La prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza nella pratica clinica
Massimo Sartelli intervista Maria Luisa Moro

Prevention of healthcare-associated infections in clinical practice.

Massimo Sartelli interviews Maria Luisa Moro


 


Massimo Sartelli

Dipartimento di Chirurgia, Ospedale di Macerata

 


Riassunto.

Si riporta in quest’articolo un’intervista alla Dr.ssa Maria Luisa Moro, Presidente della Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (SIMPIOS).

Parole chiave. SIMPIOS, prevenzione e controllo delle infezioni, antibiotico-resistenza.


Summary.

This article reports an interview with Dr. Maria Luisa Moro, President of the Italian Multidisciplinary Society for the Prevention of healthcare-associated infections (SIMPIOS).

Key words. SIMPIOS, infection prevention and control, antimicrobial resistance.



Se si considera una prevalenza europea del 6,5% (2016-2017) e italiana dell’8,03% (2016-2017), è facile comprendere le forti ripercussioni che il fenomeno delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) può avere sul Sistema Sanitario Nazionale. Nonostante il loro impatto, il peso delle ICA non è ancora sufficientemente percepito dagli operatori sanitari, con conseguenti risposte che risultano spesso inadeguate.

Per un clinico come me, che si interessa di infezioni, la Dottoressa Maria Luisa Moro è sempre stata un riferimento importante, soprattutto per il suo costante impegno nella prevenzione delle ICA. Specialista in Igiene e Sanità Pubblica, la Dottoressa Moro è stata per anni direttore dell’Agenzia Sociale e Sanitaria Regionale dell’Emilia-Romagna ed è ora Presidente della Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (SIMPIOS).

Si riporta in quest’articolo un’intervista integrale a Maria Luisa Moro.


 


Gent.ma Isa, qual è l’impatto che le infezioni correlate all’assistenza hanno nel nostro Sistema Sanitario e perché è importante implementare il più possibile la prevenzione e il controllo delle infezioni nei nostri ospedali?


Secondo l’European Center for Disease Control, le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono responsabili ogni anno in Europa di quasi il doppio di anni di vita perduti (per decesso o disabilità) rispetto a tutte le altre malattie infettive notificabili (ad esempio AIDS, tubercolosi, influenza, ecc.), considerate complessivamente. In Italia, l’impatto è maggiore rispetto ad altri Paesi: la prevalenza di infezioni in ospedali per acuti, ad esempio, è superiore alla media europea, il numero di decessi per infezioni antibiotico-resistenti (spesso contratte durante l’assistenza) in Italia è 1/3 di tutti i decessi registrati in Europa (mentre la popolazione italiana è solo il 13,2% della popolazione europea). Già nel 2015, l’Italia aveva una proporzione di infezioni sostenute da microrganismi antibiotico-resistenti intorno al 30% (considerando otto combinazioni microrganismi-antibiotico), dato più elevato tra i Paesi del G7 e circa tre volte quello della Gran Bretagna: nel 2030 si prevede che il fenomeno peggiorerà ulteriormente in Italia arrivando al 35% (OCSE, 2022). Parallelamente, l’Italia è, tra i Paesi del G7, quello che ha raggiunto un minor numero di requisiti previsti per i programmi di prevenzione e controllo. Secondo l’OCSE, l’impegno nello sviluppare programmi di controllo in Italia avrebbe importanti ricadute economiche: nel periodo 2015-2050 per ogni dollaro speso in interventi di prevenzione e controllo, in Italia sarebbe possibile risparmiare quasi 13 dollari ogni anno (dati OCSE 2022).



Stiamo uscendo da una terribile pandemia. Quanto pensi che Covid-19 abbia modificato le pratiche di prevenzione delle infezioni in comunità e negli ospedali, soprattutto per quanto riguarda l’igiene delle mani?


Durante la pandemia, la paura di contrarre e trasmettere ai propri familiari un agente infettivo nuovo e sconosciuto ha prodotto un’attenzione generalizzata alle precauzioni di isolamento, inclusa l’igiene delle mani. Nelle strutture sanitarie residenziali dell’Emilia-Romagna, ad esempio, il consumo di prodotti idroalcolici è aumentato da 3 l/1.000 giornate di presenza nel 2019 a 10,1 l/1.000 nel 2020. Analogo fenomeno è stato osservato negli ospedali per acuti dove, nello stesso periodo, l’utilizzo è aumentato di circa 3 volte (da poco più di 20 l/1.000 giornate a quasi 60 l/1.000). Negli anni successivi, però, il consumo è nuovamente calato: è, quindi, verosimile che il motore principale fosse la paura, come evidenziato anche da alcuni studi italiani che hanno documentato come gli operatori fossero più preoccupati di trasmettere l’infezione ai propri familiari piuttosto che a pazienti negativi. Per promuovere un cambiamento stabile dei comportamenti, è necessario che gli operatori comprendano perché è importante uno specifico gesto assistenziale, percepiscano di essere responsabili in prima persona e di essere in grado di adottare quella misura, abbiano le risorse disponibili per farlo. I programmi di controllo devono assicurare ciò in tutte le strutture sanitarie, per garantire la sicurezza dei pazienti.



In questi ultimi anni l’antibiotico-resistenza ha assunto i connotati di una crisi sanitaria globale, una “pandemia silenziosa”, che richiede un’azione immediata e condivisa per preservare gli antibiotici per le generazioni attuali e future. Quale è, Isa, la tua opinione in merito? E che relazione ha il problema dell’antibiotico-resistenza con la necessità di prevenire le infezioni?


Persone e istituzioni molto più autorevoli di me hanno documentato le dimensioni di questo problema, l’impatto che potrà avere per le prossime generazioni se non si modifica la rotta, la complessità e allo stesso tempo l’urgenza di intervenire. Basti ricordare che è stato stimato che in assenza di interventi preventivi, nel 2050 l’antibiotico-resistenza sarà probabilmente la prima causa di morte nel mondo. In Italia, nonostante sia stato varato un piano nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza fin dal 2017, non si riescono ancora ad apprezzare cambiamenti di sistema che consentano di modificare in modo efficace i due principali determinanti dell’antibiotico-resistenza: la selezione di microrganismi resistenti agli antibiotici, legata alla pressione antibiotica, e la trasmissione di microrganismi resistenti, trasmissione che potrebbe essere prevenuta con interventi di prevenzione e controllo. Le ICA giocano un ruolo importante nel determinare il burden dell’antibiotico-resistenza: circa il 35% delle infezioni resistenti vengono acquisite in ambito assistenziale ogni anno, ma queste infezioni sono responsabili di circa il 62%-73% dei decessi attribuibili alle infezioni resistenti (OCSE, 2023); è, quindi, chiaro che hanno un impatto molto rilevante sulla salute dei cittadini. Inoltre, è utile ricordare che tra i microrganismi resistenti che rappresentano un pericolo rilevante per la salute e per i quali è prioritario intervenire, ve ne sono molti che vengono frequentemente o prevalentemente acquisiti durante l’assistenza, quali Staphylococcus aureus meticillina-resistente, Acinetobacter baumanii resistente ai carbapenemi, Candida auris, Clostridioides difficile, Enterobatteri resistenti ai carbapenemi. Inoltre, poiché i batteri hanno una grande capacità di sviluppare meccanismi per ridurre l’efficacia di specifici antibiotici, l’emergenza di ceppi antibioticoresistenti è inevitabile. Gli interventi di prevenzione e controllo della trasmissione di microrganismi sono gli interventi più efficaci nel contrastare l’antibiotico-resistenza, visto che è impossibile eliminare la somministrazione di antibiotici e che questi farmaci, anche quando somministrati appropriatamente, promuovono comunque la selezione di batteri resistenti.



Il termine “multidisciplinare” ricorre nel nome della Società che presiedi. Quanto è importante allo stato attuale la necessità di un approccio integrato e collaborativo che coinvolga differenti figure professionali nella prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, nella pratica clinica di tutti i giorni?


Negli ultimi decenni si è modificato profondamente l’approccio alla prevenzione e controllo delle ICA: all’inizio la multidisciplinarietà veniva prevista solo all’interno dei Comitati di controllo delle infezioni ospedaliere (allora così denominate) e la gestione dei programmi veniva sostanzialmente lasciata alle sole figure addette al controllo (infermieri e medici). Successivamente, ci si è resi conto che i programmi di controllo per essere efficaci devono vedere la partecipazione in prima persona di tutti gli attori (direzione della struttura/azienda sanitaria, figure dedicate al controllo, servizi, uffici tecnici, personale medico e infermieristico, pazienti). La responsabilità di contrastare le ICA è una responsabilità di tutti a tutti i livelli. Per questo motivo è necessario assicurare la partecipazione delle diverse professioni e discipline: nella fase di pianificazione strategica e di valutazione dei risultati raggiunti è necessario un organo multidisciplinare (nelle Aziende Sanitarie il Collegio di Direzione o un comitato multidisciplinare da questo delegato); nella fase di attuazione del programma, i Gruppi operativi per il controllo delle infezioni e per l’antimicrobial stewardship devono vedere la presenza non solo delle figure addette ma anche di farmacisti e microbiologi ed è necessario individuare nei reparti e nei servizi territoriali figure di link professional che lavorino in stretta collaborazione con i gruppi operativi; nella fase di implementazione di nuove pratiche assistenziali, è necessario il coinvolgimento dei professionisti interessati e l’adozione di interventi multimodali. La SIMPIOS si è costituita vent’anni fa partendo proprio dalla intuizione che, per essere efficaci, erano necessarie competenze differenziate e molteplici e il contributo di tutti i professionisti.



In questi ultimi anni sono state pubblicate diverse linee-guida sulla prevenzione delle infezioni del sito chirurgico, tuttavia l’aderenza a queste linee-guida spesso non è soddisfacente nella pratica clinica. Quali sono gli ostacoli che impediscono di mettere in pratica misure efficaci nella prevenzione e come pensi si possa sensibilizzare il clinico, ed il chirurgo in particolare, a rispettare le buone pratiche di prevenzione?


È sempre difficile modificare comportamenti consolidati e promuovere l’applicazione nella pratica di nuove pratiche assistenziali: passano in genere diversi anni prima che pratiche dimostrate più efficaci o sicure vengano trasferite dalle strutture che hanno ospitato le sperimentazioni alla pratica quotidiana di tutto il servizio sanitario. I motivi alla base della difficoltà a cambiare sono molteplici e vanno da fattori legati ai singoli professionisti (conoscenze, percezioni e attitudine), a fattori interpersonali e legati al contesto sociale (il clima dell’ambiente di lavoro, le convinzioni e i comportamenti di coloro che hanno un ruolo di leader nell’organizzazione), a fattori organizzativi ed economici (organizzazione del lavoro, risorse disponibili, fattori organizzativi che ostacolano l’adozione dei nuovi comportamenti assistenziali, complessità dell’innovazione che si vuole implementare). Data la complessità dei fattori che rendono difficile introdurre innovazioni assistenziali, è necessario mettere in campo interventi che promuovano il cambiamento attraverso azioni che partono dal contesto locale (capendo gli ostacoli) e li rimuovono con interventi multimodali, basati sull’utilizzo di strumenti molteplici (team multidisciplinari, analisi del contesto, strumenti per rilevare percezioni e conoscenze degli operatori, programmi formativi, reminder, sorveglianza e feed-back dei dati). Un esempio di intervento multimodale, estremamente efficace, è quello della Campagna Clean Care is safer Care dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che anche in Italia è stata molto efficace a promuovere l’igiene delle mani nelle strutture partecipanti.



Probabilmente, un anello mancante della prevenzione delle infezioni del sito chirurgico è l’assenza di dati sulla reale incidenza del problema.

In Italia solo poche regioni hanno sistematizzato un sistema di sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico. Perché è importante la sorveglianza? Sarebbe possibile organizzare un sistema sostenibile di sorveglianza nazionale?


La sorveglianza e la restituzione dei dati agli operatori sanitari che lavorano in ambito chirurgico rappresentano un requisito irrinunciabile di programmi di controllo efficaci. Sia in Italia che in altri Paesi, è stato dimostrato in modo inequivocabile che l’avvio di sistemi di sorveglianza si accompagna ad una riduzione nel tempo delle infezioni del sito chirurgico. Per far sì che la sorveglianza venga portata avanti in tutti gli ospedali, è necessario che non sia una attività volontaria, bensì un requisito obbligatorio delle strutture sanitarie per poter operare. In alcune regioni ciò è avvenuto ed è stato dimostrato che è possibile far sì che tutte le strutture pubbliche e private partecipino; per facilitare la partecipazione è possibile sfruttare le informazioni già raccolte per fini amministrativi, in modo da ridurre la quantità di informazioni da rilevare in modo attivo, rendendo di conseguenza più sostenibile la sorveglianza.

L’Istituto Superiore di Sanità ha lanciato nel 2023 la sorveglianza a livello nazionale (Sistema SICHER), sulla base del sistema già condiviso da alcune regioni, ed è stata inviata una richiesta agli assessorati regionali per incentivare la partecipazione. Questo rappresenta un importante passo in avanti, anche se è necessario passare gradualmente, ma in tempi i più brevi possibili, da una partecipazione volontaria a una partecipazione obbligatoria.



Ringraziandoti per il tempo concesso, Isa, ti volevo rivolgere due ultime domande. Pensi che in Italia allo stato attuale ci siano i margini per migliorare le pratiche di prevenzione nei nostri ospedali? Che ruolo pensi possa avere SIMPIOS in questa sfida?


I margini si devono trovare necessariamente: non è accettabile che le persone che hanno problemi di salute nel nostro Paese siano costrette a soffrire complicanze per infezioni acquisite durante l’assistenza, che in alcuni casi possono essere anche molto gravi. Il lavoro però è molto, perché tutti i dati disponibili dimostrano che lo scenario epidemiologico è peggiore rispetto a molti altri Paesi europei ed i programmi di controllo non hanno ancora raggiunto standard sufficienti in tutto il Paese. La SIMPIOS può contribuire allo sviluppo e consolidamento dei programmi di controllo promuovendo cultura su questo tema (attraverso le proprie iniziative formative e la rivista), promuovendo l’implementazione di buone pratiche attraverso linee di indirizzo (quale ad esempio il Documento Multisocietario per la prevenzione delle Infezioni in Chirurgia emanato nel 2023 oppure la recente proposta di un bundle per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico), ma soprattutto istituendo reti di lavoro collaborative che consentano di implementare pratiche sicure, in collaborazione e confronto con altre strutture sanitarie.



Nel nostro Paese, recentemente è stato aggiornato il nuovo Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico Resistenza, che è molto completo e anche molto ben scritto. Riuscirà il PNCAR 2022-2025 a rappresentare una vera opportunità per far fare all’Italia un passo in avanti e allinearla agli altri Paesi europei? Riuscirà ad avvicinare i nostri sanitari al problema dell’antibiotico-resistenza?


Il Piano Nazionale rappresenta un importante passo in avanti, perché molto completo, ma anche perché per la prima volta sono state stanziate risorse per promuovere le attività a livello regionale. Perché sia efficace è però necessario un forte coordinamento a livello nazionale, il monitoraggio attento delle attività, che sono tante e fondamentali per costruire un sistema di intervento che coinvolga tutte le regioni, e la valutazione puntuale dei risultati conseguiti, per cambiare rotta qualora alcune attività non raggiungano gli obiettivi prefissati.  


Grazie Isa per l’intervista. Continuiamo i nostri sforzi per migliorare la percezione di questo problema e per combattere la nostra grande sfida: tu come mentore e Presidente di una Società Scientifica in prima linea, io come clinico interessato e appassionato!

 


Corrispondenza: Massimo Sartelli
e-mail: massimosartelli@gmail.com