e congiuntiviti. Risultati. DSP: il vademecum è stato ripreso e sottoscritto dalla Regione e dal Ministero della Salute. La campagna vaccinale di richiamo ha registrato l’esecuzione di 10.353 richiami per il tetano e di 480 vaccinazioni per epatite A. Al 24 maggio 14.161 persone erano evacuate di cui 1.116 accolte nei centri di accoglienza dove è stata garantita la sorveglianza igienico-sanitaria. Per la tutela del territorio il DSP ha gestito le carcasse degli animali coinvolti e si è occupato delle analisi sulle acque potabili. Il divieto di balneazione ha interessato tratti di costa adriatica con il pieno ripristino il 15/6. Pronto Soccorso: 3 casi (2 a Ravenna e 1 a Rimini) di infezione invasiva da Vibrio spp. non colerici a partenza dai tessuti molli, in pazienti fragili e pluripatologici. Accoglienza della popolazione fragile presso PO: - Ravenna: 96 persone assistite / 545 giornate di degenza, - Faenza: 45 persone assistite / 265 giornate di degenza, -Lugo: 52 persone assistite / 276 giornate di degenza. Accoglienza della popolazione fragile presso Strutture Socio-Assistenziali: - Ravenna: 28 strutture e 173 assistiti, -Faenza: 9 strutture e 40 assistiti, - Lugo: 21 strutture e 93 assistiti. Supporto ottenuto da altre Ausl: - Imola: 7 strutture e 16 assistiti, - Ferrara: 7 strutture e 15 assistiti. DCP: al 29/6 la rete di medici sentinella non ha segnalato casi. Conclusioni. L’attivazione precoce della macchina dei soccorsi e l’approccio multidisciplinare all’emergenza dei diversi dipartimenti aziendali (PO, DSP, DCP) assieme alle istituzioni civili, ha consentito di valutare il rischio infettivo su più livelli: umano, animale e ambientale. I singoli casi di Vibrio spp. saranno da confrontare con l’epidemiologia degli anni precedenti. Grazie alle azioni messe in campo è stato possibile governare il rischio infettivo evitando, al momento, l’insorgenza di focolai di patologie correlate.



P33.

Colonizzazione da microrganismi multi-resistenti (MDR) negli ospiti della Casa Residenza per Anziani: esperienza dell’Azienda Unità Sanitaria Locale (Ausl)
di Piacenza

M.G. Silvotti1, G. Tocci2, V. Lepera2, L. La Vergata2,
A. Zappavigna
2, F. Federici1, B. Zerbi1, C. Cordini2, C. Gorrini2,
C. Reboli
2, R. Schiavo2, S. Bottinelli3, B. Marchionni1,
M. Ferrari
4, R. Migliavacca5, G. Lo Cascio2

1Ausl Piacenza, Direzione Medica - UO Igiene Ospedaliera, 2Ausl Piacenza, Dipartimento di Patologia clinica - UO Microbiologia, 3Casa Residenza Anziani Vittorio Emanuele II, Piacenza, 4Casa Residenza Anziani San Giuseppe, Piacenza, 5Università di Pavia, Dipartimento SCCDP - Unità di Microbiologia e Microbiologia clinica

Introduzione. La colonizzazione e l’infezione da microrganismi MDR sono ormai un problema noto per gli ospedali e determinano aumentata mortalità e morbilità. Gli ospiti delle CRA (Casa Residenza per Anziani) hanno un rischio di essere colonizzati da “microorganismi multi drug resistant” (MDRO) sovrapponibile a quello dei pazienti ospedalizzati. Inoltre, a causa di frequenti ricoveri in ospedale è favorita la diffusione di microorganismi MDR. L’obiettivo di questo studio è stato valutare la prevalenza di colonizzazione da MDR negli ospiti di 2 CRA convenzionate con l’Ausl di Piacenza e in ospiti lungodegenti che presentavano gravi cerebrolesioni acquisite (GCA). Metodi. Sono stati arruolati 118 ospiti, di cui 24 GCA. Per ciascun ospite sono stati eseguiti 3 tamponi, 1 inguinale, 1 rettale e 1 nasale. Per ciascun tampone sono stati ricercati: Enterobatteri produttori di betalattamasi a spettro allargato (ESBL) o di carbapenemasi (CPE), Acinetobacter baumannii e Pseudomonas aeruginosa resistenti ai carbapenemi (CRPA) o produttori di carbapenemasi, Enterococchi resistenti alla vancomicina (VRE). Solo nel tampone nasale è stato ricercato anche Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA). Lo screening di sorveglianza attiva è stato effettuato seguendo le linee guida regionali. Risultati. I soggetti colonizzati da almeno un MDRO sono stati 71 su 118 ospiti per un tasso di colonizzazione pari al 60,1%. I tamponi positivi per uno o più MDRO presentavano i seguenti fenotipi: 57,6% ESBL, 6,8% A. baumannii MDR, 1,7% CRPA, 9,3% MRSA, 4,2% VRE, 8,5% CPE. Gli ospiti risultati colonizzati da due o più Enterobatteriaceae di tipo ESBL nel medesimo distretto sono stati il 20,4% ed il batterio isolato con maggior frequenza è risultato essere E. coli al 71,4%. Le percentuali di positività sono state: 54,2% per il tampone rettale, 22,8% per il tampone nasale e 51,7% per il tampone inguinale. Gli ospiti GCA partecipanti sono risultati colonizzati nel 91,6% dei casi, e l’83,3% presentava almeno due MDRO diversi. Il tampone inguinale ed il tampone rettale risultano sovrapponibili sia in percentuale di colonizzazione che per fenotipi MDRO riscontrati. Conclusioni. Le CRA si confermano strutture assistenziali con profilo epidemiologico simile a quello ospedaliero. Tuttavia alcune delle misure di controllo non possono essere facilmente implementate: l’isolamento può essere impraticabile e le strategie di gestione antimicrobica, la formazione e l’applicazione delle linee guida richiedono tempo e personale dedicato. Inoltre la gestione delle pratiche assistenziali ha dei costi elevati. Alla luce di quanto riscontrato negli ospiti GCA, si potrebbe suggerire lo screening specificatamente agli assistiti ad alto rischio di infezione, considerando i batteri multiresistenti più rilevanti. Si potrebbe anche valutare la possibilità di potenziare specifiche attività di sorveglianza nelle CRA, contribuendo a fornire indicazioni sulla sostenibilità di un sistema di sorveglianza dei MDRO continuativo, così come delle infezioni in corso. L’implementazione del team di infection control e di stewardship antibiotica potrebbero essere ancora una volta la strategia vincente per arginare la diffusione dei batteri multiresistenti anche in questa tipologia di setting assistenziale.


P34.

Prevenzione della aspergillosi invasiva nosocomiale in corso di demolizione di un fabbricato posto all’interno di un policlinico a padiglioni

M. Ialonardi1, M. Falato2, R. Belgiovine1, L. Toselli1, S. Potenza1,
L. Appiciutoli
1, D. Mosci1

1IRCSS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant’Orsola, Direzione Sanitaria, Igiene Ospedaliera e Prevenzione, 2Università degli Studi di Bologna, DIBINEM, Scuola di Specialità in Igiene e Medicina preventiva

Introduzione. La letteratura è concorde nel considerare le attività edili, quali la demolizione, lo scavo, l’edificazione di nuovi fabbricati o la loro ristrutturazione potenzialmente associate ad aspergillosi invasiva (AI) nosocomiale. Questo rischio è particolarmente elevato nei pazienti immunocompromessi. Presso l’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna costituito da 29 padiglioni, da ottobre 2022 sono stati avviati i lavori di demolizione del padiglione 7, Malattie del metabolismo, collocato tra il padiglione 8 - Ematologia, il padiglione 4 - Ginecologia e Ostetricia, dove è collocata la Terapia intensiva Neonatale, e il padiglione 6 - Malattie Infettive e Tropicali. Il presente lavoro documenta le attività realizzate in corso di demolizione e i risultati in termini di incidenza di AI nosocomiale. Metodi. In accordo con linee guida correnti è stata effettuata una valutazione del rischio in funzione delle caratteristiche cliniche dei pazienti potenzialmente esposti e dell’entità dello spandimento di polveri, legate all’opera di demolizione e, conseguentemente, individuati gli interventi per il contenimento delle stesse. Prima dell’avvio del cantiere sono state attivamente coinvolte le Direzioni delle Cliniche interessate, e le Direzioni trasversali per competenza, tecnica, di logistica, gestione appalti e pulizia, per definire e concordare l’attuazione degli interventi che sono di seguito descritti. Per la valutazione della mobility e del trasporto di beni e persone, si sono svolti sopralluoghi finalizzati a definire e validare i percorsi di accesso alle strutture limitrofe da parte dei pazienti e degli utenti. Le attività di contenimento della polvere generata dal cantiere sono state realizzate tramite: una impalcatura su tre lati dell’edificio che conteneva fisicamente le polveri, un sistema di irrigazione diffuso lungo le pareti della impalcatura per bagnare i muri perimetrali dell’edificio oggetto di demolizione e nebulizzatori attivi a protezione dei padiglioni 4 e 8. Inoltre, ad ulteriore garanzia, un getto d’acqua era posizionato direttamente sulla pinza demolitrice e idranti gestiti da operatori bagnavano i detriti in caduta. Per quanto riguarda le pulizie, sono state incrementate le frequenze, in particolare negli atri dei padiglioni affacciati sull’area di cantiere. Al fine di evitare l’accidentale apertura delle finestre nelle Unità Operative e Servizi in diretto affaccio sul cantiere sono state realizzate delle sigillature esterne, mediante posa di telai in legno e foglio di nylon mantenute in sede fino al termine ultimo della demolizione. Per quanto riguarda gli impianti aeraulici dei padiglioni interessati sono state coperte le unità di trattamento aria, che sono state controllate quindicinalmente dalla ditta incaricata. Per tutta la durata del cantiere è proseguita la sorveglianza sanitaria dei pazienti ricoverati, rispetto all’insorgenza di casi di AI nosocomiale. I campionamenti dell’aria sono programmati in accordo alle tempistiche previste dai Piani Qualità ed in funzione del verificarsi di casi di AI nosocomiale. Risultati. I lavori sono stati avviati il giorno 10 ottobre 2022 e sono terminati nel mese di gennaio 2023. Quotidianamente è stata monitorata l’applicazione delle misure antipolvere e nel caso di rilevazione di non conformità, sollecitata in modo tempestivo la adesione alle stesse. I campionamenti effettuati al temine della demolizione, non hanno rilevato presenza di carica ifomicetica. Per tutta la durata delle lavorazioni, non sono stati segnalati casi di AI nosocomiale nelle Unità Operative attigue alla sede di cantiere. Conclusioni. L’applicazione sistematica degli interventi per il contenimento delle polveri si è dimostrata una strategia efficace per la prevenzione della AI nosocomiale, nei pazienti ad alto rischio, in occasione delle attività di demolizione. Il monitoraggio continuo delle attività di contenimento delle polveri e l’attuazione tempestiva degli eventuali correttivi, il coordinamento tra i diversi attori coinvolti nelle attività di prevenzione e la realizzazione del cantiere durante i mesi freddi hanno costituito il fondamento della strategia realizzata.


P35.

Sorveglianza ambientale di Pseudomonas aeruginosa 
in un reparto di Terapia Intensiva Neonatale (TIN)

A. Santagata1, R. De Dona1, A. Lombardi2, V. Viccione1,
A. D’Amico
1, N. Samprati1, S. Manocchio1, M.T. Pilla1,
A. Pompei
1, G. Sansone1, E. Scattareggia1, C. Adesso1,
M.A. Di Palma
1, A. Natale1, F. Cannizzaro1, M.L. Sammarco2,
M. Tamburro
2, G. Ripabelli3

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V.Tiberio”, Campobasso, 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V.Tiberio”, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. La TIN ospita pazienti ad elevata fragilità, pertanto è necessario adottare ulteriori misure di prevenzione per il controllo delle infezioni (IPC), come un’accurata igiene delle mani ed ambientale, il cohorting dei neonati infetti e la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza (ICA). A seguito della segnalazione di casi di infezione da Pseudomonas aeruginosa tra neonati ricoverati nella TIN di un ospedale del centro Italia, è stata condotta una sorveglianza microbiologica ambientale per l’identificazione di potenziali resevoir. Metodi. Nel periodo compreso tra maggio ed agosto 2022, sono stati segnalati 11 isolamenti di P. aeruginosa multiresistente (36,4% da tampone faringeo, 18,2% sia da tampone nasale che oculare, 9,1% rispettivamente da tampone auricolare, catetere ombelicale e cannula orotracheale), con resistotipo simile, che hanno interessato un totale di 6 pazienti. Sono state effettuate indagini ambientali volte all’individuazione di possibili serbatoi ambientali e campionamenti seguendo la norma ISO 18593:2004+MP1035/R1, con l’uso di piastre da contatto RODAC (Replicate Organism Direct Agar Contact) e tamponi di superficie, campionando fasciatoi, vasche di lavaggio, lavabi, lavamani e termoculle. Per l’identificazione/isolamento di P. aeruginosa sono stati utilizzati terreni selettivi/differenziali e per la conta microbica totale mezzi di coltura non selettivi. Risultati. Sono stati individuate diverse criticità strutturali ed organizzative, in particolare relative ai lavabi per l’igiene delle mani e per la cura del neonato (profondità ridotta, rubinetteria manuale, presenza del troppopieno, ceramica danneggiata), nonché l’uso di soluzioni sanificanti per l’igiene ambientale a concentrazioni inadeguate ed igienizzanti per le mani con Clorexidina, principio attivo meno efficace sul microrganismo rispetto ai prodotti a base di alcol etilico. La conta microbica totale proveniente dalle superfici è risultata inferiore ai limiti di accettabilità di ≤ 50 UFC (Unità Formanti Colonie)/RODAC, secondo le linee guida dell’Istituto Italiano per la Sicurezza e la Prevenzione sul Lavoro. I campioni relativi ai tamponi dello scarico del sifone e del troppopieno del lavandino adiacente alla sala parto e dei lavandini presenti nella TIN hanno mostrato presenza di P. aeruginosa. Conclusioni. Le attività di sorveglianza hanno rivelato la presenza di un significativo serbatoio ambientale di P. aeruginosa, che ha probabilmente causato l’infezione nei neonati. Le criticità riscontrate hanno portato alla revisione delle procedure di igiene ambientale con potenziamento delle attività di sanificazione mediante prodotti a base di cloro e, laddove ritenuto necessario, disinfezione con perossido di idrogeno aerosolizzato. Inoltre, sono stati sostituiti i lavabi per l’igiene delle mani e dei neonati con modelli di più moderna concezione e tecnologicamente adatti alla riduzione del rischio infettivo correlato alle pratiche assistenziali (come assenza del troppopieno, adeguata profondità, rubinetteria a collo di cigno, alcuni con apertura a leva altri a sensore). Dopo questi interventi non sono stati notificati ulteriori isolamenti di P. aeruginosa in TIN. È bene sottolineare che la prevenzione delle ICA non è raggiungibile esclusivamente attraverso il controllo ambientale, bensì mediante un approccio basato su bundle, ovvero un insieme di più interventi incentrati sull’evidenza e rivolti ad un setting di cura specifico per paziente, che se applicati congiuntamente ed in modo adeguato migliorano la qualità e l’esito dei processi con un effetto superiore a quello che gli stessi determinerebbero se fossero attuati singolarmente.


P36.

La sorveglianza microbiologica dei broncoscopi nell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana

S. Bracaloni1, E. Esposito1, M. Scarpaci1, A. Ribechini2,
G. Gemignani
3, A. Baggiani1, B. Casini1

1Dipartimento di Ricerca Traslazionale N.T.M.C., Università di Pisa, Pisa, 2SOD Endoscopia toracica, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa, 3UO Organizzazione Servizi Ospedalieri, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa

Introduzione. Nel 2019 l’Emergency Care Research Institute ha posto l’attenzione sulle procedure di ricondizionamento degli endoscopi digestivi, inserendo queste ultime, se inadeguate, nella lista dei maggiori 10 rischi di salute correlati alla tecnologia sanitaria. La corretta esecuzione di queste procedure risulta importante anche per i broncoscopi, poiché questi strumenti sono stati associati alla trasmissione di microrganismi multi-farmaco resistenti (MDRs) e di micobatteri tubercolari (MTC) e non (NTM). Attraverso la sorveglianza microbiologica dei broncoscopi è possibile attuare una verifica dell’efficacia del processo di ricondizionamento e identificare quelli potenzialmente contaminati, per escluderli dall’utilizzo clinico. La metodica colturale è considerata il gold standard, nonostante la bassa sensibilità e, per alcune indagini, i lunghi tempi di refertazione, che comportano ritardi nella pratica clinica. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di verificare e migliorare la qualità della procedura di ricondizionamento dei broncoscopi, attraverso la sorveglianza regolare degli strumenti in dotazione alla Struttura Organizzativa Dipartimentale (SOD) di Endoscopia Toracica della nostra Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP), nonché, mediante l’introduzione di una nuova metodica molecolare, con l’identificazione precoce di MTC/NTM sui campioni prelevati da strumenti utilizzati su pazienti colonizzati/infetti. Metodi. A partire dal febbraio 2021 nella SOD di Endoscopia Toracica dell’AOUP la sorveglianza microbiologica è stata eseguita in maniera strutturata e periodica, prevedendo una cadenza trimestrale su tutti i broncoscopi e sulle macchine lava-disinfettatrici e semestrale sugli armadi di stoccaggio. Inoltre, sono stati sottoposti a sorveglianza i broncoscopi utilizzati su pazienti colonizzati/infetti da micobatteri. Su questi ultimi, il campione ottenuto mediante la tecnica “lavaggio-scovolinatura-lavaggio” è stato concentrato e suddiviso in tre aliquote: un’aliquota è stata analizzata mediante metodo colturale, una è stata sottoposta a Real-Time PCR ed un’altra è stata trattata con Propidium monoazide (PMA) per successiva Real-Time PCR. La regione amplificata era ITS1. Risultati. Nel 2021, 16 su 111 campioni (14%) sono risultati non conformi, a causa della presenza in particolare di Serratia marcescens, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa, mentre nel 2022 solo 1 campione su 72 (1%) è risultato non conforme, per presenza di Aspergillus spp. Infine, nella prima metà dell’anno 2023, su 39 campioni analizzati nessuno è risultato non conforme. I 19 broncoscopi usati su pazienti colonizzati/infetti da MTC/NTM sono risultati tutti negativi con i tre metodi utilizzati, confermando l’assenza di forme vitali e vitali non coltivabili. Tutti i campioni di acqua in ingresso e di risciacquo delle macchine lava-disinfettatrici, oltre ai campioni prelevati dalle superfici degli armadi di stoccaggio, sono risultati conformi. Conclusioni. L’introduzione della sorveglianza e la verifica della procedura di ricondizionamento hanno nettamente diminuito il riscontro di non conformità dei broncoscopi, migliorando la qualità del processo e la sicurezza del paziente. La sorveglianza microbiologica si dimostra uno strumento fondamentale nell’analisi di processo e nel controllo della trasmissione di infezioni crociate. I dati, sebbene preliminari, dimostrano che il metodo PMA Real-Time PCR può essere applicato alla sorveglianza microbiologica dei broncoscopi per la rilevazione rapida di MTC/NTM.



P37.

Studio pilota sulle buone pratiche di alta disinfezione dei dispositivi a rischio di contaminazione da HPV nelle aziende ospedaliero-universitarie pisana e senese

E. Esposito1, M. Scarpaci1, S. Bracaloni1, G. Guarducci3,
A. Baggiani
1, D. Lenzi2, B. Casini1

1Dipartimento di Ricerca Traslazionale N.T.M.C, Università di Pisa, Pisa, 2Direzione Sanitaria, Azienda ospedaliero-universitaria Senese, Siena, 3Scuola Post Laurea di Sanità Pubblica, Università di Siena, Siena

Introduzione. La trasmissione nosocomiale è stata individuata tra le potenziali modalità di trasmissione non sessuale del papilloma virus (HPV). Ciò è dovuto all’elevata resistenza del virus e alla sua persistenza nell’ambiente: è stato dimostrato che HPV mantiene il 30% della propria infettività anche dopo disidratazione, rimanendo attivo fino a 7 giorni nell’ambiente. Finora poche evidenze sono disponibili sulle possibili cause nosocomiali di infezione da HPV; una di queste è stata individuata nelle inadeguate pratiche di disinfezione dei dispositivi medici, quali sonde ecografiche intracavitarie e strumenti endoscopici. Il Center for Disease Control and Prevention (CDC) classifica questi strumenti come semi-critici, per i quali è necessaria l’alta disinfezione. Allo scopo di indagare le pratiche di alta disinfezione applicate a questi dispositivi è stata condotta un’indagine all’interno delle Aziende Ospedaliero-Universitarie Pisana (AOUP) e Senese (AOUS), come studio pilota per individuare le eventuali criticità nel processo. Metodi. Nel giugno 2023 sono stati inviati tre diversi questionari alle Unità Operative (UO) che utilizzano i sopracitati strumenti diagnostici a rischio di contaminazione da HPV. Hanno risposto al questionario complessivamente quattro UO di ginecologia ed ostetricia e due di otorinolaringoiatria (ORL) per entrambe le Aziende, una UO di Urologia e due UO di Cardiologia per l’AOUP. Risultati. L’indagine ha evidenziato che tutte le UO di ORL applicano una procedura di ricondizionamento degli endoscopi che prevede l’uso di un sistema di tre salviette a base di biossido di cloro, o l’immersione in una soluzione classificata come dispositivo medico di classe IIb a base di glucoprotamina utilizzata al 4%. Non sempre sono garantiti lo stoccaggio in armadi dedicati e la tracciabilità del processo. Le UO di Cardiologia utilizzano sulle sonde ecografiche transesofagee un sistema di disinfezione semi-automatico, che prevede l’utilizzo di una soluzione di biossido di cloro allo 0,005-0,006%. Per ciò che concerne le sonde ecografiche transrettali, l’UO di Urologia effettua la disinfezione con il sistema a tre salviette precedentemente citato. Per quanto riguarda le sonde transvaginali invece, due delle quattro UO di Ginecologia e Ostetricia effettuano la disinfezione con soluzione di alcool etilico al 70%, una effettua la disinfezione con una soluzione di derivati dell’ammonio quaternario (3,3 g/L), classificata come dispositivo medico di classe IIb, mentre una non effettua alcuna procedura. Conclusioni. L’indagine ha permesso di individuare alcune criticità nel processo di disinfezione degli strumenti semi-critici a rischio di contaminazione da HPV che risulta non sempre di alto livello. In particolare nelle UO di Ginecologia ed Ostetricia emerge una sottostima del rischio correlato ad HPV e pertanto la necessità di una maggiore formazione del personale.



P38.

Screening per CPE nelle puerpere per l’identificazione precoce dei neonati a rischio: esperienza presso l’Irccs Sant’Orsola

M. Ialonardi1, M. Falato2, R. Belgiovine1, A.P. Cannarile1,
E. Cellea
1, D. Mosci1

1IRCSS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant’Orsola, Direzione Sanitaria, Igiene Ospedaliera e Prevenzione, 2Università degli Studi di Bologna, DIBINEM, Scuola di Specialità in Igiene e Medicina Preventiva

Introduzione. Gli enterobatteri produttori di carbapenemasi (Carbapenemase Producing Enterobacteriaceae - CPE) rappresentano un problema rilevante, in quanto la mortalità a loro attribuibile è pari al 20-30%. Rappresentano, inoltre, un pericolo di sanità pubblica, poiché frequentemente causa di eventi epidemici, con problemi legati al trattamento di un numero elevato di pazienti e al trasferimento dei profili di resistenza ad altri microrganismi. Le cause di trasmissione sono eterogenee e coinvolgono il comportamento umano. Ad aumentare la pericolosità di tali microrganismi contribuisce il target che comprende anche i neonati. Presso l’IRCSS Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di S. Orsola, dal 2011 è attuata una sorveglianza attiva per il monitoraggio delle CPE in tutte le unità operative (UUOO) di degenza, comprese la Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e la Neonatologia. In questi setting si sono presentati casi incidenti, a volte cluster. Essendo noto che una delle vie di trasmissione è quella madre-figlio, è stato avviato alla fine dell’anno 2022 un gruppo di lavoro multidisciplinare per rivedere e ampliare i criteri di inclusione delle puerpere da sottoporre a screening. Il presente lavoro ha l’obiettivo di indagare se l’ampliamento dei criteri di screening nelle puerpere è in grado di intercettare i neonati a rischio di positivizzazione per esposizione materna, al fine di attuare precocemente le precauzioni necessarie a limitare i casi secondari. Metodi. La sorveglianza attiva attuata presso l’IRCSS S. Orsola prevede che siano sottoposti a Tampone della Mucosa Rettale (TMR) tutti i neonati al momento del ricovero o del trasferimento da altro ospedale o reparto. Nel caso di positività sono applicate, in coerenza con le Linee guida (WHO, 2017), diverse strategie di prevenzione e contenimento del rischio fra cui: formazione del personale, igiene delle mani, isolamento dei positivi (stanza singola o cohorting), precauzioni da contatto e gestione del latte materno. Quotidianamente i risultati dei tamponi positivi sono comunicati alle UUOO e ad Igiene Ospedaliera e Prevenzione, che raccoglie i dati, li analizza periodicamente e interviene con tempestività in presenza di casi incidenti, per sostenere l’adozione delle diverse strategie. Il gruppo di lavoro ha definito i seguenti criteri per l’identificazione delle puerpere da sottoporre a TMR: - Caratteristiche cliniche: anamnesi positiva per CPE, trasferimento da altri reparti del Policlinico o da altri ospedali o centri di riabilitazione, ricoveri in strutture sanitarie nei precedenti 12 mesi; - Caratteristiche epidemiologiche: provenienza da India, Pakistan, Egitto, Marocco, Tunisia, Algeria, Grecia, Romania, Bulgaria, con rientro dai Paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi; - Caratteristiche sociali: disagio abitativo, esposizione professionale. Risultati. Nei primi 6 mesi del 2023 in TIN sono transitati 137 pazienti, con degenza media pari a 10,75 giorni. Tra questi sono risultati positivi ad Enterobacter cloacae VIM 25 pazienti, con una densità di incidenza di 13,18 casi/1.000 gd e tempo medio di positivizzazione dall’inizio del ricovero di 17 giorni. In Neonatologia, nello stesso periodo sono transitati 287 pazienti, con una degenza media di 6,59 giorni. Di questi 16 sono risultati positivi per Enterobacter cloacae VIM. La densità di incidenza è risultata pari a 10,89 casi/1.000 gd. Il tempo medio di positivizzazione dall’inizio del ricovero è di 33 giorni. Per quanto riguarda lo screening delle puerpere, nei primi sei mesi del 2023 sono transitate 1.217 pazienti, con una degenza media di 3,15 giorni. Le donne che presentavano i criteri, sottoposte a TMR, sono state 377, di cui nessuna positiva. Conclusioni. L’ampliamento dei criteri di screening nelle puerpere non ha rilevato alcun caso di positività pre-parto e non può essere considerata un provvedimento significativo per la riduzione dell’incidenza dei casi secondari di CRE-CPE. I tempi di positivizzazione dei neonati confermano che la loro colonizzazione avviene ad opera di microrganismi a partenza dal contesto clinico. Evince la necessità di implementare e migliorare l’adozione di strategie per il contenimento del fenomeno.


P39.

La sorveglianza microbiologica degli endoscopi ad alta complessità strutturale nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana

M. Scarpaci1, S. Bracaloni1, E. Esposito1, A. Baggiani1,
E. Marciano
2, G. Del Magro2, G. Gemignani3, B. Casini1

1Università di Pisa, Dipartimento di Ricerca Traslazionale, N.T.M.C., Pisa, 2UO Endoscopia digestiva, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa, 3UO Organizzazione Servizi Ospedalieri, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa

Introduzione. L’incremento dell’utilizzo delle procedure endoscopiche e l’ampia diffusione dello stato di colonizzazione/infezione da microrganismi multi-farmaco resistenti (MDR), hanno causato negli ultimi anni un aumento del rischio infettivo legato a tali procedure. In particolare, l’utilizzo di strumenti ad alta complessità strutturale, quali i duodenoscopi, è stato associato a cluster di infezioni/colonizzazioni da microrganisimi produttori di carbapenemasi, con aumento della morbosità e mortalità. A livello internazionale questi strumenti sono stati particolarmente attenzionati dalla Food and Drug Administration (FDA), che ha stimato fino ad un 30% di contaminazione persistente anche dopo adeguato ricondizionamento. Per tale motivo la sorveglianza microbiologica post-ricondizionamento risulta essenziale per tali strumenti, sia come misura di verifica del processo di ricondizionamento, sia nell’identificazione di endoscopi contaminati, a garanzia della sicurezza del paziente. Obiettivo. Valutare la qualità del processo di ricondizionamento degli endoscopi ad alta complessità strutturale in dotazione presso un’unità operativa di endoscopia digestiva ad elevata attività endoscopica operativa. Metodi. A partire dal 2021 nel polo di endoscopia digestiva dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana la sorveglianza microbiologica è stata eseguita in maniera strutturata e periodica. La qualità del processo è stata indagata sugli strumenti ad alta complessità strutturale, considerando i risultati microbiologici eseguiti sui 5 duodenoscopi ed un ecoendoscopio lineare in dotazione. Il protocollo adottato è quello descritto nel Multisocieties position paper: “Microbiological surveillance on flexible endoscopes”, da Casini B. et al., 2021. Risultati. Nel 2021, sul totale di 43 campionamenti effettuati sui duodenoscopi, 14 risultavano non conformi (33%), nel 2022 su 37 campionamenti 2 sono risulti non conformi (5%), per arrivare allo 0% di non conformità nel I semestre 2023 su 33 campionamenti. L’endoscopio lineare è risultato non conforme in 1 campionamento su 5 eseguiti nel 2021, 0 su 6 nel 2022 e 2 su 5 nel I semestre 2023, rivelando una percentuale di non conformità nel 2021 del 20%, 0% nel 2022, salita infine al 40% all’inizio del 2023. Conclusioni. La sorveglianza microbiologica ha rilevato non conformità sugli endoscopi ad alta complessità strutturale, tuttavia, mentre sui duodenoscopi la percentuale di non conformità si è ridotta fino a diventare dello 0% nel 2023, nell’ultimo semestre la percentuale di non conformità dell’ecoendoscopio lineare è addirittura raddoppiata rispetto al 2021. Tale risultato è verosimilmente da attribuire al frequente utilizzo dello strumento, unico ecoendoscopio lineare dell’unità operativa, che può aver creato microlesioni interne ai canali, causa di formazione di biofilm. La sorveglianza degli endoscopi critici è raccomandata con frequenza mensile; tuttavia, il ridotto numero di strumenti e l’elevata attività clinica spesso non consentono di mantenere la regolarità del monitoraggio. Dai risultati ottenuti emerge come questa pratica sia fondamentale per evidenziare criticità inerenti agli strumenti ad alta complessità, in particolare laddove l’uso frequente condiziona il maggior rischio di formazione di biofilm. Individuare preventivamente tale rischio, consente di escludere strumenti contaminati dall’utilizzo clinico, garantendo così la sicurezza del paziente.


P40.

Efficacia di un intervento di controllo delle infezioni correlate all’assistenza con nanoparticelle fotocatalitiche: risultati degli esiti di sorveglianza in una Terapia Intensiva dell’ASL NO

F. Pagnoni1, F. Di Nardo2, M.L. Zanetti2, M. Andreoletti3,
D. Colombo
4, A. Fontana2

1Università del Piemonte Orientale, Dipartimento di Medicina Traslazionale, Novara, 2Azienda Sanitaria Locale Novara, Direzione Medica Presidio Ospedaliero Ss. Trinità, Borgomanero, 3Azienda Sanitaria Locale Novara, Direzione Professioni Sanitarie, Borgomanero, 4Azienda Sanitaria Locale Novara, SC Anestesia e Rianimazione, Borgomanero

Introduzione. Nella lotta alle infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono impiegate diverse misure quali igiene delle mani, isolamenti e pulizia/disinfezione/sterilizzazione di ambienti e dispositivi. Sebbene esistano numerosi trattamenti per ambienti con proprietà germicide, non è ancora chiara l’efficacia di alcuni di questi nel ridurre l’incidenza delle ICA. Il Presidio Ospedaliero Ss. Trinità di Borgomanero (ASL NO) ha sperimentato nel reparto di Rianimazione un trattamento delle superfici una tantum con nanoparticelle fotocatalitiche in grado di dissolvere composti organici volatili e ne ha valutato l’efficacia. Metodi. Sono stati raccolti i dati sulle ICA emersi dalle cartelle cliniche e i dati sugli isolamenti dei microrganismi “alert” identificati dal Laboratorio Analisi Chimico-cliniche come previsto dal programma aziendale per il controllo delle ICA e delle resistenze agli antibiotici. Sono stati confrontati i dati del mese precedente l’intervento (maggio 2022), con quelli del primo (luglio), terzo (settembre) e sesto (dicembre) mese successivo l’intervento. Per ogni mese in esame è stato calcolato il tasso di ICA e di isolati per 100 giorni di degenza ordinaria (GDO).
Risultati. Nel mese prima dell’intervento si è registrato un tasso di ICA pari a 4,8/100 GDO e un tasso di isolati pari a 43,9/100 GDO. Nel mese successivo il tasso di ICA era pari a 30,9/100 GDO e quello di isolati pari a 51,3/100 GDO. A tre e sei mesi dall’intervento i tassi non hanno subito variazioni rilevanti (rispettivamente 19,46 e 15,59 ICA/100 GDO e 47,6 e 44,9 isolati/100 GDO). Le degenze medie dei pazienti sono state di 22,8 giorni nel mese pre-intervento, 21,3 giorni nel mese successivo, 9,9 giorni nel terzo mese dopo l’intervento e 9,1 giorni nel sesto mese. Conclusioni. Non è stato ritenuto opportuno confrontare i mesi post-intervento con gli stessi mesi dell’anno precedente a causa di modifiche organizzative e strutturali imposte della pandemia da SARS-CoV-2. Consci di questo limite, sebbene in seguito all’applicazione di nanoparticelle i test effettuati in collaborazione col fornitore avessero evidenziato una riduzione degli isolati di germi nelle culture da campioni ambientali, non abbiamo osservato una riduzione nel numero di ICA o isolamenti di germi alert in campioni clinici. ICA e isolamenti sono invece aumentati in maniera significativa (test chi-quadro: p<0,001) nel mese successivo all’intervento. L’aumento di ICA e di isolamenti riscontrato pure nei mesi invernali rispetto al mese pre-intervento potrebbe essere imputabile al normale incremento di patologie infettive in tale periodo dell’anno e alla distanza temporale dall’applicazione di nanoparticelle. Ma colpisce ugualmente se si considera la più breve degenza media osservata in quei mesi (e quindi il minor tempo di esposizione a germi opportunisti ospedalieri). Non avendo riscontrato indizi di efficacia dell’intervento monitorato nel ridurre ICA e isolati nei tempi osservati, ci chiediamo se questo, in alcuni contesti e pur abbattendo le popolazioni di germi ambientali, non possa indurre un falso senso di sicurezza negli operatori disincentivando l’adozione di buone pratiche di comprovata efficacia (quali l’igiene delle mani) o favorire i germi opportunisti ospedalieri riducendo la competizione ambientale interspecifica con microrganismi non patogeni.


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Sorveglianza degli “alert organism” per l’implementazione delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni: risultati nel periodo maggio 2022-maggio 2023

R. De Dona1, M.T. Pilla1, S. Manocchio1, A. Santagata1,
N. Samprati
1, V. Viccione1, A. D’Amico1, G. Sansone1, A. Pompei1,
E. Scattareggia
1, C. Adesso1, M.A. Di Palma1, A. Natale1, A. Salzo2,
A. Lombardi
3, M.L. Sammarco3, M. Tamburro3, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. I microrganismi “alert” o “sentinella” sono rilevanti per il profilo clinico ed epidemiologico, in quanto portatori di resistenze multiple agli antibiotici (MDR) ed in grado di diffondersi rapidamente. La sorveglianza ospedaliera permette di valutare l’andamento temporale dei microrganismi rilevati e di monitorare eventuali situazioni critiche, così da adottare i necessari provvedimenti in caso di outbreak. È stata effettuata una revisione delle segnalazioni, pervenute nel corso di un anno, che hanno interessato un ospedale del centro Italia, con lo scopo di valutare i microrganismi a maggiore frequenza di isolamento ed i reparti ospedalieri con più infezioni MDR. Metodi. Sono stati analizzati i dati e le frequenze degli isolamenti di 9 specie di microrganismi “sentinella” provenienti da pazienti ricoverati, o temporaneamente assistiti, presso l’Ospedale Hub della Regione Molise, notificati tramite sistema di segnalazione automatica “alert organisms” aziendale, nel periodo compreso tra il 01/05/2022 ed il 31/05/2023. Risultati. Nel periodo esaminato, sono pervenute 428 segnalazioni, con una media di 33 notifiche per mese. Le infezioni hanno interessato un totale di 329 pazienti (n=196, 59,6% maschi). I microrganismi sono stati per il 76,6% (n=328) Gram negativi. In particolare, i batteri maggiormente isolati da diverse tipologie di campioni biologici sono stati: 25,7% Pseudomonas aeruginosa Multi-Drug Resistance (MDR), 18,7% Escherichia coli Extended- Spectrum Beta-Lactamases (ESBL), 13,1% Staphylococcus aureus Meticillino Resistente (MRSA), 10,5% Acinetobacter baumannii MDR, 9,1% Enterococchi resistenti a glicopeptidi, 7,7% Klebsiella spp. ESBL, 4,9% Klebsiella spp. produttore di carbapenemase, 4,9% Stenotrophomonas maltophila MDR, 4,2% Proteus spp. ESBL e 1,2% Clostridioides difficile. Il maggior numero di isolamenti (28%) è stato relativo al reparto di terapia intensiva (TI), seguito da quello di medicina interna (22,7%), urologia (9,6%) e nefrologia/dialisi (8,9%). Quindi, il 45,6% delle segnalazioni ha interessato i reparti di area medica, il 21,5% quelli di area chirurgica, il 28% la terapia intensiva, il 3,3% la pediatria/neonatologia e l’1,6% l’emergenza/urgenza. Conclusioni. Il sistema di sorveglianza ha evidenziato il maggior numero di isolamenti dal reparto di TI, dato sostanzialmente atteso, ospitando pazienti ad alta fragilità e complessità di gestione. L’analisi ha inoltre mostrato un elevato numero di segnalazioni di P. aeruginosa MDR, che hanno interessato diversi reparti ospedalieri; infatti, nel periodo preso in esame, si è attestato sempre come microrganismo più frequente su base mensile. La sorveglianza per l’identificazione dei microrganismi sentinella, associata alla tempestiva adozione di appropriate misure di prevenzione e controllo, oltre all’identificazione di potenziali fonti e meccanismi di trasmissione, è indispensabile per minimizzarne la diffusione nel contesto ospedaliero. Alla luce di questi risultati, è stata evidente la necessità di implementare urgenti strategie finalizzate anche ad un uso appropriato degli antibiotici per mitigare la comparsa di microrganismi MDR. A tal fine, è stato istituito un team multidisciplinare ospedaliero per la realizzazione di un programma di antimicrobial stewardship, divenuto ufficialmente operativo a partire dal mese di giugno 2023.


P42.

Controllo long-term del rischio infettivo ambientale in un reparto critico

G.M. Deriu1, A. Arghittu2, M.D. Masia2, M. Lavra3, P. Castiglia2

1Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari (AOU), 2Dip. Medicina, Chirurgia e Farmacia Università di Sassari, 3Dip. Scienze Biomediche Università di Sassari

Introduzione. Evidenze scientifiche indicano che l’ambiente ospedaliero può favorire le infezioni correlate all’assistenza agendo come serbatoio/veicolo di microrganismi. Per contrastare il fenomeno, la SC Direzione Igiene e Controllo Infezioni Ospedaliere dell’AOU di Sassari ha da tempo avviato un programma di sorveglianza ambientale in reparti che ospitano pazienti particolarmente “critici” (malattia di base/immunodepressione) e, pertanto, più suscettibili al rischio infettivo ambientale, al fine di evidenziare eventuali situazioni di non salubrità e/o di rischio dell’ambiente di degenza, nell’ottica di attuare tempestivamente misure correttive. Il lavoro analizza la qualità ambientale di un reparto a elevata criticità tramite la caratterizzazione quanti/qualitativa della flora microbica aerodispersa e la ricerca di alcuni tra i più importanti waterborne pathogens, per valutarne l’andamento nel tempo anche in relazione alle misure di controllo adottate negli anni. Metodi. L’attività ha interessato per 13 anni (2010-2022) la “zona critica” di un reparto del territorio, costituita da 3 stanze di degenza, 1 di medicazione, 1 spogliatoio e 1 stanza preparazione farmaci, tutte dotate di impianto di filtrazione dell’aria. Il controllo dell’aria è stato effettuato secondo le indicazioni delle Linee Guida sugli standard di sicurezza e di igiene del lavoro nel reparto operatorio-ISPESL, in 2 zone diverse - area paziente e bocchette (se in funzione) - delle 6 stanze. La ricerca dei waterborne pathogens è stata condotta su campioni di acqua prelevati dal rubinetto del lavandino di 2 stanze diverse e in parti opposte del reparto, in conformità alle norme ISO 11731-2017, UNI EN 16266:2008 e Metodo ISS A 0016B. Risultati. Aria: complessivamente sono state eseguite 182 valutazioni ambientali. Il 7% di queste ha evidenziato valori di carica microbica non conformi, nella gran parte dei casi (77%) solo a livello di bocchette e solo in 2 casi contestualmente in entrambi i punti di prelievo; il range di non conformità variava per le bocchette tra 37,5 e 232,5 UFC/m3 (mediana 84,2) e per l’area paziente tra 282,5 e 427,5 UFC/m3 (mediana 292,5). In particolare, i valori non conformi sono stati osservati nel periodo 2010-2013, con picco nel 2012, prevalentemente nello spogliatoio. Oltre alla comune flora ambientale, tra cui stafilococchi coag- meticillino R nel 21% delle valutazioni, sono state rilevate Pseudomonadaceae (16,5% di cui 3,3% P. aeruginosa), Enterobacteriaceae (9,3%), S. aureus (10,4% di cui 31,6% MRSA) e miceti (42,9%, tra cui A. fumigatus). Acqua: in totale sono stati prelevati 27 campioni per la ricerca di Legionella, 29 per P. aeruginosa e 29 per Aspergillus spp. Legionella è stata rilevata nel 22,2% dei campioni (valore mediano 2,5 ×102 UFC/L); P. aeruginosa in 1 solo campione (3,4%); mai presenti aspergilli. Conclusioni. I risultati indicano, in generale, una buona qualità di entrambe le matrici esaminate. Il rilievo nell’aria di valori di carica microbica nei limiti in gran parte degli ambienti e, dal 2014, in tutti, dimostra il buon livello di sanificazione, il rispetto di modelli comportamentali volti a contenere la contaminazione microbica e l’efficacia degli interventi adottati in presenza di criticità. Peraltro, la non conformità ai limiti di riferimento, che ha interessato soprattutto l’area bocchette, così come la presenza di miceti, potrebbero essere riconducibili ad uno sporadico non ottimale funzionamento e/o manutenzione dell’impianto di filtrazione e anche essere state condizionate dalla presenza (nel 2012) di cantieri edili nelle vicinanze. Relativamente all’acqua, la presenza di Legionella è risultata inferiore a quanto osservato dagli stessi operatori in altri reparti e rispetto a quanto per lo più riportato in letteratura su indagini condotte in altri ospedali italiani. La gestione del rischio infettivo derivante dall’interazione ambiente/paziente deve prevedere il controllo periodico delle principali matrici ambientali coinvolte (aria/acqua) per individuare precocemente situazioni di rischio e verificare il mantenimento nel tempo degli standard di qualità richiesti. Inoltre, i dati emersi possono costituire un utile strumento educativo/formativo per tutti gli stakeholder.


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Studio di prevalenza su Infezioni Correlate all’assistenza e uso degli antibiotici negli ospedali dell’Area Vasta 1 (Marche)

F. Andreoni1, M.E. Pertosa2, P. Notaris1, A. Genicco1, I. Garota2,
M. Mazzanti
2, S. Barocci2

1U.O.C Patologia Clinica, Ospedale Santa Maria Della Misericordia, 2Direzione Medica Ospedaliera, Ospedale Santa Maria Della Misericordia, Azienda Sanitaria Territoriale – Pesaro-Urbino, Urbino

Introduzione. Le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) sono uno dei problemi di salute pubblica più rilevanti a livello mondiale. Nell’ambito delle attività di sorveglianza attiva delle ICA gli studi di prevalenza rappresentano uno degli strumenti di analisi più consolidati per la loro ampia diffusione e per la rapidità di effettuazione (disponibilità di informazioni utili a fini decisionali in tempi brevi). Obiettivo dello studio è stato 1) monitorare la prevalenza delle ICA e l’uso degli antibiotici nel Presidio Ospedaliero Unico dell’AV n. 1 (Marche); 2) diffondere e condividere i risultati ottenuti con tutte le Unità Operative; 3) promuovere una costante attenzione al problema. Metodi. Lo studio di prevalenza è condotto dal 2014 due volte l’anno, di regola al termine del 1° e 2° semestre, adottando il protocollo di rilevazione condiviso dalla Commissione Tecnica per il controllo delle ICA dell’ASUR Marche ispirato alle indicazioni fornite in merito dell’European Center for Disease Prevention and Control (ECDC, anno 2016-2017). Nel presente studio, riferito agli anni 2021-2022, sono stati inclusi nella rilevazione tutti i reparti di degenza del Presidio Ospedaliero Unico di AV1 (Stabilimenti Urbino e Pergola) e arruolati tutti i pazienti presenti in reparto alle ore 8 del mattino. I dati rilevati includevano: • Diagnosi di ICA secondo i criteri diagnostici stabiliti da ECDC; • Fattori di rischio di tutti i pazienti, infetti e non infetti (età, esposizione a dispositivi invasivi, ecc;); • Dati inerenti le ICA in tutti i pazienti risultati infetti; • Dati sull’uso di antibiotici (gli antibiotici sono stati registrati se, al momento dello studio, risultavano ancora prescritti; la profilassi chirurgica è stata registrata se era stata prescritta e somministrata nelle precedenti 24 ore). I dati sono stati analizzati e stratificati per area e disciplina di ricovero. Risultati. Per l’indagine di prevalenza riferita agli anni 2021-2022 è stato utilizzato lo stesso protocollo implementato nei precedenti studi all’interno dell’AV 1 e questo ha permesso di ottenere un buon grado di comparazione nel tempo. La prevalenza delle ICA negli anni 2021-2022 del Presidio Ospedaliero Unico di AV1 Urbino e Pergola è risultata essere: • 6,97 % giugno 2021, • 5,99 % dicembre 2021, • 5,59 % giugno 2022, • 7,69 % novembre 2022. Questi risultati sono in linea e lievemente inferiori rispetto allo standard di riferimento per il dato di prevalenza che è a tutt’oggi il “Report italiano PPS2 2016/2017” dove risultava che l’8,03% dei pazienti presentava una infezione correlata all’assistenza. Le infezioni più frequentemente riportate nei periodi di studio sono state le infezioni delle vie urinarie (34%-56%), delle vie aeree inferiori (11-45,5%), del tratto gastrointestinale (9-22%), del sito chirurgico (10%) e le batteriemie (11-20%), in linea con i dati di riferimento. Inoltre, l’esposizione a procedure invasive quali cateteri vescicali, vascolari, sistemi di ventilazione con intubazione continuano ad essere uno dei fattori di rischio più significativi per l’insorgenza di complicanze infettive. La prevalenza osservata di pazienti con almeno un trattamento antibiotico nei 4 semestri in studio è stata: giugno 2021 (I° semestre) 42,63%, dicembre 2021 (II° semestre) 47,90 %, giugno 2022 (I semestre) 50,31%, novembre 2022 (II semestre) 46,85%. Conclusioni. Gli studi di prevalenza rappresentano uno strumento utile per rilevare dati sulle frequenze delle infezioni correlate all’assistenza, i fattori di rischio e sull’utilizzo di antibiotici nelle diverse aree di ricovero e gruppi di pazienti al fine di attuare un costante monitoraggio e promuovere programmi di miglioramento della qualità nell’ottica di un approccio One-Health.


P44.

Incidenza delle candidemie da Candida spp presso l’Ospedale Policlinico San Martino Irccs di Genova: analisi retrospettiva dei dati raccolti nel periodo dal 2017 a metà 2023

S. Allegretti1, L. Massolo1, M. Ogliastro1, M. Scarpaleggia1,
E. Zumerle
1, D. Bellina2, P. Valanzola2, R. Ziferro2, A. Marchese3,
A. Morando
4, A. Orsi2

1Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Scienze della Salute, 2Ospedale Policlinico San Martino IRCCS Genova, U.O. Igiene, 3Ospedale Policlinico San Martino IRCCS Genova, U.O. Microbiologia, 4Ospedale Policlinico San Martino IRCCS Genova, U.O. Governo Clinico e Organizzazione Ospedaliera

Introduzione. Le infezioni da Candida spp rappresentano un problema sempre più rilevante in ambito assistenziale. Le candidemie sono caratterizzate da elevata mortalità e difficile trattamento a causa delle frequenti resistenze ai comuni antifungini. A partire dal 2020 nell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova si è verificato un focolaio di infezione da Candida auris, un patogeno emergente che è stato oggetto di attento monitoraggio. In questo studio si è voluto estendere la sorveglianza, andando ad indagare l’epidemiologia di tutte le candidemie causate da Candida spp. Metodi. È stata condotta un’analisi retrospettiva dei dati riguardanti le candidemie da Candida spp dal 2017 a metà 2023. Si sono confrontate le diverse incidenze negli anni delle principali specie di Candida (auris, albicans, parapsilosis, glabrata, tropicalis e krusei) e delle altre specie meno rappresentate. Si è considerato come nuovo episodio quello verificatosi almeno 30 giorni dopo la precedente emocoltura positiva a Candida spp. L’incidenza delle candidemie è stata calcolata per anno, rapportando le emocolture positive per singola specie al totale dei pazienti ricoverati per 10.000 giorni/persona. Risultati. Durante il periodo dello studio sono stati identificati un totale di 1.812 episodi di candidemia. L’età mediana dei pazienti positivi è stata di 73,9 anni con rapporto maschi/femmine di 1,3:1. L’età mediana più bassa è stata osservata nei pazienti con isolamento da C. auris (63,8 anni), mentre quella più alta è stata registrata per i pazienti affetti da C. tropicalis (81,5 anni). Il maggior numero di casi si è verificato nei reparti di medicina (42,2%), seguiti dalle terapie intensive (26,1%) e dai reparti di chirurgia (19,6%). La specie più rappresentata è stata C. parapsilosis (38,7%), seguita da C. albicans (35,2%), C. glabrata (8,6%), C. Auris (7,1%), C. tropicalis (4,7 %), C. krusei (1,2%) e altre specie di candida (4,6%). L’incidenza delle candidemie è passata da 5,5 candidemie/10.000 giorni persona nel 2017 a 3,8 nel 2023, con un picco nel 2021, pari a 10,6. In particolare dal 2021 al 2023 si è assistito ad una diminuzione di C. parapsilosis (da 3,7 a 0,9) e di C. albicans (da 3,2 a 1,0). Al contrario l’incidenza di C. auris è aumentata passando da 0,4 nel 2020 a 1,0 nel 2023. Il 38,9% dei microorganismi isolati dalle emocolture risultava resistente agli azoli, escludendo C. auris, nota in letteratura per la sua multi resistenza a diversi antifungini. Nel periodo analizzato, la letalità a 30 giorni dal riscontro di positività al test colturale, calcolata sul totale dei pazienti, è risultata pari a 44,4%. L’età mediana di questi pazienti era di 78 anni. La letalità più elevata è stata riscontrata per C. krusei (50,0%), seguita da C. albicans (43,5%) e C. glabrata (42,6%). Conclusioni. Il dato più rilevante emerso dallo studio è stato una diminuzione dell’incidenza complessiva delle candidemie, particolarmente evidente per le infezioni da C. parapsilosis e C. albicans. L’unica eccezione al trend in calo è rappresentata da C. auris, che risulta in aumento. Saranno necessari ulteriori studi per valutare i fattori responsabili della modifica di tale andamento. Resta fondamentale il monitoraggio di queste infezioni, soprattutto alla luce dell’elevata mortalità correlata alle candidemie.


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Gestione integrata per il controllo e contenimento
di un focolaio di
Ralstonia mannitolilytica in pazienti emodializzati

I. Iop1, P. Cautero1, A. Trinca2, L. Talotti2, E. Scarpis3, A. Guerra3, M. Tosto3, T. Bottacin3, A. Sartor3, C. Tascini3, A. Pagotto3,
S. Dolce3, R. Cocconi3, P. D’Agaro4, V. Di Maso4, M. Bosco4,
R. Luzzati4, C. Negri4, B. Gregoretti4, C. Giuliani3, M. Fabricci4,
V. Costantino4, M. Busetti4

1Università degli Studi di Udine, Udine, 2Università degli Studi di Trieste, Trieste, 3Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Udine, 4Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, Trieste

Introduzione. Tra gennaio e aprile 2023 sono stati diagnosticati 20 casi di batteriemia da Ralstonia mannitolilytica presso le unità di dialisi dei Presidi Ospedalieri di Trieste, Gorizia, Monfalcone e Palmanova. Un approccio multidisciplinare è stato la chiave per l’identificazione del patogeno in un lotto di urochinasi di produzione indiana, un farmaco trombolitico utilizzato per trattare o prevenire l’ostruzione dei Cateteri Venosi Centrali (CVC). Lo scopo di questo lavoro è descrivere come l’approccio multidisciplinare tra epidemiologi e microbiologi, con l’importante supporto di numerosi altri professionisti della sanità, abbia portato all’individuazione della sorgente dell’infezione e ad una rapida risoluzione dell’outbreak. Metodi. I primi casi di positività per R. mannitolilytica da emocoltura sono stati identificati presso il Presidio di Trieste a cui sono seguiti altri casi presso i Presidi di Monfalcone, Gorizia e Palmanova. Il sospetto di outbreak è stato tempestivamente segnalato. Dopo un confronto tra le Aziende della Regione, è stato istituito un gruppo di lavoro multidisciplinare e interaziendale costituito da microbiologi, infettivologi, igienisti, nefrologi, farmacisti, infermieri e assistenti sanitari. È stata quindi avviata un’indagine epidemiologica sinergica al fine di individuare un elemento comune tra i casi. Le Aziende si sono attivate eseguendo prelievi da matrici ambientali (ad es. liquido di dialisi, materiali sterili monouso e farmaci). Parallelamente è stato avviato uno screening tramite emocoltura da CVC e vena periferica rivolto a tutti i pazienti dializzati e portatori di CVC. R. mannitolilytica è stata isolata dalle emocolture e dai CVC rimossi; sono stati complessivamente individuati 20 casi, di cui 4 asintomatici. Si è proceduto poi con un’approfondita analisi di incrocio dei dati al fine di individuare i lotti dei farmaci in comune tra tutte le sedi ed effettuare esami mirati. Inizialmente, tutti i campioni raccolti sono stati inoculati su piastre di agar sangue e su brodi di arricchimento BHI (Brain Heart Infusion) e sono risultati negativi. Grazie al confronto degli ordini dei farmaci è stato individuato un lotto di urochinasi (NDY093B) in comune a tutti e quattro i presidi interessati e a tutti i 20 casi. Tale farmaco, di produzione indiana, era stato importato a causa di una carenza di fornitura in Italia ed in Europa. In via precauzionale, tale lotto è stato dismesso dall’uso; tale misura ha permesso il contenimento dell’outbreak in tutti i presidi. In parallelo, al fine di aumentare la sensibilità dell’esame colturale del farmaco, sono stati utilizzati anche flaconi per emocoltura che hanno permesso di isolare la R. mannitolilytica da tre campioni di urochinasi dello stesso lotto provenienti da Trieste, Gorizia e Monfalcone confermando il ruolo di tale farmaco come origine dell’outbreak. Risultati. La rapida segnalazione e la collaborazione delle figure coinvolte hanno permesso di contenere l’outbreak e di dimostrare l’origine dell’infezione. Inoltre la segnalazione alla Regione e al Ministero della Salute ha attivato una notifica a livello nazionale, invitando alla verifica della presenza del lotto incriminato nelle proprie forniture e alla segnalazione dei casi di infezione diagnosticati a partire da gennaio 2023. La segnalazione è stata estesa al sistema rapido di allarme e di reazione dell’Unione Europea, e tramite AIFA è stato informato l’OMS, che come da prassi in questi casi (Farmaco importato da regioni non autorizzate da AIFA se non in via eccezionale in caso di carenza) avrà il compito di avvisare il fornitore estero. Conclusioni. Il successo ottenuto nell’individuazione e nel contenimento del focolaio mette in evidenza l’utilità dell’approccio multidisciplinare e della collaborazione interaziendale per affrontare in maniera efficace le sfide poste dalle Infezioni Correlate all’Assistenza.



P46.

Outbreak di batteriemie da Ralstonia spp in pazienti dializzati presso l’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano: gestione multidisciplinare

D. Carnevali1, R. Lattanzio2, L. Boselli3, D. Campisi4, E. Borghi5,
L. Battaglioli4, G. Marchetti6, R. Lombardo7, L. Ventura7,
G. Longobardo7, M. Cozzolino8, R. Iatrino9, A. Giordano9,
N.V. Orfeo10, S. Passarella1, L. Grapelli3, G. Mastro1,
M. Equestre11, C. Marcantonio11, L. Villa11, C. Lucarelli11,
A.T. Palamara11, F. Maraglino12, M. Sabbatucci12, M. Ferrara2

1ASST Santi Paolo e Carlo, Direzione Medica di Presidio San Paolo, Milano, 2Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Milano, 3ASST Santi Paolo e Carlo, Direzione Medica di Presidio San Carlo, Milano, 4ASST Santi Paolo e Carlo, Microbiologia e Virologia, Milano, 5ASST Santi Paolo e Carlo, Microbiologia e Virologia, Milano; Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Salute, Milano, 6ASST Santi Paolo e Carlo, Malattie Infettive, Milano; Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Salute, Milano, 7ASST Santi Paolo e Carlo, Farmacia, Milano, 8ASST Santi Paolo e Carlo, Nefrologia e Dialisi, Milano; Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Salute, Milano, 9ASST Santi Paolo e Carlo, Nefrologia e Dialisi, Milano, 10ASST Santi Paolo e Carlo, Direzione Sanitaria, Milano, 11Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Malattie Infettive, Roma, 12Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, Roma

Introduzione. Ralstonia spp comprende batteri contaminanti acque, soluzioni saline e disinfettanti e responsabili di infezioni in soggetti immunodepressi. Il 20/4/23 il Ministero della Salute (MdS) comunicava un outbreak di circa 10 casi di batteriemia da R. mannitolilytica (Rm) in pazienti dializzati con catetere venoso centrale (CVC) da contaminazione del lotto NDY093B di urochinasi estera. Si descrive la gestione del focolaio di Ralstonia spp nei centri dialisi dei due Ospedali della ASST Santi Paolo e Carlo di Milano in pazienti dializzati con CVC. Metodi. L’infezione da Ralstonia spp è stata diagnosticata tramite MALDI-TOF su emocolture (EC) da CVC e sangue periferico. Il 7/6/23 il Comitato Infezioni Ospedaliere ha verificato l’applicazione della procedura sui controlli microbiologici delle acque di osmosi e redatto, con l’ausilio dei registri di Farmacia, un elenco di farmaci sistemici utilizzati nei due centri dialisi, con focus su quelli somministrati ai pazienti positivi. Si sono eseguite prove di sterilità della urochinasi su 30 campioni ricostituiti con 2 mL di soluzione fisiologica, inoculati in pool in 10 flaconi di EC per aerobi. Sono state indagate retrospettivamente le EC effettuate nel periodo 1/3–30/4/23 in pazienti emodializzati trattati con l’urochinasi sospetta. I primi 2 ceppi isolati sono stati inviati il 5/5/23 all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e sottoposti a sequenziamento dell’intero genoma (WGS) tramite Next Generation Sequencing. Risultati. Tra l’11/4 e il 5/6/23 sono stati identificati 3 casi di batteriemia da Rm e 1 da R. picketti. La tecnica MALDI-TOF potrebbe non discriminare le due specie, dato l’elevato grado di identità, per cui è in corso il sequenziamento degli ultimi ceppi isolati. I pazienti (M:F=1:3, età media 79,5 anni) erano asintomatici o paucisintomatici. I controlli microbiologici effettuati sulle acque di osmosi sono risultati negativi. Dalla lista dei farmaci utilizzati, si identificava come sospetto il lotto estero di urochinasi NDY113 dispensato tra il 20/1 e il 24/3/23, posto in quarantena dal 21/4/23 e che risultava positivo alle prove di sterilità il 27/6/23 per Rm (3/30 flaconi). Il lotto di fisiologica, testato singolarmente, è risultato sterile. L’indagine retrospettiva sulle EC ha dato un tasso di positività di 8,7% (n° pazienti: 23; n° pazienti positivi: 2). L’analisi di WGS dei ceppi di Rm isolati dai primi 2 pazienti e inviati all’ISS ha mostrato una correlazione (n° single nucleotide polymorphisms ≤20) con i ceppi clinici e con il ceppo isolato dal lotto NDY093B facenti parte dell’outbreak notificato dal MdS. È stato appurato che i lotti NDY093B e NDY113 provenivano dallo stesso produttore indiano. In collaborazione con il MdS è stata avvisata l’AIFA, che ha informato l’OMS. Per la recente carenza di urochinasi in Europa e il limitato numero di produttori, il MdS ha inoltrato l’avviso dei casi e della contaminazione tramite il portale europeo di sorveglianza delle malattie infettive. Conclusioni. Il focolaio da Rm avvenuto presso l’ASST Santi Paolo e Carlo è stato causato da un lotto contaminato di urochinasi importato dall’estero stante la carenza nazionale tra settembre 2022-maggio 2023. La gestione multidisciplinare ha permesso di identificare i casi e un ulteriore lotto contaminato del farmaco, rimuovere la fonte del contagio e comunicare l’allerta a livello nazionale e internazionale.


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Infezioni da organismi multiresistenti ai farmaci durante la pandemia di Covid-19: analisi dell’esperienza dell’Ospedale di Legnago

K. Bassani1, M. Simonini2, M. Luciano3

1Aulss 9 Scaligera, Infermiera Epidemiologa Direzione Medica Ospedale Legnago, 2Università di Verona, Medico in formazione Specialistica, 3Aulss 9 Scaligera, Direttore Medico Ospedale Legnago

Introduzione. Le infezioni da organismi multiresistenti ai farmaci (MDRO) sono considerate una minaccia per la salute globale perché rappresentano una causa sia dell’aumento della mortalità, soprattutto tra i pazienti ricoverati nei reparti ospedalieri, sia per il relativo incremento dei costi sanitari. È quindi essenziale identificare in modo precoce queste infezioni per mitigare il rischio clinico. L’Ospedale “Mater Salutis” di Legnago (Verona – Ulss 9 Scaligera) ha introdotto un sistema automatico di alert destinati ai sanitari ogniqualvolta venga rilevato un MDRO in qualsiasi tipologia di materiale biologico analizzato. Metodi. Presso l’Ospedale di Legnago abbiamo eseguito una revisione retrospettiva negli ultimi 3 anni (01/01/2020-30/12/2022) coinvolgendo 845 pazienti con infezioni da MDRO raccogliendo ed analizzando per ciascuno di essi i dati relativi a sesso, età, provenienza (domicilio/case di cura/altri ospedali), reparto di ricovero, tipo di materiale biologico raccolto, tipo di MDRO e origine dell’infezione. Risultati. Il campione totale era composto da 845 pazienti: 413 per il 2020, 272 per il 2021 e 160 per il 2022. Per il 2020 il campione (più ampio degli anni successivi per il sistema di rilevazione diverso e in assenza di validazione del microbiologo) era costituito da maschi 64,2%, femmine 36,8% con età media 76,1±11,6 anni, erano soprattutto ricoverati nei reparti di Geriatria (24,5%), Medicina (13,8%) e Rianimazione (11,6%). L’urinocoltura rappresentava il materiale biologico maggiormente coinvolto (54,9%) seguito da broncoaspirato/BAL (broncolavaggio) (15,5%) e dall’emocoltura (13,8%), i germi maggiormente isolati risultavano E. Coli (40,2%), K. pneumoniae (21,5%) e S. aureus (15,5%). Le Enterobacteriaceae produttrici di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) rappresentavano il 65,6% del totale, seguite da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) 16,3% e da Enterobacteriaceae resistenti ai carbapenemi (CPE) 7,9%. Per il 2021 il campione era costituito da maschi 58,8%, femmine 41,2%, età media 75,5±12,9 anni; erano soprattutto ricoverati nei reparti di Geriatria (26,1%), Medicina (15,8%) e Rianimazione (15,4%). L’urinocoltura rappresentava il materiale biologico maggiormente coinvolto (46,7%) seguito da broncoaspirato/BAL (19,9%) e dall’emocoltura (16,2%), mentre i germi maggiormente isolati risultavano E. coli (34,5%), K. pneumoniae (20,2%) e S. aureus (18%). Le Enterobacteriaceae produttrici di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) rappresentavano il 57,8% del totale, seguite da S. aureus resistente alla meticillina (MRSA) 18% e da Enterobacteriaceae resistenti ai carbapenemi (CPE) 11,3% dove l’origine era per lo più dovuta a infezioni del tratto urinario (UTI) 34,9%, seguite da quelle primitive (29%) e dalle polmoniti (18,7%). Il campione di pazienti del 2022 (maschi 57,3%, femmine 42,7%, età media 74,8±12,9 anni) era ricoverato soprattutto in Rianimazione (26%), Geriatria (25,3%) e Medicina Generale (16,7%). I tipi più comuni di materiale biologico coinvolto erano l’emocoltura (30%), il broncoaspirato/BAL (22,7%) e l’urinocoltura (16,7%). K. pneumoniae (28,7%), S. aureus (26,7%) ed E.coli (10,7%) erano i tipi più comuni di MDRO con prevalenza di ESBL (38,7%), MRSA (25,6%) e CPE (18,3%). Le infezioni primitive erano le più comuni (30,7%) seguite da polmoniti (24%) e UTI (15,3%). In entrambi i gruppi di pazienti ricoverati la provenienza era principalmente da casa. Conclusioni. L’analisi eseguita descrive la situazione delle infezioni sostenute da MDRO all’interno di un ospedale risultando un utile punto di partenza per analizzare i trend, programmare interventi formativi focalizzati, così da incrementarne la sorveglianza, mitigare il rischio di sviluppo di ulteriori resistenze agli antimicrobici e promuoverne un uso più appropriato.


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Gestione semi-automatizzata della circolazione degli organismi multi-farmaco resistenti in un ospedale di secondo livello

D. Mengoni, M. Gioia, P. Barbadoro, M.M. D’Errico

SOD Igiene Ospedaliera, Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche

Introduzione. La crescente diffusione degli organismi multi-farmaco resistenti (MDROs) rappresenta una sfida significativa per gli ospedali di secondo livello. Il controllo della diffusione orizzontale di tali organismi richiede un approccio integrato che includa la sorveglianza, l’adozione tempestiva di precauzioni e la comunicazione tra servizi. In questo studio, abbiamo valutato l’efficacia dell’utilizzo di uno strumento di supporto informatico (basato su script di Google moduli) per la gestione della circolazione degli MDROs in un ospedale di secondo livello. Metodi. È stato sviluppato un modulo Google personalizzato per la raccolta e l’analisi dei dati relativi alla sorveglianza dei pazienti colonizzati o infetti da MDROs che prevede la possibilità di inviare contemporaneamente una mail conoscitiva al direttore e al coordinatore della Struttura Organizzativa Dipartimentale (SOD) responsabile, permettendo una comunicazione tempestiva e diretta, garantendo che le informazioni chiave raggiungano i responsabili della SOD. I moduli Google hanno consentito un rapido accesso e una facile registrazione dei dati pertinenti, facilitando la generazione di report in tempo reale e l’analisi delle tendenze nel corso del tempo. Ciò ha permesso al personale sanitario di monitorare da vicino la circolazione degli MDROs, identificare potenziali focolai di infezione e implementare interventi tempestivi per prevenire la diffusione. Risultati. I risultati preliminari hanno dimostrato che l’implementazione dei moduli Google, inclusa la funzione di invio di notifiche via email al direttore e al coordinatore della SOD, ha migliorato la tempestività nella notifica dei casi di MDROs, consentendo una risposta più rapida e mirata. Questa comunicazione diretta ha migliorato l’efficacia delle misure di controllo delle infezioni. Conclusioni. L’implementazione di moduli Google come strumento di supporto decisionale, compreso l’invio di notifiche via email al direttore e al coordinatore della SOD, ha dimostrato di essere un metodo efficace per la gestione della circolazione degli MDROs in un ospedale di secondo livello. La raccolta e l’analisi dei dati tramite questi moduli hanno migliorato la sorveglianza della circolazione dei MDRO, la comunicazione interna e la tempestiva applicazione delle misure di precauzioni aggiuntive. L’adozione di tali strumenti potrebbe essere considerata anche in altri contesti ospedalieri per affrontare la sfida crescente rappresentata dagli organismi multi-farmaco resistenti.


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Gestione focolaio Clostridioides difficile nelle Unità operative di medicina e cure sub acute della Casa di Cura San Francesco, Bergamo

G. Comparelli, S. Bignamini, O. Fracassetti

Casa di Cura San Francesco, Bergamo

Introduzione. Le ICA rappresentano la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria oltre che ad un esagerato dispendio di risorse di natura economica. Da questa necessità viene rinnovato nel 2022 il Comitato Infezioni Ospedaliere della Casa di Cura (CdC) in modo da monitorare e ottimizzare la gestione e prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza. Si presentano di seguito i principali risultati delle azioni del suddetto Comitato, tra cui la gestione di un focolaio (6 pazienti) di infezione da Clostridioides difficile verificatosi nell’arco di 15 giorni nelle UO di medicina e cure sub-acute. Gli obiettivi specifici del lavoro del CIO nell’anno 2022 sono stati i seguenti: 1) proseguire il lavoro di raccolta e analisi dei dati delle infezioni nosocomiali segnalate dal laboratorio clinico; 2) segnalare precocemente quei campanelli d’allarme che hanno permesso di identificare un focolaio infettivo tra i pazienti fragili ricoverati nelle UO di Medicina e cure Sub acute; 3) identificare e implementare le azioni correttive per il controllo del focolaio riferito sopra e verificarne l’efficacia in termini di riduzione dei contagi. Metodi. Relativamente al primo obiettivo specifico, sono stati analizzati gli esami microbiologici, identificandone la genesi, nosocomiale e non. In seguito, sono state identificate le procedure e fattori di rischio che potrebbero aver favorito l’insorgenza dell’infezione, attraverso le analisi delle cartelle cliniche e la realizzazione di focus group con il personale sanitario della CdC. Dopo l’analisi dei referti microbiologici, è stato redatto un report con indicazioni sul numero e tipologia delle infezioni nosocomiali con le relative criticità emerse. In relazione al secondo obiettivo specifico, il campanello d’allarme, che ha permesso l’identificazione dell’inizio del focolaio infettivo, è stata la presenza di un paziente con sintomatologia enterica acuta, nell’ala del reparto opposta a quella in cui erano presenti due pazienti con diagnosi accertata di infezione da CD. In ottemperanza al terzo obiettivo, l’intero reparto di Medicina è stato messo in quarantena, sono state sospese per 2 settimane le visite di familiari e il ricovero di nuovi pazienti. Inoltre, è stato attivato l’isolamento da contatto per ogni paziente ricoverato, positivo o non, con cartellonistica apposta sulle porte delle camere di degenza. Sono stati richiesti interventi straordinari di sanificazione delle camere, dei corridoi e di tutti i locali presenti. In collaborazione con SIMPIOS, sono stati contattati specialisti del settore, al fine ci comprovare l’adeguatezza delle procedure adottate per il contenimento del focolaio. Il personale sanitario è stato fortemente sensibilizzato all’adesione sulle corrette procedure del lavaggio mani, che è considerata la misura prioritaria per impedire la diffusione del batterio. A seguito della riduzione di nuovi casi di infezione da CD, fino alla completa risoluzione nel giro di 15 giorni, sono stati ripristinati, con gradualità e cautela, i ricoveri di nuovi pazienti nelle due Unità Operative e le visite dei familiari. Risultati. L’intervento sul campo del Comitato Infezione Ospedaliere ha portato all’interruzione della trasmissione dell’infezione. Nel secondo semestre del 2022 è stata identificata una sola infezione da CD, correlata all’utilizzo di antibioticoterapia e non secondaria a procedure assistenziali. Conseguentemente all’esperienza vissuta durante il focolaio riportato, abbiamo modificato le procedure assistenziali e attualmente i pazienti che presentano sintomatologia sospetta per enterite acuta vengono isolati, come misura cautelativa, fino all’esito dell’indagine microbiologica. Conclusioni. Una delle metodiche più efficaci e più semplici da adottare è il lavaggio delle mani, che però risulta essere ancora oggi una pratica non utilizzata in modo adeguato da parte degli operatori sanitari. Per questo motivo, la Direzione ha ritenuto utile dotarsi di un nuovo software per monitorare l’adesione al processo del lavaggio mani da parte del personale di ogni UO. La piattaforma scelta per il monitoraggio verrà implementata con moduli che incentivano le conoscenze di tutti gli operatori sanitari delle varie UO sulla prevalenza e incidenza delle ICA nei singoli settori lavorativi. Dalle analisi effettuate è emerso che nonostante le attività di monitoraggio e realizzazione di protocolli sempre aggiornati, appare indispensabile procedere ad un controllo attento e tempestivo sul campo, in modo da intercettare eventuali inadeguate procedure che possono potenzialmente favorire le ICA.



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Attivazione del servizio a gestione infermieristica degli accessi venosi centrali e periferici (TAV), formazione e sorveglianza

M. Vanni¹, B. Calesini¹, M Casali¹, A. Puorto², S. Salvatori³,
N. Marcatelli
4, R. Giannini5, L. Savegnago4

¹UO Terapia Antalgica Ausl Romagna ambito Rimini, ²UO Cardiologia Riccione Ausl Romagna ambito Rimini, ³UO Dialisi Rimini Ausl Romagna ambito Rimini, 4Rischio Infettivo Ausl Romagna ambito Rimini, 5Direzione Infermieristica e Tecnica Ausl Romagna ambito Rimini

Introduzione. La letteratura internazionale suggerisce fortemente la necessità di istituire un gruppo di professionisti specializzati e dedicati a tempo pieno all’impianto e alla gestione degli accessi vascolari venosi, al fine di migliorare gli esiti clinici e organizzativi. La scelta proattiva dell’accesso idoneo, la formazione degli operatori sanitari con relativa condivisione di documenti di riferimento, l’attività di monitoraggio e la soddisfazione dei pazienti, conducono ad una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti e migliorano le politiche aziendali sul tema. Nella Regione Emilia Romagna, la costituzione di un Team Accessi Vascolari (TAV) nelle realtà sanitarie ospedaliere rappresenta uno dei punti cardine delle Linee Guida di Indirizzo Regionali del 2021 che trae le proprie basi da quanto emerso in letteratura. Metodi. A partire dal 3 gennaio 2022, la Direzione Infermieristica e Tecnica e la Direzione Medica dell’ambito di Rimini Ausl della Romagna hanno istituito il Servizio TAV per rispondere alle numerose richieste di impianto di PICC-Peripherally Inserted Central Catheter e cateteri venosi profondi provenienti da tutto l’ambito territoriale. È stato identificato un locale idoneo da dedicare all’attività ambulatoriale come definito da procedura aziendale, che richiede come setting un ambulatorio chirurgico attrezzato. Il progetto ha previsto un’allocazione progressiva del personale infermieristico con formazione specifica in possesso del Master di I livello Risk Management degli Accessi Vascolari, il quale garantisce l’attività assistenziale con un’apertura dell’ambulatorio sei giorni alla settimana. All’inizio sono stati assegnati due professionisti e successivamente inserito un terzo. Da febbraio a giugno, in collaborazione con il Settore Rischio Infettivo, è stato costruito un database di raccolta dati secondo criteri internazionali: CRABSI (infezione catetere correlata), CLABSI (infezione catetere associata), dislocazioni, trombosi, occlusioni. È stato inoltre programmato un corso di formazione sulla gestione degli accessi vascolari e scelta del materiale appropriato, dedicato al personale infermieristico di alcuni reparti e servizi ospedalieri, che gestisce accessi vascolari, decisione presa dopo sopralluoghi a causa di criticità emerse. Risultati. Nel 2022 sono stati posizionati 403 Picc, 201 Midline, 68 Minimidline. Le complicanze sono state: 6 CRABSI e 6 CLABSI su 44.775 giorni catetere con percentuale totale dello 0,27%, di cui 0,13% CRABSI e 0,13 CLABSI; 11 TVP (trombosi venosa profonda) con percentuale 2,7%, 3 occlusioni, 10 Dislocazioni. Altro: dolore/secrezione e flogosi exit site con numero di 4, e 2 loop. Nell’ambito del corso di formazione sono state effettuate 39 edizioni di 2 ore ciascuna e la percentuale dei formati è stata >80% sul totale degli infermieri in organico delle unità operative di Oncoematologia, Day Hospital Oncologici, Medicine e Lungodegenze, Geriatria, Chirurgia Generale, Ortopedie, Medicine d’Urgenza e Pronto Soccorsi. Conclusioni. L’approccio del team alla valutazione, inserimento e mantenimento dei dispositivi vascolari evidenzia il miglioramento degli esiti clinici, dell’esperienza del paziente e del processo di cura. I professionisti dedicati garantiscono il mantenimento delle competenze avanzate indispensabili per aver un alto livello di successo nelle procedure; la frequenza della pratica è legata alla diminuzione dei fallimenti procedurali. La formazione degli operatori e la sorveglianza contribuiscono ad intercettare e prevenire le complicanze migliorando la qualità delle cure. L’obiettivo centrale della sicurezza del paziente si unisce al miglioramento del costo-efficacia nonché all’efficienza aziendale.





Antibiotici e resistenza


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Antimicrobico-resistenza (AMR) in Piemonte: confronto tra le ultime due sorveglianze con lo Studio di Prevalenza Puntuale (PPS) delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) negli ospedali per acuti

R. Bussolino1, C. Gastaldo1, H. Elhadidy1, E. Rolfini1, A. Russotto1, S. Bazzolo2, C. Vicentini1, C.M. Zotti1

1Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e Pediatriche, Torino, 2Politecnico di Torino, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture (DIATI), Torino

Introduzione. L’AMR rappresenta globalmente una minaccia per la Sanità Pubblica. Per tale ragione, dal 2011, l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha promosso, con cadenza quinquennale, la partecipazione di tutti gli Stati europei al PPS. L’obiettivo di questo studio è di confrontare i dati relativi all’AMR e alle ICA, raccolti in Piemonte nelle edizioni 2016-2017(PPS2) e 2022(PPS3), al fine di valutare l’andamento di AMR negli anni e la necessità di nuovi interventi di prevenzione e controllo delle infezioni. Metodi. In entrambe le edizioni hanno partecipato 42 ospedali per acuti piemontesi, con una rappresentatività del totale delle Aziende del territorio, applicando rispettivamente le versioni di protocollo ECDC PPS 5.3 e 6.1. In totale sono stati coinvolti 7.525 pazienti nel PPS2 e 7.274 nel PPS3. Al fine di garantire la confrontabilità tra gli studi, per il PPS3 sono stati considerati 6.865 pazienti non-Covid, escludendo pazienti ricoverati in reparti Covid e con diagnosi di ICA da Covid-19. Sono stati confrontati le prevalenze di ICA e i profili di AMR dei microrganismi individuati nella raccolta dati dei PPS. È stato utilizzato EpiInfo versione 7.2.5 per effettuare i calcoli, chi-quadro per confrontare i due PPS e considerato statisticamente significativo un p value <0,05. Risultati. In Piemonte la prevalenza di ICA raggiunta nell’ultima edizione, escludendo i pazienti Covid-19, è stata del 8,05% (95%, IC 7,44-8,72), con un lieve incremento rispetto alla precedente edizione (7,26%, p 0.01). Tra i 44 differenti microrganismi isolati, i più frequenti in ordine decrescente sono stati: Klebsiella pneumoniae (15,2% vs 12,5% del PPS2), Escherichia coli (14,5% vs 16,8%), Staphylococcus aureus (9,2% vs 8,7%), Pseudomonas aeruginosa (8,7% vs 8,2%), Clostridium difficile (6,2% vs 6,4%) per i quali non vi sono state differenze statisticamente significative nella distribuzione rispetto al PPS2. Nei profili di resistenza dei microrganismi sono emerse alcune differenze rispetto al PPS2. S. aureus è risultato oxacillino-resistente nel 32,5% (95% CI 20,09 - 47,98) dei casi rispetto al precedente (61,8%, p 0,0001). Vi è stato un dimezzamento di E. coli resistente alle cefalosporine di terza generazione (25,4% [95% CI 16,28 - 37,34] vs 50% del PPS2, p 0,00009). In K. pneumoniae vi è stata una riduzione di resistenza sia alle cefalosporine di terza generazione (39,4% [95% CI 28,5-51,4] vs 73,5%, p. <0,0000001) sia ai carbapenemi (27,3% [95% CI 18 - 39,04] vs 53,1%, p 0,00003) rispetto al PPS2, ma un aumento del totale dei casi (66 vs 49 casi). Acinetobacter baumannii invece ha raggiunto una resistenza ai carbapenemi del 100% su 14 casi rispetto al precedente studio (13 casi totali con resistenza al 92,3%, p 0,28). Conclusioni. Dal confronto tra le due edizioni è emerso un lieve incremento nella prevalenza di ICA e nel numero di microrganismi isolati che potrebbero essere attribuiti a cambiamenti nel case-mix ma anche ad un miglioramento delle capacità diagnostiche del laboratorio. Si confermano come maggiormente frequenti negli ospedali per acuti piemontesi gli stessi microrganismi ad eccezione dello Staphilococcus epidermidis, il quale è stato sostituito da E. faecalis. Nonostante vi siano state riduzioni di resistenze statisticamente significative, l’incremento del numero di ICA indica che è necessario continuare ad affrontare questa sfida implementando ulteriormente le strategie di prevenzione e controllo attualmente in atto.


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Utilizzo degli antibiotici negli ospedali per acuti in Piemonte: confronto dei risultati ottenuti nelle sorveglianze mediante prevalenza puntuale 2017-2022

C. Gastaldo1, R. Bussolino1, E. Rolfini1, A. Russotto1, H. Elhadidy1, S. Bazzolo2, C. Vicentini1, C.M. Zotti1

1Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Torino, 2Politecnico di Torino, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture, Torino

Introduzione. Dal 2011, l’Italia partecipa agli studi europei di prevalenza puntuale (PPS) sulle infezioni correlate all’assistenza (ICA) e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti, organizzati, con cadenza quinquennale, dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC). Nel novembre 2022, si è svolta la terza edizione del PPS, coordinata a livello nazionale dall’Università degli Studi di Torino. In questo studio, si confrontano i dati relativi all’uso di antibiotici negli ospedali piemontesi del PPS3 con quelli del precedente PPS2 svoltosi nel 2017. Metodi. Sono stati analizzati i seguenti dati relativi all’uso degli antibiotici: pazienti sottoposti a terapia antibiotica il giorno dello studio, numero totale di antibiotici prescritti, suddivisi per indicazione (trattamento e profilassi), 10 molecole più prescritte ed è stato valutato se la motivazione della somministrazione dell’antibiotico era riportata in cartella clinica. Sono state quindi effettuate delle analisi descrittive e un confronto con i risultati del precedente PPS2. Per una maggiore confrontabilità, sono stati esclusi i pazienti affetti da Covid-19 (N=409). Risultati. Hanno partecipato 42 ospedali per acuti a entrambe le edizioni, rappresentativi di tutte le Aziende della Regione. Nel 2022, su 6.865 pazienti non-Covid-19 inclusi, 2.725 ovvero il 39,7% (IC 95%, 38,5-40,9) erano in trattamento con almeno 1 antibiotico per via sistemica (3.226 nel PPS2, 42,9%) e sono stati prescritti 3.503 antibiotici, (media:1,29 atb/pz) a fronte dei 4.351 del precedente studio (1,35 atb/pz). Analizzando invece l’indicazione alla somministrazione (trattamento o profilassi), nel 25% dei casi si trattava di una profilassi (38,1% medica, 61,8% chirurgica), mentre nel 68,3% di una terapia (vs 64,6% nel PPS2). Tra le 10 molecole più prescritte, le prime 3 sono state, in entrambi gli studi, piperacillina e inibitori enzimatici (17,6% vs 13,8%), ceftriaxone (14,2% vs 12,5%), amoxicillina e inibitori enzimatici (8,4% vs 10,1%). Non troviamo invece ciprofloxacina e ampicillina (e inibitori enzimatici) che erano collocate rispettivamente al 7° e al 10° posto nel PPS2. Stabile meropenem (6,1% vs 6,3%) e metronidazolo (2,9% vs 3,5%), mentre diminuisce la prescrizione di levofloxacina (3,1% vs 8,5%) e aumenta quella della cefazolina (7,4% vs 5,5%). Rientrano inoltre tra le prime 10 molecole azitromicina (3,1%) e linezolid (2,9%). La motivazione in cartella è stata dichiarata nel 90,7% dei casi (vs 83,2%). Conclusioni. Confrontando i due PPS, è emerso come nel 2022 ci sia stata una riduzione complessiva della prescrizione di antibiotici, evidenziando un’importante diminuzione dell’uso dei fluorochinoloni (in linea con le nuove raccomandazioni a livello europeo e nazionale), nonostante le infezioni sintomatiche delle basse vie urinarie risultino essere ugualmente al secondo posto, dopo le polmoniti, come infezioni maggiormente frequenti. È diminuito anche l’utilizzo di antibiotici per la profilassi medica, probabilmente anche grazie alla risoluzione di un bias creatosi nel PPS precedente, dove quest’ultima era stata assimilata alla terapia empirica. È emersa anche una maggiore accuratezza nella trascrizione della motivazione della somministrazione dell’antibiotico in cartella. Concludendo possiamo quindi notare come ci sia stato un miglioramento sia qualitativo che quantitativo nell’utilizzo degli antimicrobici negli ospedali del Piemonte, che ci proponiamo di confrontare con i risultati che si renderanno disponibili sia a livello nazionale che europeo.


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Analisi comparativa dei valori di concentrazione minima inibente degli isolati di Corynebacterium spp. nel bacino di utenza dell’azienda ospedaliera di Alessandria nel periodo dicembre 2021-maggio 2023

C. Leli, D. Vay, L. Ferrara, M. Cerrato, S. Castaldo, V. Pizzo,
A. Rocchetti

SC di Microbiologia e Virologia, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria

Introduzione. Le infezioni da Corynebacterium spp. hanno una minore prevalenza rispetto a quelle sostenute da altri batteri, come Staphylococcus spp. ed Enterobacterales. Tuttavia in corso di infezione da corinebatteri, la scelta dell’antibiotico può essere resa difficile in relazione alle varie specie isolate, che possono mostrare un profilo di suscettibilità molto diverso tra loro. L’antibiogramma è pertanto fondamentale per impostare una corretta terapia ed il monitoraggio della prevalenza locale di resistenza di Corynebacterium spp. è di grande aiuto in attesa dei risultati del saggio di sensibilità. Scopo dello studio è stato pertanto il confronto dei profili di antibiotico-resistenza degli isolati di Corynebacterium spp. in relazione alla specie, nel bacino di utenza del nostro Ospedale negli ultimi 18 mesi. Metodi. Sono stati inclusi i campioni biologici con richiesta di esame colturale e ciascun isolato è stato incluso una sola volta per episodio infettivo (30 giorni) per ciascun paziente. L’antibiogramma è stato eseguito mediante test a gradiente di concentrazione. Le concentrazioni minime inibenti (MIC) sono state interpretate mediante linee guida European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing (EUCAST) versioni 11.0, 12.0 e 13.0. I confronti tra frequenze sono stati condotti mediante test esatto di Fisher, mentre quelli tra mediane mediante test U di Mann-Whitney. I valori di significatività sono stati fissati a P≤0,05. Risultati. Sono stati inclusi 89 campioni da un eguale numero di pazienti. L’età mediana dei pazienti era di 71 anni [range interquartile (IQR): 62-76,5], 48/89 (53,9%) pazienti erano di sesso maschile e 64/89 (71,9%) campioni provenivano da pazienti ricoverati. Emocolture, biopsie, tamponi da ferita/ulcera ed urinocolture hanno rappresentato più del 50% dei campioni inclusi. Corynebacterium striatum è risultata la specie più frequente (50/89; 56,2%). In particolare, C. striatum è stato isolato da 11/12 (91,7%) biopsie positive vs 39/77 (50,6%) altri campioni, P=0,01 e da 14/16 (87,5%) tamponi ferita/ulcera vs 36/73 (49,3%) altri campioni, P=0,005. Il confronto tra i valori mediani di MIC documentati per C. striatum vs altra specie ha mostrato alcune differenze significative. Benzilpenicillina: 12 mg/l (IQR: 4-256) vs 0,38 mg/l (IQR: 0,05-18), P<0,0001; ciprofloxacina: 32 mg/l (IQR: 32-32) vs 16 mg/l (IQR: 0,19-32), P<0,0001; gentamicina: 2 mg/l (IQR: 1,5-16) vs 0,5 mg/l (IQR: 0,094-1,75), P<0,0001; clindamicina: 256 mg/l (IQR: 256-256) vs 256 mg/l (IQR: 3-256), P=0,008; tetraciclina: 16 mg/l (IQR: 1-96) vs 0,25 mg/l (IQR: 0,19-0,625), P<0,0001; rifampicina: 32 mg/l (IQR: 32-32) vs 0,006 mg/l (0,002-0,016), P<0,0001. Nessuna differenza è stata evidenziata per vancomicina [0,5 mg/l (IQR: 0,38-0,5) vs 0,5 mg/l (0,38-0,5), P=0,218] né per linezolid [0,25 mg/l (IQR: 0,19-0,38) vs 0,25 mg/l (0,19-0,38), P=0,452], verso i quali tutti gli 89 isolati hanno mostrato valori di MIC entro il range di suscettibilità. Pertanto, dei 50 isolati di C. striatum, ad esclusione di vancomicina, linezolid e gentamicina, soltanto 17/50 (34%) hanno mostrato MIC di suscettibilità verso tetraciclina e 10/50 (20%) verso rifampicina. Conclusioni. Corynebacterium striatum è stata la specie di Corynebacterium più frequentemente isolata e con i più elevati valori di MIC verso quasi tutti gli antibiotici indicati da EUCAST. Vancomicina e linezolid sono le uniche molecole verso le quali tutti gli isolati di tutte le specie si sono mostrati sensibili, in coerenza con le linee guida EUCAST.



P54.

Il consumo degli antibiotici nell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria prima e dopo l’introduzione di un programma di stewardship antibiotica: studio osservazionale descrittivo

A. Tedesco1, L. Cipriano2, G. Stroffolini1, S. Marocco1, B. Davide3, M.A. Zanella3, F. Rizzolo1

1IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Dipartimento di Malattie Infettive-Tropicali e Microbiologia, UO Malattie Infettive e Tropicali, 2IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Servizio di Farmacia Ospedaliera, 3IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Direzione Sanitaria, Negrar di Valpolicella (VR)

Introduzione. L’utilizzo inappropriato di antibiotici sia in ambito umano che veterinario rappresenta la principale causa di comparsa e diffusione di microorganismi multi resistenti, con aumento del carico assistenziale sul sistema sanitario, incremento della durata di degenza, della mortalità e dei costi associati. I programmi di antimicrobial stewardship comportano riduzioni significative del consumo di antibiotici, con riduzione della durata della degenza ospedaliera e dei costi sanitari. Il monitoraggio del consumo di antibiotici risulta fondamentale ed è uno dei pilastri del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico Resistenza (PNCAR) 2021-2025 non solo a livello nazionale e regionale, ma anche a livello locale. L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di osservare i tassi di consumo ospedaliero degli antibiotici prima e dopo l’introduzione nel 2019 del programma di stewardship antibiotica (ABS) sia in un setting ospedaliero che riabilitativo. Metodi. Studio osservazionale retrospettivo descrittivo. Presso l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria (VR), che comprende 450 posti letto per acuti e 125 di riabilitazione, tramite il database della farmacia sono stati raccolti i dati del consumo di antibiotici dal 2016 al 2022. Nel 2019 l’ospedale ha introdotto un nuovo programma di ABS che includeva l’aumento da due a tre medici infettivologi full-time per le consulenze, la restrizione prescrittiva della terapia antibiotica, tra cui, oltre i nuovi antibiotici, carbapenemi e piperacillina/tazobactam, e la sorveglianza attiva delle emocolture positive con immediata impostazione di terapia antibiotica empirica e poi mirata secondo l’antibiogramma. I tassi di consumo ospedaliero sono stati calcolati in dose definita giornaliera (Defined Daily Dose, DDD) per 100 giornate di degenza (GD) e sono stati scorporati per classi di antibiotici secondo il sistema di classificazione anatomico, terapeutico e chimico (Anatomical Therapeutic Chemical, ATC). Un secondo indicatore calcolato è stata la % di DDD/100 GD secondo la classificazione AWaRe degli antibiotici del WHO (AWaRe Classification Database). I dati sono stati analizzati tramite il programma Excel e rappresentati attraverso statistica descrittiva. Risultati. Dopo l’implementazione del programma di ABS il consumo globale di antibiotici si è ridotto nell’ospedale per acuti del 9,2% (62,5 DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 56,8 nel periodo 2019-2022) e nell’area riabilitativa del 22,9% (32,8 DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 25,3 nel periodo 2019-2022). Nel periodo post-programma ASB l’utilizzo degli antibiotici Access secondo la classificazione AWaRe è aumentato del 16% nell’ospedale per acuti (29,3% DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 45,3% nel periodo 2019-2022) e del 9,7% nell’area riabilitativa (40,0 % DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 49,7% nel periodo 2019-2022). Dal 2019 al 2022 l’utilizzo di carbapenemi si è ridotto complessivamente del 24% (3,7 DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 2,8 nel periodo 2019-2022) e dei fluorochinoloni del 70% (10,68 DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 3,47 nel periodo 2019-2022), a fronte di un aumento del consumo di cefalosporine di terza generazione del 13,1% (9,1 DDD/100 GD in media nel periodo 2016-2018, 10,3 nel periodo 2019-2022). La soglia target del WHO del 60% di utilizzo di antibiotici Access è stata raggiunta nell’anno 2022 in 8 su 10 reparti di area chirurgica, e in 1 su 10 reparti di area medica. Conclusioni. L’implementazione del programma di ABS ha portato ad una riduzione complessiva del consumo di terapia antibiotica, ad un aumento dell’utilizzo di antibiotici Access, all’utilizzo delle cefalosporine di terza generazione, non incluse nell’intervento di restrizione prescrittiva. L’intervento nelle aree mediche deve essere implementato.


P55.

Consumo di antibiotici in Terapia Intensiva e confronto tra il periodo pre-pandemico (2019) ed il triennio 2020-2022 nel Presidio ospedaliero Hub della Regione Molise

V. Viccione1, M.T. Pilla1, R. De Dona1, S. Manocchio1, C. Adesso1,
A. D’Amico
1, M.A. Di Palma1, A. Natale1, A. Pompei1, N. Samprati1, G. Sansone1, A. Santagata1, E. Scattareggia1, A. Salzo2,
M. Tamburro
3, A. Lombardi3, R. Flocco2, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Covid-19 può evolvere in forme severe e necessitare di ricovero in terapia intensiva (TI). Sebbene si tratti di una malattia virale, sono utilizzati anche gli antibiotici, sia per trattare le sovrainfezioni batteriche, correlate o non all’assistenza, sia per profilassi. Lo scopo dello studio è valutare il consumo di tali farmaci nel triennio 2020-2022 e confrontarlo con quello pre-pandemico del 2019. Metodi. I dati sono ricavati dal software di gestione delle terapie di reparto, Bustermed, attraverso l’analisi dei trattamenti nel reparto di TI dal 2020 al 2022. I consumi dei singoli farmaci, dal 2019 al 2022, sono ottenuti tramite il database della farmacia ospedaliera, espressi come Defined Daily Dose (DDD). Risultati. Nei 4 anni considerati, sono state utilizzate 14 classi di antibiotici. Le prime cinque classi per consumo sono state: cefalosporine, con 46 DDD sia nel 2019, sia nel 2020, 1.712 nel 2021 e 742 nel 2022; glicopeptidi con 194 DDD nel 2019, 622 nel 2020, 986 nel 2021, 224 nel 2022; ossazolidinoni con 310 DDD nel 2019, 640 nel 2020, 680 nel 2021 e 300 nel 2022; carbapenemi con 360 DDD nel 2019, 260 nel 2020, 640 nel 2021, 462 nel 2022; macrolidi con 40 DDD nel 2019, 562 nel 2020, 388 nel 2021, 220 nel 2022. Il consumo totale di antibiotici nel 2020 (5.462 DDD) e nel 2021 (5.985 DDD), anni in cui il reparto di TI ha ricoverato esclusivamente pazienti-Covid, è significativamente aumentato in confronto al 2019 (3.917 DDD), con un incremento del 39,4% e 52,8%, rispettivamente. Nel 2022, sono stati ricoverati sia pazienti-Covid, sia quelli con altre patologie ed il consumo complessivo è stato di 3.080 DDD, facendo registrare un decremento del 27,2% rispetto al 2019. Le 5 molecole maggiormente utilizzate nel triennio 20-22 sono ceftriaxone (2.815 DDD), teicoplanina (1.732 DD), linezolid (1.620 DDD), meropenem (1.330 DDD) e azitromicina (1.170 DDD), mentre nel 2019, il maggior consumo è stato per ceftriaxone (1.018 DDD), metronidazolo (480 DDD), rifaximina (416 DDD), meropenem (360 DDD) linezolid (310 DDD). Alcune molecole poco o per nulla utilizzate nel 2019 hanno visto incrementi significativi nel triennio 20-22, come per azitromicina (40 vs 1.170 DDD), ceftarolina (20 vs 716) e teicoplanina (184 vs 1.732). Conclusioni. Sebbene siano state utilizzate molteplici classi di antibiotici, le prescrizioni riguardano poche molecole, poiché alcune comprendono solo una specialità farmaceutica, come macrolidi (azitromicina), ossazolidinoni (linezolid), polimixine (colistina), rifaximine (rifamicina) e lincosamidi (clindamicina). Il loro consumo è aumentato esponenzialmente nel periodo pandemico, plausibilmente per il lungo periodo di ricovero in TI dei pazienti-Covid e per la conseguente necessità di gestione delle ICA. Rispetto al 2019, il consumo delle singole molecole è cambiato drasticamente, passando da cefalosporine di terza generazione e farmaci ad uso gastrointestinale ad antibatterici ad ampio spettro. Il consumo di antibiotici nel 2021, in cui si è registrato il maggior numero di ricoveri per Covid-19 severo, ha superato quello degli altri anni per poi diminuire nel 2022. A livello nazionale, invece, nel 2021 si è osservata una riduzione del consumo ospedaliero di antibiotici del 23,3% rispetto al 2020. Dopo la comparsa di SARS-CoV-2, le classi di antibiotici che hanno visto il maggior incremento sono state cefalosporine e macrolidi, in linea con i dati nazionali (AIFA). Nonostante non siano disponibili dati sull’indicazione al trattamento per definire l’appropriatezza prescrittiva, questa è la prima valutazione che consente un confronto del consumo ospedaliero in TI nel periodo pre-pandemico e pandemico a livello regionale. Per una maggiore completezza, è opportuno proseguire lo studio determinando i consumi dell’anno corrente, nel quale il reparto di TI sta ricoverando in minima parte pazienti-Covid.


P56.

Infezioni Correlate all’Assistenza e profili di antibiotico resistenza in pazienti con Covid-19 ricoverati in Terapia Intensiva tra il 2020 e il 2022 nella Regione Molise

S. Manocchio1, C. Adesso1, N. Samprati1, M.T. Pilla1, A. Natale1,
R. De Dona
1, A. D’Amico1, A. Santagata1, V. Viccione1,
M.A. Di Palma
1, G. Sansone1, A. Pompei1, E. Scattareggia1,
F. Cannizzaro
1, M. Tamburro2, A. Lombardi2, R. Flocco3,
G. Ripabelli
4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 3Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva e Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) costituiscono un problema rilevante in sanità pubblica, soprattutto se sostenute da microrganismi multiresistenti. Diversi studi hanno evidenziato che i pazienti affetti da Covid-19 presentano un rischio aumentato di sviluppare ICA durante la degenza in terapia intensiva (TI). In questo studio, sono stati valutati i profili di antibiotico resistenza dei batteri responsabili di ICA isolati da pazienti con Covid-19 ricoverati nella TI dell’Ospedale Hub della regione Molise tra il 06/03/2020 e il 14/07/2022. Metodi. Nel periodo esaminato, 100 pazienti (77% maschi; età media 65+8,5; range 47-84 anni) su 172 ricoverati in TI con infezione da SARS-CoV-2 hanno sviluppato almeno una ICA (prevalenza del 58,1%). Sono state considerate le infezioni confermate da referto microbiologico per un totale di 168 ICA. Le infezioni per paziente sono state in media 2,8 nel 2020, 2,6 nel 2021 e 3,1 nel 2022. L’antibiogramma è stato disponibile per il 92,9% (n=156) degli isolamenti e i risultati sono stati interpretati in accordo con i criteri EUCAST. Risultati. Le infezioni con antibiogramma sono state sostenute principalmente da Pseudomonas aeruginosa (n=30, 19,2%), seguito da Enterococcus faecalis (n=26, 16,7%), Staphylococcus aureus (n=24, 16%), Klebsiella pneumoniae (n=25, 16%), Acinetobacter baumannii (n=11, 7%) e Enterococcus faecium (n=9, 5,8%). Il 63,5% (n=87) dei ceppi è stato isolato da broncoaspirato. P. aeruginosa ha mostrato resistenza alla classe delle penicilline, ad eccezione di piperacillina-tazobactam con solo 4 (13,3%) isolati resistenti. Inoltre, 6 (20%) ceppi sono risultati resistenti a imipenem e 5 (16,7%) a meropenem; 7 (23,3%) alla ciprofloxacina e 8 dei 21 ceppi testati (38,1%) alla levofloxacina. Il 95,2% degli isolati di S. aureus è risultato resistente all’eritromicina (n=23) e il 54,2% (n=13) all’oxacillina, mentre tutti hanno mostrato sensibilità a linezolid, vancomicina e tigeciclina. La totalità dei ceppi di K. pneumoniae è risultata resistente alla classe delle penicilline e alle cefalosporine di III e IV generazione, mentre il 4% (n=1) ha mostrato resistenza a imipenem e meropenem. A. baumannii ha presentato resistenza a tutti gli antibiotici testati, inclusi carbapenemi, fluorochinoloni, aminoglicosidi; 7 sono stati testati anche per la colistina presentando una resistenza pari all’85,7% (n=6). Tutti gli isolati di E. faecium sono stati resistenti a penicilline, cefalosporine, fluorochinoloni, carbapenemi e aminoglicosidi e solo il 22,2% (n=2) a vancomicina e teicoplanina, mentre tutti hanno mostrato suscettibilità a linezolid. Conclusioni. L’analisi delle resistenze antimicrobiche ha rilevato dati in linea con quelli dei sistemi di sorveglianza nazionali (dati della rete AR-ISS del 2021 e ultimi dati disponibili della sorveglianza nazionale delle infezioni in TI, progetto SITIN Emilia-Romagna) con, tuttavia, differenze importanti relative alla resistenza estremamente elevata di S. aureus verso eritromicina (95,8% vs 36,8%) e di A. baumannii (85,7% vs 21,4%) verso colistina. Inoltre, proporzioni di resistenza particolarmente critiche sono state osservate in E. faecium nei confronti di tutti gli antibiotici testati, con una sensibilità significativa solo alla classe dei glicopeptidi. Questi risultati confermano l’utilità del programma di antimicrobial stewardship di recente applicato in ambito aziendale, per giungere ad un uso ragionato degli antibiotici nel contesto ospedaliero.



P57.

Adeguatezza della profilassi chirurgica peri-intervento in un ospedale del centro Italia: utilizzo delle cefalosporine

A. D’Amico1, R. De Dona1, V. Viccione1, M.T. Pilla1, S. Manocchio1, C. Adesso1, M.A. Di Palma1, A. Natale1, A. Pompei1, A. Santagata1, N. Samprati1, G. Sansone1, E. Scattareggia1, A. Salzo2,
A. Lombardi
3, M.L. Sammarco3, M. Tamburro3, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. La profilassi antibiotica perioperatoria (PAP) è considerata uno dei metodi più efficaci per prevenire le infezioni del sito chirurgico (ISC). In un’epoca di forte attenzione verso l’antibiotico-resistenza, è fondamentale conoscere l’utilizzo effettivo di antibiotici a scopo di profilassi in ambito ospedaliero. Le cefalosporine sono la classe di antibiotici più utilizzata per la PAP, ma con una scelta di principio attivo spesso variabile. Lo scopo dello studio è quello di indagare l’aderenza alle linee guida nell’utilizzo delle molecole antibiotiche appartenenti a questa classe, in ambito di PAP, in un HUB ospedaliero del centro Italia. Metodi. Lo studio è stato condotto nel mese di novembre 2022 presso l’Ospedale Hub della Regione Molise. I dati sono stati raccolti nell’ambito di una Point Prevalence Survey (PPS) per la valutazione della prevalenza puntuale delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e dell’utilizzo di antibiotici negli ospedali per acuti, in accordo con il protocollo dell’European Center for Disease Control and Prevention (ECDC versione 6.1). Risultati. Sono state visionate le cartelle cliniche di 164 pazienti presenti nei reparti di degenza nei giorni della rilevazione (21-25 novembre 2022) e che rientravano nei criteri di eleggibilità. L’analisi ha evidenziato che il 47,6% (n=78) di essi era in trattamento con almeno 1 antibiotico: il 19,2% (n=15) con 2 antibiotici e il 2,6% (n=2) con 3. In totale, l’uso di antibiotici è stato per profilassi medica e chirurgica per il 42,1% (n=40), per il trattamento di infezioni per il 40% (n=38) e per usi non specificati per il 17,9% (n=17). Per quanto concerne i reparti a caratterizzazione chirurgica, sono state analizzate le cartelle di 70 pazienti (51,4% maschi) di età compresa tra i 26 e 91 anni (media 64,3). I reparti hanno incluso: Chirurgia Generale (32,9% dei ricoveri), Ortopedia (27,1%), Urologia (18,6%), Ginecologia ed Ostetricia (11,4%), Chirurgia Vascolare (8,6%) e Otorinolaringoiatria (1,4%). La PAP ha coinvolto 39 pazienti (55,7%): per 2 pazienti (5,1%) è stata prescritta una profilassi a singola dose, per 3 (7,7%) una profilassi di 24 ore, mentre per i restanti 34 (87,2%) è stata prescritta per un periodo maggiore di 24 ore. Tra gli antibiotici, 30 prescrizioni riguardavano le cefalosporine: di queste, 23 (76,7%) erano rappresentate da ceftriaxone e 7 (23,3%) da cefuroxima, quest’ultima prescritta in un solo reparto. Tra i 30 pazienti, 14 (46,7%) erano in attesa di chirurgia e altri 16 (53,3%) erano stati operati nelle 48 ore precedenti alla rilevazione. In tutti i casi, la somministrazione è stata parenterale, tranne in un caso (cefuroxima) per via orale. Conclusioni. Tra i reparti di area chirurgica osservati, uno solo ha utilizzato la cefuroxima, cefalosporina di II generazione, con una appropriatezza prescrittiva per PAP del 23,3% (N=7). Negli altri reparti era utilizzato il ceftriaxone, cefalosporina di III generazione che dovrebbe essere riservata alle terapie o alla profilassi solo laddove sia nota la presenza di resistenza a questo antibiotico nello stesso nosocomio. Anche la durata della profilassi non era congrua con le linee guida, che va da 120 minuti prima dell’incisione chirurgica fino alle 24 ore successive. Questi dati hanno evidenziato l’assenza di procedure e programma di stewardship antimicrobica, necessari per uniformare le scelte tra i reparti ospedalieri. È stato quindi identificato un team multidisciplinare che ha sviluppato una procedura per l’uso appropriato degli antibiotici, dopo una valutazione epidemiologica della resistenza antimicrobica nell’ospedale dove lo studio è stato condotto.


P58.

Implementazione di un programma di antimicrobial stewardship e monitoraggio delle resistenze antimicrobiche presso l’AO Ordine Mauriziano di Torino

V. Bordino1, D. Morabito1, F. Golzio2, C. Ferrettini3, A. Briozzo4,
E. Cerutti
5, A. Vitale1, M.C. Azzolina6

1Direzione sanitaria di presidio, AO Ordine Mauriziano di Torino, 2Scuola di medicina, Università degli Studi di Torino, 3Laboratorio analisi, AO Ordine Mauriziano di Torino, 4Infettivologia, AO Ordine Mauriziano di Torino, 5Farmacia, AO Ordine Mauriziano di Torino, 6Direzione sanitaria d’azienda, AO Ordine Mauriziano di Torino

Introduzione. L’antimicrobico-resistenza (AMR) rappresenta una delle sfide più importanti nella sanità pubblica odierna, causata principalmente dall’uso improprio ed eccessivo degli antimicrobici, nonché dalla mancata aderenza alle misure di prevenzione delle infezioni. L’AMR può essere combattuta attraverso l’implementazione di strategie di antimicrobial stewardship (AMS), che mirano a migliorare l’appropriatezza terapeutica, ridurre le resistenze e migliorare gli outcome clinici. Questo studio retrospettivo si propone di descrivere le azioni intraprese dall’AO Ordine Mauriziano di Torino nel programma aziendale di AMS, raccogliere e analizzare i dati sulle resistenze antimicrobiche e sul consumo di antibiotici nel periodo 2019-2022. Metodi. I dati sulle resistenze antimicrobiche sono stati raccolti dal laboratorio di microbiologia, includendo gli isolati definiti “sotto sorveglianza” dall’European Antimicrobial Resistance Surveillance Network (EARS-Net). I dati sul consumo di antibiotici sono stati estratti dal software aziendale in collaborazione con la SC Farmacia. I risultati sono stati confrontati con i dati regionali e nazionali. Risultati. Durante il 2019-2022, il programma AMS ha implementato azioni come la creazione di un gruppo di lavoro dedicato all’AMR, sorveglianza delle resistenze e formazione per i clinici. I dati mostrano aumenti nell’Enterococcus faecium resistente alla vancomicina (41% nel 2022) e fluttuazioni nell’ Enterococcus faecalis. Klebsiella pneumoniae resistente al meropenem è diminuita al 6,1% nel 2022, inferiore al dato nazionale del 31,7%. Variazioni sono state osservate per Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter spp. resistenti al meropenem. Staphylococcus aureus MRSA è stato presente nel 50% degli isolati con resistenza superiore alla media regionale. Il consumo di antibiotici è diminuito (-27% levofloxacina, -8% meropenem, -13% vancomicina) nel 2022 rispetto al 2019. Il 2020, fortemente influenzato dalla pandemia Covid-19 ha registrato il consumo più alto. Conclusioni. L’implementazione del programma di AMS presso l’AO Ordine Mauriziano di Torino ha portato a risultati significativi nella gestione delle resistenze antimicrobiche e nel controllo del consumo di antibiotici. Tuttavia, ulteriori misure e un costante aggiornamento del programma sono necessari per affrontare l’AMR in modo efficace e preventivo.


P59.

Sorveglianza dell’Antimicrobico Resistenza (AMR) presso l’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova: focus su Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae

E. Baldoni1, O. Ferrante1, A. Ferrari1, E. Giribaldi1, P. Postma1,
B. Guglielmi
2, M. Paoletti2, F. Scola2, A. Marchese3, A. Morando4, A. Orsi2

1Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Scienze della Salute, 2Ospedale Policlinico San Martino IRCCS Genova, UO Igiene, 3Ospedale Policlinico San Martino IRCCS Genova, UO Microbiologia, 4Ospedale Policlinico San Martino IRCCS Genova, UO Governo Clinico e Organizzazione Ospedaliera

Introduzione. La resistenza antimicrobica (AMR) causa circa 30.000 decessi all’anno in Europa e rappresenta attualmente una delle principali minacce per la salute pubblica a livello mondiale. Tra tutte le specie resistenti, Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae sono oggetto di una stretta sorveglianza epidemiologica in quanto sono in grado di sviluppare molteplici resistenze e provocare infezioni con outcome clinici molto gravi. Metodi. In questo studio sono stati analizzati gli isolamenti di Klebsiella pneumoniae e Escherichia coli identificati nel laboratorio di microbiologia dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova dal 1° gennaio 2014 al 15 giugno 2023. Sono stati considerati solo i campioni provenienti da emocolture e liquor. Relativamente ai pazienti con più di un test di laboratorio positivo per lo stesso patogeno, sono stati esclusi i campioni prelevati entro 30 giorni dalla precedente positività, in quanto presumibilmente espressione di uno stesso episodio infettivo. I risultati privi di antibiogramma non sono stati inclusi. Risultati. Nel periodo in esame, la proporzione di Escherichia coli resistente ad almeno una cefalosporina di terza generazione (ceftriaxone, cefotaxime, ceftazidime) si attestava in media al 28,8%, con un trend in diminuzione: in particolare, la resistenza si è ridotta dal 34,6% (2014) al 26,6% (primo semestre del 2023). La percentuale di Escherichia coli resistente ai carbapenemi (imipenem o meropenem) si è mantenuta stabilmente inferiore all’1%. La resistenza di Klebsiella pneumoniae ad almeno una cefalosporina di terza generazione (ceftriaxone, cefotaxime, ceftazidime) è risultata essere in media 52,7%, con un andamento in diminuzione: da 80,6% (2014) a 34,7% (primo semestre del 2023). Analogamente, la resistenza ai carbapenemi (imipenem o meropenem) di K. pneumoniae si è ridotta dal 63% al 9,7% (valore medio 31,4%). Relativamente ai nuovi antibiotici disponibili, tra gli isolamenti oggetto dello studio nel periodo 2021-2023, in media il 3,4% e il 15,2% di K. pneumoniae è risultato resistente rispettivamente a ceftazidime-avibactam e a ceftolozane-tazobactam; E. coli ha mostrato bassi tassi di resistenza ad entrambe le molecole (0,1% e 1,4%). Tra il 2021 e il 2023, la resistenza combinata a cefalosporine di terza generazione e carbapenemi di K. pneumoniae ed E. coli si attestava all’11,4% e 0,3%, rispettivamente. Nel medesimo periodo, il 38,6% di K. pneumoniae e il 27,2% di E. coli è risultato resistente ad almeno un antibiotico tra cefalosporine di terza generazione, carbapenemi, ceftazidime-avibactam e ceftolozane-tazobactam. Su 11 casi per cui è stata testata la sensibilità di K. pneumoniae a cefiderocol e meropenem-vaborbactam, sono stati osservati rispettivamente 4 e 2 ceppi resistenti. In 3 casi è stata testata la suscettibilità a imipenem-relebactam e non si sono osservate resistenze. Conclusioni. La percentuale di resistenza alle cefalosporine di terza generazione di E. coli è in linea con i dati nazionali (28%, in diminuzione), ma è superiore alla media europea (14,8%). La resistenza ai carbapenemi è leggermente più elevata rispetto alla media italiana (0,3%) ed europea (0,2%) e, a differenza di queste (che si mantengono stabili), è in diminuzione. La percentuale media di K. pneumoniae resistente alle cefalosporine di terza generazione e ai carbapenemi è in linea con i dati italiani e superiore alle medie europee (rispettivamente 32,7% e 8,5%); tuttavia il trend è in discesa. In conclusione, al Policlinico San Martino di Genova nel periodo compreso dal 2014 al 2023, le resistenze ai carbapenemi e alle cefalosporine di terza generazione di K. pneumoniae e E. coli hanno subito una riduzione (più evidente nel primo caso e meno marcato nel secondo), ma si mantengono stabilmente al di sopra delle medie europee.


P60.

Andamento del consumo di antibiotici in un’azienda sanitaria ad elevata complessità: tra miglioramento e criticità

M. Trivisani1, D. Zago1, C.L. Graziani1, L. Arnoldo2, R. Cocconi3

1Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine, Udine, 2Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine, Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, 3Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Introduzione. L‘attività di monitoraggio del consumo di antibiotici nelle aziende sanitarie e in particolare negli ospedali rappresenta una componente essenziale di ogni programma di antimicrobial stewardship. In questo contesto, l’Azienda Sanitaria Universitaria del Friuli Centrale (ASU FC) ha in atto da anni un monitoraggio dei consumi nei presidi ospedalieri (sia Hub che Spoke) in Defined Daily Dose (DDD). L’obiettivo di questo studio è analizzare tali dati per valutare l’andamento del consumo generale e di alcune categorie di antibiotici, soprattutto di quelli che rivestono una rilevanza fondamentale nella lotta all’antibiotico-resistenza, in particolar modo valutando il trend quinquennale, in considerazione anche dell’impatto della pandemia SARS-CoV-2 sui consumi. Metodi. Il presente studio analizza i dati di consumo di antibiotici in ASU FC dal 2018 al 2022, suddiviso per tipologia di struttura (Hub e Spoke). La valutazione del consumo è effettuata attraverso il calcolo delle DDD standardizzato per 100 giornate di ricovero ordinario. I dati estratti dagli applicativi aziendali sono stati divisi per Hub (ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine) e Spoke (presidio ospedaliero di San Daniele e Tolmezzo e presidio di Latisana e Palmanova). È stato quindi analizzato il consumo complessivo e quello di alcune classi di antibiotici di particolar interesse come chinolonici, carbapenemi, associazione di penicilline inclusi inibitori delle beta-lattamasi, cefalosporine di terza generazione e macrolidi. La variazione percentuale nei consumi è stata valutata sia complessivamente nel periodo dello studio (tra il 2018 e il 2022), sia annualmente. Risultati. Dal 2018 al 2022 il consumo generale di antibiotici ha mostrato un incremento nell’ospedale Hub (+14,7%), registrato soprattutto nell’ultimo anno di rilevazione (+14,2%), mentre negli Spoke vi è stato un decremento del 3,9%. Per quanto riguarda le singole categorie di antibiotici, si è rilevato un aumento nell’uso dei carbapenemi, soprattutto durante il periodo pandemico, sia negli Hub (+47,5% nel 2020, +45,6% in tutto il periodo), sia negli Spoke (+27,3% nel 2020, +15,6% in tutto il periodo). I chinolonici hanno invece dimostrato un netto calo nel periodo di osservazione (-44,2% negli Hub, -30,2% negli Spoke). I macrolidi, dopo un incremento negli Hub durante la pandemia (+24,4%), hanno registrato un calo significativo complessivo in tutta l’azienda (-57% negli Hub, -57,9% negli Spoke). Conclusioni. Il programma di monitoraggio ha consentito di ottenere una visione ampia sul consumo degli antibiotici in ASU FC. Alcuni dati hanno confermato le previsioni attese, come il decremento dell’uso di chinolonici, in linea con quanto indicato nel programma della Regione Friuli Venezia Giulia, o come l’incremento nell’uso dei Macrolidi nel periodo pandemico. Altri dati hanno invece presentato un risultato inatteso; in particolar modo l’incremento sostanziale nell’uso dei carbapenemi. Ciò presuppone un’attenzione ulteriore, dal momento che, nonostante i dati relativi all’isolamento di Klebsiella pnuemonia resistente ai carbapenemi (KPC) siano a livello regionale sotto la media nazionale, il trend appare comunque in aumento (dall’8,9% del 2018 al 12,8% del 2021). Nella lotta all’antibiotico-resistenza diventa fondamentale invertire questa tendenza, anche e soprattutto in un Azienda ad alta complessità quale è ASU FC.


P61.

Utilizzo degli antibiotici secondo la classificazione AWaRE (Access, Watch, Reserve) presso gli ospedali per acuti della Regione Marche

G.M. Ricciotti, A. Genga, D. Barbaresi, L. Gatti, O.D. Toscano, M.I. Faggi, A. Rinaldi, A. Marcello, J. Dolcini, P. Barbadoro,
M.M. D’Errico

Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica Sezione di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona

Introduzione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato un volume sull’uso degli antibiotici secondo la classificazione AWaRe, che fornisce informazioni evidence-based sul trattamento antibiotico, andandone a delineare la molecola da prediligere, la dose, la via di somministrazione e la durata di diverse sindromi infettive ed infezioni cliniche più comuni. La ripartizione AWaRe degli antibiotici, che li divide in tre gruppi, viene utilizzata in questo documento per supportare gli interventi e la gestione degli stessi: Access (A), antibiotici a spettro di azione ristretto da utilizzare nella maggior parte delle infezioni più frequenti, Watch (Wa), antibiotici a spettro d’azione più ampio da utilizzare solo in particolari condizioni cliniche e Reserve (Re), antibiotici da riservare nel caso di infezioni da germi multiresistenti. Obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’utilizzo degli antibiotici alla luce delle raccomandazioni AWaRe (OMS) nella Regione Marche. Metodi. L’indagine è stata condotta nel mese di novembre 2022 presso 13 ospedali per acuti. Sono stati inclusi tutti i pazienti presenti in reparto alle ore 8,00 del mattino e non dimessi prima della raccolta dati, fatta eccezione per quelli presenti nei dipartimenti di emergenza-urgenza, dove sono stati considerati solo se monitorati per più di 24 ore. I trattamenti sono stati riclassificati secondo metodologia AWaRe e descritti su base territoriale. Risultati. L’elaborazione dei dati ha consentito di calcolare l’utilizzo degli antibiotici classificati secondo l’AWaRe nelle varie Aziende Sanitarie Territoriali (AST). Complessivamente l’AST Pesaro Urbino ha effettuato 436 somministrazioni, di cui il 23,9% (N=104; IC95% 19,9-28,1) di classe A, il 65,6% (N=286; IC95% 60,9-70) di Wa, il 9,6% (N=42; IC95% 7-12,8) di Re, lo 0,9% (N=4; IC95% 0,2-2,3) di categoria Not Recommended (NR). L’AST Ancona ha effettuato 209 somministrazioni, di cui il 23,9% (N=50; IC95%18,3-30,3) di classe A, il 71,3% (N=149; IC95% 64,6-77,3) di Wa, il 3,8% (N=8; IC95% 1,67-7,4) di Re, l’1,0% (N=2; IC95% 0,1-3,4) di categoria NR. L’AST Macerata ha effettuato 182 somministrazioni, di cui il 25,3% (N=46; IC95% 19,1-32,2) di classe A, il 68,1% (N=124; IC95% 60,8-74,8) di Wa, il 3,3% (N=6; IC95% 1,2-7,03) di Re, il 3,3% (N=6; IC95% 1,2-7,03 ) di categoria NR. L’AST Fermo ha effettuato 117 somministrazioni, di cui il 16,2% (N=19; IC95%10-24,2) di classe A, il 76,1% (N=89; IC95% 67,3-83,5) di Wa, il 7,7% (N=9; IC95% 3,6-14,1) di Re. L’AST Ascoli Piceno ha effettuato 212 somministrazioni, di cui il 15,6% (N=33; IC95% 11-21,1) di classe A, il 77,8% (N=165; IC95% 71,6-83,2) di Wa, il 5,7% (N=12; IC95% 2,9-9,7) di Re, lo 0,9% (N=2; IC95% 0,1-3,3) di categoria NR. Gli Ospedali specializzati/terzo livello hanno effettuato 400 somministrazioni, di cui il 27% (N=108; IC95% 22,7-31,6) di classe A, il 61,25% (N=245; IC95% 56,2-66) di Wa, il 9,5% (N=38; IC95% 6,8-12,8) di Re, il 2,3% (N=9; IC95% 1-4,2) di categoria NR. Conclusioni. I risultati ottenuti mostrano lo scarso utilizzo degli antibiotici appartenenti alla classe A, dove vediamo un picco massimo di 27%, estremamente lontano dall’obiettivo del 60% sul totale degli antibiotici prescritti posto dall’OMS. Va considerato che i pazienti che vengono presi in carico all’interno di ospedali per acuti sono più critici ed in generale più esposti ad infezioni da patogeni multiresistenti. Da qui si possono comprendere le ragioni di un maggiore utilizzo di antibiotici appartenenti alla categoria Wa. Andando a prendere in considerazione il lavoro scientifico di Pauwels (2021), si vede come la media nazionale di utilizzo della classe A sia di circa il 35%, dato che si attesta al di sopra dei dati qui rilevati ma comunque ben distanti dal target individuato dall’OMS. Appare chiaro come il rafforzamento dell’antimicrobial stewarship, atta a promuovere l’uso ottimale degli antibiotici in tutte le sue fasi, sia uno strumento indispensabile per arginare l’inesorabile aumento dell’antibiotico-resistenza e necessiti della collaborazione multidisciplinare da parte delle figure professionali coinvolte.



P62.

Monitoraggio pluriennale dei consumi e dei costi di antibiotici di classe R in un Policlinico universitario nel periodo Covid e post Covid

M. Vaccaro, A. Coluccia, G. Casini, M.F. Lioni, G. Polito, E.M. Proli

Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I, UOC Servizio Farmaceutico, Roma

Introduzione. Secondo i dati dell’ISS, negli ultimi anni, in Italia, si è registrato un consumo sostenuto di antibiotici di classe R (reserve), indicati per infezioni gravi, nei casi di fallimento di altre terapie antibiotiche: cefiderocol (Cefi), ceftolozano/tazobactam (Cef-Tazo), ceftazidima/avibactam (Cef-Avi), meropenem/vaborbactam (Mero-Var), ceftarolina (Cefta), dalbavancina (Dalb). Tale situazione si è aggravata in concomitanza dello scoppio della pandemia da Covid-19 e risulta oggi in costante crescita. Pertanto, una corretta gestione delle infezioni da MDRO (Microrganismi Multiresistenti agli Antibiotici), mediante lavoro di coordinazione tra professionisti sanitari (medici, farmacisti ospedalieri, infermieri), risulta fondamentale per ridurre il tasso di infezioni e la mortalità dei pazienti, migliorare l’appropriatezza prescrittiva e abbattere i costi sanitari. In questo contesto è stato condotto dal farmacista ospedaliero uno studio retrospettivo sul monitoraggio dei consumi, in termini di appropriatezza prescrittiva, e dei costi degli antibiotici di classe R, suddivisi in macroaree, nel periodo Covid e post-Covid, in accordo con il Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico Resistenza (PNCAR) 2022-2025. Il periodo temporale comprendeva il primo semestre (1°sem) per gli anni 2021-22-23. Metodi. Sono state esaminate le richieste di sei antibiotici ad alto costo, conformi alle linee guida AIFA: Cefi, Cef-Tazo, Cef-Avi, Mero-Var, Cefta, Dalb, e i dati ripartiti in 4 macro aree, secondo diversi livelli di rischio: molto elevato (Aree intensive – AI: Rianimazione centrale, terapie intensive), medio-alto (Aree chirurgiche - AC), modesto (Aree mediche - AM: cliniche mediche, degenze, malattie infettive), altri reparti (AL) con sospetti casi di infezione da MDRO. Risultati. Nel 1°semestre 2021 è stato osservato un consumo totale pari a 13.321 unità equivalente ad un costo di 1.065.682,69€, con un incremento, rispetto al 2021, del +66,5% e +93,1% rispettivamente per 1°semestre 2022 e 1°semestre 2023. Le aree AI ed AM hanno mostrato le più alte percentuali di consumo, con un trend in crescita dal 2021 al 2023 (AI: 29,1%, 33,6%,34,4%; AM: 59,5%, 60,7%,62,9%). L’uso del Cefta/Avi è stato del 82,8% (di cui AM: 48,6%, AI: 26,2%, AC: 7,4%, AL: 0,3%) nel 2021, mostrando un -57,6% e -58,7% negli anni 2022 e 2023, mantenendosi costante la distribuzione tra le aree. Anche il Cefi e il Mero-Var mostrano una % significativa nei consumi pari al 26,7% e 19,7% nel 2022 rispettivamente, seguiti da 27,3% e 18,9% nel 2023. I consumi di Dalb risultano costanti (1,5% ±0,1) nel triennio in esame, osservando un uso maggioritario del 85% ±3,4 per l’AM, 9,4% ±1,3 per AI, 4,9% ±0,8 per AC, 0,7% ±0,1 per AL. Infine, l’uso di Cefta mostra un trend in diminuzione dal 14,2% del 2021 al 6,3% del 2023 sul totale, richiesto perlopiù dall’AM (89,3%); il consumo di Cef-Tazo registra un 1,6% nel 2021, aumentando al 10,7% e 11,8% nel biennio successivo con la seguente distribuzione tra le aree: 60,7% AM, 22,5% AI, 11,2% AC e 5,6% AL, restando costante dal 2021 al 2023. Conclusioni. Il crescente fenomeno dell’antibiotico resistenza viene confermato da un aumento dei consumi a più livelli, soprattutto nelle aree a rischio medio e molto elevato, la cui causa è multifattoriale non attribuibile esclusivamente all’ambito ospedaliero. Risulta pertanto fondamentale il teamwork tra professionisti sanitari, per una gestione migliore della terapia antibiotica, in termini di appropriatezza prescrittiva, con attenzione anche alle problematiche di budget aziendale.


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La vaccinazione antipneumococcica (PNEU) nella popolazione over 65enne molisana: opportunità sanitarie per il contenimento del fenomeno dell’antimicrobico-resistenza (AMR)

M.A. Di Palma1, A. Salzo2, A. Natale1, C. Adesso1, A. D’Amico1,
R. De Dona
1, N. Samprati1, A. Santagata1, V. Viccione1,
C. Montanaro
2, M. Tamburro3, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. L’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che l’AMR è una delle prime 10 minacce globali per la salute pubblica che l’umanità deve affrontare nell’immediato futuro. La transizione demografica verso una popolazione anziana in Stati ad alto reddito aumenta il determinismo di co-morbidità e di esposizione a polifarmacoterapie, comprensive di antibiotici, con conseguite rischio di AMR. I vaccini rientrano tra le strategie di contrasto dell’AMR. Il piano nazionale prevenzione vaccinale (PNPV) 2017-2019, tutt’ora vigente, prevede l’offerta attiva e gratuita a tutta la popolazione over 65enne della vaccinazione PNEU per la prevenzione delle complicanze causate da S. pneumoniae. Obiettivo del presente studio è valutare la copertura vaccinale (CV) della vaccinazione PNEU nella popolazione over 65enne molisana, discutendola in ottica di contrasto all’AMR. Metodi. È stata considerata la popolazione residente molisana appartenente alle coorti di nascita comprese nell’intervallo 1933-1957, stratificate per quinquennio. Sono state considerate le variabili quali genere, provincia di residenza, ambito territoriale di riferimento, aver effettuato la vaccinazione PNEU e, in caso affermativo, la tipologia (vaccino coniugato – PCV; vaccino polisaccaridico - PPSV). Sono state condotte analisi di tipo descrittivo e analisi univariate mediante test chi-quadrato con soglia di significatività statistica p<0,05 tramite software IBM SPSS v29.0. Risultati. In totale sono state considerate 87.786 persone, la maggior parte delle quali residenti in provincia di Campobasso (CB) (63.664, 72,5%), 52,6% (46.178) di genere F e 47,4% (41.608) di genere M. Del totale, il 10,2% (8.913) ha effettuato almeno una vaccinazione PNEU, in particolare con vaccino PCV (9,5%, equivalente a 8.297 persone). Il vaccino PPSV è stato effettuato in 1.204 persone, 1,4% del totale. Stratificando i dati per coorte di nascita, emergono i seguenti risultati: Coorte 1957-1953: totale 21.971 persone, la maggior parte residenti nella provincia di CB (15.682, 71,4% del totale), 10.920 (49,7%) di genere M. Il 7,6% del totale (1.661) ha effettuato almeno una vaccinazione PNEU, 7,1% con PCV, 1% con PPSV. Coorte 1952-1948: totale 21.039 persone, la maggior parte residenti nella provincia di CB (15.269, 72,6% del totale), 10.620 (50,5%) di genere M. L’11,1% del totale (2.336) ha effettuato almeno una vaccinazione PNEU, 10,5% con PCV, 1,5% con PPSV. Coorte 1947-1943: totale 16.119 persone, la maggior parte residenti nella provincia di CB (11.721, 72,7% del totale), 7.822 (48,5%) di genere M. Il 12% del totale (1.939) ha effettuato almeno una vaccinazione PNEU, 11,1% con PCV, 1,7% con PPSV. Coorte 1942-1938: totale 14.882 persone, la maggior parte residenti nella provincia di CB (10.946, 73,6% del totale), 6.732 (45,2%) di genere M. L’11% del totale (1.637) ha effettuato almeno una vaccinazione PNEU, 10,2% con PCV, 1,4% con PPSV. Coorte 1937-1933: totale 13.775 persone, la maggior parte residenti nella provincia di CB (10.046, 72,9% del totale), 5.715 (41,5%) di genere M. Il 9,7% del totale (1.340) ha effettuato almeno una vaccinazione PNEU, 8,8% con PCV, 1,3% con PPSV. Sono state riscontrate associazioni statisticamente significative tra aver effettuato la vaccinazione PNEU e genere, provincia di residenza e ambito territoriale di riferimento della popolazione considerata. Conclusioni. Un’alta copertura vaccinale nelle popolazioni suscettibili, che rappresenta un obiettivo del PNPV 2017-2019, previene l’insorgenza di infezioni, riducendo l’utilizzo di antibiotici e contribuendo a limitare la diffusione di infezioni causate da batteri resistenti. In particolare, per quanto riguarda la vaccinazione PNEU, studi scientifici hanno dimostrato che la sua introduzione ha portato ad una significativa riduzione dell’incidenza di malattie respiratorie resistenti agli antibiotici. Ulteriori evidenze basate su modelli matematici hanno dimostrato che un’elevata copertura con il vaccino PNEU riduce i costi diretti e indiretti per il paziente e per il sistema sanitario derivanti dalla resistenza antimicrobica. Sono quindi necessarie azioni regionali mirate a modificare lo status quo derivante da coperture vaccinali stagnanti e a incentivare la vaccinazione PNEU nella popolazione over 65enne.


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Global Point Prevalence Survey: analisi quantitativa e qualitativa delle prescrizioni di antimicrobici presso il Presidio ospedaliero di Udine

D. Zago1, M. Trivisani1, R. Cocconi2, L. Arnoldo1

1 Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine, Udine,
2Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Udine

Introduzione. Il monitoraggio dell’uso di antibiotici in ospedale è considerato una componente essenziale dei programmi di antimicrobial stewardship finalizzati alla promozione dell’uso appropriato degli antibiotici. In questo contesto, la “Global Point Prevalence Survey (Global-PPS) of Antimicrobial Consumption and Resistance” è un progetto mondiale che mira a fornire un metodo standardizzato per la sorveglianza dell’uso di antimicrobici e la valutazione della qualità della prescrizione. L’uso della PPS, infatti, oltre a restituire un dato globale, può anche aiutare a identificare eventuali aree problematiche e studiare l’introduzione di misure volte a migliorare le pratiche di prescrizione. L’Ospedale Santa Maria della Misericordia (SMM) di Udine ha aderito al progetto dal 2015 e ad oggi, ne è attivamente coinvolto. L’obiettivo del nostro studio è stato di valutare i dati emersi dalla PPS al SMM, ospedale per acuti di terzo livello, nell’anno 2022. Metodi. La rilevazione si è svolta tra il 15/12/2022 e il 30/12/2022. Sono stati coinvolti 16 medici specializzandi della Scuola di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università degli Studi di Udine, specificatamente formati tramite un corso svolto nel mese precedente la rilevazione. Il protocollo utilizzato è stato fornito dal Global-PPS Protocol – Year 2022 (February version) e i dati, dopo essere stati raccolti nelle apposite schede, sono stati inseriti nel portale dedicato. La rilevazione ha coinvolto 45 Unità Operative, per un totale di 850 posti letto ordinari (PL), così distribuiti: Area Medica 474 (55,8%) PL, Area Chirurgica 308 (34,2%) PL, Area Intensiva 68 (8%) PL. Lo studio ha incluso tutti i pazienti (pz) presenti alle ore 8:00 della giornata della rilevazione, la raccolta ha previsto due schede una riguardante i dati del reparto e una specifica per i pz che erano sottoposti a terapia o profilassi antibiotica secondo le indicazioni del protocollo. Risultati. Nel corso della rilevazione sono stati inclusi 715 pz, di cui 275 (38,5%) assumevano almeno un antibiotico, per un totale di 452 prescrizioni effettuate, secondo la seguente distribuzione: 345 (76,3%) antibatterici per uso sistemico, 41 (9,1%) antivirali per uso sistemico, 32 (7,1%) antimicrobici intestinali, 30 (6,6%) antimicotici per uso sistemico, 2 (0,4%) antimicobatterici e 2 (0,4%) farmaci di terapia per la malaria. La prevalenza di utilizzo di antibiotici era maggiore in area medica (191/418; 45,7%), seguita dall’area intensiva (16/42; 38,1%), ed infine da quella chirurgica (68/255; 26,7%). In tutte e tre le aree gli antibiotici maggiormente utilizzati sono risultati le penicilline associate agli inibitori della beta-lattamasi, sempre al di sopra del 29%, mentre si sono evidenziate differenze nella prescrizione di carbapenemi e fluorochinoloni. La prima categoria, nell’area medica rappresenta il 2,2% delle prescrizioni, significativamente inferiore rispetto all’area chirurgica (7,7%) e a quella intensiva (6,7%). Andamento analogo per la proporzione di prescrizioni dei fluorochinoloni: 4,7% in area medica rispetto al 9,6% in chirurgia (non prescritti in intensiva). La presenza della motivazione scritta dell’utilizzo della molecola antibiotica nella documentazione era presente nel 84% delle volte in medicina, nel 83,7% in chirurgia e nel 83,3% in area intensiva. Conclusioni. Eseguire delle rilevazioni seriate e ravvicinate nel tempo, come presso l’ospedale SMM permette di mantenere alto il livello di attenzione e adottare pronte misure correttive in caso di criticità. La metodologia, inoltre, essendo standardizzata permette di monitorare l’andamento all’interno di una stessa struttura e consente il confronto tra varie strutture a livello regionale, nazionale ed europeo. Dai dati analizzati emerge un consumo di antibiotici superiore rispetto sia alla media europea (35,5%) per ospedali di uguale complessità, sia ai dati regionali (35,9%) del 2021. Quanto evidenziato, associato al consumo di carbapenemi in aumento, costringe a fare una riflessione, pur tenendo conto dei limiti intrinseci a questo tipo di studi. Dai nostri risultati emerge infine che in 1 caso ogni 5 la prescrizione dell’antibiotico non trova una motivazione nella cartella clinica, spunto per implementare dei programmi sulla correttezza e la completezza della documentazione.



P65.

Sequenziamento di nuova generazione (NGS) con tecnologia Ion Torrent nella genotipizzazione e valutazione dell’antibiotico resistenza in ceppi di Acinetobacter Baumannii isolati e selezionati prima e durante la pandemia da SARS-CoV-2

D. Jacopo1, E. Ponzio1, G. Firmani1, F. Orecchioni2, P. Barbadoro1, M.M. D’Errico1

1Dipartimento di Scienze Biomediche- e Sanità Pubblica, Sezione di Igiene, Medicina preventiva e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona, 2Laboratorio di analisi cliniche, sezione di Microbiologia, Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche, Ancona

Introduzione. L’Acinetobacter baumannii è diventato il più importante patogeno responsabile di infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e membro di spicco tra i componenti batterici conosciuti con il termine ESKAPE (E. faecium, S. aureus, K. pneumoniae, A. baumannii, P. aeruginosa e Enterobacter spp.). Nel corso della recente pandemia da SARS-CoV-2, l’adozione di pratiche di isolamento e l’aumento dei requisiti dei dispositivi di protezione individuale possono aver causato una riduzione dell’attenzione sulle attività di routine di prevenzione delle ICA cui si è associato un aumento dell’uso empirico di biocidi e di antibiotici, in particolare favorendo la diffusione di microrganismi Multi Drug Resistant (MDR) come A. baumannii. L’analisi del sequenziamento genetico di nuova generazione (Next generation sequencing - NGS) è una tecnica molecolare promettente nell’epidemiologia infettiva e nella sorveglianza delle ICA. I metodi molecolari attualmente disponibili offrono delle capacità di rilevamento limitate, l’approccio NGS mirato può caratterizzare mutazioni note e facilitare la scoperta di nuove varianti nelle regioni geniche implicate nella resistenza antibiotica. Scopo di questo studio è stato quello di individuare e analizzare i geni di resistenza agli antibiotici (resistoma antibiotico) in ceppi di A. baumannii isolati e selezionati nel periodo 2019-2021 attraverso il sequenziamento NGS con tecnologia Ion Torrent. Metodi. In questo progetto, il sequenziamento NGS con tecnologia Ion Torrent, ovvero con tecnologia di sequenziamento massivo e parallelo del DNA basata sulla rilevazione degli ioni idrogeno rilasciati durante la polimerizzazione del DNA, è stato utilizzato per identificare, individuare e analizzare il resistoma antibiotico in 12 ceppi di batteri di A. baumannii isolati e selezionati nel periodo 2019-2021 nei reparti maggiormente a rischio. Per l’identificazione delle varianti geniche correlate alla resistenza ai farmaci nel DNA genomico estratto dagli isolati, sono state generate librerie e utilizzato il pannello dedicato in grado di rilevare 364 geni di resistenza. Successivamente è stata eseguita l’amplificazione clonale Ion Sphere (ISP) attraverso la PCR in emulsione, isolamento del DNA e arricchimento ISP che sono state caricate nel chip Ion 520TM/ Ion 540TM procedendo così al sequenziamento su piattaforma Ion GeneStudioS5. Le analisi dei dati (identificazione di variazioni di sequenza e di nuovi geni di resistenza) sono state effettuate in ambiente Ion Reporter software, le sequenze sono state rapportate al genoma di riferimento panBacterial_ID_Genes_Reference (pan bacterial 16s) e l’identificazione delle varianti è stata condotta utilizzando Ion Torrent Variant Caller plug-in variantCaller v5.10.1.19. Risultati. Dai risultati ottenuti si è potuto osservare che nel 2020, in piena emergenza Covid, sono stati rilevati 15 geni che conferiscono resistenza a 6 classi di antibiotici che si è tradotto anche in un aumento del profilo di resistenza fenotipico rispetto al 2019, indicando che la pandemia ha influito negativamente nell’acquisizione dei profili di resistenza stessi. Il sequenziamento NGS, infatti ha permesso di individuare i geni determinanti la resistenza agli aminoglicosidi (aac(6’) II, aacC1, aph(AI), aphA6 e armA), alle tetracicline (tetB e tetJ), ai composti fenicolici (cat, catA1 e catB8/B6) e alla streptotricina (sat2). Conclusioni. L’approccio NGS mirato è stato utile per caratterizzare mutazioni note e facilitare la scoperta di nuove varianti nelle regioni geniche implicate nella resistenza antibiotica; grazie all’utilizzo di tecniche bioinformatiche sempre più accurate si potrà fare una previsione del fenotipo di resistenza in base al genotipo analizzato, in modo da contrastare in maniera rapida il fenomeno dell’antibiotico resistenza dei patogeni alle più comuni molecole di uso clinico e veterinario ai fini del suo contenimento e della mitigazione dei rischi per i pazienti e per l’intero ecosistema.





Igiene delle mani


P66.

Sperimentazione in Ausl Romagna di un sistema automatico di rilevazione dell’adesione all’igiene delle mani: la tecnologia in aiuto della salute

N. Marcatelli, S. Alvisi, C. Biagetti, A. Amadori, M. Ciotti,
U. Carioli

Ausl Romagna

Introduzione. L’osservazione diretta dei 5 momenti dell’igiene delle mani secondo la metodologia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è il modello di riferimento a livello mondiale, al quale si stanno affiancando nuovi sistemi automatizzati indiretti per il monitoraggio dell’adesione igiene mani. L’Ausl Romagna ha sperimentato un sistema di monitoraggio automatico di igiene mani all’interno di due Unità Operative (UO) confrontandole con le osservazioni dirette eseguite dagli infermieri specialisti in Rischio Infettivo (ISRI). Metodi. Le UO sono la Rianimazione e la Chirurgia: dopo una progettazione preliminare, sono stati installati su ogni postazione letto dei sensori per creare una zona paziente (43 posti totali). La zona paziente creata è stata perfezionata per conteggiate le opportunità di igiene mani di tutti gli operatori che vi entravano. Sono stati installati i sensori sui flaconi di gel alcolico al letto del paziente, nelle stanze e sui carrelli che entravano nella zona paziente. La loro funzione era rilevare l’avvenuta igiene mani da parte di tutto il personale (50 punti gel monitorati). Sono stati consegnati in modalità anonima a tutti gli operatori i badge da apporre in divisa (102 operatori: 31 medici, 80 infermieri,13 OSS). Il sistema rileva le opportunità di igiene mani associate agli operatori e conteggia quelle avvenute o meno prima e dopo il contatto con il paziente. Nell’intero turno è stato monitorato ogni ingresso, permanenza e uscita dalla zona paziente. I dati sono trasmessi al sistema tramite un router dotato di rete sicura. Il sistema automatizzato permette la raccolta dei dati 24h/7gg. I risultati vengono visualizzati ogni giorno su un portale online accessibile con credenziali di accesso, personalizzati per operatore, reparto e periodo. La sperimentazione è durata 4 settimane. Nell’ultima sono state fatte delle osservazioni dirette dagli ISRI. Risultati. Dal 23 marzo al 27 aprile 2023 nelle 2 UO sono stati rilevati i seguenti risultati dalle osservazioni indirette automatizzate: • La maggior parte degli operatori ha registrato una compliance media del 30% con variabilità tra UO e professionisti, • la percentuale della compliance igiene mani dopo il contatto con il paziente risulta più alta di 7-9 punti percentuali rispetto a quella prima del contatto paziente, • le opportunità registrate in totale sono state 30.450, con una variabilità giornaliera tra 800 e 1.200, • il numero di igienizzazioni registrate è stato di circa 20.000, con un consumo di gel di 20 litri/1.000 gg degenza nel reparto di Chirurgia e di 30 litri in rianimazione. L’adesione diretta rilevata nella quarta settimana dagli ISRI è stata del 68% in Chirurgia e del 90% in Rianimazione su 142 opportunità totali. Rispetto ai mesi precedenti la sperimentazione si è notato un miglioramento della performance di adesione all’igiene delle mani in entrambe le UO. Conclusioni. I due sistemi di rilevazione a confronto hanno messo in evidenza aspetti molto interessanti. L’osservazione diretta: • garantisce che le opportunità di igiene delle mani siano aderenti alla pratica clinica, in quanto il rilevatore valuta i 5 momenti OMS, l’effetto Hawthorne, cioè la modifica del comportamento dato dalla presenza dell’osservatore, alza inevitabilmente i livelli di compliance. L’osservazione automatizzata sperimentata: • calcola le opportunità di igiene delle mani in maniera indiretta, in quanto i sensori rilevano la presenza degli operatori all’interno dell’area paziente abbinandole all’utilizzo del gel alcolico. Non evidenzia i Momenti OMS 2 e 3; • è attivo sulle 24 ore e restituisce una curva dell’adesione con distribuzione giornaliera, settimanale, mensile delle compliance di tutti gli operatori coinvolti; • rileva, il reale consumo di gel alcolico rispetto a quanto ordinato (indicatore proxi di calcolo); • ogni operatore in possesso del badge, può autovalutarsi in modo anonimo con lo scopo di rinforzare la motivazione individuale e agire come leva del cambiamento.


P67.

Promuovere l’igiene delle mani attraverso strategie multimodali: uno studio retrospettivo in Piemonte

A. Russotto, E. Rolfini, C. Gastaldo, J. Muscat, C. Vicentini,
C.M. Zotti

Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università degli studi di Torino, Torino

Introduzione. I programmi di igiene delle mani e di prevenzione e controllo delle infezioni svolgono un ruolo fondamentale nel contrastare la trasmissione delle infezioni correlate all’assistenza. Questo studio mirava a valutare se un punteggio di strategia multimodale per l’igiene delle mani, sviluppato ad hoc, fosse correlato al consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica nelle strutture sanitarie. Metodi. È stata condotta un’analisi retrospettiva utilizzando i dati raccolti nel 2019 e nel 2021 da 26 strutture sanitarie della regione Piemonte. Il consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica è stato espresso come mediana in litri per giorno-paziente (pd) con relativo range interquartile (IQR). Il punteggio multimodale includeva i seguenti indicatori: formazione annuale fornita agli operatori sanitari in tema di prevenzione e controllo delle infezioni, adesione al quadro di autovalutazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sull’igiene delle mani “Hand Hygiene Self-Assessment Framework” (HHSAF), punteggio HHSAF avanzato, disponibilità e aggiornamenti dei protocolli/checklist sull’igiene delle mani, monitoraggio del consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica, verifica dell’adesione all’audit di igiene delle mani tramite applicazione mobile, infine adesione alla Giornata mondiale dell’igiene delle mani. È stata valutata la conformità a ciascun indicatore, ottenendo un punteggio totale compreso tra 0 e 8. La correlazione di Spearman è stata utilizzata per analizzare la relazione tra consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica e punteggio multimodale. Risultati. Il consumo mediano di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica è aumentato da 15 litri/pd (11-20 IQR) nel 2019 a 24,4 litri/pd (16,4-34 IQR) nel 2021. Il punteggio multimodale medio è lievemente incrementato da 5 nel 2019 a 5,5 nel 2021. Nel 2019, è stata trovata una correlazione positiva moderata (coefficiente di Spearman 0,456, p=0,029) tra consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica e punteggio multimodale. Nel 2021 non è stata osservata alcuna correlazione significativa (coefficiente di Spearman 0,239, p=0,261).
Conclusioni. I risultati supportano l’approccio multimodale dell’OMS alla promozione dell’igiene delle mani. L’aumento del punteggio multimodale e del consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica nel 2021 potrebbe essere attribuito a misure di prevenzione e controllo delle infezioni potenziate durante la pandemia. Tuttavia, gli aumenti evidenziati nel 2021 potrebbero essere stati guidati più dalla paura del contagio da parte degli operatori sanitari che da un effettivo miglioramento nelle pratiche di igiene delle mani, e ciò spiegherebbe il differente andamento della correlazione, con un risultato non significativo nel 2021 rispetto al 2019. Questi risultati sottolineano l’importanza di dare priorità all’igiene delle mani e ai programmi di prevenzione e controllo delle infezioni, anche in contesti sviluppati, in particolare durante le pandemie, per mitigare e prevenire le infezioni correlate all’assistenza.


P68.

Sorveglianza nazionale del consumo di soluzione idroalcolica per l’igiene delle mani in ambito ospedaliero (CSIA) in Piemonte, 2020-2022

E. Rolfini, C. Gastaldo, C. Vicentini, C.M. Zotti

Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche (DSSPP), Torino

Introduzione. I prodotti a base alcolica sono una valida alternativa al lavaggio delle mani con acqua e sapone, eliminando la maggior parte dei microrganismi in tempi ridotti (20-30 secondi) con un’ottima tollerabilità dermatologica. Le eccezioni sono: mani sporche e/o contaminate da sangue e/o da altri fluidi corporei, provata o fortemente sospetta esposizione a potenziali patogeni sporigeni e dopo l’uso dei servizi igienici. Il Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020 prevedeva l’istituzione di una rete per la sorveglianza del consumo di soluzione idroalcolica come fattore strettamente correlato alla prevenzione e al contrasto delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) e del fenomeno dell’antimicrobico resistenza (AMR). A tale scopo, nel 2019 l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha coordinato un progetto nell’Area delle Azioni Centrali del Centro per il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute per strutturare una sorveglianza con l’obiettivo di monitorare nel tempo il consumo di soluzione idroalcolica in ogni ospedale pubblico per acuti presente nel territorio nazionale. Metodi. È stato utilizzato il “Protocollo della Sorveglianza Nazionale del consumo di soluzione idroalcolica per l’igiene delle mani in ambito ospedaliero” (vers. 25/11/2021) sviluppato dall’ISS. Il DSSPP dell’Università di Torino, in quanto referente regionale, ha coordinato la raccolta dati in Regione Piemonte. Nel periodo maggio-giugno 2022 sono stati raccolti i dati relativi agli anni 2020-2021 attraverso un file Excel oppure tramite una scheda cartacea riadattata sia per il 2020 che per il 2021. Per i dati del 2022, invece, nel periodo marzo-aprile 2023 è stata messa a disposizione una piattaforma informatica (CSIA-ISS), tramite la quale ogni ospedale ha potuto generare un file ZIP (non modificabile, poiché protetto con password) con all’interno i propri dati. Per tutti gli anni considerati, sono stati raccolti i dati sul consumo di gel idroalcolico (per Area di degenza e Area di non degenza) e sul numero di giornate di degenza ordinaria (GDO). A partire dal 2021 è stato richiesto di disaggregare ulteriormente l’Area di degenza e le GDO per le seguenti aree: medica, chirurgica, terapia intensiva, emergenza-urgenza, ortopedico-traumatologica e tutte le altre aree. Risultati. Sono stati raccolti dati da 47 strutture per acuti della Regione Piemonte. Nel triennio 2020-2022 è diminuito il consumo di soluzione idroalcolica, verificabile confrontando le medie dei litri consumati in area di degenza rispetto a 1.000 GDO: 31,47 nel 2020, 23,30 nel 2021 e 15,64 nel 2022. Nel 2022 si è osservata una riduzione generale in tutte le Aree di Degenza, ad eccezione dell’Area Emergenza-urgenza. I dati preliminari forniti dall’ISS evidenziano, per quanto riguarda le aree di degenza ordinaria, un consumo mediano nazionale (espresso in litri/1.000 GDO) pari a 25 nel 2020 e 21 nel 2021. Confrontando i dati nazionali con quelli della Regione Piemonte (30,92 nel 2020 e 21,12 nel 2021), si osserva un consumo mediano nella nostra regione più elevato rispetto a quello nazionale nel 2020 mentre risulta allineato nel 2021. Conclusioni. La sorveglianza è un elemento chiave per la prevenzione delle ICA e per monitorare l’efficacia delle misure di controllo e prevenzione. Anche se il volume di gel resta un indicatore “proxy” di buona pratica, la sorveglianza CSIA ha permesso di standardizzare la raccolta dati a livello nazionale. La partecipazione continuativa a CSIA permetterà di effettuare confronti locali/nazionali, ma soprattutto di promuovere, là dove opportuni, interventi di miglioramento.



P69.

Serious Games per sensibilizzare l’infanzia al corretto lavaggio delle mani. Una esperienza di co-progettazione con le famiglie

E. Cappelli1, F. Monaco2, M. Graziato3

1Infectious Diseases Center for trAnslational REsearch (ID-CARE), Università degli Studi di Verona, Verona, 2SIM.LAB Laboratorio didattico per la simulazione in Medicina, Università degli Studi di Parma, Parma, 3Direzione Medica Ospedali Riuniti Padova Sud, Azienda Ulss 6 Euganea, Padova

Introduzione. Le buone pratiche di comportamento in età prescolare e scolare risultano essere vincenti nella gestione di molte malattie infettive. Si possono considerare per esempio il Covid-19, le patologie infettive delle alte vie respiratorie, le otiti medie recidivanti e le infezioni gastroenteriche. Numerosi studi hanno dimostrato che l’istruzione sull’igiene corretta delle mani riduce la mortalità e le malattie, limitando in tutto il mondo conseguenze sanitarie e sociali. Partendo da queste premesse, il progetto mira a sperimentare strategie utili per sensibilizzare l’infanzia riguardo ai temi della prevenzione del rischio infettivo, come il lavaggio delle mani, attraverso strumenti più idonei e adatti all’età. Metodi. L’approccio di co-design ha permesso di integrare l’User eXperience (processo attraverso il quale si creano prodotti che forniscono esperienze significative agli utenti) dei bambini, i nostri utenti finali, e le competenze dei clinici, degli infermieri esperti nel rischio infettivo, dei pedagogisti e altri stakeholders. Questa ricerca-azione è stata condotta da giugno 2020 a marzo 2021 con lo scopo di creare un prototipo sperimentale di Serious Games (SG, videogiochi finalizzati alla risoluzione di problemi piuttosto che al puro divertimento) inserito all’interno di un sito web progettato per favorire la comprensione per bambini di età compresa tra i 3 e gli 11 anni. Il progetto si articola in due Work Package (WP). Durante il WP1 è stata condotta una revisione della letteratura sui temi di ricerca. Nel WP2 attraverso le interviste semi-strutturate degli esperti e le valutazioni degli infermieri è stato progettato il prototipo semi funzionale. Il prototipo è stato progettato come un percorso step by step e si articolava in 5 SG. Il bambino nel percorso si imbatteva in vere e proprie attività come approfondimento di alcuni concetti specifici quali ad esempio la differenza tra lo sporco e il pulito e il riconoscere le possibili minacce dal mondo esterno. Il bambino attraverso la narrazione e il gioco poteva interiorizzare il perché e il come lavarsi le mani dopo aver svolto alcune attività e non solo quando visibilmente sporche. Per rispondere all’obiettivo di ricerca si è utilizzata una strategia di triangolazione simultanea da analisi qualitative e quantitative. I dati qualitativi sono stati ottenuti dalle interviste a sei esperti, dai questionari di gradimento rivolti agli utenti e ai genitori prima e dopo l’utilizzo del prototipo ed infine dalla survey condivisa con gli infermieri. Infine, i dati quantitativi sono stati estrapolati da statistiche di utilizzo sui comportamenti degli utenti nel sito e nelle pagine dei SG. Risultati. L’obiettivo educativo del nostro progetto è stato pienamente condiviso dal team di esperti consultati. Nel periodo di sperimentazione sono stati registrati i comportamenti di 311 utenti provenienti dal nord e centro nord Italia, e di questi il 19,5% ha fatto ritorno al sito riprovando a fare i SG più divertenti. L’88% degli infermieri ha ritenuto l’accesso al sito di facile comprensione. Il 65% dei bambini ha ritenuto i SG piacevoli e di facile utilizzo come confermato dal 89,5% degli stessi genitori. Questi ultimi prima della sperimentazione del prototipo hanno dichiarato che il 46,3% dei loro figli non lavava le mani in modo adeguato, dopo l’uso dei SG solo il 26,3%. Secondo gli esperti e i genitori, le possibili soluzioni di applicazione del prototipo potrebbero essere la scuola, il territorio, gli ambulatori, ed in particolare i setting di oncologia pediatrica, dove aumentano le probabilità di immunodepressione e di conseguenza il rischio di contrarre un’infezione ospedaliera. Conclusioni. L’innovazione dell’intero progetto sembra risultare vincente e stimolante per gli utenti e tutti gli stakeholder. Esso riesce con modalità intuitive e interattive a veicolare messaggi importanti come la prevenzione e la promozione della salute a fasce d’età più giovani. La co-progettazione valorizza il sapere e la condivisione degli esperti, degli utenti e degli stakeholder ed evidenzia la necessità di forti partnership e sostegno al di là delle piccole comunità affinché nuove idee prosperino.


P70.

Sperimentazione di un software per il monitoraggio dei tre indicatori previsti nella procedura aziendale “PA.DRO 6 igiene delle mani e uso dei guanti” nei 12 ospedali dell’Azienda USL Toscana Centro

D. Accorgi, R. Raffaelli, A. D’Angelo Pizzolo, T. Procopio, P. Zoppi

Dipartimento di Assistenza Infermieristica e Ostetrica, Azienda USL Toscana Centro, Firenze

Introduzione. La procedura aziendale PA.DRO 6 l’igiene delle mani e l’uso dei guanti prevede quattro indicatori di monitoraggio; per tre di questi è prevista l’osservazione diretta degli operatori al punto di assistenza. La Struttura Operativa Complessa Monitoraggio, Qualità e Accreditamento del Dipartimento di Assistenza Infermieristica e Ostetrica (DAIO) dell’Azienda USL Toscana Centro che coordina trasversalmente le attività degli infermieri specialisti nel rischio infettivo, ha programmato la formazione degli osservatori come indicato da “Manuale per gli osservatori” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e sviluppato un software per migliorare la fase del data entry e del data analysis. Il primo è un indicatore che riguarda l’adesione degli operatori ai 5 momenti dell’igiene delle mani. Il secondo e il terzo indicatore sono una prevalenza puntuale sull’adesione degli operatori alla Pratica per la Sicurezza del paziente della Regione Toscana “A mani nude” cioè l’assenza di ornamenti personali (anelli, orologi, braccialetti) e di unghie non conformi (ovvero con smalto, artificiali o più lunghe di 0,5 cm) durante l’assistenza diretta. La formazione è stata svolta secondo le indicazioni del Manuale OMS e per le simulazioni sono stati utilizzati gli educational video proposti da canale video nursmb01. Il software è stato sviluppato da un infermiere esperto in informatica su tecnologia web ed ottimizzato per l’utilizzo su device mobile. L’applicativo denominato R5M è stato sperimentato in un singolo Presidio Ospedaliero e poi proposto alla Struttura Operativa Infezioni Correlate all’Assistenza (SOSD ICA) per la sperimentazione nei Presidi. Metodi. 1. Definizione del gruppo di progetto all’interno del DAIO. 2. Formazione ECM per gli osservatori: 3 ore teoriche e 3 ore di simulazione mediante l’utilizzo di video (marzo-aprile 2021). 3. Sviluppo del software R5M. 4. Produzione di un manuale per l’utilizzo di R5M. 5. Sperimentazione di R5M (febbraio-marzo 2023). 6. Definizioni con la SOSD ICA dei criteri per la sperimentazione: ospedali, setting, periodo di osservazione, numero di osservazioni. 7. Webinar di 60 minuti per l’uso dell’applicativo. 8. Sviluppo di tre livelli di profilazione per l’accesso all’applicativo: Osservatore, Gestione Presidio, Gestione Aziendale e amministratore del sistema. 9. Osservazione (22 maggio-16 giugno 2023). 10. Valutazione sull’applicativo con scala di Likert riguardo: funzionalità, praticità, applicabilità e sulla formazione. Una domanda aperta per i suggerimenti (luglio 2023). Risultati. 1. Numero di osservatori con formazione ECM: 68. 2. Dati dell’osservazione: a. 63 osservatori distribuiti in maniera disomogenea per i 12 ospedali, b. Osservazioni effettuate: 8.269, c. Operatori osservati: 2.339. 3. Risultati valutazione dell’applicativo: hanno risposto 51/63 osservatori (81%) indicando quanto segue: a. Facilità dell’utilizzo = media 8,6 e moda 8; b. Funzionalità= media 7,45 (4 risposte si collocano tra 1 -4 perché in quei Presidi non è in funzione in tutte le aree la rete Wi-Fi), moda 8; c. Applicabilità in tutti i setting = media 8,3 e moda 8; d. Efficacia della formazione sull’applicativo = media 8,3 e moda 8; e. Per quanto riguarda i suggerimenti alcuni hanno consigliato ulteriori elementi da rilevare (es. tecnica igiene mani e rimozione guanti); quelle relative all’applicativo hanno riguardato le pagine di visualizzazione, dati che dovrebbero essere integrati non solo con la visualizzazione del numero di operatori e opportunità osservate ma anche con la rappresentazione e analisi dei dati in formato grafico. Conclusioni. L’adozione del software R5M ha snellito ed ottimizzato il processo di rilevazione di dati ed ha anche facilitato la strutturazione di una cabina di regia per: • la formazione; • la raccolta dati; • l’analisi dei dati. Il sistema ha evidenziato alcuni bias, permettendo azioni correttive in tempo reale. Si è così raggiunto l’obiettivo di un elevato livello di integrazione e standardizzazione dei processi. Sono emersi elementi di criticità da risolvere quali: diverso numero di osservatori (range 1-14) e mancata definizione dei tempi di durata (TMIN-TMAX) delle osservazioni.





Formazione – educazione

P71.

L’assistenza infermieristica domiciliare e il rischio infettivo: l’esperienza dell’Azienda Usl Toscana Centro

E. Rinaldini, D. Accorgi, E. Braschi, R. Raffaelli, P. Zoppi

Dipartimento di Assistenza infermieristica e Ostetrica, Azienda USL Toscana Centro, Firenze

Introduzione. Il rischio di esposizione ai microrganismi responsabili di Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) da parte dell’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) presenta, nella pratica quotidiana, caratteristiche peculiari che necessitano di essere indagate e contestualizzate. L’esperienza dell’Azienda USL Toscana Centro (ASL TC) nasce dall’esigenza di implementare la consapevolezza del rischio tra i professionisti al fine di incrementare l’efficacia dell’approccio a tale fenomeno in ambito territoriale. Metodi. Nell’anno 2023, la Struttura Operativa Complessa Monitoraggio, Qualità e Accreditamento (SOC MQA) del DAIO dell’ASL TC, partendo dall’obiettivo formativo aziendale 5 “Migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e garantire sicurezza nelle cure e nell’assistenza”, ha organizzato un evento formativo di 8 edizioni, della durata di 4 ore, che ha avuto come target gli IFeC, gli infermieri specialisti nel rischio infettivo, gli infermieri coordinatori del territorio, gli incarichi di funzione della Qualità, della Sicurezza e della Continuità ospedale-territorio. Gli argomenti trattati sono stati: • Handover e Raccomandazioni Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), • Presentazione della Rete Aziendale degli infermieri specialisti nel rischio infettivo, • Analisi del contesto domiciliare rispetto al processo clinico assistenziale effettuato con il supporto di un questionario costruito ad hoc, somministrato ad ogni discente attraverso google moduli, • Restituzione dei dati raccolti in tempo reale e identificazione degli elementi di forza e gli ambiti di miglioramento. I risultati dei questionari sono stati analizzati in forma aggregata e suddivisi per Zone-Distretto, inoltre sono stati inviati ad ogni Direttore delle Strutture Organizzative di gestione per gli approfondimenti ritenuti pertinenti. Risultati. Le edizioni dell’evento formativo si sono svolte nelle 8 Zone-Distretto per favorire la partecipazione dei discenti. La formazione ha coinvolto complessivamente 173 operatori. La valutazione della qualità percepita ha raggiunto un gradimento pari a 4,08/5. Dalla discussione dei dati in aula sono emersi come: • punti di forza le modalità operative con approccio multidimensionale che gli infermieri hanno attuato dimostrando consapevolezza del fenomeno, legati alla gestione del materiale sanitario a domicilio, dell’area domestica e zona assistito; • punti di debolezza, sono legati alla necessità di definire un focus formativo su conoscenze e competenze da acquisire in tema di ICA in ambito territoriale, inoltre ci sono criticità rispetto al rapporto con i Medici di Medicina Generale (MMG), all’Handover tra ospedale e territorio, alla mancata interfaccia tra i diversi software utilizzati durante il percorso dell’assistito. Conclusioni. La caratteristica più evidente nelle diverse Zone- Distretto è rappresentata dalla disomogeneità di comportamenti professionali e di disponibilità della documentazione a supporto dell’operatore. Da questa considerazione generale si può affermare che gli elementi cruciali per realizzare un approccio efficace alla gestione delle ICA in ambito territoriale sono: • la connessione tra i professionisti che in maniera polivalente e in continua evoluzione devono affrontare il fenomeno, anche con l’utilizzo di strumenti informatici e informatizzati divenuti imprescindibili nella presa in cura del cittadino; • il feedback strutturato e mirato, definito nei tempi e nelle modalità di svolgimento, al fine di consolidare e implementare il modello a rete dell’ASL TC; • la condivisione di regole di auto-organizzazione che favoriscano l’implementazione di modalità operative condivise, omogenee ma anche capaci di rispondere in modo efficiente al contesto locale in cui devono essere realizzate; • l’approfondimento e la condivisione di temi specifici nell’ambito delle conoscenze e competenze circa le ICA nel contesto specifico del domicilio, che permettano la definizione di modalità operative in Qualità e Sicurezza delle Cure, in particolare:   → la gestione dei rifiuti sanitari,  → la gestione del processo di self-management degli assistiti e dei familiari/caregiver,  → la gestione dell’assistito colonizzato/infetto,  → la gestione della sepsi e il tempestivo riconoscimento di segni e sintomi.

P72.

Formazione a distanza (FAD) e-learning in rischio infettivo: l’esperienza della Regione Emilia-Romagna

R. Buttazzi1, L. Cavazzuti1, E. Fabbri1, C. Gagliotti1, D. Priami1,
E. Ricchizzi
1, M. Rolli1, S. Tedeschi1, E. Vecchi2

1Settore Innovazione nei servizi sanitari e sociali, 2Servizio Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica, Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare - Regione Emilia-Romagna

Introduzione. La Regione Emilia-Romagna continua a promuovere e incentivare strategie trasversali e innovative sulle buone pratiche sanitarie per contrastare e limitare le infezioni correlate all’assistenza (ICA) e la diffusione dei microrganismi antibiotico-resistenti (AMR). Il Settore Innovazione dei servizi sanitari e sociali della Regione Emilia-Romagna, con la collaborazione delle Aziende sanitarie, il Settore prevenzione collettiva e sanità pubblica, il Settore assistenza ospedaliera e il Settore assistenza territoriale, ha ideato e coordinato la collana FAD e-learning regionale “Governo del rischio infettivo correlato alle attività assistenziali”. Metodi. Il percorso e-learning nasce a sostegno delle attività formativa delle Aziende e delle organizzazioni pubbliche regionali, come richiesto nel Piano regionale della prevenzione (PRP) 2021-2025 dell’Emilia-Romagna, in continuità con obiettivi e indirizzi del Piano nazionale della prevenzione (PNP) 2020-2025, con il Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2022-2025 e con il Piano Strategico Operativo di Risposta a una Pandemia Influenzale (PanFlu 2021-23). La collana FAD e-learning è composta da quattro corsi fruibili singolarmente: Corso 1 - La prevenzione del rischio infettivo e antimicrobico resistenza. Corso base per neoassunti, indirizzato a tutto il personale neoassunto sanitario e non sanitario, compreso personale addetto alle pulizie e al trasporto degenti, sia per l’ambito ospedaliero che territoriale; Corso 2 - La prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza; Corso 3 - Antimicrobial stewardship, composto da tre moduli didattici e quattro casi clinici, principalmente indirizzati ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, ma non solo; Corso 4 - Sinergie e integrazioni tra risk management e rischio infettivo. I corsi 2, 3 e 4 sono destinati a tutto il personale con laurea in ambito sanitario (medico, non medico e delle professioni sanitarie) operante nelle Aziende sanitarie pubbliche regionali o convenzionato con il SSR che opera sia in ambito ospedaliero che territoriale. Il percorso formativo è stato promosso presso tutte le strutture sanitarie regionali, sia pubbliche che private e diffuso attraverso tutti i canali di comunicazione regionali. Inoltre, è stato presentato all’Osservatorio regionale per la formazione medico specialistica ottenendo parere favorevole alla divulgazione ai Direttori delle scuole di specializzazione dell’area medica degli Atenei della Regione Emilia-Romagna. Risultati. Tra luglio e settembre 2022 sono stati resi disponibili sulla piattaforma E-llaber i primi due corsi ottenendo, in questo anno di riferimento, una partecipazione di oltre 10.000 operatori. Tra gennaio e febbraio 2023 sono stati rilasciati anche il corso tre e quattro. Nel primo semestre 2023 i quattro corsi hanno registrato una partecipazione di oltre 10.000 professionisti sulla piattaforma regionale. La collana FAD completa è stata resa disponibile anche sulla piattaforma formativa della Ausl della Romagna, registrando una partecipazione di oltre 3.500 professionisti. Conclusioni. Questi risultati sottolineano l’importanza delle attività introdotte a livello regionale, utili per rispondere a quanto richiesto dai vari Piani nazionali di prevenzione e contrasto del rischio infettivo, ma principalmente a supporto e promozione di una formazione condivisa e uniforme, a livello regionale, in conoscenze e competenze per tutti gli operatori che operano all’interno delle strutture sanitarie regionali pubbliche, private, ospedaliere e territoriali. Il turnover del personale sanitario e la recente emergenza pandemica hanno reso evidente la necessità e l’importanza del mantenimento di una formazione dinamica e capillare sulle tematiche del rischio infettivo per poter prevenire e contrastare le infezioni correlate all’assistenza e diffondere la cultura sul buon uso degli antibiotici, garantendo e favorendo maggior accuratezza in tutti i setting assistenziali e cure più sicure sia per gli utenti che per i professionisti sanitari.


P73.

Uno studio pilota: progettare un corso formativo sull’antimicrobico-resistenza per studenti di infermieristica e di medicina attraverso il co-design

E. Cappelli1, A. Arcangeli2, M. Tonucci3, S. Digiacomo4, L. Pagani5 

1Infectious Diseases Center for trAnslational REsearch (ID-CARE), Università degli Studi di Verona, 2Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, Roma, 3Centrale Operativa 118, Azienda Sanitaria Territoriale 1, Pesaro Urbino, Pesaro, 4U.O Ortopedia e traumatologia, Ospedale Santa Chiara, Trento, 5Università degli Studi di Parma

Introduzione. L’antibiotico-resistenza (AMR) continua ad essere uno dei temi di salute pubblica più rilevanti a livello globale. La diffusione di numerosi germi multiresistenti è un problema considerevole in molte realtà ospedaliere e territoriali con conseguenti implicazioni cliniche ed economiche. Ad oggi, la formazione universitaria risulta essere la strategia più idonea per colmare i gap formativi che gli infermieri e i medici dimostrano di avere nell’ambito della prevenzione e del controllo dell’AMR ed in particolare nella conoscenza dei programmi di stewardship antimicrobica (AMS). Lo scopo del progetto era quello di creare un corso formativo interattivo attraverso il coinvolgimento diretto degli esperti del settore e degli studenti universitari di infermieristica e di medicina al fine di uniformare i comportamenti e le conoscenze dei futuri professionisti. Metodi. L’approccio Mixed Methods ha permesso lo sviluppo di consapevolezza e conoscenza del fenomeno legato all’AMR. Durante la prima fase è stata condotta una revisione della letteratura sulle strategie formative innovative più adatte per la formazione universitaria. Nella seconda fase si è creato un prototipo di corso interattivo sull’AMR e sull’AMS. Il prototipo finale, Bacteria Games 1.4, era costituito da numerosi Serious Games (SG) che riprendevano i contenuti dei programmi di Infection Prevention Control e di AMS. Tale prototipo è stato somministrato, attraverso la piattaforma Elly, ad una coorte di studenti dell’Università degli Studi di Parma iscritti al corso di Scienze Infermieristiche, al Master di I livello in management del rischio infettivo correlato all’assistenza sanitaria, al Master di I livello in area critica e al terzo anno del corso di Semeiotica di Medicina e Chirurgia. Attraverso la stessa piattaforma è stato possibile estrapolare i dati qualitativi, ottenuti dalla valutazione del gradimento e i dati quantitativi, ottenuti dalla valutazione del livello di conoscenza degli studenti prima e dopo la partecipazione al corso. Risultati. Il corso è stato svolto da 24 utenti, il 72,7% degli iscritti. Dall’analisi dei dati si evince come le tematiche di One Health (OH) e AMR dovrebbero essere argomenti fondamentali per la formazione, ma l’85% dei partecipanti riferisce di conoscerle poco e il 10% per niente. L’82% degli utenti ritiene che fare formazione attraverso queste strategie sia molto user-friendly. Inoltre, al termine del corso il 58,3% degli studenti ha ritenuto che i contenuti trattati siano stati molto utili per il proprio accrescimento professionale. I risultati finali suggeriscono un significativo coinvolgimento dei partecipanti all’attività formativa proposta e un apprendimento attivo, infatti il 70% degli studenti ha risposto correttamente a tutte le domande del test finale. Il 75% degli utenti ritiene che la modalità formativa con SG possa essere molto motivante per acquisire nuovi concetti. Conclusioni. La scarsa numerosità dei partecipanti è il limite di questo studio. Sarà necessario, in futuro, coinvolgere un numero più ampio di studenti al fine di ampliare l’attività formativa. Inoltre, sarebbe interessante proseguire il progetto alla luce delle considerazioni dei partecipanti, proponendo la sperimentazione a studenti di diverse discipline e sedi universitarie. I SG si mostrano strumenti efficaci per la formazione universitaria in tema di AMR e OH. Sarebbe utile indagare, ulteriormente, l’efficacia nell’utilizzo degli SG attraverso, ad esempio, focus group.


P74.

Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e rischio biologico: la sicurezza per gli operatori sanitari

M.G. Maluccio1, M. Leone1, P. Falco1, M. Musolino1, A.M. Milizia1, M.T. Coppola2, E. Gallo3, D. De Luca3

1Azienda Sanitaria Locale Direzione Medica Presidio Ospedaliero Centrale POC, Taranto, 2Azienda Sanitaria Locale Unità Operativa Psicologia del lavoro, Taranto, 3Azienda sanitaria Locale Servizio Prevenzione e Protezione, Taranto

Introduzione. Dai dati INAIL (Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro), emerge già in epoca pre-Covid l’importanza delle infezioni da esposizione muco-cutanea negli operatori sanitari (contatto diretto con pazienti e/o fluidi biologici infetti o attraverso strumenti/ambiente contaminati). L’attenzione rivolta in passato soprattutto alle esposizioni percutanee (punture con aghi o taglienti) ha messo in secondo piano tubercolosi e malattie da contatto come la scabbia, ma la pandemia da SARS-CoV-2 ha dimostrato l’importanza delle infezioni legate allo stretto contatto interumano in ambito assistenziale. Gli agenti biologici, inoltre, non hanno relazioni dosi-effetto come altri agenti di rischio lavorativo, per cui anche un singolo contatto può determinare la trasmissione di agenti infettivi da paziente ad operatore e l’insorgenza di una malattia infettiva. Sempre da dati INAIL emerge che la principale causa degli infortuni è legata al comportamento umano, quindi diventa strategica la sicurezza comportamentale. Gli infortuni “comportamentali” non sono strettamente correlati alla pericolosità dell’attività svolta, quanto all’attenzione, alla percezione, alla consapevolezza del rischio, alla motivazione verso il lavoro, al clima organizzativo ed alla comunicazione. Nel POC di Taranto da gennaio 2023 è stato avviato un progetto per il rafforzamento di comportamenti sicuri e l’eliminazione di comportamenti non sicuri nel rischio lavorativo infettivo, attraverso la Behavior-Based Safety BBS. La BBS applica i principi della psicologia del lavoro al fine di comprendere le cause dei comportamenti a rischio e modificarle per arrivare a comportamenti sicuri in maniera partecipata, in cui tutti si prendono cura di se stessi e dei colleghi, spinti non dalla mera osservanza normativa, quanto dal coinvolgimento di tutti i lavoratori in iniziative di miglioramento e nell’ influenzare positivamente gli altri (esempio positivo o apprendimento per esposizione). Dal punto di vista operativo, la BBS si basa sul modello ABC (Antecedents, Behaviour, Consequences del paradigma di Skinner o del condizionamento operante) e sui principi delle scienze comportamentali applicati alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Metodi. Il progetto pilota è partito con il reparto di Neurochirurgia e si è sviluppato in fasi progressive. 1. Osservazione: Gemba walk, “passeggiata” nel luogo di lavoro per osservare comportamenti a rischio e virtuosi. È una fase “muta”, si osserva senza intervenire (tranne in caso di pericolo immediato). 2. Valutazione: sono stati evidenziati alcuni comportamenti a rischio (ad esempio l’uso promiscuo dei dispositivi medici nell’isolamento da contatto). 3. Condivisione: incontri con responsabili e lavoratori per la condivisione dei risultati delle osservazioni e delle possibili soluzioni di miglioramento. 4. Fase operativa: interventi sul campo e percorsi formativi/informativi. Si basa su focus group con l’obiettivo di rafforzare relazioni, condividere finalità e obiettivi, esortare all’impegno e “lavorando” sull’esempio positivo o apprendimento per esposizione, per ridurre la magnitudo dell’errore umano nella trasmissione degli agenti infettivi, utilizzando il modello ABC. 5. Analisi dei dati: attraverso erogazioni di feedback e check list. 6. Check act: proiezione al futuro e mantenimento dei risultati nel tempo. Risultati. Il progetto è in piena fase operativa, ma dall’inizio dell’anno non ci sono stati casi di trasmissione intranosocomiale di infezioni negli operatori sanitari e, particolare altrettanto rilevante, nei pazienti. Conclusioni. I risultati ottenuti finora mostrano conclusioni incoraggianti nel governo della sicurezza e della capacità di apprendimento dell’intera struttura, basati su interventi quali osservazioni dirette, incontri, formazione, partecipazione e rafforzamento delle relazioni con gli operatori. Il ritorno positivo di dati anche nella prevenzione delle ICA nei pazienti, apre al concetto di sicurezza integrata nei confronti degli agenti infettivi in ospedale attraverso la BBS, in cui includere i percorsi di sicurezza sul lavoro con quelli di sicurezza delle cure. Le cure al sicuro sono cure sicure.


P75

Formazione in tema di prevenzione e controllo dell’antimicrobico-resistenza: la nascita delle linee di indirizzo della Regione Emilia-Romagna e il gruppo di redazione multidisciplinare

E. Ferrari1, E. Ricchizzi2, C. Gagliotti2, E. Fabbri2, R. Buttazzi2,
P. Scannavini
3, E. Vecchi3

1Università degli studi di Modena e Reggio-Emilia, Dipartimento di scienze Biochimiche, Metaboliche e Neuroscienze, Modena, 2Settore Innovazione nei Servizi Sanitari e Sociali, Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare Regione Emilia-Romagna, Bologna, 3Settore Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica, Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare Regione Emilia-Romagna, Bologna

Introduzione. L’approccio multimodale alle attività di prevenzione e controllo del rischio infettivo (IPC) si fonda su adeguati programmi di formazione dei professionisti sanitari, come suggerito dai principali documenti tecnici nazionali ed internazionali. Se con la DGR 318/2013 la Regione Emilia-Romagna sanciva importanti standard organizzativi per la gestione del rischio infettivo ripresi anche dalla DGR 1079/2021 in tema di organizzazione dei Programmi di stewardship antimicrobica, a seguito della pandemia Covid-19 si è evidenziata la necessità di rinforzare e aumentare il livello delle competenze attraverso interventi formativi mirati dedicati alla prevenzione e al controllo dell’antimicrobico-resistenza (AMR). Metodi. Nell’anno 2022 è stato costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da personale regionale e delle aziende sanitarie. Compito del Board AMR era definire e implementare specifiche attività formative regionali per la prevenzione e il controllo dell’AMR in accordo con gli obiettivi del PNCAR, PNP 20-25, Piano Pandemico 21-23 e PNRR. I membri del Board sono stati suddivisi in sottogruppi: • 1a – Operatori sanitari ospedale; • 1b – Operatori sanitari territorio (MMG e PLS); • 1c – Operatori sanitari strutture sociosanitarie; • 2 – Figure infermieristiche dedicate; • 3 – Responsabili dei gruppi operativi aziendali. Nei sottogruppi 2 e 3 è stato adottato un approccio di indagine che raccogliesse spunti e criticità da parte di tutti gli operatori del settore utilizzando rispettivamente una survey regionale e la tecnica del World Café - metodologia consolidata di conversazione strutturata tra professionisti. Risultati. Esito del lavoro del Board è stata l’approvazione delle “Linee di indirizzo regionali per la formazione in tema di prevenzione e controllo dell’antimicrobico-resistenza” (Determinazione 11697/2023). L’atto è stato inviato alle Direzioni e ai Responsabili del Rischio infettivo delle Aziende sanitarie regionali, unitamente al report denominato “Formazione in tema di prevenzione e controllo del rischio infettivo. Indagine sulle esigenze formative dei link professionals”. Le linee di indirizzo contengono cinque capitoli dedicati alle diverse realtà e categorie professionali (vedi sottogruppi) articolati come segue: • contenuti formativi, durata e modalità di erogazione dei corsi. In un’ottica di personalizzazione dei percorsi formativi, le raccomandazioni in tema di IPC, antimicrobial e diagnostic stewardship sono adattate in modo specifico ad ogni gruppo di destinatari; • promozione dei corsi regionali FAD presenti sulla piattaforma E-llaber ed in particolare la collana FAD e-learning regionale “Governo del rischio infettivo correlato alle attività assistenziali”; • tempogramma per la pianificazione delle attività; • prospetto illustrante i contenuti minimi per l’impostazione del documento aziendale di programmazione del percorso formativo, ove applicabile. Sono emersi, infine, l’importanza della ricostituzione della comunità di pratica ICI/ISRI regionale e l’impegno a costruire una nuova edizione del corso dedicato ai Responsabili dei Gruppi Operativi aziendali a partecipazione estesa e trasversale. Conclusioni. I lavori del board hanno privilegiato la trasversalità e la multi-professionalità rinforzando la rete regionale dei professionisti dedicati alla prevenzione dell’AMR. Il coordinamento regionale ha facilitato l’orientamento programmatorio formativo in linea con i principali riferimenti tecnici e scientifici in tema di contrasto all’AMR, quali il Piano Nazionale di Contrasto all’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2022-2025 e le indicazioni dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC). La partecipazione delle varie professionalità sanitarie aziendali ha consentito di rispondere alle esigenze operative diffondendo e uniformando la pratica clinica.

Lezioni apprese
dalla pandemia Covid-19

P76.

Infezioni del sito chirurgico durante e dopo la pandemia: uno studio multicentrico su una coorte di pazienti sottoposti a chirurgia addominale in Italia

H.S.M.A. Elhadidy1, C. Vicentini1, E. Ugliono2, C. Alessandro Roberto1, G. Paladini1, F. Cussotto1, M. Morino2, C.M. Zotti1

1Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università degli Studi di Torino, Torino, 2Dipartmento delle Scienze Chirurgiche, Università degli Studi di Torino, Torino

Introduzione. La pandemia da Covid-19 ha causato importanti interruzioni e forti ritardi nell’attività chirurgica. Nel 2020 la maggior parte degli interventi sono stati rimandati, con l’eccezione di quelli oncologici o urgenti. Successivamente, a partire dal 2021 si è verificato un progressivo ma lento ritorno all’attività chirurgica di routine. In questo contesto, il Sistema nazionale di sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (SNICh) è stato mantenuto attivo durante tutta la pandemia. Pertanto, l’obiettivo del presente studio è stato quello di valutare l’impatto della pandemia sugli esiti della chirurgia addominale in Piemonte. Metodi. È stato condotto uno studio di coorte retrospettivo tra gli ospedali partecipanti alla rete di sorveglianza regionale. Sono stati presi in considerazione gli interventi di chirurgia addominale eseguiti tra il 1° gennaio 2018 e il 31 dicembre 2021, suddivisi in interventi oncologici e non oncologici sulla base dei codici della International Classification of Diseases, Ninth Revision, Clinical Modification (ICD-9-CM). I tassi di infezione del sito chirurgico (ISC) sono stati valutati per anno di partecipazione al programma di sorveglianza, confrontando i dati del 2020 e del 2021 con i dati pre-pandemici (2018-2019). I tassi attesi per il 2020 e il 2021 sono stati stimati sulla base dei dati pre-pandemici e confrontati con i tassi osservati, utilizzando test del chi-quadro di Mantel-Haenszel. I pazienti che non hanno completato il periodo di follow-up di 30 giorni sono stati esclusi dalle analisi. Le analisi sono state condotte utilizzando il software statistico SPSS V. 28.0.1. Risultati. Complessivamente sono stati inclusi nell’analisi 7.605 interventi chirurgici addominali, eseguiti in 30 ospedali, tra il 2018 e il 2021. In totale sono state individuate 434 ISC, con un tasso grezzo complessivo d’infezione del 5,71%. Nel periodo pre-pandemico (2018-2019) sono stati registrati 5.168 interventi e 292 casi di ISC (5,65%). Nel 2020 sono stati effettuati 1.001 interventi con 38 casi di ISC (3,80%), mentre nel 2021 sono stati eseguiti 1.436 interventi con 104 casi di ISC (7,24%). La maggior parte delle ISC (176) si è verificata tra i pazienti sottoposti a intervento chirurgico oncologico (53,33%). Il tasso di ISC osservato nel 2020 è risultato significativamente inferiore del 33,22% rispetto a quello previsto sulla base dei tassi del 2018-2019 (p<0.005). L’unica differenza statisticamente significativa (p<0.005) nell’analisi dei sottogruppi è stata rilevata tra i tassi di ISC osservati e quelli attesi nel 2020 per le procedure diverse dalla chirurgia oncologica (-47,91%), mentre la differenza tra i tassi osservati e quelli attesi nel 2021 per questo stesso sottogruppo (+46,44%) ha quasi raggiunto la significatività statistica (p=0,066). Gli altri risultati non hanno raggiunto la significatività statistica. Conclusioni. Dall’analisi emerge una significativa riduzione dei tassi osservati di ISC nel 2020 rispetto ai tassi previsti sulla base dei dati pre-pandemici. Questo risultato potrebbe evidenziare un effetto protettivo delle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, associato ad una maggiore consapevolezza verso le infezioni, una riduzione della degenza ospedaliera e un accesso limitato ai visitatori. D’altra parte, si è osservato un aumento dei tassi di ISC nel 2021 rispetto ai tassi previsti, sebbene questo risultato non abbia raggiunto la significatività statistica. Ciò potrebbe indicare un effetto negativo del ritardo delle procedure, ma solo per gli interventi effettivamente posticipati, come quelli non oncologici.


P77.

Sorveglianza ambientale in un contesto sanitario e assistenziale “Covid-19” per la prevenzione della circolazione nell’aria dell’Aspergillus spp

D. Tomasoni1, F. Crivillaro1, G. Piccioni1, L. Covolo2, A. Scalmati3, L. Martella3, A. Abondio1, G. Toninelli1, M. Lorenzoni1, A. Caruso3, C. Rossi4

1Direzione Medica, ASST Spedali Civili, Brescia, 2Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia, 3Dipartimento di Diagnostica di Laboratorio, S.C. Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Università degli Studi di Brescia, 4Direzione Sanitaria, ASST Spedali Civili, Brescia

Introduzione. Dall’inizio della pandemia Covid-19 vari autori hanno riportato casi di Aspergillosi a seguito dell’Infezione da SARS-CoV-2, registrando un incremento significativo dell’incidenza (dal 2,4% al 35%) della cosiddetta CAPA (Covid-19 Associated Pulmonary Aspergillosis) che si manifesta principalmente in pazienti ricoverati in terapia intensiva ed è associata ad un elevato tasso di mortalità. A seguito di quanto riportato in letteratura, presso il Presidio Ospedaliero (PO) di Brescia, è stata quindi condotta un’indagine il cui scopo era verificare, in un dato periodo, se vi fosse una possibile contaminazione ambientale dell’aria conseguente agli interventi di manutenzione degli impianti di condizionamento ed aeraulici presso un settore del PO adibito al ricovero di pazienti SARS-CoV-2 positivi. Metodi. Il periodo considerato era ottobre-novembre 2021. Sono stati sottoposti a manutenzione 5 reparti, ciascuno su un piano del settore “Covid-19”; al 1o piano: Unità Operativa (UO) Terapia Intensiva (TI) con 8 posti letto e UO Medicina subintensiva con 24 posti letto; 2o piano: UO Pneumologia con 32 posti letto; 4o piano: UO Medicina con 32 posti letto. Ciascuna stanza era predisposta con 4 posti letto. Nel periodo considerato 2/5 piani (3o e 5o) non erano attivi. I controlli microbiologici dell’aria sono stati effettuati con campionamenti pre- e post-sanificazione. Per il campionamento attivo è stato utilizzato un campionatore monostadio ad impatto ortogonale: Microbiological Air Sampler-SAS Super ISO flow; volume di aria aspirata: 500 L/5min, condotto su specifico terreno di coltura agarizzato per l’identificazione di colonie (C) di Aspergillus spp. I valori di riferimento di crescita delle C sono stati estrapolati da linee guida WHO e dal rapporto ISTISAN 19/17. Risultati. Fase pre-sanificazione: 4o piano: in due stanze di degenza riscontro rispettivamente di n.2 C e n.1 C di Penicillium spp. In tutti gli altri piani non è stato rilevato alcun microrganismo ambientale. Fase post-sanificazione: 1opiano (UO TI): in un’unica stanza di degenza sono state rilevate n. 3 C rispettivamente di Aspergillus fumigatus, Aspergillus niger e Aspergillus flavus. 2° piano: nella stanza lavoro dei medici: n. 1 C di Aspergillus fumigatus. 4° piano: in 3 stanze di degenza rilievo rispettivamente di n. 1 C di Penicillium spp., n.1 di Aspergillus spp. e n. 1 C di Penicillium spp. Al 3° e 5° piano (reparti in quel periodo non attivi) i campionamenti microbiologici hanno dato esito negativo. Un’ulteriore sanificazione degli ambienti che erano risultati positivi nella “fase post-sanificazione” e il successivo controllo dell’aria, hanno permesso di verificarne la negativizzazione sia per Aspergillus spp. sia per Penicillum spp. Conclusioni. I campionamenti ambientali dell’aria, con metodica attiva, hanno consentito di intercettare precocemente gli agenti microbici, in particolare l’Aspergillus spp. e di agire efficacemente con la sanificazione ambientale. Sebbene sia noto che nell’ambiente le spore di Aspergillus spp. siano ubiquitarie e altamente competitive, in ambito sanitario, come nelle aree intensive Covid-19, era ed è tuttora di primaria importanza mantenere un monitoraggio periodico dell’aria per garantire condizioni di ventilazione idonee e sicure. I campionamenti dell’aria, la rilevazione dei valori pressori nelle stanze di degenza, la sostituzione dei filtri dell’aria sia standard che assoluti, nonché la sanificazione degli ambienti, sono interventi essenziali per garantire un’efficace azione antimicrobica. Essi sono imprescindibili per una prevenzione efficace e richiedono una costante collaborazione tra i servizi preposti (Direzione Medica, UO Tecnico Patrimoniale, Servizio di Sanificazione, Laboratorio di Microbiologia) stabilendo, sulla base di specifiche indicazioni tecnico-scientifiche, modalità e tempistiche di intervento.


P78.

Impatto dell’epidemia da SARS-CoV-2 sulle richieste di risarcimento per supposta Infezione Correlata all’Assistenza nel Veneto

M. Saia, S. Kusstatscher, U. Fedeli

Regione Veneto - Azienda Zero

Introduzione. Nell’ambito della gestione del rischio clinico e in particolare per il monitoraggio di un fenomeno complesso come le infezioni correlate all’assistenza (ICA), si assiste all’utilizzo di numerosi flussi informativi, anche non prettamente finalizzati a tale scopo, quali per esempio il flusso delle schede di dimissione ospedaliera (SDO), che come noto sottostimano tali eventi per difetti di codifica. Altro flusso è quello delle richieste risarcitorie, parte integrante del Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità (SIMES) attivo dal 2010, che, pur non avendo la pretesa di dimensionare il fenomeno infezioni, è di indubbia utilità per la gestione del contenzioso e il contenimento delle perdite economiche e viene pertanto largamente utilizzato dalle compagnie assicurative. Metodi. Allo scopo di dimensionare l’impatto dell’epidemia da SARS-CoV-2 sulle richieste di risarcimento per supposta ICA è stato condotto uno studio retrospettivo utilizzando come fonte informativa il flusso ministeriale SIMES, nel quale viene inserita la totalità delle richieste risarcitorie, valutando l’andamento temporale e la distribuzione per sede di infezione. Per l’analisi si è operato un confronto tra il decennio precedente all’epidemia (2010-2019) e l’ultimo triennio considerando l’anno di apertura della pratica, ovvero nel quale è pervenuta la richiesta, e non di accadimento dell’evento oggetto della richiesta di risarcimento. Risultati. Nel periodo 2010-2022 sono state registrate 14.504 richieste di risarcimento per lesioni personali e decessi; l’ultimo triennio, rispetto al decennio precedente, è stato caratterizzato da un calo del 40% delle richieste risarcitorie annue (1.230 Vs. 735) e da un incremento percentuale delle richieste per decesso, da 14% a 20%, rispetto alle lesioni personali. Complessivamente si è assistito a 938 richieste per presunta ICA, pari al 6,5% delle richieste per danni a persona, anche in questo caso con importanti differenze tra il decennio precedente e l’ultimo triennio, caratterizzato da un incremento del 17% del numero annuo di richieste, passate da 69,5 a 81, in virtù della diminuzione delle richieste complessive percentualmente quasi raddoppiato passando da 5,7% a 11%. Per quanto concerne la distribuzione per sede delle supposte ICA, escludendo le pratiche senza indicazione (n. 176) pari al 19% delle richieste, le più rappresentate erano quelle del sito chirurgico (61%), del circolo ematico (25%) e dell’apparato respiratorio (11%). Confrontando la media annuale di richieste dell’ultimo triennio con il decennio precedente non vi sono differenze significative nelle due sedi maggiormente rappresentate (sito chirurgico da 36 a 35,3; circolo ematico da 14,5 a 15,3) con invece un incremento del 400% per supposte ICA a carico dell’apparato respiratorio: dalle 35 richieste del primo decennio oggetto dell’analisi (3,5) alle 52 dell’ultimo triennio (17,3), 38 delle quali (73%) per infezione da SARS-CoV-2 acquisita nel corso delle cure, che nell’ultimo triennio hanno rappresentato il 16% delle richieste complessive. Conclusioni. Quanto riportato, oltre a evidenziare l’importante riduzione complessiva del numero di richieste risarcitorie, conferma come il contenzioso inerente a presunte ICA sia in aumento, rappresentando l’11% delle richieste per danni a persona. Per quanto concerne l’impatto dell’epidemia sulle richieste di risarcimento per presunte ICA, ovvero per infezioni da SARS-CoV-2 acquisite nel corso delle cure, si è assistito a un importante aumento delle presunte ICA a carico dell’apparato respiratorio, con la quota di richieste espressamente riferite a infezioni da SARS-CoV-2 sovrapponibile all’aumento di richieste evidenziato rispetto al decennio precedente.


P79.

Consumo di antibiotici in Terapia Intensiva e correlazione con i decessi nel triennio 2020-2022 nel Presidio ospedaliero Hub della Regione Molise

M.T. Pilla1, V. Viccione1, R. De Dona1, C. Adesso1, A. D’Amico1, M.A. Di Palma1 3, M. Sonja1, A. Natale1, A. Pompei1, N. Samprati1, G. Sansone1, A. Santagata1, E. Scattareggia1, F. Cannizzaro1,
M. Tamburro
2, A. Lombardi2, R. Flocco3, G. Ripabelli4

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, 2Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso, 3Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso, 4Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Le forme gravi di Covid-19 richiedono il ricovero in terapia intensiva (TI). In questo reparto, considerate le condizioni cliniche dei pazienti-Covid e la necessità di utilizzo di device invasivi, si fa ampio uso di antimicrobici. In questo studio, è stato analizzato l’uso di antimicrobici in relazione all’esito, ovvero decesso o trasferimento in altro reparto, nei pazienti con Covid-19 in TI nel triennio 2020-2022. Metodi. I dati sono stati ricavati dal software di gestione delle terapie di reparto, Bustermed, attraverso l’analisi dei trattamenti terapeutici prescritti nel reparto di TI dell’Ospedale Hub della Regione Molise dal 2020 al 2022. L’analisi descrittiva e univariata è stata effettuata mediante software SPSS® v28.0, considerando una soglia di significatività statistica di p<0.05. Risultati. Il totale dei pazienti-Covid ricoverati in TI e presi in esame è stato di 185, dei quali 50 (27%) ricoverati nel 2020, 94 (50,8%) nel 2021 e 41 (22,1%) nel 2022. I pazienti avevano un’età media di 66,1 anni (58,9% >65 anni) e 129 erano maschi (69,7%). Tra 14 classi di antimicrobici utilizzati, quella dei macrolidi è stata la più utilizzata (n=108, 27%), seguita da cefalosporine (n=64, 16%), ossazolidinoni (n=53, 13,2%), glicopeptidi (n=45, 11,2%), carbapenemi (n=33, 8,2%), glicilcicline (n=22, 5,5%) penicilline (n=17, 4,2%). Le specialità farmaceutiche più somministrate sono state azitromicina, linezolid, teicoplanina, ceftarolina, meropenem, ceftriaxone e tigeciclina. Tutte le terapie antibiotiche prese in considerazione sono state iniziate nel reparto di TI. In 73 (39,5%) pazienti non è stato somministrato alcun antibiotico (53,4%) oppure ne è stata somministrata una singola molecola (46,6%), mentre 112 (60,5%) hanno ricevuto più di 2 antibiotici. Sono deceduti 163 pazienti, dei quali 33 nel 2022 (80,5% dei ricoverati per anno e 17,8% sul totale), 91 nel 2021 (96,8% per anno e 49,2% sul totale) e 39 nel 2020 (78% per anno e 21,1% sul totale dei tre anni). Dei 73 pazienti che nel triennio hanno assunto uno o nessun antibiotico, 54 (74%) sono deceduti e 19 (26%) sono stati trasferiti, mentre si sono verificati 109 decessi (97%) nei 112 pazienti che hanno ricevuto 2 o più antibiotici evidenziando un’associazione statisticamente significativa (p<0,001). Non sono state osservate associazioni statisticamente significative tra esito e sesso ed età maggiore o inferiore a 65 anni. Conclusioni. L’analisi dei dati ha evidenziato una relazione statisticamente significativa tra il decesso e l’assunzione >2 antibiotici, mentre non sono state riscontrate associazioni statisticamente significative tra l’esito e il sesso o l’età. Nessuna delle terapie ha mostrato pertanto un effetto significativo sul miglioramento clinico, sottolineando quanto la polifarmacoterapia antibiotica non incida sulla sopravvivenza dei pazienti esaminati e suggerendo un impatto marginale del trattamento antibiotico sugli esiti di Covid-19. Tale scarsa utilità della terapia antibiotica nel trattare Covid-19 severo (così come l’antibioticoterapia a domicilio come profilassi della polmonite) è stata ampiamente descritta in letteratura, tuttavia questo è il primo studio a livello territoriale, che risente quindi delle specificità locali e della scarsa numerosità campionaria.



P80.

Emergenza sanitaria Covid-19: l’esperienza del distretto di Ancona in collaborazione con medici senza frontiere nel supporto alle Strutture residenziali sanitarie e socio-sanitarie

P. Graciotti, M. Zagaglia, M. Mari, D. Giovannini

Direzione professioni sanitarie Area Infermieristica-Ostetrica AST Ancona

Introduzione. L’Italia è stata interessata dal Covid-19 con i primi casi di infezione registrati da gennaio 2020; la Regione Marche, il 19/3/20 presentava un quadro in continua evoluzione con un aumento del 11% dei casi di assistiti Covid+. In più riprese il Ministero della Salute, al fine di salvaguardare la salute e di prevenire la diffusione dell’infezione, emanava linee guida tra cui “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in Strutture residenziali socio-sanitarie”. Con Determina 146/20 l’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) delle Marche sottoscriveva un protocollo di intesa tra ASUR e Medici Senza Frontiere (MSF), associazione medica umanitaria impegnata nel fornire assistenza sanitaria a persone in stato di bisogno ed esperta nella gestione e prevenzione delle malattie infettive. Metodi. Campione: 24 Strutture residenziali del Distretto di Ancona con numero di posti letto variabili da 20 a 251 e un numero di operatori compreso tra 13 e 150. Periodo: marzo-giugno 2020. Strumenti e fasi del progetto:  → Fase 1: A seguito di contatto telefonico con le Strutture si è programmato un primo incontro durante il quale tramite somministrazione di un questionario ad hoc elaborato sulla base delle indicazioni normative e linee guida nazionali ed internazionali si sono acquisite informazioni rispetto alla struttura, agli ospiti, al personale dipendente, ai medici presenti e all’esistenza di un supporto psicosociale. Sono inoltre state indagate le aree relative a sorveglianza attiva, prevenzione e controllo delle infezioni, pulizia e disinfezione degli ambienti, organizzazione lavanderia, organizzazione cucina, organizzazione camera ardente. È stata valutata la presenza di Aree di isolamento - dispositivi protezione aziendale, ecc.  → Fase 2: Guida e supporto sul campo (2 o più incontri in base alle necessità) per organizzare percorsi (circuito pulito/sporco) identificazione aree di isolamento, organizzazione isolamento di coorte reale e virtuale, messa in atto di strategie per migliorare l’organizzazione presente e potenziare l’aderenza del personale alle misure di prevenzione e controllo delle infezioni (reminds, poster, ecc.).  Fase 3: Intervento formativo teorico-pratico sulle modalità di prevenzione e contenimento della diffusione delle infezioni.  Fase 4: Supporto psicologico agli operatori attraverso incontri con psicologa MSF al fine di gestire ed elaborare il vissuto della pandemia. Risultati. Su 24 Strutture contattate, hanno dato la disponibilità al primo incontro 21 strutture (87%). Con 21 strutture si è avuto un primo incontro valutativo e informativo, 15 (71%) sono passate alla seconda fase che prevedeva supporto organizzativo e gestionale sul campo. In 17 Strutture (76%) è stata garantita la 3a Fase ovvero la formazione del personale che è avvenuta a seconda dei casi direttamente in loco o da remoto. Solo 10 Strutture (47%) hanno avuto l’accesso alla 4a Fase con un supporto psicologico al personale. Limiti dello studio. La 4a Fase è stata limitata a poche Strutture in quanto tale supporto è stato operativo solo nell’ultimo mese del progetto. Conclusioni. Gli operatori delle Strutture residenziali erano poco o per nulla orientati rispetto alle regole di percorsi pulito/sporco, isolamento, quarantena: se da un punto di vista teorico erano presenti aree di isolamento, presidi di prevenzione, quando si entrava nel merito delle procedure esse venivano applicate con difficoltà (presenza di DPI ma utilizzo improprio, procedura di vestizione e svestizione scorretta). Si è evidenziata la mancanza di figure sanitarie strutturate stabilmente nell’organizzazione che avessero conoscenze e competenze adeguate in tema di prevenzione e controllo delle infezioni e potessero fungere da guida anche in situazioni eccezionali come quella presentatasi. La presenza sul campo di professionisti esperti è stata avvertita dagli operatori sia in termini di sicurezza fisica che in termini di grande supporto psicologico ed emotivo: la frase più volte ripetuta dal personale delle Strutture è risultata la seguente “ci siamo sentiti soli e il vostro arrivo è stata una boccata d’aria”. La sinergia tra tutte le risorse, sia istituzionali che comunitarie, ha comunque permesso l’applicazione del principio della sussidiarietà orizzontale.


P81.

Gestione integrata di pazienti positivi al SARS-CoV-2 all’interno di un reparto di medicina d’urgenza

A. Lucesoli1, E. Martini1, R. Allegrezza Giulietti1, R. Bruschi1,
M.G. Gioia
1, D. Mengoni1, G. Talevi2, C. Nitti2, A. Salvi2,
P. Barbadoro
1, M.M. D’Errico1

1SOD Igiene Ospedaliera, Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, Ancona, 2SOD Medicina Interna, d’Urgenza e Subintensiva, Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, Ancona

Introduzione. A partire dalla fase 2 della pandemia da Covid-19 è stato necessario riconsiderare l’organizzazione dei reparti di degenza per gestire in maniera sicura pazienti positivi al SARS-CoV-2 all’interno di unità operative prive di stanze di isolamento per infetti. Si è verificato spesso che tali pazienti, asintomatici o paucisintomatici, richiedessero assistenza di tipo specialistico per patologie diverse dal Covid-19 e per questo non potessero essere ricoverati all’interno di reparti di malattie infettive, generalmente gli unici progettati per ospitare pazienti affetti da patologie a trasmissione aerea. Tali situazioni sono state gestite solitamente all’interno di stanze di degenza ordinaria, che non possiedono i requisiti strutturali e impiantistici delle stanze per infetti (pressione negativa, elevati ricambi d’aria/ora). Pertanto le misure di prevenzione, come l’utilizzo del facciale filtrante, dovevano essere estese anche al di fuori della stanza del paziente positivo, rendendo necessaria una riorganizzazione di tutto il reparto per garantire la sicurezza degli operatori e degli altri ricoverati. La presenza di una stanza per infetti permette invece di confinare le precauzioni di tipo “airborne” solo al suo interno e di considerare sicuro il resto del reparto. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’impatto di interventi di riorganizzazione delle stanze di degenza ed il loro riadattamento attraverso l’utilizzo di soluzioni tecnologiche di semplice implementazione evitando rilevanti interventi strutturali e impiantistici. Metodi. Allo scopo di garantire sicurezza di pazienti ed operatori, nell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche è stata introdotta la tecnologia Virtuoso, consistente in un sistema di ventilazione aggiuntivo a quello già presente, che aspira aria dalla stanza attraverso bocchette collocate in prossimità dei testaletto. L’aria, trattata con filtri assoluti, è in parte ricircolata in ambiente e in parte espulsa: in questo modo la stanza si trova a pressione inferiore rispetto all’esterno e l’aria contaminata rimane confinata all’interno. Dal momento che l’aria reimmessa a ricircolo è trattata con filtri assoluti, si ottiene l’ulteriore vantaggio di ridurre la contaminazione particellare e microbica all’interno della stanza. Il sistema è dotato di telecamera per monitorare visivamente i pazienti da remoto, al fine di ottimizzare gli ingressi del personale. Il dispositivo è stato installato in 4 stanze della struttura operativa di Medicina Interna, d’Urgenza e Subintensiva, per un totale di 9 posti letto disponibili. Sono stati quindi valutati impatti a livello organizzativo (tempi di assistenza) e di sicurezza (rischio infettivo). Risultati. La presenza di stanze di isolamento ha semplificato le modalità di assistenza dei pazienti infetti all’interno del reparto. Dal punto di vista organizzativo, la possibilità di applicare le precauzioni di tipo «airborne» solo nelle stanze di isolamento permette di svolgere la normale attività assistenziale in tutto il resto del reparto. Inoltre, il sistema di video monitoraggio dei pazienti fa sì che il personale entra nella stanza per infetti solo quando necessario, con vantaggi in termini di consumi di dispositivi di protezione individuale e di tempo da dedicare all’assistenza: è stato possibile gestire in maniera ottimale pazienti in precauzioni «airborne» senza necessità di personale aggiuntivo. Inoltre il personale può sorvegliare costantemente eventuali pazienti «critici» (instabili, non collaboranti, psichiatrici) ed intervenire precocemente in caso di emergenza. In termini di efficacia per il controllo delle infezioni, da quando sono state realizzate le 4 stanze per infetti si è riscontrata una riduzione dei contagi tra operatori e pazienti all’interno del reparto. Conclusioni. Con la pandemia da Covid-19 è emerso che la gestione delle malattie a trasmissione aerea può rendersi necessaria in qualsiasi area di degenza in caso di pazienti infetti ma ricoverati per differenti patologie prevalenti (es. cardiologiche, chirurgiche). La presenza di stanze di isolamento in aree di degenza ordinaria permette di realizzare una gestione integrata assicurando il miglior setting assistenziale al paziente infetto e nello stesso tempo la massima sicurezza del personale e degli altri ricoverati. Si ritiene pertanto utile implementare tale soluzione all’interno dei reparti degenza in cui può essere necessario ricoverare anche pazienti affetti da patologia a trasmissione aerea, quali le chirurgie, la medicina d’urgenza, la pediatria o la pneumologia.


P82.

Serendipità della pandemia da SARS-CoV-2 sull’epidemiologia dei germi multiresistenti in Terapia Intensiva: studio retrospettivo monocentrico

A. Parisini1, S. Boni1, E. Blasi Vacca1, N. Bobbio1, F. Del Puente1, M. Feasi1, R. Prinapori1, S. Tigano1, M. Lattuada2, P. Guido2,
E. Pontali
1, M. Nelli3, M. Porretto4, G. Adriano5, M. Santarsiero5, M. Sartini6, M.L. Cristina6

1S.C. Malattie Infettive EO Ospedali Galliera, Genova, 2S.C. Rianimazione E.O. Galliera, Genova, 3Direzione sanitaria E.O. Galliera, Genova, 4Dipartimento scienze della salute DISSAL Università degli studi di Genova, 5Ufficio Controllo Infezioni Ospedaliere EO Galliera, Genova, 6Dipartimento scienze della salute DISSAL Università degli studi di Genova-SSD Igiene EO Galliera, Genova

Introduzione. L’antibiotico-resistenza costituisce uno dei maggiori problemi nella sanità pubblica mondiale. In questo scenario già complesso numerosi studi evidenziano come la pandemia da SARS-CoV-2 abbia impattato negativamente sull’epidemiologia in Terapia Intensiva causando out-break di Acinetobacter baumannii, Candida auris, Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi, dovuti anche alla poca osservanza delle misure di controllo delle infezioni in era pandemica. Metodi. È stato eseguito uno studio retrospettivo presso la Terapia Intensiva del nostro ospedale considerando tutti i germi isolati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022. Per ogni microrganismo, sono stati presi in considerazione la data e il sito di isolamento, la presenza o l’assenza di antibiotico resistenza. Risultati. Sono stati effettuati 1.771 isolamenti microbiologici di cui 221 con pattern di resistenza (12,48%), età mediana di 71 anni 60,5% maschi. L’incidenza dei germi multiresistenti intesa come numero di isolati/1.000 giornate di degenza si è modificata nel seguente modo 2018: 15,32 - 2019:13,40 - 2020:23,45 - 2021: 17,22 - 2022: 21,57. Nei periodi di studio i pattern di resistenza maggiormente identificati sono stati: oxacillina 44,80%; carbapenemi 33,93%; betalattamasi a spettro esteso 16,29%. La prevalenza della resistenza all’oxacillina osservata per stafilococco aureo è stata 57,14% (4/7) nel 2018, fino al 30% (3/10) nel 2019, per poi stabilizzarsi nel 2020 (35,71%; 5/14) e nel 2021 (27,7%; 3 /11) e salendo al 60% (9/15) nel 2022. Per gli stafilococchi coagulasi positivi la resistenza è stata del 22,22% (2/9) nel 2018 e del 20% (3/15) nel 2019; nel 2020 si è registrato un aumento della percentuale di ceppi resistenti che è rimasta relativamente stabile nei due anni successivi (2020: 59,52%; 2021: 60,98%; 2022: 48,72%. È stata osservata una correlazione temporale tra l’aumento della resistenza all’oxacillina tra i CONs e il periodo pandemico da SARS-CoV-2, con un aumento statisticamente significativo nel 2020 (p<0,01) con un ulteriore aumento nel 2021 e una diminuzione nel 2022. La percentuale di Enterobacteriaceae resistenti ai carbapenemi (CRE) è scesa dal 17,82% nel 2019 al 5,33% nel 2022, in modo non statisticamente significativo. Nel gruppo dei non fermentanti resistenti ai carbapenemi P. aeruginosa è stato il microrganismo più frequentemente identificato (20 ceppi in 5 anni contro 4 A. baumannii) con le seguenti percentuali: 15,79 % nel 2018, 8,33 % nel 2019, 25% nel 2021, 10,71% nel 2022. Conclusioni. Anche nel nostro studio si sono dimostrati effetti dell’overcrouding sull’epidemiologia dei germi multiresistenti in terapia intensiva legata alla pressione della pandemia da SARS-CoV-2 a favore degli stafilococchi coagulasi negativi oxacillino-resistenti, tuttavia l’aumento dei tassi di incidenza durante i primi anni della pandemia di Covid (2020-2021) hanno mostrato una tendenza decrescente nel 2021-2022. I tassi osservati hanno raggiunto livelli ancora più bassi rispetto al periodo pre-pandemia (2018-2019) per ESBL, E. coli, CR K. pneumoniae, CR P. aeruginosa. I nostri dati dimostrano che gli isolamenti di enterobatteriacee resistenti ai carbapenemi sono diminuiti nel periodo di studio, segno di efficacia della politica aziendale di antimicrobial stewardship e infection control.

Miscellanea


P83.

Ricoveri per meningiti batteriche nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche dal 2019-2022

S. Fedrigucci1, M.S. Ferreiro Cotorruelo2, P. Barbadoro1

1Dipartimento Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Sezione di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona. 2SO Direzione Medica Ospedaliera, Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche, Ancona

Introduzione. Le Malattie Batteriche Invasive (MaBI) rappresentano un’importante causa di morbosità e di gravi complicanze; gli agenti eziologici più frequentemente correlati sono Neisseria meningitidis (meningococco), Streptococcus pneumoniae (pneumococco) e Haemophilus influenzae (emofilo). Nel 2021 l’incidenza in Italia dei casi di MaBi, su 100.000 abitanti, è stata di 0,04 (meningococco), 0,81 (pneumococco) e 0,11 (emofilo); negli ultimi 20 anni, la disponibilità di vaccini ha modificato l’epidemiologia con una notevole riduzione dell’incidenza. In Italia, la vaccinazione anti-Haemophilus influenzae (Hib) è raccomandata fin dall’inizio degli anni ‘90, mentre i vaccini coniugati contro meningococco e pneumococco sono stati introdotti all’inizio degli anni 2000. Le vaccinazioni sono fortemente raccomandate per soggetti a rischio per alcune condizioni patologiche. Metodi. Sono state analizzate le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) con i codici di diagnosi ICD-9-CM corrispondenti a malattie infettive soggette a notifica, negli anni 2019-2022, per un totale di 1.788 ricoveri; all’interno di questi sono stati ulteriormente selezionati i ricoveri per meningiti batteriche (n.48). Risultati. Cinque ricoveri (10%) hanno riguardato la fascia di età 0 anni, 3 ricoveri (6%) la fascia 1-4 anni, 16 ricoveri (33%) la fascia 25-64 anni e 20 ricoveri (42%) la fascia >64 anni. La degenza media è risultata essere di 23,3 giorni e quasi la metà ha superato i 14 giorni di degenza. Il 35% (17 ricoveri) ha avuto un ingresso in un reparto di terapia intensiva; 4 sono stati i decessi. I ricoveri per meningite batteriche causate da agenti per cui è disponibile la vaccinazione (pneumococco, emofilo, meningococco) sono risultati il 55% (n=27) con una degenza media di 18,5 gg. Di questi ricoveri, più di un terzo dei pazienti presentava un rischio per condizione patologica (trapianto, diabete mellito, patologia oncoematologica, infezione da HIV) e tutti appartenevano alla fascia d’età > 64 anni. Conclusioni. Più della metà dei ricoveri per meningite batteriche nel periodo 2019-2022 è stata causata da agenti per cui la vaccinazione è attualmente disponibile e di questi un terzo è stato associato a condizioni patologiche a rischio per cui le vaccinazioni sono fortemente raccomandate. I ricoveri per meningiti batteriche rappresentano una piccola parte del totale dei ricoveri per malattie infettive soggette a notifica, come d’altronde è bassa l’incidenza nella popolazione; nonostante ciò, l’importanza della loro analisi tramite le SDO è data non soltanto dalla gravità, dalle sequele e dalla letalità della malattia, ma anche dell’assorbimento di risorse che implica al momento del ricovero, che avviene per un terzo dei casi in reparti intensivi e con una degenza media di quasi tre settimane. Inoltre, questa analisi può rappresentare un supporto alla politica sanitaria nell’allocazione di risorse a livello ospedaliero e territoriale e un feedback per l’orientamento di future campagne vaccinali su determinati gruppi a rischio.


P84.

Mortalità correlata a sepsi in Veneto, 2008-2022

U. Fedeli1, C. Barbiellini Amidei1, M. Saia2

1Servizio Epidemiologico Regionale e Registri, Azienda Zero, Regione del Veneto. 2Governo Clinico, Azienda Zero, Regione del Veneto

Introduzione. Pochi dati su base di popolazione sono disponibili sull’epidemiologia della sepsi. Un possibile approccio alla stima della mortalità sepsi-correlata è l’analisi delle cause multiple di morte, cioè di qualsiasi menzione della patologia nella scheda di morte indipendentemente dalla sua selezione come causa iniziale. Analisi condotte con tale metodologia hanno già evidenziato un aumento della mortalità sepsi-correlata in Veneto nel periodo 2008-2013, ed a livello nazionale nel periodo 2003-2015. Obiettivo del lavoro è estendere l’analisi di trend agli anni più recenti includendo anche il periodo pandemico. Metodi. Nel Veneto copia della scheda ISTAT è inviata al Servizio Epidemiologico Regionale per la codifica di tutte le patologie menzionate in ICD-10 e per la selezione della causa iniziale, operata nel periodo 2008-2017 tramite il software ACME, messo a disposizione dai CDC, ed a partire dal 2018 con il software europeo Iris. Il cambiamento del software è coinciso con l’adozione di una versione più aggiornata dell’ICD-10 e con la modifica delle regole di selezione della causa iniziale. Sono stati selezionati i decessi con menzione di sepsi/shock settico (codici ICD-10 A40-A41, P36, A021, A32.7, B37.7, R57.2, R65.1) nel periodo gennaio 2008-settembre 2022. La mortalità proporzionale per sepsi è stata calcolata in base alle cause multiple (percentuale delle schede con menzione della malattia sul totale dei decessi). È stato infine definito il rapporto tra decessi con menzione della patologia e decessi in cui la stessa è selezionata come causa iniziale. Risultati. Nel periodo di studio si è verificata una crescita notevole dei decessi con menzione di sepsi: da 2.153 nel 2008 a 6.191 nel 2021, passando dal 4,9% all’11,6% di tutti i decessi (fino a raggiungere il 13,0% nei dati provvisori relativi a primi 9 mesi del 2022). Escludendo le morti con menzione di Covid-19 e restringendo l’analisi al periodo gennaio-settembre, si conferma un incremento della mortalità proporzionale dal 4,9% nel 2008 al 12,7% nel 2022. Includendo solo i dati a partire dal 2012 (in ragione di modifiche nella categorizzazione del luogo del decesso), sepsi e shock settico sono menzionati nello 0,8% dei decessi a domicilio, nel 2,0% in hospice, nel 3,4% nelle strutture residenziali e nel 18,0% in ospedale. La selezione della sepsi come causa iniziale tra tutti i decessi che la menzionano è cresciuta fino al 2017, per poi calare nel 2018 in seguito alle modifiche nelle regole di codifica. Conclusioni. Tramite l’analisi delle cause multiple di morte, è possibile valutare il burden di mortalità per patologie che contribuiscono al decesso senza essere frequentemente selezionate come causa iniziale. Tale approccio è inoltre robusto a cambiamenti delle regole di codifica, e quindi preferibile nella valutazione dei trend temporali. La mortalità correlata a sepsi è aumentata notevolmente nell’arco degli ultimi 15 anni. È difficile determinare quanto di tale crescita sia attribuibile ad un reale trend epidemiologico piuttosto che ad una maggiore rilievo dato dai medici certificatori alla patologia.


P85.

Analisi dei casi di Streptococco pyogenes 
nell’Azienda Ulss 8 Berica nel 2023

S. Mondino1, S. Zavonello1, C. Dalle Carbonare1, C. Campagnolo1, F.P. De Siena1, M.P. Zanon1, M. Rigoni1, L. Fallico2, L. Bragagnolo2, M. Rassu2, V. Manfrin3, A. Ferraresso4, E. Sandri5, R. Cazzaro 6

1Ospedale San Bortolo - Ulss 8 Berica, Direzione Medica Ospedaliera, Vicenza, 2Ospedale San Bortolo - Ulss 8 Berica, Microbiologia, Vicenza. 3Ospedale San Bortolo - Ulss 8 Berica, Malattie Infettive, Vicenza, 4Servizio di Igiene e Sanità Pubblica - Ulss 8 Berica, Vicenza, 5Ospedale Cazzavillan - Ulss 8 Berica, Direzione Medica Ospedaliera, Arzignano1, 6Ulss 8 Berica, Direzione Sanitaria

Introduzione. Le infezioni invasive da streptococco di gruppo A (iGAS) causate da Streptococcus pyogenes sono responsabili di un’ampia varietà di gravi patologie, tra cui batteriemia, infezioni dei tessuti molli o osteoarticolari e sindrome da shock tossico. Tali infezioni sono oggetto di studio all’interno del “Programma di sorveglianza delle infezioni invasive da streptococco beta emolitico (A, B, C, G)”, che è stato avviato nel 2023. Attualmente i dati epidemiologici relativi alle infezioni invasive da streptococco in Italia sono limitati in quanto l’unica malattia streptococcica notificabile è la scarlattina e non vi sono informazioni recenti sulla diffusione e sull’incidenza di tali infezioni. Tuttavia dalla seconda metà del 2022 si è osservato un significativo incremento dei casi di infezioni da Streptococco dapprima a livello europeo e in seguito a livello nazionale a partire da gennaio 2023. In questo contesto è stata condotta un’indagine al fine di analizzare l’andamento delle iGAS nell’ambito dell’Azienda Ulss 8 Berica. Metodi. In seguito alle indicazioni regionali ricevute a inizio 2023, volte a innalzare i livelli di allerta sul tema, il gruppo operativo del Comitato Infezioni Ospedaliere aziendale ha provveduto a diffondere una nota a tutti i reparti al fine di rafforzare la sorveglianza e la tempestiva segnalazione di eventuali casi. I casi sono stati progressivamente riportati su un database per monitorare il tipo di pazienti e i reparti maggiormente coinvolti, anche grazie ad una stretta collaborazione tra Microbiologia, Direzione Medica e Servizio di Igiene e Sanità Pubblica. Risultati. All’interno dell’Ulss 8 Berica, da dicembre 2022 a giugno 2023, sono state notificate 12 emocolture positive per Streptococcus pyogenes, registrando un aumento rispetto ai 3 anni precedenti. Infatti nel periodo gennaio 2020-novembre 2022 le emocolture positive per Streptococcus pyogenes erano state 5 (4 nel 2020, 1 nel 2021, 0 nel 2022). La comparsa dei sintomi in tutti i casi segnalati è avvenuta a domicilio. L’età media dei casi è di 55 anni, con un’equa distribuzione di genere. Sei pazienti sono stati ricoverati in area critica e, di questi, quattro sono poi deceduti. Sei pazienti sono stati dimessi guariti, uno trasferito in struttura riabilitativa e uno risulta ancora ricoverato. Rispetto ai quattro pazienti deceduti, due avevano una media di degenza di 1,5 giorni con permanenza solo in area critica, due avevano una media di degenza di 27,5 giorni (con trasferimento in area medica). Tutti i campioni sono risultati positivi per Streptococcus pyogenes di tipo A e sono stati inviati per la tipizzazione presso l’Istituto Superiore di Sanità. Conclusioni. L’aumento di infezioni invasive da Streptococco negli ultimi mesi rappresenta una sfida per la salute pubblica che richiede un attento monitoraggio dei casi, il potenziamento delle misure preventive e la sinergia di tutti gli attori coinvolti. In quest’ottica l’indagine condotta a livello aziendale conferma il trend in crescita registrato a livello nazionale ed europeo nell’ultimo periodo. Questo evidenzia l’importanza di mantenere alto il livello di attenzione nei confronti di tale patogeno e la necessità di mettere in atto strategie di sorveglianza finalizzate all’identificazione precoce dei casi e alla prevenzione dei contagi, anche tramite un approccio integrato e multidisciplinare.


P86.

Ospedalizzazioni per Virus Respiratorio Sinciziale (RSV) nel Veneto

M. Saia1, S. Cocchio2, G.M. Prandi2, P. Furlan2, G. Venturato2,
T. Marcon
1, G. Tremolada2, V. Baldo2

1Regione Veneto - Azienda Zero, 2Università degli Studi di Padova

Introduzione. Il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV) è un patogeno respiratorio molto comune che interessa le fasce di età estreme e rappresenta la principale causa di infezioni delle basse vie respiratorie nei bambini. Allo scopo di valutare l’impatto dello stesso in termini di ospedalizzazioni è stato condotto uno studio retrospettivo. Metodi. Ci si è avvalsi dell’archivio regionale informatizzato anonimizzato delle SDO relativamente al periodo 2007-2022 selezionando le dimissioni da ricovero ordinario con almeno uno degli specifici codici diagnosi ICD9-CM (079.6 RSV; 466.11 Bronchiolite da RSV e 480.1 polmonite da RSV) considerando l’eventuale presenza di due ricoveri entro 30 giorni come un unico evento e con la rappresentazione del tasso di ospedalizzazione (TO) per 100.000 cittadini residenti. Le analisi statistiche sono state condotte con SPSS 28.0; SPSS Inc., Chicago, IL, USA. Risultati. Escludendo trattamenti in regime diurno, residenti extraveneto e ricoveri ripetuti, dalle 7.697 ospedalizzazioni identificate il campione oggetto dell’analisi si è ridotto a 7.323, con una media di 458 dimissioni/anno. La diagnosi più frequente era la bronchiolite da RSV (83,6%) seguita dalla polmonite (10,6%) e dall’aspecifico codice di RSV (5,8%), con tali diagnosi riportate nel 65,5% dei casi come diagnosi principale. Lievemente superiore la rappresentazione del genere maschile (54,2 vs. 45,8%) con una netta preponderanza di bambini al di sotto dell’anno (83,9%) seguiti dalla fascia 1-4 anni (10,9%), i primi con un’elevatissima frequenza di bronchioliti (93%) in contrapposizione al resto del campione che ha evidenziato una maggior rappresentazione delle polmoniti. Nel 95,6% dei casi si trattava di ricoveri in reparti pediatrici e la degenza media si è assestata a 6,0 giorni, significativamente maggiore per le bronchioliti rispetto a polmoniti e a ospedalizzazioni per RSV (8,0 vs. 5,7 - p<0,001; 8,0 vs. 6,8 - p=0,011); nel periodo si sono verificati 23 decessi, pari a 0,3% delle ospedalizzazioni. In considerazione della stagionalità delle ospedalizzazioni dall’analisi dei dati relativi all’ ultimo trimestre dell’anno ed al primo del seguente, si è evidenziato un progressivo incremento dall’inverno 2007-2008 al 2018-2019, passando da 203 (TO: 0,047) a 688 ospedalizzazioni (0,157), seguito da un quasi azzeramento dei ricoveri (n. 10 - 0,002), per poi raggiungere il valore più elevato nel 2021-2022 (n. 938) con TO pari a 0,199 per 100.000. Conclusioni. Quanto riportato, oltre a confermare l’impatto del RSV nella popolazione pediatrica, evidenzia un incremento complessivo delle ospedalizzazioni per RSV, eccezion fatta per l’inverno caratterizzato dalla pandemia da SARS-CoV-2 e dalle conseguenti restrizioni, dato che se confrontato con l’andamento in altri Paesi europei è plausibilmente riconducibile alla miglior accuratezza dei test diagnostici negli ultimi anni e all’aumentato ricorso alla stessa.