Poster


Sorveglianza clinica delle IOS/ICA  e delle pratiche assistenziali


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La colonizzazione con Enterococcus resistente alla vancomicina (VRE) si associa a esiti peggiori nei pazienti sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali (AUTO-HSCT)? Uno studio prospettico monocentrico

B. Scaioli1, E. Petracci1, E. Prati1 C. Biagetti2, M.T. Montella1,  M. Golinucci1, G. Sever1, L. Ballanti1, M. Rustignoli1, A. Zeneli1

2IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” - IRST S.r.l.; 2Azienda USL Romagna

Introduzione. Nonostante in letteratura sia raccomandata la sorveglianza tramite tampone rettale per lo screening dei pazienti colonizzati da enterococchi resistenti alla vancomicina (VRE), l’impatto clinico della colonizzazione VRE nei riceventi (auto-HSCT) rimane ancora una questione aperta. Lo studio aveva lo scopo di rilevare la prevalenza di VRE e valutare se la colonizzazione da VRE impatta sugli esiti clinici peggiori, confrontandoli con gli esiti dei pazienti non colonizzati da VRE. Metodi. Lo studio è stato condotto in un centro oncologico di ricerca nel Nord Italia. Sono stati inclusi nell’indagine tutti i pazienti sottoposti a chemioterapia ad alte dosi e successivo trapianto autologo da settembre 2022 a giugno 2024. Lo screening dei pazienti colonizzati da VRE è stato eseguito tramite tampone rettale al momento del ricovero, settimanalmente e alla dimissione. Gli esiti peggiori considerati per la valutazione dell’impatto clinico della colonizzazione da VRE erano le batteriemie causate da VRE (BSIs), altre BSI e/o la mortalità dei pazienti valutata alla dimissione e al follow-up entro 100 giorni dall’auto-HSCT. Risultati. Sono stati inclusi nello studio 61 pazienti adulti che hanno ricevuto almeno un trapianto autologo di cellule staminali periferiche (auto-HSCT). Di questi, 40 (65,6%) erano pazienti affetti da malattie ematologiche (22 linfomi, 18 pazienti mieloma multiplo); 21 (34,4%) erano pazienti affetti da tumori delle cellule germinali. L’età media al trapianto era 50,3 (DS ± 14,9), 44 pazienti (72,1%) erano maschi, 40 (65,6%) sono stati sottoposti a un singolo auto-HSCT, mentre 21 (34,4%) a due o più per un totale di 94 auto-HSCT. La prevalenza di colonizzazione da VRE è stata osservata nel 24,5% dei trapianti. Nel 16,0% dei trapianti la colonizzazione da VRE è stata riscontrata al momento del ricovero e in 8 casi (8,6%) è stata riscontrata durante il periodo di ospedalizzazione. Tra le 8 nuove colonizzazioni da VRE, quattro si sono verificate in pazienti che avevano ricevuto più di un trapianto. La neutropenia febbrile post-trapianto (NF) si è verificata in 70 casi (74,5%). Il tasso di NF era rispettivamente dell’82,6% nei pazienti colonizzati da VRE e del 71,8% nei pazienti non colonizzati. Non sono stati osservati casi di BSI causati da VRE. Altre BSI confermate in laboratorio sono state diagnosticate in 11 dei 70 casi con NF (15,7%). Il tasso di BSI è risultato dell’8,6% nei pazienti colonizzati e del 12,67% nei pazienti non colonizzati. La mortalità entro 100 giorni dall’auto-HSCT è risultata del 9,8%. Uno dei 6 pazienti deceduti è morto per complicazioni infettive, mentre cinque di loro per progressione di malattia. Due dei pazienti deceduti sono risultati colonizzati da VRE; 1 al momento del ricovero e l’altro durante l’ospedalizzazione. Non sono state osservate differenze statisticamente significative tra pazienti colonizzati e non colonizzati sugli esiti oggetto di valutazione. Conclusioni. Il nostro studio non ha mostrato alcuna correlazione significativa sulle complicanze e sulla mortalità post-trapianto. Tuttavia, gli sforzi per mantenere la sorveglianza attiva dei VRE MDRO sono giustificati in una prospettiva di stewardship antimicrobica in un contesto di pazienti altamente suscettibili alle infezioni. I nostri risultati sono in linea e confermano i risultati di studi precedenti.


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Sorveglianza dei patogeni sentinella: l’alert microbiologico in cartella clinica elettronica

M. Ialonardi1, M. Falato2, E. Callea1, D. Mosci1, P. Falorio1,  E. Della Bella1, M. Leonessi 1, S. Ambretti1, C. Basili1, P.L. Viale1

1IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant’Orsola; 2Università degli Studi di Bologna, DIBINEM, Scuola di Specialità in Igiene e Medicina Preventiva

Introduzione. La sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza include attività diverse, tra le quali particolare rilevanza hanno quelle mirate a identificare tempestivamente singoli casi di colonizzazione o infezione, che richiedono interventi immediati per limitarne la diffusione. Presso l’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Sant’Orsola, dal 2011 è operativa una sorveglianza attiva per il monitoraggio dei patogeni sentinella a mezzo di un sistema di segnalazione di alert a valenza clinica e/o epidemiologica. Ogni giorno, mediante il software Mercurio Noemalife sono rielaborati i dati contenuti nei referti delle analisi microbiologiche ricevuti dal sistema informatico del laboratorio. In caso di riscontro di positività per un microrganismo compreso nell’elenco dei patogeni sentinella, il programma genera l’evento “alert”, che ne prevede la notifica via mail, mediante mailing list pre-configurata, specifica per ogni Unità Operativa, che comprende referenti medici e infermieristici del reparto richiedente, i componenti del Nucleo Operativo delle Infezioni Correlate all’Assistenza, consulenti infettivologi indicati dalla UO Malattie Infettive. A seguito della pandemia Covid-19 è risultato evidente che il sistema di Alert Email presentava fragilità evidenti, per la necessità di dover riaggiornare costantemente l’elenco dei referenti in seguito alle frequenti attivazioni e chiusure dei reparti e del forte turnover. Inoltre, la necessità di dover accedere ad una mail per prendere consapevolezza della presenza di una colonizzazione o infezione, nel contesto della pandemia, risultava inapplicabile. In considerazione dell’introduzione del sistema di Cartella Clinica Elettronica (CCE) a partire da luglio 2023 è stato avviato un gruppo di lavoro coordinato da Igiene Ospedaliera e Prevenzione con il coinvolgimento di Microbiologia, Malattie Infettive e Information and Communications Technology per lo sviluppo di un sistema di alert in CCE. Metodi. Al fine di progettare e realizzare l’immissione dell’alert microbiologico in CCE è stato costituito un gruppo di lavoro costituito da 5 professionisti dell’IRCCS, che si è incontrato 14 volte. Come prima azione è stato rivisto l’elenco degli alert, sulla base dell’epidemiologia descrittiva locale. Definiti i patogeni alert, sono state valutate le informazioni da rendere disponibili in CCE, i destinatari delle informazioni, le modalità di ricezione e gestione delle stesse. Risultati. È stata creata una interfaccia dinamica dei due sistemi informatici Mercurio e CCE. L’alert viene ricevuto just-in-time rispetto alla validazione del microbiologo. Sono state veicolate al meccanismo anche altre funzioni di gestione del rischio infettivo quali: link al modulo di segnalazione e il link al repository aziendale per la consultazione delle procedure per la prevenzione del rischio infettivo. Gli alert sono stati configurati nel numero di 32, riducendo il numero precedente che era di 85. Sono stati valutati gli alert sulla base della contemporaneità dei risultati, in favore di quello a maggiore rilevanza clinica. Una volta che l’alert viene visualizzato in CCE e che ne vengono intraprese le azioni conseguenti, esso permane tra le notizie cliniche, ma non genera più allerta, mediante un diverso codice colore. Sono stati sviluppati inoltre metodi di trasmissione dell’informazione in caso di trasferimento e/o dimissione a garanzia della continuità assistenziale e della prosecuzione della sorveglianza. Prima della sua attivazione, quanto messo in campo è stato condiviso con clinici esterni al gruppo di lavoro. Conclusioni. La realizzazione di un sistema integrato di sorveglianza genera numerosi effetti positivi, quali una segnalazione più tempestiva dei patogeni sentinella, una presa in carico più rapida con attivazione degli eventuali provvedimenti terapeutici e delle specifiche procedure di isolamento e la sollecitazione ad una maggiore attenzione da parte di tutti gli operatori sanitari, sostenuti anche nell’assolvimento dei debiti informativi. La misura dell’efficacia di questo provvedimento verrà valutata in modo prospettico, continuando il monitoraggio dell’incidenza dei patogeni sentinella.


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Point Prevalence Survey: l’indagine ASUGI 2023,
un confronto con il passato e programmi di intervento futuri

L. Talotti1, M. Fabricci2, M. Busetti3

1Università degli Studi di Trieste, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Trieste; 2SC Direzione Medica Cattinara e Maggiore, ASUGI, Trieste; 3SC Microbiologia, ASUGI, Trieste

Introduzione. Nell’ottobre 2023 presso i presidi ospedalieri delle aziende sanitarie del FVG (Friuli Venezia Giulia) si è svolta la PPS (Point Prevalence Survey), una sorveglianza nazionale che rileva la prevalenza puntuale di ICA (infezioni correlate all’assistenza) e consumo ospedaliero di antibiotici con cadenza biennale. In questa disamina prenderemo in considerazione i dati relativi ad ASUGI (Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina) e andremo a sviluppare un confronto con i dati regionali con un occhio a possibili azioni di miglioramento, interventi correttivi e progetti futuri. Metodi. La struttura di ASUGI è costituita da: un centro hub nella città di Trieste, costituito dai due ospedali di Cattinara e Maggiore; un centro spoke costituito da due ospedali nelle città di Monfalcone e Gorizia. Lo studio di prevalenza puntuale prevede che si rilevino i dati relativi ai degenti in ospedale in un preciso momento. Per ogni degente sono stati rilevati dati suddivisi in tre sezioni: anagrafica e informazioni cliniche generali, terapia/profilassi antibiotica in atto e ICA presenti al momento dell’osservazione. I dati della prima sezione comprendono: presidio ospedaliero, reparto di degenza, data della rilevazione, un codice identificativo del paziente, età, sesso, data del ricovero, interventi chirurgici svolti durante la degenza, McCabe score, presenza/assenza di CV (catetere vescicale), CVC (catetere vascolare centrale), intubazione. Qualora il paziente fosse in terapia o in profilassi con uno o più antibiotici abbiamo rilevato per ognuno di essi la via di somministrazione, l’indicazione, il sito di diagnosi dell’infezione, se era presente o meno la motivazione nel diario clinico e se l’antibiotico fosse o meno stato cambiato. Nella sezione relativa alle ICA sono stati raccolti dettagli riguardo a tipo di infezione, sede di origine, presenza di devices correlati, data di insorgenza, presenza di sepsi, associazione dell’ICA con l’attuale reparto di degenza, terapia vasopressoria in atto e microrganismi isolati relativi all’infezione. Risultati. Lo storico dei dati aziendali ASUGI e regionali a nostra disposizione sulla PPS inizia dal 2011. Nel 2023 l’età media dei pazienti ASUGI è risultata essere 71,0±19,1 (per FVG 68,9±19,1). La prevalenza di ICA registrata all’interno della nostra azienda è stata del 8,7%: per il presidio ospedaliero di Trieste 10,6% su 442 pazienti, per lo spoke di Gorizia e Monfalcone, 5% su 239 pazienti (I dati FVG sono rispettivamente 6,2%, 7,2% e 4,4%). Analizzando le tipologie di ICA per l’hub, una maggior frequenza rispetto ai dati FVG è stata registrata per le PN (polmoniti) (3,39% vs 1,72%), UTI (1,13% vs 0,63%) e sepsi (2,71% vs 1,53%); le ISC (infezioni del sito chirurgico) si sono attestate sotto la media regionale (1,36% vs 1,42%). Per il centro spoke i valori di prevalenza di PN e UTI sono stati entrambi 0,42% mentre le ISC erano il 2,09%. La prevalenza di pazienti in terapia/profilassi antibiotica è risultata del 50% per i pazienti degenti nell’hub, dato ben al di sopra della media FVG (37,7%) e più alto dall’inizio della sorveglianza. L’indicazione all’uso di antibiotico per l’hub è stata: 73,6% infezione, 16,1% profilassi chirurgica e 8,4% profilassi medica. Gli stessi dati relativi al centro spoke sono stati 71,2%, 16,1% e 1,7% mentre i dati FVG sono stati 67,4%, 15,2% e 12%. Infine, il confronto di prevalenza di pazienti con devices hub vs spoke vs FVG è risultato: CVC 15,4% vs 10,9% vs 13%, CV 34,8% vs 29,7% vs 25,3%, intubazione 5,9% vs 2,5% vs 2,8%. Conclusioni. Tenuto conto delle rilevazioni effettuate dal 2011 ad oggi, in tutta la regione FVG nell’era post-Covid si è assistito ad un peggioramento dei dati di prevalenza delle ICA (5,3% nel 2021 vs 6,2% del 2023) e dell’uso di antibiotico in ambito ospedaliero (35,4% vs 37,7%), mentre la presenza di device rimane consistente il che suggerisce una correlazione già nota in letteratura. Questo impone un intervento su più fronti con lo scopo di ridurre questi fenomeni nell’interesse della sicurezza e della qualità delle cure. A questo proposito, è stata istituita una sorveglianza sulle modalità di inserimento e gestione dei principali devices per poi poter focalizzare gli interventi correttivi in maniera più precisa. Al fine di ridurre le prescrizioni inappropriate di alcune classi di antibiotici e limitare l’insorgenza di resistenze sarà implementato un monitoraggio della durata delle terapie. Infine, è stata attivata una sorveglianza di incidenza di tutte le tipologie di ICA sopracitate al fine di conoscerne la distribuzione all’interno delle strutture durante l’anno ed attuare interventi mirati.


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Indagine di prevalenza di colonizzazione  da microrganismi MDR in un centro dialisi italiano

C. Bolla1, S. Penpa2, N. Rossi3, E. Ferrando4, A. Pernecco4,  N.R. Pastorino3, E. Roscini3, A. Magrassi3, M. Baldin3,  N. Cinquegrana3, V. Hoti3, A. Brusco3, M. Ceruli3, S. Rovelli3,  M. Bertolotti2, I. Provitina3, M. Farotto5, A. Maconi2

1Prevenzione e Controllo Infezioni Ospedaliere e Antimicrobial Stewardship, Azienda Ospedaliero-Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria; 2SC Infrastruttura Ricerca Formazione Innovazione, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione, Azienda Ospedaliero-Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria; 3SC Nefrologia, Azienda Sanitaria Locale di Alessandria, Alessandria; 4SC Rischio Clinico e Rischio Infettivo, Azienda Sanitaria Locale di Alessandria, Alessandria; 5Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione, Azienda Sanitaria Locale di Alessandria, Alessandria

Introduzione. L’antibiotico-resistenza rappresenta un serio problema di sanità pubblica a livello mondiale, con un forte impatto sia clinico che economico, ed è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come una delle sfide prioritarie per i sistemi sanitari. L’emergenza di Enterobatteri resistenti ai carbapenemici (CRE) rappresenta una seria minaccia per la salute, in particolare dei soggetti più fragili, a causa delle limitate opzioni terapeutiche e dell’alto rischio di complicazioni severe o decessi. Le linee guida dell’OMS raccomandano, come strumento di Infection Control, l’uso di tamponi di sorveglianza per categorie di pazienti a rischio che accedono alle strutture sanitarie, tra cui i pazienti dializzati. Nonostante la letteratura internazionale evidenzi tassi elevati di infezione da batteri gram negativi multi resistenti (MDR) nei pazienti sottoposti a dialisi, sono limitate le informazioni relative alla prevalenza di questi microrganismi nella popolazione dializzata. Inoltre, la correlazione tra lo stato di colonizzazione e il conseguente rischio di sviluppare un’infezione non è ancora chiara. Il presente studio mira a indagare, attraverso una sorveglianza prospettica, il tasso di colonizzazione da patogeni MDR (sia gram negativi che positivi) nei pazienti dializzati presso i Servizi di dialisi dell’Azienda Sanitaria Locale di Alessandria (ASL AL), monitorando l’evoluzione della colonizzazione per 12 mesi. Metodi. È stato condotto uno studio osservazionale prospettico nell’ambito del quale sono stati arruolati consecutivamente, previa firma del consenso informato, pazienti adulti in dialisi al momento dell’avvio dello studio o inseriti nel trattamento di dialisi nel periodo di svolgimento dello studio, afferenti ai servizi di dialisi dell’ASL AL. I pazienti sono stati sottoposti a tamponi rettali e nasali per la ricerca di batteri gram negativi MDR e S. aureus meticillino-resistente (MRSA) rispettivamente. Dopo lo screening iniziale, in base all’esito ottenuto, i pazienti identificati con colonizzazione rettale sono stati sorvegliati clinicamente per monitorare l’eventuale sviluppo di infezione, con l’indicazione a ripetere il tampone dopo circa 3 mesi. In assenza di colonizzazione rettale iniziale, sono stati programmati tamponi successivi a intervalli quindicinali. Similmente sono stati programmati tamponi di controllo a intervalli quindicinali per i pazienti con risultati negativi al tampone nasale basale per MRSA. I pazienti con colonizzazione nasale iniziale da MRSA sono stati sottoposti a un protocollo di decolonizzazione nasale utilizzando una crema a base di mupirocina. Risultati. Nel periodo compreso dal 01/09/23 al 30/06/24 (primi 6 mesi di studio) sono stati arruolati 125 pazienti adulti in dialisi, pari al 54,3% del totale dei pazienti che afferisce ai Centri dialisi dell’ASL AL. Di questi, il 67% erano uomini e il 33% donne. L’età media dei partecipanti era di 70,4 anni. Il tasso di positività al tampone rettale è del 4,8% e quello del tampone nasale del 5,6%. Tra i colonizzati da MRSA 2 pazienti hanno sviluppato una infezione causata dallo stesso agente patogeno (28%). Conclusioni. Il tasso di colonizzazione da CRE/MRSA è al momento inferiore a quello osservato in letteratura nella popolazione non-dializzata a rischio, come quella degente presso Strutture per anziani, e in Centri dialisi americani. Come evidenziato in un recente studio tedesco, la ragione di tale risultato può essere correlata a elevati standard di igiene delle mani ed un’attenta politica di antibiotic stewardship.


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Esecuzione sistematica di uno studio di prevalenza sulle infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici presso un ospedale oncologico

S. Salvati1, V. Villa2, D. Solla1, S. Caltabiano1, C.M. Locatelli1,  B. Ottonello1, R. Russo1, G. Clerici3, L. Venneri1, A. Triarico4

1SC Direzione Medica di Presidio, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano; 2Direttore Medico di Presidio f.f., Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano; 3Università degli Studi di Milano, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Milano; 4Direttore Sanitario, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA), favorite dalla scorretta igiene delle mani e dall’utilizzo irrazionale degli antibiotici, possono complicare la prognosi dei pazienti, soprattutto se in condizioni di immunocompromissione, come i pazienti oncologici che afferiscono alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano. Nel 2022 INT ha aderito allo studio europeo di prevalenza sulle ICA e sull’uso di antibiotici, promosso da European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), che è stato ripetuto nel 2023 al fine di renderlo annuale e permettere un monitoraggio sistematico. Metodi. Nel 2023 è stata condotta, per il secondo anno consecutivo, un’indagine di prevalenza puntuale secondo il Protocollo ECDC PPS 2022-2023, che prevede tre tipi di questionari (per l’ospedale, per ogni reparto e per ogni paziente). I dati del 2023 sono stati presentati al Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) nella seconda seduta del 2024, permettendo un confronto con il 2022. I dati sul consumo di gel idroalcolico sono riferiti all’anno precedente allo studio. Risultati. Lo studio è stato condotto dal 27/11/2023 al 06/12/2023, includendo 16 reparti. I pazienti arruolati erano 181 (92 femmine e 89 maschi) con un’età media di 56 anni e mediana di 61 anni. Gli adulti erano 171, mentre 10 erano pazienti pediatrici. La durata media della degenza era di 6 giorni. I pazienti portatori di almeno un dispositivo medico invasivo erano 104, mentre 90 avevano subito un intervento chirurgico durante il ricovero. Alla rilevazione, 71 pazienti erano in trattamento antibiotico per via sistemica, con un totale di 93 terapie in atto. L’indicazione era nel 57% dei casi per profilassi, nel 41% per terapia e nel 2% non era nota, con 23 molecole diverse utilizzate. L’indicazione più frequente al trattamento erano le infezioni del sito chirurgico (33%), seguite dalla polmonite (27%). Il giorno dello studio 30 pazienti (17%) presentavano una o più infezioni, per un totale di 37 infezioni rilevate. Nel 73% dei casi (22 pazienti) si trattava di ICA, in 6 pazienti di infezione di origine comunitaria, in uno di origine non nota, mentre un paziente aveva un’infezione di altra origine (ascesso pelvico da necrosi tumorale). La quota maggiore di pazienti con ICA era ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva (67% sul totale dei ricoverati), seguita dalla Chirurgia generale Oncologica 1 Epato Gastro Pancreatica (33%). Escherichia coli ed Enterococcus faecium erano i principali microrganismi rilevati, rappresentando rispettivamente il 38% e il 19% delle infezioni. La media del consumo di soluzione idroalcolica calcolata per l’anno 2022 era di 22 litri per mille giornate di degenza, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pari a 20 litri. Il 63% dei letti erano dotati di distributore di soluzione idroalcolica in loco. Conclusioni. Escludendo la Terapia Intensiva, le ICA sono risultate più diffuse nei reparti chirurgici, come nel 2022. L’esecuzione di indagini mirate, prevista per l’anno in corso, potrà identificare eventuali criticità. Il consumo di gel idroalcolico è stato in linea con le raccomandazioni, ma una buona parte dei letti non aveva il distributore nella giusta localizzazione. Per questo, sono state intraprese misure correttive. In un contesto complesso come quello di INT, l’esecuzione sistematica dell’indagine è importante per identificare le criticità e prevedere le azioni necessarie per risolverle. L’orientamento monospecialistico dell’ospedale rende tuttavia necessario introdurre figure mediche specialistiche nel campo dell’infettivologia, che possano supportare la direzione sanitaria e i clinici nell’affrontare i problemi correlati alle infezioni. Nel corso del 2024 si è potenziata la sensibilizzazione del personale sanitario riguardo all’uso corretto degli antibiotici, aggiornando le procedure dedicate, che si prevede porteranno ad un uso sempre più preciso dei farmaci, soprattutto se correlate da azioni di antimicrobial stewardship.


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L’attività di sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (SNICH) degli interventi di colon  e taglio cesareo nella ASL 4 Liguria

C. Lorusso1, A. Centi1, L. Arpe1, A. Nicolini1, F. Razzetta2,  S. Cappato2, D. Barbieiri2, E. Verzella2, C. Lanzone2,  S. Bogliolo3, S. Bertoldi3, G. Camera3, D. Dell’Agnello3,  G. Oliveti4, C. Bottino5, B. Mentore5, G. Andreoli5

1Ufficio infezioni direzione medica di presidio, 2SC Chirurgia, 3SC Ginecologia Ostetricia, 4Studente infermieristica, 5Direzione medica di presidio, 6Direttore Sanitario – ASL 4 Liguria

Introduzione. Tra le infezioni correlate all’assistenza (ICA), le Infezioni del Sito Chirurgico (ISC) rappresentano una delle complicanze più frequenti e restano tra le priorità ufficiali di sorveglianza in Europa. L’obiettivo principale dello studio è garantire la standardizzazione della raccolta dati, attraverso l’applicazione di definizioni e metodi di raccolta condivisi. Metodi. Lo studio si è svolto da aprile a giugno/2023, con follow up a 30 giorni dall’intervento sia in elezione che in urgenza per gli interventi di taglio cesareo (CSEC) e chirurgia del colon (COLO). È stata utilizzata la versione standard del protocollo europeo. Risultati. Sono stati osservati 75 interventi chirurgici 38 CSEC e 37 COLO. Durante il periodo considerato sono state riportate 4 ISC: per CSEC 1 profonda durante il ricovero; 3 per COLO di cui 1 superficiale e 2 organi e spazi. L’ISC ratio (ISC/100 interventi NHSN per una determinata categoria) è risultato paria a: 2,6% per CSEC e di 8,1% per COLO. È stato inoltre valutato l’Infection Risk Index (IRI) che tiene conto del rischio individuale, in base alla classe di intervento, ASA score e la durata dell’intervento. Delle 4 ISC rilevate il 50% dei pazienti presentava un IRI pari a 2; nella totalità dei casi è stato eseguito con modalità di urgenza. L’ISC rate: numero di ISC per 1.000 giorni di sorveglianza post-operatoria è risultato pari a 7,8 per CSEC e 7,3 per COLO. Sono stati rilevati inoltre i dati relativi alla Profilassi antibiotica preoperatoria, preparazione della cute e controllo normotermia e glicemia. Conclusioni. SNICh risulta un ambizioso strumento utile a possedere le potenzialità per il monitoraggio e la sorveglianza delle ISC, sebbene l’applicazione puntuale del protocollo risulti molto impegnativa. Lo strumento propone un coinvolgimento delle Strutture degenziali, Sala operatoria ed Ambulatori, in un percorso di cura trasversale Ospedale-Territorio e, al tempo stesso, rappresenta un’opportunità per migliorare la consapevolezza in tema di ICA, approfondire, aggiornare procedure, alla luce delle evidenze scientifiche.


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Due studi di prevalenza infezioni correlate all’assistenza per l’anno 2024 nell’RSA di Chiavari. Valutazione del percorso negli anni

C. Lorusso1, A. Centi1, L. Arpe1, F. Dall’Acqua2, B. Djck2,  S. Ceccarelli2, C. Cavagnaro2, A. Pelizzari2, M.E. Secchi3

1Ufficio Infezioni Direzione Medica di Presidio, 2RSA Chiavari, 3Direttore Socio Sanitario – ASL 4 Liguria

Introduzione. Il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento del numero di strutture residenziali per anziani, impongono una maggiore attenzione alle misure di controllo sanitario e alle caratteristiche della popolazione residente. Metodi. È stato possibile effettuare due studi di Prevalenza nel primo semestre dell’anno, ad aprile e giugno 2024. Nell’ultimo studio è stato utilizzato lo strumento HALT4 nell’ultima versione fornita dall’ECDC che ci ha permesso di condividere il dato a livello regionale per la partecipazione a livello nazionale ed europeo. Risultati. Nelle due rilevazioni è stata registrata la presenza di catetere vescicale rispettivamente nel 3 e 10% dei pazienti e nel 9 e 5% presenza di accesso vascolare. L’incontinenza è stata riscontrata nel 78 e 74% e nel 16-14% dei casi erano presenti lesioni da decubito. Il 53 e 62% dei pazienti aveva problematiche correlate all’aspetto cognitivo con disorientamento. Il 22 e 24% dei pazienti era allettato ed il 53-66% si mobilizzava in carrozzina; rispettivamente solo il 25-10% deambulava senza presidi. Nelle due rilevazioni il 3 e 2% stava eseguendo trattamento antibiotico. Nello studio di aprile si è riscontrata un’infezione correlata all’assistenza (ICA) pari al 3% dei casi, in quella di giugno non sono state riscontrate ICA. Conclusioni. Dai dati raccolti si individua una popolazione di grandi anziani con età maggiore ad 85 anni, in più del 50% del campione studiato, sempre più proveniente da un percorso di ospedalizzazione e sottoposti a pratiche chirurgiche. Il livello di autonomia nella deambulazione e nella compromissione dello stato di coscienza contribuisce in modo significativo all’impegno nel carico assistenziale. L’approccio clinico necessario alla stabilizzazione del paziente, associato all’impiego di devices, riflette la gravità clinica e, al tempo stesso, la scrupolosa attenzione quotidiana nel rimuovere i dispositivi non più necessari, proprio al fine, di evitare eventi infettivi correlati. La prevalenza ripetuta negli anni, anche in questo particolare setting di cura, evidenzia un miglioramento nel trend, sia nella presenza di ICA sia per il consumo di antibiotico e rappresenta un’opportunità per richiamare gli operatori coinvolti all’importanza della prevenzione delle ICA e l’applicazione puntuale delle precauzioni in ambito assistenziale nell’aderenza ai protocolli aziendali.


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Utilizzo del bioluminometro per valutare l’attività  di sanificazione ambientale in ambito sanitario

A. Centi1, L. Arpe1, A. Nicolini1, M. Nardini2, L. Peveri3,  S. Schenone4, S. Gargiulo3, F. Lorenzetti3, B. Mentore4,  G. Andreoli5, C. Lorusso1 

1Ufficio Infezioni Direzione Medica di Presidio, 2Ufficio Professioni Sanitarie, 3Coop Service, 4Direzione Medica di Presidio, 5Direttore Sanitario – ASL 4 Liguria

Introduzione. La pulizia e disinfezione delle superfici è una componente fondamentale nella strategia per la riduzione di infezioni correlate all’assistenza, in quanto le superfici “hightouch” contribuiscono alla diffusione dei microrganismi. Gli interventi di pulizia possono diminuire la carica batterica e le infezioni ad essa correlate. Risulta quindi fondamentale utilizzare metodi economici ma efficaci, che diano risultati immediati per le necessarie azioni correttive. Metodi. Il bioluminometro è uno strumento utilizzato per determinare la pulizia delle superfici basandosi sulla rilevazione di ATP (adenosina trifosfato, sostanza presente in tutte le sostanze organiche e inorganiche) indice di presenza di carica microbica. Non è ancora stata definita una soglia minima condivisa, misurata in RLU (unità di luce relative), per definire la conformità del livello di pulizia. Il nostro strumento ha una impostazione di default con il range da 0-10 che è stato utilizzato per monitorare le superfici delle aree ad alto rischio (es. sale operatorie), mentre per le aree a medio rischio abbiamo utilizzato i range più frequentemente citati in letteratura: RLU da 0-100 conforme, da 100 a 150 livello di allerta, > 150 non conforme. Risultati. Dal 15/6 al 15/9 sono stati eseguiti controlli in setting ad alto e medio rischio delle Strutture ospedaliere ed RSA dell’ASL 4 Liguria entro i 30 minuti dalla sanificazione prevista. I punti campionati secondo lo schema predefinito ad oggi sono risultati conformi nella maggior parte delle situazioni. La presenza di maggiore criticità è risultata sulle superfici di elettromedicali ed è stata occasione di immediata azione correttiva attraverso il coinvolgimento di tutto il personale presente ai campionamenti. Conclusioni. L’utilizzo dello strumento con immediato riscontro delle possibili contaminazioni ambientali è stata sfida e stimolo per ampliare le conoscenze in questo ambito e se da una parte la ditta delle pulizie ha confermato l’efficacia dei loro protocolli dall’altra è stato momento di verifica sulle procedure aziendali di riferimento. Ulteriori confronti saranno necessari per determinare in maniera puntuale le diverse problematiche ed è stata attivata mediante la collaborazione con la microbiologia la comparazione del dato con il riscontro microbiologico in CFU.


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Monitoraggio dell’igiene delle mani. Introduzione  di un sistema informatizzato nella ASL4 Liguria

L. Arpe1, C. Lorusso1, A. Centi1, F. Lambruschini2, V. Viale2,  T. Bonassi2, M. Serenetti3, B. Marcone3, L. Monteverde3,  E. Bertora4, T. Garaventa, F. Agosti6, S. Corda6, M. Cercel7

1Direzione medica Presidio Ospedaliero – ICA, Lavagna; 2Medicina-Sub Intensiva, Lavagna; 3Terapia Intensiva Respiratoria, Lavagna ASL 4, Ospedali del Tigullio; 4Blocco Operatorio ASL 4 Lavagna; 5Servizio Psichiatrico di Diagnosi e cura ASL 4 Lavagna; 6Urologia, Lavagna; 7Riabilitazione Intensiva, Rapallo

Introduzione. Il presidio ospedaliero ASL 4 “Ospedali del Tigullio” comprende gli Ospedali di Lavagna, Rapallo, Sestri Levante ed il polo ospedaliero di Chiavari e abbiamo ritenuto opportuno fare una valutazione di quale fosse nelle sue diverse sedi il comportamento verso l’igiene delle mani, che è la misura più importante per proteggere i pazienti dalla trasmissione crociata di microrganismi. Molti studi dimostrano che un’adesione elevata alla corretta igiene delle mani da parte degli operatori sanitari riduce il rischio di infezioni correlate all’assistenza (ICA). Una delle azioni di intervento per migliorare l’adesione all’igiene delle mani è l’osservazione diretta del comportamento degli operatori sanitari. L’utilizzo di una applicazione per smartphone o tablet, a disposizione di figure formate all’uso, snellisce la restituzione delle informazioni ottenute dai Direttori, Coordinatori e Infermieri Referenti Infezioni Ospedaliere (RIO) dei diversi reparti. Metodi. L’obiettivo è mettere a disposizione dei professionisti sanitari un metodo rapido di raccolta dei dati, che semplifichi l’analisi delle informazioni rispetto al procedimento tradizionale (scheda cartacea OMS). Con l’utilizzo dell’applicazione attraverso il dispositivo mobile la raccolta dei dati può essere contestuale e diretta sul campo. Speedy audit velocizza la selezione dei dati e fornisce una reportistica locale ed immediata del dato raccolto dal singolo operatore: i report successivamente inviati ad un applicativo dedicato consentono l’elaborazione complessiva e la stratificazione dei dati. L’applicazione è stata fornita a tutti i RIO durante gli incontri del corso annuale. Risultati. Ad oggi le Strutture coinvolte nell’ASL e che hanno adottato e attivato il sistema Speedy sono 21 e le rilevazioni effettuate sono 2.871 nei primi sette mesi dell’anno con una media mensile di 450 rilevazioni. La maggiore reportistica è stata inviata dai reparti intensivi e degenze ad indirizzo specialistico quali: Rianimazione 452 rilevazioni, Sub intensiva medica e Medicina Generale 401 rilevazioni, Blocchi Operatori 575 rilevazioni, Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura 280 rilevazioni, Urologia 129 rilevazioni e Riabilitazione Intensiva 157 rilevazioni. La media mensile è di 48 rilevazioni procapite. Le rilevazioni prendono in esame i 5 momenti per tutte le figure in servizio presso le degenze e mettono in evidenza il corretto rispetto dei tempi dell’igiene delle mani. Conclusioni. Il sistema Speedy audit consente di avere il controllo sull’adesione all’igiene delle mani immediatamente dopo ogni sessione di osservazione e di aggiornare in tempo reale gli operatori sanitari mantenendo sempre viva l’attenzione su questa fondamentale misura di prevenzione del rischio infettivo.


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Sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico:
uno studio pilota nell’azienda ospedaliero universitaria di Sassari

E. Balzano1, G. Deiana1, D. Tancredi2, F. Esposito2,  G. Capobianco2, R. Pilloni3, P. Castiglia1

1Direzione Medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia e Infezioni ospedaliere - AOU Sassari; 2Clinica Ostetrica e Ginecologica – AOU Sassari; 3Centro Regionale per il Risk Management - ARES Sardegna

Introduzione. Le Infezioni del Sito Chirurgico (ISC), tra le più frequenti infezioni correlate all’assistenza (ICA), si associano al prolungamento della degenza ospedaliera, possono richiedere ulteriori interventi chirurgici, hanno un impatto significativo sull’incremento dell’antibiotico-resistenza e sulla mortalità. L’adozione di programmi di sorveglianza specifici permette di ridurre il rischio e l’incidenza di ISC. La Regione Sardegna ha recentemente implementato un “Piano di sorveglianza per le infezioni del sito chirurgico” organizzato in 5 fasi sequenziali: sperimentazione, analisi e revisione, formazione, attuazione, monitoraggio. Per la messa in atto della fase sperimentale (studio pilota) presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari sono stati selezionati gli interventi di taglio cesareo (CSEC) della Clinica Ostetrica e Ginecologica. Metodi. Lo studio pilota, coordinato dalla Direzione Medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia e Infezioni ospedaliere, ha avuto una durata complessiva di 45 giorni: i primi 15 giorni dedicati alla selezione delle partorienti, seguiti da un periodo di follow up di 30 giorni per ciascuna. Il personale di reparto ha compilato, per ogni paziente inclusa, una scheda di rilevazione dati contenente informazioni anagrafiche, indicatori di processo riferiti all’intervento chirurgico e dati relativi al follow up e all’eventuale infezione. Risultati. Durante la sorveglianza sono stati registrati 17 parti cesarei, il 35% dei quali in urgenza, su donne con un’età media di 36 anni. Il 65% degli interventi ha avuto una durata superiore ai 60 minuti, valore soglia per classificare la paziente come a medio rischio per insorgenza di ISC secondo il NHSN surgical risk rating system. Nel 53% dei casi è stato attuato un protocollo per il monitoraggio del glucosio nel sangue mentre la totalità delle pazienti hanno presentato un quadro di normotermia ad un’ora dall’intervento. La profilassi antibiotica perioperatoria è stata eseguita nel 94% degli interventi entro 60 minuti dall’operazione con sospensione entro le 24 ore nell’88% dei casi. La tricotomia della cute è stata effettuata nel 100% degli interventi per mezzo di rasoio, mentre la preparazione preoperatoria della cute è avvenuta tramite soluzioni a base di iodopovidone. Durante il follow-up, svolto per via telefonica con l’ausilio di schede di monitoraggio specifiche, non sono state rilevate ISC, dato in linea con le percentuali riportate nel più recente report ECDC, in cui l’incidenza delle ISC per CSEC si attesta in Italia attorno al 0,7%. Conclusioni. La realizzazione dello studio pilota ha mostrato la fattibilità del programma di sorveglianza regionale presso l’AOU di Sassari, evidenziando la presenza di alcune criticità organizzative. Tra queste, l’esecuzione routinaria della tricotomia con rasoio, pratica sconsigliata dalle più recenti linee guida, nonché l’effettuazione della disinfezione preoperatoria della cute con soluzioni a base di iodopovidone e non di clorexidina gluconato, come suggerito dalle più recenti evidenze scientifiche. La sorveglianza ha reso possibile l’attuazione, già in fase sperimentale, di alcune misure di miglioramento, come l’implementazione, nei primi giorni di sorveglianza, del monitoraggio intensivo della glicemia perioperatoria. Particolare attenzione è stata rivolta inoltre alla profilassi antibiotica perioperatoria che è stata eseguita secondo gli standard in più del 90% degli interventi.


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Sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza  con particolare riferimento a quelle del sito chirurgico nell’ospedale hub della Regione Molise

G. Ripabelli1, L. Mangia2, M.A. Di Palma3, A. Lombardi2,  A. Salzo4, N. Samprati3, M.T. Pilla3, S. Manocchio3,  G. Sansone5, P. D’Anchera5, G. Massimo5, F.C. De Pinto2,  P. La Floresta6, M. Tamburro2

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”; Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso; 3Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 4Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 5Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso; 6Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano un problema rilevante in sanità pubblica e sono associate all’aumento dell’antibiotico-resistenza (AMR). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato le infezioni del sito chirurgico (ISC) come il tipo più frequente di ICA, essendo riscontrate fino a un terzo dei pazienti che hanno subito una procedura chirurgica. Ciò è stato confermato anche nell’ultima survey negli ospedali per acuti in Italia condotta nel 2022, riportando una prevalenza di ISC del 10,5%. In questo studio, sono descritti i risultati di una sorveglianza prospettica delle ISC nel reparto di Ortopedia e Traumatologia del Presidio Ospedaliero (PO) hub della regione Molise. Metodi. La sorveglianza è stata condotta nel periodo compreso tra dicembre 2023 e maggio 2024 su 39 pazienti (36% maschi; età media 74 anni; range 21-96), con una degenza media di 13 giorni (range 1-39). Le ISC sono state considerate come infezioni superficiali, profonde o di organi secondo i protocolli ECDC. I dati relativi al punteggio ASA hanno evidenziato un valore >3 (malattia sistemica grave) in 23 pazienti (59%). Nel complesso, la sorveglianza è stata svolta su 40 interventi, poiché per un paziente sono stati eseguiti due interventi nell’arco di due mesi. Risultati. L’85% (n=34) degli interventi ha interessato gli arti inferiori e solo 6 quelli superiori. In particolare, sono stati eseguiti 27 (prevalenza 79,4%) interventi sull’articolazione coxo-femorale, 5 sull’articolazione del ginocchio, 2 a livello della caviglia, 5 a livello omerale e uno a carico delle dita della mano. Solo 2 interventi sono stati condotti in artroscopia, entrambi sull’articolazione del ginocchio. Il 52,5% (n=21) degli interventi è stato caratterizzato dall’impianto di un dispositivo protesico: 16 pazienti con protesi totali o parziali nell’articolazione coxo-femorale, 4 con sostituzione totale o parziale a livello dell’articolazione del ginocchio e una protesi inversa inserita nell’articolazione gleno-omerale. Nel periodo considerato, la sorveglianza ha identificato 8 ICA con un’incidenza cumulativa del 20%. In particolare, 6 (15%) ICA si sono verificate durante le giornate di degenza (4 a carico delle vie urinarie; una da Covid-19; una polmonite), mentre 2 (5%) sono state rilevate nel periodo post-dimissione. La tipologia di ISC riconducibile a infezioni “superficiali” ha riguardato interventi a carico dell’arto superiore, in pazienti maschi e sottoposti a profilassi antibiotica peri-operatoria (PAP) con cefuroxima. La PAP è stata effettuata con cefuroxima nel 57,5% (n=23) dei pazienti in accordo alle linee guida (Sorveglianza nazionale delle infezioni del sito chirurgico SNICh2 e indicatori di prevenzione negli ospedali, 2022) e con teicoplanina (n=16; 40%) e daptomicina (n=1; 2,5%, su consulenza infettivologica). Conclusioni. Le ISC hanno un forte impatto in termini di aumento della morbilità e mortalità, causando circa l’80% dei decessi post-intervento. L’incidenza osservata è stata di poco superiore rispetto quella ottenuta tramite sorveglianza attiva delle ISC che hanno interessato interventi al colon nel PO della Regione Molise (20% vs 19,1%). Sebbene l’analisi si riferisca ad un periodo di sorveglianza attiva di soli tre mesi e abbia incluso un solo reparto, fornisce un quadro indicativo del rischio di ISC nel PO ed evidenzia la necessità di implementare delle pratiche adeguate di prevenzione. È, inoltre, auspicabile una sorveglianza prospettica di durata annuale o una basata su studi di prevalenza con cadenza almeno trimestrale, che in combinazione con sorveglianza e feedback, si associano a una significativa riduzione delle ISC.


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Incidenza di isolamenti microbiologici e durata  della degenza ospedaliera: analisi di medio periodo  dei dati di un ospedale generale regionale

A. Linzalone, P. Guida, A. Polo, V. Dattoli, M. Formoso

Direzione Sanitaria - Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale  “F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti, Bari

Introduzione. Il rischio di contrarre un’infezione durante ospedalizzazione dipende dalle procedure mediche a cui il paziente viene sottoposto: l’inserzione del catetere vescicale espone al rischio di infezione dell’apparato urinario, gli accessi venosi per somministrare terapie endovena espongono al rischio di infezione del sito di ingresso dell’ago con la possibilità che i patogeni possano invadere il torrente ematico, i respiratori che consentono la respirazione artificiale nei soggetti ricoverati nelle terapie intensive espongono al rischio di infezione delle vie respiratorie e del polmone, gli interventi chirurgici espongono al rischio di infezioni dell’organo trattato chirurgicamente e, più spesso, della ferita chirurgica. Tra i fattori di rischio per l’acquisizione di un’infezione ospedaliera vi è la durata del ricovero che aumenta l’esposizione più che proporzionalmente. Obiettivo dello studio è stato valutare il timing di maggiore insorgenza della positività microbiologica rispetto all’ingresso in ospedale per aree di degenza differenti caratterizzate da differente rischio infettivo. Metodi. Abbiamo analizzato in forma aggregata i dati di sorveglianza microbiologica dell’Ospedale Generale Regionale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti per identificare le positività microbiologiche per giornata degenza. La struttura è dotata di 573 posti letto accreditati (551 per acuti) ed eroga circa 23 mila ricoveri all’anno (circa metà dopo accesso da Pronto Soccorso). Per tutti i ricoveri in regime ordinario dal 2017 al 2023 sono state conteggiate le giornate di degenza considerando il tempo dall’ingresso in ospedale (data di accettazione, prima giornata). L’analisi è stata eseguita su base settimanale, escludendo dalla prima settimana le prime 4 giornate di degenza che sono ascrivibili al riscontro di patogeni di probabile origine comunitaria. L’analisi è stata eseguita per specialità di ricovero: terapia intensiva, area medica, area chirurgica sia maggiore che minore, terapia intensiva neonatale. Risultati. Il numero di isolati durante la prima settimana di ricovero, standardizzato per giornate di degenza, è risultato più frequente in terapia intensiva, ed a seguire in terapia intensiva neonatale, in area medica e chirurgica. La terapia intensiva, rispetto al valore della prima settimana, ha mostrato un rischio sostanzialmente sovrapponibile anche nelle settimane successive (circa 70-80 isolamenti per 1.000 giornate fino alla sesta settimana). La terapia intensiva neonatale ha mostrato maggiore variabilità compatibile con la casualità dovuta alla bassa numerosità dei casi. Le altre aree hanno mostrato un incremento dell’incidenza nelle settimane successive, in particolare dalla terza di ricovero. Rispetto alla prima settimana, il raddoppio nell’incidenza di positività microbiologiche è avvenuto tra la quarta e quinta settimana per l’area medica e tra la terza e quarta settimana per l’area chirurgica (sia interventi maggiori che minori). Conclusioni. Le infezioni correlate all’assistenza sono definite come infezioni che insorgono almeno 48 ore dopo il ricovero in ospedale. La positività microbiologica da germi patogeni durante il ricovero ospedaliero è stata utilizzata come indicatore di infezioni e/o colonizzazioni, consentendo di graduare il rischio rispetto alle giornate di degenza per area di ricovero. Rispetto alla prima settimana di degenza, escludendo le prime giornate in cui gli isolamenti sono stati considerati di probabile origine comunitaria, il rischio del paziente di avere un riscontro microbiologico positivo risulta aumentato a partire già dalla terza settimana dall’ammissione. Attivare strategie ospedaliere e territoriali di assistenza e proseguimento di cure extra nosocomiali per contenere la durata del ricovero può contribuire a ridurre il rischio di acquisire patogeni in ambiente ospedaliero per acuti.




Sorveglianza di laboratorio


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Valutazione di test molecolari per la rilevazione  di Candida auris da campioni di sorveglianza

V. Lepera, G. Tocci, G. Palladini, A. Zappavigna, C. Gorrini,  C. Cordini, R. Schiavo, G. Lo Cascio

AUSL Piacenza, Dipartimento di Patologia Clinica, Laboratorio di Microbiologia e Virologia

Introduzione. Candida auris ha implicazioni significative per il controllo delle infezioni nosocomiali a causa della sua multiresistenza ai farmaci e della sua diffusione nelle strutture sanitarie. Sono quindi diventati necessari metodi di laboratorio rapidi e affidabili per individuare i pazienti colonizzati e prevenire la diffusione del lievito. In questo studio abbiamo valutato le prestazioni del test (Progenie molecular S.L.U., Valencia) per la rilevazione di C. auris da campioni di sorveglianza. Metodi. Per questo studio sono stati analizzati 20 campioni preparati in laboratorio: 3 tamponi ascellari (Copan eSwab) provenienti da volontari tra il personale di laboratorio (denominati A1-A3), 3 serie composte da 5 tamponi ciascuna addizionati da diluizioni scalari di una sospensione standardizzata di Candida auris in acqua da PCR (0,2 McFarland) (B1-B5), 2 tamponi ascellari di volontari tra il personale addizionati con 10 μL di sospensione standardizzata di Candida auris (0,2 McFarland) (C1-C2). Per l’analisi con il metodo Progenie, i campioni sono stati sottoposti a estrazione del DNA ed amplificazione su strumentazione automatizzata ELITe InGenius (ElitechGroup S.p.A., Torino). Inoltre, gli eluati ottenuti dalla processazione con il sistema Elitech e i campioni senza precedente estrazione del DNA sono stati analizzati con un altro saggio molecolare commerciale (metodo B) ed esaminati con il sistema CFX96 RTPCR (Bio-Rad) secondo le istruzioni del produttore. Sono state allestite le colture di ciascun campione oggetto di studio seminando 10 μL di terreno di trasporto su piastre di Sabourad Dextrose Agar, incubate poi a 37°C per 72 ore. Per i campioni positivi è stata eseguita una conta delle colonie. Risultati. Tutti i tamponi inguinali ed ascellari eseguiti su volontari sono risultati negativi ad entrambi i metodi. Per i 15 campioni positivi delle serie B1-B5, la concordanza tra le due metodiche è risultata dell’87%: due campioni positivi al metodo utilizzato sulla piattaforma Elitech sono risultati negativi al metodo B senza precedente estrazione; si tratta però di campioni con bassa carica di lievito, uno risultato poi positivo al metodo B eseguito in seguito ad estrazione. Confermata la correlazione tra conta delle colonie su piastra e valore di cycle threshold (Ct) per entrambi i metodi. Conclusioni. Tra i due kit testati dopo l’estrazione del DNA, i nostri risultati dei due metodi non mostrano differenze qualitative. Tuttavia, il metodo Progenie ha presentato una lieve maggiore sensibilità, dimostrata da un valore di Ct inferiore per i campioni con minor carica fungina. Secondo la nostra esperienza, l’uso di test completamente automatizzati come Progenie molecular Candida auris sul sistema ELITe InGenius può facilitare il flusso di lavoro, evitando diversi passaggi manuali da parte dell’operatore, soprattutto in caso di un numero elevato di campioni da analizzare. Si tratta di uno studio pilota; saranno necessari ulteriori test analitici per poter definire il LOD di ciascun metodo (limit of detection), le prestazioni e l’applicazione nella routine clinica.


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La sorveglianza ospedaliera dei MDRo: l’esperienza dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza

G. Piano1, G. Merla1, A. Calvo2, F. Grassi3, C. De Vito3,  L. Valente1, G. De Vincentis1

1Casa Sollievo della Sofferenza (FG) - Direzione Sanitaria; 2Casa Sollievo della Sofferenza (FG) - Microbiologia e Virologia; 3Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, Università “Sapienza” di Roma

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) e la diffusione di microrganismi multiresistenti (MDRo) impattano notevolmente sulla salute dei pazienti e sulle organizzazioni, rappresentando da anni una delle sfide più critiche per la sanità pubblica a livello globale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 700.000 persone muoiono ogni anno a causa di infezioni resistenti agli antibiotici, e si stima che questa cifra potrebbe salire a 10 milioni entro il 2050 se non vengono adottate misure efficaci. A tal proposito, la sorveglianza è una delle misure che offre la possibilità di realizzare in maniera tempestiva tutti quegli interventi che si rendono necessari per isolare e contenere eventuali diffusioni di microrganismo definiti alert o sentinella e la cui diffusione è spesso legata all’elevato uso di antibiotici ed all’incremento nell’utilizzo di presidi invasivi, soprattutto in reparti ospedalieri con pazienti ad alto rischio, come ad esempio le Terapie Intensive. Al fine di monitorare e prevenirne la diffusione, l’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” si è dotato di un sistema di sorveglianza attivo per l’identificazione dei microrganismi alert, il quale consente il monitoraggio delle infezioni correlate all’assistenza, l’identificazione delle fonti e dei meccanismi di trasmissione e la tempestiva adozione di appropriate misure di controllo e prevenzione; inoltre, consente la creazione di report periodici. Metodi. Il sistema di cui si è dotato il Laboratorio di Microbiologia e Virologia, dal mese di maggio 2017 è stato gradualmente implementato in tutte le Unità Operative, partendo in fase sperimentale nelle Rianimazioni, Oncoematologia Pediatrica, Geriatria ed Ematologia. II programma prevede che il Laboratorio, all’identificazione del microrganismo alert, invii una rapida notifica via mail ai vari stakeholder: il Direttore, il Coordinatore infermieristico ed i Referenti dell’UO coinvolta, Direzione Sanitaria, Comitato Infezioni Ospedaliere e Medico Infettivologo. Il Reparto in questione può avvalersi, a quel punto, della consulenza dell’Infettivologo che coadiuva il Clinico nell’impostare un’eventuale terapia antibiotica appropriata e tutto il personale di Reparto a mettere in atto gli interventi volti a contrastare la diffusione del microrganismo segnalato. Risultati. Ai fini di tale lavoro sono stati elaborati i dati di monitoraggio relativi a tre Reparti, Anestesia e Rianimazione I e II (RIA I-II), Geriatria (GER) nel periodo 2018-2023. Il numero complessivo di alert per materiale biologico nel periodo considerato è di 1.283. Se si considerano i dati per singolo anno e per reparto, mentre nelle due RIA si osserva un decremento negli anni 2020-2021, probabilmente legato alla pandemia, con una ripresa nei due anni successivi, in GER si osserva un picco nel 2020 seguito da un brusco decremento nel 2021, con ritorno ai valori pre-pandemici nei due anni successivi. Il reparto con il numero maggiore di alert inviati risulta RIA II. Se consideriamo la percentuale di esami colturali risultati positivi sul numero complessivo di esami effettuati osserviamo: GER positivi 30,8%, negativi 69,2% (tot. 10.198); RIA I positivi 36,3%, negativi 63,7% (totale 15.318); RIA II positivi 39%, negativi 61% (totale 11.691). Negli anni osservati, in GER la differenza tra esami negativi/esami positivi è sempre a favore del primo con uno scarto di oltre il 50%. Viceversa, in entrambe le RIA, sebbene prevalgano gli esami risultati negativi, tale differenziale è sempre inferiore al 30% in ogni anno, eccetto per la RIA I nel 2023 in cui si osserva un differenziale del 40%. Conclusioni. Il sistema attivo mostra che, in linea con i dati internazionali, il fenomeno della diffusione dei MDRo è presente, meritevole di attenzione e di ulteriori sforzi. Sebbene siano stati messi in atto corsi di formazione sulle misure di prevenzione (es. igiene delle mani e misure di isolamento) e sulla corretta prescrizione di antibiotici e, seppur forti dell’esperienza legata all’emergenza pandemica, accanto alle misure di sorveglianza e controllo risultano necessarie ulteriori azioni innovative per la gestione del fenomeno, anche in relazione ai costi diretti ed indiretti che le ICA associate ai MDRo hanno sui pazienti e sul funzionamento di un’Azienda Ospedaliera.


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Confronto tra parametri rilevati con la microbiologia tradizionale e quella molecolare nella diagnostica delle infezioni basse vie respiratorie

A. D’Agostino, F. Basile, R. D’Arrigo, A. Gallo, A. Guidozzi,  D. Travaglia, I. Arpino, G. Conte, R.M. Oliverio, G. Parisi

UOC Microbiologia e Virologia, AO San Camillo Forlanini, Roma

Introduzione. Le infezioni delle basse vie respiratorie sono tra le principali cause di morbilità e mortalità in tutto il mondo; nel 2019 (dati WHO) sono state classificate come la quarta causa di morte. La polmonite è una infezione respiratoria acuta causata più frequentemente da virus o batteri; la prevalenza relativa di questi agenti patogeni varia in base all’area geografica, ai tassi di vaccinazione antipneumococcica, ai fattori di rischio dell’ospite, alla stagionalità e alla gravità della polmonite. Streptococcus pneumoniae è l’agente batterico eziologico più frequente nella maggior parte dei casi di polmonite comunitaria, la varietà di potenziali agenti patogeni, in particolare in Terapia Intensiva, può rendere complicata sia la diagnosi di polmonite che la conseguente scelta terapeutica. La diagnosi microbiologica per la polmonite batterica è tradizionalmente basata su metodi colturali che richiedono molto tempo. Recentemente sono stati introdotti test molecolari multiplex che hanno il pregio di fornire un risultato più rapido per una conseguente terapia antibiotica mirata. Lo scopo dello studio è stato quello di confrontare con metodiche diverse (esame molecolare vs esame colturale) alcuni parametri derivanti dai risultati dell’esame colturale e del test molecolare da campioni respiratori. Metodi. I campioni (Broncolavaggi BAL e Bronco-aspirati BAS) raccolti nel 2023, provenienti dai reparti di Terapia Intensiva e Rianimazione, sono stati testati con BioFire FilmArray (Biomerieux) Pneumonia Panel Plus e seminati su terreni di coltura selettivi e non, in automazione. A differenza del metodo colturale, dove la carica batterica si esprime in UFC/ml, in quello molecolare i risultati per i batteri rilevati sono espressi sia in modalità semi-quantitativa, che in copie genomiche/ml (BIN) di campione corrispondenti a: 10^4, 10^5, 10^6, >10^7. Il test molecolare legge orientativamente ≥ 1 log10 rispetto alla UFC/ml della coltura. Batteri atipici e virus invece sono rilevati in modo qualitativo. Risultati. Sono stati eseguiti 147 test molecolari di cui 104 erano positivi ad almeno un patogeno e 43 negativi. I microrganismi rilevati con maggior frequenza su n. 170 batteri rilevati (per alcuni campioni è stato rilevato più di un patogeno) sono stati: Pseudomonas aeruginosa (17.0%), Haemophilus influenzae (15,8%), Staphylococcus aureus (14,1%). I test con valori di 10^4 copie genomiche/ml con corrispondente assenza di crescita batterica all’esame colturale hanno mostrato una percentuale superiore al 25%. Percentuali più basse sono state riscontrate per valori di 10^5, 10^6, >10^7 copie genomiche/ml e nei casi di assenza di crescita batterica. La maggior parte dei batteri non cresciuti su coltura sono H. influenzae e S. pneumoniae. Conclusioni. Le discordanze, intese come assenza di crescita all’esame colturale, e positività riscontrate al test molecolare in copie genomiche/ml per valori di 10^5 e 10^6 BIN potrebbero essere attribuite a terapia antibiotica somministrata ai pazienti nelle 72 ore precedenti il test. In corrispondenza di 10^5 UFC/ml abbiamo ottenuto una buona concordanza di 10^6, >10^6 copie genomiche/ml, a conferma di ≥ 1 log10 rispetto alla UFC/ml della coltura, come in accordo con i dati più recenti della letteratura. Il risultato microbiologico (tradizionale o molecolare) di un campione respiratorio deve essere sempre valutato con altri dati clinici, epidemiologici e biologici.


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La gestione di Bordetella pertussis in un setting epidemiologico locale. L’esperienza dell’Azienda  Ulss8 Berica

A. Zanella1, F. Cardullo1, F. Buffoli1, R.J. Leali1, A. Ferraresso2,  S. Zanovello3, M. Pascarella1, S. Mondino3, E. Zilli4

1UOC Microbiologia e Virologia, Ospedale San Bortolo, 2Servizio Igiene Sanità Pubblica, 3Direzione medica, Ospedale San Bortolo, 3Direzione sanitaria – Azienda ULSS 8 Berica, Vicenza

Introduzione. Durante la primavera 2024 è stato osservato un aumento dei casi di pertosse nella regione Veneto con particolare coinvolgimento delle province di Vicenza e Padova. Questo aumento delle segnalazioni, analogo ai dati raccolti dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) sembra essere correlato all’andamento fisiologico della patologia con picchi epidemici ogni 3-5 anni. La pandemia inoltre sembra avere favorito una riduzione della diffusione del batterio attraverso l’utilizzo diffuso dei dispositivi di protezione individuale, una conseguente diminuzione dell’immunità fisiologica della malattia e una contestuale riduzione della copertura vaccinale con successivo aumento dei casi. È stato quindi necessario affrontare la rapida ed improvvisa diffusione di pertosse e richiesta di test adeguati nel contesto della realtà dell’Azienda Ulss 8 Berica. Metodi. L’Unità Operativa Complessa (UOC) di Microbiologia e Virologia include un ambulatorio prelievi aperto da lunedì a venerdì dalle ore 8.00 alle ore 10.00 per esecuzione di esami di microbiologia e biologia molecolare. Considerando l’incremento della richiesta di tamponi nasofaringei per la ricerca di B. pertussis, a partire da marzo 2024 è stata necessaria un’estensione della fascia oraria con accesso dedicato dalle 10.00 alle 11.00, previo appuntamento tramite la segreteria del laboratorio. I tamponi UTM Copan® venivano quindi processati dal personale tecnico tramite EliTe InGenius e Bordetella ELITe MGB Kit con risultati nelle 24-48h successive. Il test permette la rilevazione del target comune a B. pertussis e B. holmesii IS481, i due target specifici ptxA e recA e il gene IS1001 per B. parapertussis. I dati raccolti sono stati confrontati coi dati epidemiologi del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica (SISP) per avere un quadro dell’epidemiologia locale. Risultati. Da fine marzo a giugno 2024 sono stati testati 1.070 tamponi nasofaringei con 329 positivi (30,7%). I tassi di positività sono rimasti pressoché costanti nel tempo con 321 campioni di cui 99 positivi (30,8%) ad aprile, 389 di cui 107 positivi (27,5%) a maggio e 293 campioni di cui 99 positivi (33,11%) a giugno. Ad aprile la fascia d’età maggiormente coinvolta è stata quella dei ragazzi tra i 10-14 anni (45,5%) arrivando a superare il 50% a maggio (52,3%) mentre a giugno è stato mostrato un aumento dei casi nella popolazione 2-6 anni (28,9%) e diminuzione della fascia 10-14 anni (28,9%). Analizzando la copertura vaccinale della popolazione positiva è stato osservato solo un 48% della popolazione con ciclo vaccinale completo e una media di 6 anni dall’ultima dose somministrata. La minore copertura vaccinale è stata identificata nella popolazione da 2 a 6 anni con solo il 15% dei positivi con ciclo vaccinale completo. La maggior parte dei ricoveri ha coinvolto lattanti con madri non vaccinate con vaccino antitetano, difterite pertosse (DTP) durante la gravidanza. Conclusioni. Nonostante i dati di laboratorio e le segnalazioni raccolte dal SISP siano indubbiamente rilevanti, è altamente probabile che l’esecuzione dei tamponi molecolari durante la fase parossistica della patologia comporti un aumento dei falsi negativi per riduzione della sensibilità del test in questa fase. Non è stato inoltre osservato il fisiologico calo associato all’estate riscontrato tipicamente nelle infezioni virali delle alte vie respiratorie. La pandemia direttamente o indirettamente ha quindi contribuito alla circolazione di infezioni prevenibili e dimenticate dalla popolazione generale sia per difficoltà nella gestione del calendario vaccinale sia per la diffusione di disinformazioni con conseguente sfiducia nei vaccini obbligatori. È necessario quindi da parte dei laboratori e dei centri prelievi attrezzarsi con test adeguati e strumentazione adatta alla gestione di queste patologie.




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Valutazione di due differenti strategie di potenziamento della sorveglianza attiva delle colonizzazioni da CRE in area critica

M. Meledandri1, B. Palazzotti1, A. Ferrari2, M. Masala3,  S. Greghini4, S. Paoletti12, E. Piombino1, M. Rotondi1, A. Serse1,  S. Emili1, M. Ballardini5, M.L. Schiavone1

1Microbiologia e Virologia, PO S. Filippo Neri - ASL Roma 1; 2Terapia Intensiva Post-Operatoria, PO S. Filippo Neri - ASL Roma 1; 3Rianimazione, PO S. Filippo Neri - ASL Roma 1; 4Sicurezza Qualità e Risk Management, ASL Roma 1; 5Microbiologia e Virologia, AO San Giovanni Addolorata, Roma

Introduzione. La sorveglianza attiva delle colonizzazioni è una misura utile a controllare la diffusione degli enterobatteri resistenti ai carbapenemici (CRE). Ancorché supportata da indicazioni ministeriali (cfr. Circolare CRE 1479/ 2020), tale misura è declinata con modalità diverse a livello locale. Tra le fonti di variabilità rientrano i reparti arruolati, i differenti metodi di laboratorio e la frequenza di ripetizione del test nei pazienti già sottoposti a screening all’ingresso. Poiché queste variabili possono ridurre l’efficacia della misura, consentendo la permanenza di serbatoi occulti di colonizzazione, è sentita l’esigenza di potenziare la strategia complessiva, ad es. coinvolgendo più reparti e aree, aumentando la frequenza dei campionamenti, utilizzando metodiche ad alta sensibilità o a ridotto Turn Around Time (TAT). Nella presente esperienza, due reparti di Terapia Intensiva dello stesso ospedale – fruitori poliennali della sorveglianza attiva - hanno adottato nel 2023 differenti metodologie di potenziamento della stessa. A seguire, si riporta una valutazione. Metodi. Setting: ospedale San Filippo Neri, Roma (350 pl); DEA di I livello. Reparti coinvolti: ICU “A”, corrispondente a una Rianimazione polivalente; ICU “B”, corrispondente a una Terapia Intensiva Post-Operatoria. Periodo: dal 2021 al giugno 2024. Valutazione before-after degli esiti sorveglianza microbiologica CRE 2023-2024 vs 2021-2022. Laboratorio: coltura su ChromID® CARBA SMART Agar (CARB/OXA, bioMérieux France), refertazione preliminare a 18-24h (successiva lavorazione completa); test molecolare rapido (1 h circa) Xpert® Carba-R (Cepheid, USA), con tipizzazione. Indicatori valutati: n. test di sorveglianza effettuati (colture e molecolari); n. colonizzazioni CRE rilevate; rapporto n. colonizzazioni / n. test sorveglianza; n. infezioni CRE rilevate (casi totali – ICA e non - criteri di laboratorio); rapporto n. infezioni / n. colonizzazioni; percentuale test di sorveglianza per pl; percentuale di colonizzazioni per pl. Strategia di sorveglianza before: test colturali all’ingresso, più n. 1 survey settimanale dell’intero reparto, sia per ICU A che per ICU B. Strategie di sorveglianza after: test colturali all’ingresso, più n. 2 survey settimanali di reparto per ICU A; molecolare all’ ingresso e n.2 survey settimanali di reparto (coltura) per ICU B. Risultati. ICU A: nel 2023-24 è stata effettuata una media di 1.164 test/anno contro media di 659/anno del 2021/2022; l’incremento di attività è stato del 76,6%, con un aumento anche delle colonizzazioni del 112,5% (di fatto, da una media di 16 colonizzazioni/anno rilevate a una media di 34); questi indicatori sono altrimenti stimabili rispetto ai posti letto, rispettivamente come +61,8% per gli screening effettuati e +94,8% per le colonizzazioni rilevate; parallelamente, si è osservato un incremento delle infezioni nel 2023-2024 vs 2021-2022 (14 casi vs 3). ICU B: nel 2023-24 è stata effettuata una media di 2.436 test/anno (circa 40% molecolari) contro media di 852/anno del 2021/2022; l’incremento di attività è stato del 185,9%, con un aumento anche delle colonizzazioni del 141,2% (di fatto, da una media di 9 colonizzazioni/anno rilevate a una media di 21); questi indicatori sono altrimenti stimabili rispetto ai pl, rispettivamente come +178,8% per gli screening effettuati e +135,2% per le colonizzazioni rilevate; parallelamente, si è osservato un incremento delle infezioni nel 2023-2024 vs 2021-2022 (5 casi vs 1). Conclusioni. Dall’elaborazione preliminare dei dati emergono alcune evidenze: entrambi i reparti hanno effettivamente potenziato la sorveglianza già in atto, aumentando significativamente la capacità di intercettare le colonizzazioni, rispetto alle rispettive baseline 2021-2022. Il reparto che ha adottato la strategia mista molecolare-colturale (ICU B), mostra un incremento leggermente superiore della capacità di intercettare le colonizzazioni, rispetto al proprio dato di partenza. Per entrambi i reparti, non si è osservata una diminuzione degli eventi infettivi CRE, all’aumentare dell’efficienza della sorveglianza attiva delle colonizzazioni. Occorre sottolineare, tuttavia, che gli episodi infettivi in questione, oltre a essere definiti solo da criteri di laboratorio, ricomprendono sia possibili ICA che infezioni comunitarie, di fatto rendendo ardue ulteriori considerazioni.


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Sorveglianza universale per Enterobacterales resistenti  ai carbapenemi (CRE) con metodica molecolare

F. Gentiloni Silverj1, C. Matinato2, D. Mangioni3,  A. Muscatello3, L. Cariani2, M. Bernazzani1, R. Lonuzzo1,  A. Bandera3, A. Callegaro2, A. Piatti1

1Direzione Medica di Presidio, 2SC Microbiologia e Virologia, 3SC Malattie Infettive – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

Introduzione. Il diffondersi degli Enterobacterales resistenti ai carbapenemi (CRE) impone la messa in atto di procedure di sorveglianza attiva sulla circolazione e la diffusione di questi microrganismi. Dal 2017, in IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano si procede a screening per CRE il primo giorno di ricovero. Fino a gennaio 2024, lo screening veniva effettuato sui pazienti appartenenti alle categorie di rischio indicate dalla Circolare Ministeriale per la Sorveglianza delle Batteriemie da CRE del 2013 aggiornata nel 2019, e la metodica utilizzata prevedeva l’isolamento di ceppi CRE su terreni colturali selettivi con ricerca degli enzimi di resistenza tramite analisi immunocromatografica. Il verificarsi nel 2023 di due cluster di CRE ha imposto di rivedere le modalità di applicazione dello screening per CRE e la metodica analitica. Si è analizzata la percentuale di compliance allo screening nelle prime 24-48 ore di ricovero (media del 20% in reparti ad alta criticità). L’adesione è risultata inficiata dalla interpretazione dei fattori di rischio per CRE. A questo si aggiungono i tempi di identificazione del germe tramite analisi colturale (24-48 ore), che non consentono una rapida identificazione delle colonizzazioni e di conseguenza una corretta gestione dei pazienti all’ammissione in ospedale. La sottostima del numero dei pazienti effettivamente colonizzati, unita al ritardo nell’applicazione dell’isolamento e delle precauzioni specifiche da contatto, comporta il rischio di outbreak all’interno dei reparti. Lo studio riporta i risultati ottenuti dopo la variazione del protocollo di screening universale e con tecnica molecolare. Metodi. Sulla scorta di dati di letteratura a supporto della cost-effectiveness dello screening universale si è deciso di implementare nei reparti ad alta criticità (medicine, specialistiche, reparti oncoematologici, chirurgie dei trapianti) uno screening universale per CRE nelle prime 24 ore di ricovero tramite metodica molecolare su tampone rettale (identificazione dei geni di resistenza KPC, NDM, OXA48, VIM, IMP). Tale metodica fornisce esito definitivo nell’arco di 12 ore. La procedura è stata resa operativa nel mese di gennaio 2024, dopo averne data ampia diffusione ai reparti interessati tramite incontri formativi e presentazione dei dati epidemiologici. Risultati. Nel periodo febbraio-giugno 2024 dei 2.478 tamponi rettali processati, 2.427 (89%) sono risultati negativi, 110 (4%) positivi e 160 invalidi (7%). L’aderenza allo screening nelle prime 24 ore di ricovero è in media del 74,6% e varia dal 59% al 90%. Fra i meccanismi di resistenza maggiormente isolati, risultano predominanti i CRE KPC (28,5%) e le associazioni KPC+NDM (6%). Durante il periodo di osservazione non si sono verificati outbreak intra-ospedalieri di CRE. Conclusioni. Lo screening universale per CRE all’ingresso in ospedale tramite metodica molecolare ha consentito una mappatura puntuale delle aree di rischio, permettendo altresì una rapida gestione dei posti letto in funzione della necessità di predisporre gli isolamenti dei pazienti positivi in stanza singola o a coorte. La nuova procedura ha ad oggi evitato i cluster che si erano rilevati nel 2023 con lo screening basato sulla coltura in base a fattori di rischio.


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Whole Genome Sequencing nella sorveglianza  di infezioni sostenute da ceppi MDR

N. Muresu1, P. Castiglia1, A. Cossu2, I. Sechi2, A. Arghittu2,  C. D’Avino1, I. Mulas2, G. Deiana1, A. Palmieri1, M. Dettori1,  A. Azara1, A. Piana3

1SC Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia ed Infezioni Ospedaliere, AOU di Sassari; 2Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia, Università degli Studi di Sassari; 3Università degli Studi di Sassari, AOU di Sassari

Introduzione. Il sempre più frequente riscontro di ceppi microbici, caratterizzati da un profilo di spiccata virulenza e resistenza agli antibiotici, responsabili di malattie infettive in particolare acquisite in ambito ospedaliero rende indispensabile disporre di tecniche di sequenziamento genico in grado di ottenere informazioni dettagliate sulla specie di appartenenza, sulle correlazioni filogenetiche tra diversi isolati e, al tempo stesso, di identificare possibili varianti dei geni di virulenza e resistenza agli antibiotici. L’OMS ha recentemente comunicato attraverso il GLASS-EAR, sistema di sorveglianza e monitoraggio dell’antibiotico resistenza a livello globale, la diffusione di ceppi in ambito assistenziale e comunitario, di K. pneumoniae ipervirulenti, caratterizzati da uno specifico sequence type (ST23) e da un marcato profilo di resistenza agli antibiotici comunemente utilizzati in ambito clinico. Tale aspetto, unitamente alla possibile contemporanea espressione di diversi geni di resistenza che limitano ulteriormente le opzioni terapeutiche, sottolinea la necessità di definire correttamente il profilo genomico sia per la scelta del trattamento antibiotico più idoneo, sia ai fini epidemiologici. Per tali ragioni, analisi di Whole Genome Sequencing (WGS) sono utilizzate sempre più frequentemente nella diagnosi e sorveglianza delle malattie infettive, particolarmente quelle acquisite in ambito ospedaliero (ICA). All’interno del protocollo di sorveglianza e controllo delle Enterobacteriaceae produttrici di carbapenemasi o resistenti ai carbapenemi (CPE/CRE), adottato già da tempo dall’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, è stata effettuata la caratterizzazione genotipica di ceppi di K. pneumoniae co-produttrici di beta-lattamasi KPC e OXA-48 like, finalizzata all’identificazione delle varianti geniche e all’analisi di clonalità di ceppi isolati da pazienti ricoverati nei reparti aziendali con diagnosi di malattia invasiva. Metodi. I campioni biologici, risultati positivi per la presenza di K. pneumoniae co-produttrice di KPC e OXA-48, sono stati dapprima sottoposti ad estrazione degli acidi nucleici e, successivamente, sottoposti all’analisi di sequenza mediante piattaforma Illumina NovaSeq 6000. Le sequenze ottenute sono state comparate con database di riferimento per la caratterizzazione del core genome e, a seguire, delle singole mutazioni puntiformi mediante l’analisi degli SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms). Il sequence type di appartenenza e l’analisi di clonalità è stata realizzata tramite specifici softwares necessari per la realizzazione dell’albero filogenetico. Risultati. L’analisi delle sequenze ha evidenziato che i ceppi fino ad oggi analizzati appartenevano al ST-512. Lo studio delle varianti ha mostrato l’isolamento delle carbapenemasi di classe A e D, KPC-31 e OXA-181, rispettivamente, entrambe localizzate su un singolo transposone facilmente trasmissibile. Si è evidenziata la presenza di mutazioni nelle proteine di membrana OmpK35 e OmpK36, mentre non è stata riscontrata l’espressione di geni di virulenza. L’analisi filogenetica non ha mostrato similarità tra gli isolati nei diversi reparti fatta eccezione per un probabile cluster registrato nel reparto di Rianimazione. Conclusioni. I risultati ottenuti hanno descritto per la prima volta i caratteri genetici degli isolati multi-resistenti di K. pneumoniae co-produttrice di KPC e OXA e le relazioni filogenetiche tra i diversi cloni analizzati. La presenza di carbapenemasi multiple, unitamente alle mutazioni delle porine, riducono ulteriormente le opzioni terapeutiche disponibili in caso di infezione. Pertanto, si sottolinea l’importanza delle metodiche di sequenziamento al fine di monitorare e contrastare la diffusione di ceppi multi-resistenti e identificare prontamente l’emergenza di nuovi cloni.


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Sorveglianza molecolare di K. pneumoniae resistente  ai carbapenemi: sei anni dopo

F. Saluzzo1, C. Sepulcri1, V. Batignani1, A. Biancardi2,  P. Nizzero2, M. Moro2, D.M. Cirillo1

1Emerging Bacterial Pathogens Unit, 2Comitato Infezioni Ospedaliere – IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

Introduzione. L’Ospedale San Raffaele sorveglia dal 2005 i microrganismi sentinella (MS) per conoscere l’evoluzione dell’epidemiologia microbica locale e per identificare precocemente le trasmissioni nosocomiali. La sorveglianza è prevalentemente di tipo “passivo”, e solo in reparti selezionati viene effettuata una sorveglianza “attiva” con tampone rettale o nasale. La genotipizzazione batterica viene effettuata di routine su MS predefiniti, inclusi i ceppi di K. pneumoniae (KP) resistenti ai carbapenemi. Dal 2019 ad oggi sono stati analizzati 753 ceppi isolati da 587 pazienti. Metodi. La genotipizzazione è stata eseguita mediante Whole Genome Sequencing (WGS) eseguito su piattaforma Illumina® (San Diego, California, USA). Ridom SeqSphere+ è stato utilizzato sia per la costruzione ed analisi degli alberi di trasmissione sia per la caratterizzazione dei MS, inclusa identificazione del Sequence Type (ST), resistoma e viruloma. Risultati. Negli ultimi 6 anni sono stati identificati tramite sequenziamento 75 clusters di trasmissione intraospedaliera di KP che hanno coinvolto 394 pazienti (cluster distance threshold: 4 alleli). L’identificazione dei casi identificati come genotipicamente correlati ha consentito, quando il link epidemiologico è stato confermato dagli specialisti di sanità pubblica, di adottare misure mirate. Tra queste l’isolamento dei pazienti coinvolti e la sorveglianza attiva mediante tampone rettale dei contatti per limitare la trasmissione intraospedaliera. La maggior parte dei cluster di trasmissione negli ultimi sei anni è risultata associata a ST 307 che ha causato almeno 1 cluster di trasmissione all’anno dal 2019 ad oggi, per un totale di 17. Seguono ST 101 con 12 clusters di trasmissione, ST 512 con 10 e ST 6668 con 7 causati nel corso di soli 18 mesi (gennaio 2023-giugno 2024). Il nuovo ST6668, associato alla presenza di blaNDM-1 è stato identificato per la prima volta ad inizio dicembre 2023, in seguito alla determinazione del nuovo ST da parte dell’Institute Pasteur. In seguito, un’analisi retrospettiva di tutti i campioni isolati ha permesso di verificare che tra il 2023 e il 2024, ST6668 è diventato prevalente nel nostro ospedale, causando uno dei cluster di trasmissione che ha coinvolto il maggior numero di pazienti finora osservato per KP (39) nel corso di soli 2 anni. L’analisi del resistoma di KP ha permesso inoltre di osservare uno shift nell’epidemiologia delle carbapenemasi circolanti. Nel corso degli ultimi 3 anni si è osservata una progressiva diminuzione dei casi identificati di blaKPC-2 e un aumento progressivo di blaKPC-3 e blaNDM-1, quest’ultimo probabilmente associato all’aumento di casi di ST6668. L’analisi ha inoltre permesso di identificare, per la prima volta in Italia, un cluster di trasmissione di KP appartenente a ST307 che presentava blaNDM-7. Il cluster ha coinvolto 9 pazienti in 2 ospedali lombardi tra marzo e aprile 2023. La sorveglianza molecolare ha permesso di identificare precocemente il cluster e di contenere la trasmissione. Conclusioni. Da questa esperienza pluriennale risulta che la sorveglianza molecolare mediante WGS permette non solo la precoce identificazione dei cluster di trasmissione, ma anche il monitoraggio in tempo reale dei ceppi circolanti all’interno dell’ospedale, incluso il loro profilo di resistenza. La possibilità di consultare dati di epidemiologia locale aggiornati in tempo reale ha importanti implicazioni sia sulla scelta della terapia antibiotica empirico-ragionata nei pazienti ospedalizzati, con possibili rilevanti risvolti sulla rapida ed efficace risoluzione dell’infezione e sulla mortalità, sia sulla messa in atto precoce di misure di isolamento volte al contenimento della trasmissione. Emerge inoltre la necessità di condividere i dati a livello nazionale e internazionale per favorire monitoraggio prospettico di nuovi meccanismi di resistenza.


Prevenzione e controllo delle IOS/ICA


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Vecchi nemici, nuove alleanze per una strategia vincente. La biologia molecolare scende in campo contro la Serratia marcescens

G. Virgili1, A. Moccia1, C. Pittini2, A. Sartor3, C. Pipan4,  S. Marzinotto5, M. Bulfoni6, C. Cargnelutti7, C. Zanetti7,  M. Giacuzzo7, A. Faruzzo8, R. Cocconi8, D. Montemurro1

1SOC Direzione Medica di Presidio, Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 2SOC Neonatologia, Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 3SOC Microbiologia, Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 4SOSD Laboratorio di Sanità Pubblica Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 5Piattaforma Biologia Bolecolare, Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 6SOSD Laboratorio di Sanità Pubblica, Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 7Gruppo Operativo Rischio Infettivo-SOC Direzione Medica di Presidio, Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 8SOSD Rischio Infettivo, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Introduzione. Serratia marcescens si conferma ospite frequente nelle terapie intensive neonatali; mette a dura prova gli operatori sanitari per il contenimento della sua trasmissione ai piccoli pazienti e l’eliminazione dall’ambiente. I recenti outbreak hanno richiesto un allargamento della multidisciplinarietà e l’utilizzo di nuove tecniche diagnostiche per identificare con precisione i ceppi e formulare ipotesi sulla loro trasmissione e diffusione in ambiente e porre in atto strategie di prevenzione più mirate. Metodi. Lo studio prende in considerazione il periodo che va dal 25.01.2023 al 06.01.2024. A gennaio 2023, a seguito di segnalazione da parte del reparto di un possibile cluster, è stato effettuato un incontro che ha visto la partecipazione di diverse discipline: patologia neonatale, direzione medica e gruppo operativo rischio infettivo, microbiologia, laboratorio di sanità pubblica ed il coinvolgimento operativo dei servizi tecnici e ditte in appalto. Le azioni immediatamente messe in atto sono state: rafforzamento delle misure di isolamento e utilizzo dedicato monopaziente di tutti i dispositivi e materiali d’uso; riorganizzazione degli spazi assistenziali per ridurre il rischio di contaminazione. Contestualmente sono stati sottoposti a tamponi di sorveglianza tutti i pazienti ricoverati ed è stato effettuato un campionamento ambientale su attrezzature, dispositivi e superfici. Sono state individuate le postazioni che avevano accolto pazienti positivi e tamponati incubatori, lavandini, scialitiche, pulsantiere per un totale di 20 campioni ambientali. Tutti i tamponi raccolti sono stati avviati a coltura, consentendo l’isolamento di un totale di 14 ceppi. Dodici ceppi provenienti da 8 pazienti e 2 ceppi provenienti da tamponi ambientali di Serratia marcescens, sono stati quindi sottoposti a tipizzazione molecolare con metodica WGS (Whole Genome Sequencing) al fine di identificare possibili focolai di ICA (infezioni correlate all’assistenza). Risultati. Dalle analisi microbiologiche prima e di biologia molecolare poi, è risultato che 6 ceppi, isolati da 4 pazienti e da 1 tampone ambientale, anche se raccolti in date molto distanti, appaiono strettamente correlati per profilo genetico (cluster A). Significativa anche l’identica composizione genetica degli isolati provenienti dai campioni di 2 pazienti e da un tampone ambientale raccolto in corrispondenza di un lavandino che rende plausibile l’ipotesi di un possibile coinvolgimento nella catena di trasmissione. È stata inoltre rilevata una stretta correlazione tra i ceppi isolati dai tamponi di sorveglianza di altri 2 pazienti ed una probabile correlazione con gli isolati da campione di sangue e CVC (Catetere Venoso Centrale) di un terzo paziente costituendo così un secondo e distinto cluster (cluster B). Conclusioni. L’analisi filogenetica ha consentito, non solo di documentare l’esistenza di 2 cluster distinti nel periodo considerato, ma anche di ipotizzare un possibile coinvolgimento delle superfici ambientali nella trasmissione. Si è provveduto pertanto a far effettuare una bonifica ambientale scrupolosa che ha previsto anche la sostituzione di elementi impiantistici. Per un efficace controllo, oltre alle buone pratiche assistenziali che vedono nell’igiene delle mani il momento fondamentale, si conferma l’importanza, nelle aree ad altissimo rischio, di una attenta vigilanza sulle attività, non solo di sanificazione, ma anche di manutenzione strutturale ed impiantistica. Considerata la lunga sopravvivenza in ambiente di Serratia marcescens, a 6 mesi dagli interventi di bonifica è stato appena effettato un secondo piano di campionamenti ambientali, i cui risultati saranno disponibili a breve.


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Batteriemie catetere venoso centrale correlate:
la formazione agli operatori può contribuire  a ridurne l’incidenza?

C. Andreoni1, A. Genga2

1AST PU, Direzione Medica di Presidio, Pesaro; 2UNIVPM, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Ancona

Introduzione. L’utilizzo di cateteri venosi centrali a puntura periferica(PICC) a media e lunga durata posizionati da teams dedicati è in aumento, ma espone il paziente al rischio di infezione del catetere (CLABSI). Al fine di migliorare la gestione dei PICC, presso l’AST PU nel 2023 è stato implementato un corso formativo indirizzato a infermieri di tutte le Unità Operative (UUOO) sulla corretta gestione di accessi vascolari, tenuto da operatori del PICC team aziendale, con approccio metodologico teorico pratico, realizzato in 4 sessioni con limitato numero di discenti (massimo 30 iscritti). Scopo di questo studio è verificarne l’efficacia mediante: confronto annuo di incidenza di CLABSI rispetto alle batteriemie totali annue e al totale annuo dei PICC posizionati; confronto annuo di incidenza di CLABSI relate indotte da germi multiresistenti (MDRO); confronto annuo della durata di permanenza dei PICC prima della comparsa di CLABSI. Outcome secondari: conteggio dei microrganismi eziopatogenicamente responsabili delle CLABSI e distribuzione annuale di CLABSI nelle varie UUOO aziendali. Metodi. Sono state definite come batteriemie CVC relate quelle con esame da campione proveniente da CVC positivizzatosi per lo stesso microorganismo almeno due ore prima rispetto al prelievo periferico, prelevato simultaneamente. Il confronto delle batteriemie CVC relate tra il 2022 e il 2023 è stato ottenuto applicando l’OR e il relativo intervallo di confidenza tra le due incidenze annuali. La fonte dati è stato il database del laboratorio analisi. Il confronto annuo della durata di permanenza del PICC prima della insorgenza di batteriemia è stato effettuato mediante test non parametrico previa esclusione della normalità di distribuzione della variabile in esame. La fonte dati è stato il registro aziendale PICC. Tutti i test di ipotesi sono stati effettuati con software STATA 15. Staphilococchi coagulasi negativi sono stati esclusi dalle CLABSI per l’elevato rischio di essere contaminanti. Risultati. Nel 2023, in confronto all’anno precedente, c’è stato un aumento del 16% dei casi diagnosticati di CLABSI sul totale delle batteriemie, senza tuttavia che questa differenza sia risultata statisticamente significativa, nessuna variazione è invece stata osservata utilizzando lo stesso test rispetto ai PICC posizionati, per cui è verosimile ritenere che il tendenziale incremento delle CLABSI dipenda dall’aumento dei PICC posizionati (3.476 nel 2023 e 2.575 nel 2022). È invece stata osservata una riduzione del 59% delle CLABSI da MDRO rispetto al 2022. La mediana di permanenza del PICC prima della comparsa di batteriemia CVC relata è stata di 19 giorni nel 2022 e di 24 giorni nel 2023. Questo tendenziale miglioramento nella gestione dei PICC nel 2023 non raggiunge tuttavia significatività statistica. In accordo con i dati di letteratura le CLABSI da batteri gram negativi (44% in media nel biennio considerato) sono più frequenti di quelle da gram positivi (24%), e sono interamente responsabili dell’eccesso di casi del 2023 rispetto all’anno precedente (dal 37,7% al 50% di tutte le CLABSI). I batteri gram negativi più rappresentati sono stati Klebsiella species, enterobatteriacee e Pseudomonas. Le CLABSI da Candida species sono state numericamente maggiori di quelle da batteri gram positivi, sostanzialmente stabili nel biennio in esame (circa il 30% delle CLABSI), e rappresentate maggiormente da Candida albicans. La distribuzione di frequenza dei microrganismi per unità operativa è omogenea nelle diverse branche specialistiche, sia mediche che chirurgiche che di terapia intensiva. Conclusioni. Il programma di intensificazione dei corsi formativi sul personale non ha avuto effetto sulla riduzione delle CLABSI, ma sulla percentuale di quelle causate da batteri multiresistenti e sulla permanenza del PICC prima della comparsa di batteriemia. Possiamo concludere che l’intensificazione dei corsi formativi ha sensibilizzato gli operatori sanitari sulla gestione dei cateteri vascolari nei pazienti noti per essere colonizzati o infetti da germi multiresistenti. L’incremento delle CLABSI associato all’aumento dei PICC posizionati suggerisce la necessità di individuare criteri di appropriatezza prescrittiva condivisi e coerenti alle attuali linee guida, per ridurre il rischio di complicanze infettive.


P23.

Prevalenza periodale delle infezioni correlate all’assistenza in un ospedale per acuti  ed implementazione di azioni correttive

L. Covolo1, D. Tomasoni2, M.G. Festa3, I. Gatta3, L. Martella3,  S. Sorosina3, M. Ricca3

1Dipartimento di Specialità Mediche e Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia; 2Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 3Direzione Medica, Presidio Ospedaliero dei Bambini, ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. A seguito dei risultati dello studio di prevalenza puntuale sulle infezioni correlate all’assistenza (ICA) (ECDC PPS3 2022-2023), nel corso del 2023 l’Ospedale di Brescia ha potenziato la sorveglianza dei casi di infezione e colonizzazione causati dai principali germi alert e condotto uno studio di prevalenza periodale sulle ICA. I risultati hanno comportato l’implementazione di azioni correttive e progetti mirati a garantire una maggiore adesione da parte degli Operatori alle “good practices”. Metodi. Per la rilevazione dei principali germi alert, incluso il Clostridioides difficile (CD), è stato utilizzato il software “Mercurio” appositamente configurato e, mediante il flusso delle segnalazioni, è stato possibile differenziare le colonizzazioni dalle infezioni, distinte a loro volta in ICA e Comunitarie (IC). Per ogni sede di infezione e colonizzazione è stato considerato un solo germe alert. Le 56 Strutture Complesse dell’Ospedale sono state suddivise in 6 Aree: Medicina; Medicina dei Trapianti (MT: Ematologia, Trapianto Rene, Trapianto Midollo Osseo); Chirurgia (Ch) generale (2^ e 3^); Ch. specialistica (ortopedia/traumatologia, vascolare, toracica, cardiochirurgia, plastica, urologia, oculistica, neurochirurgia, maxillo-facciale, otorinolaringoiatria, ostetricia, ginecologia); Terapia intensiva (TI: ad indirizzo rianimatorio, ad indirizzo neurorianimatorio, cardiochirurgica e unità coronarica); Terapia sub-intensiva (medicina d’urgenza). Per ogni Area si è valutato: la prevalenza dei germi alert, delle ICA/IC e delle colonizzazioni. Risultati. Nel corso del 2023 sono stati estrapolati 1.610 (31,9%) germi alert su 5.035 patogeni configurati nel software; il 52,3% era costituito da Enterococchi vancomicino-resistenti (VRE) ed Escherichia coli (esclusi dal conteggio gli E.coli ESBL positivi su tampone rettale). Il 48,7% dei germi alert è stato rilevato nell’area di Medicina, 17,6% in TI, 12,8% in MT e 3,8% in Ch. generale. Per quanto riguarda la loro distribuzione per area, in Medicina si è evidenziata in particolare la presenza di Acinetobacter baumannii (60,9%), Stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA: 55,3%) e Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi (CRE) (48,8%), seguiti da VRE (46,9%) e Pseudomonas aeruginosa CRE (44,3%). In TI erano presenti soprattutto P. aeruginosa CRE (32,9%) e MRSA (25,2%); mentre nell’area MT è stato segnalato il VRE (21,9%). Infine si è evidenziata la significativa presenza di CD in Medicina (73,3%) e MT (9,2%). In merito alla classificazione delle infezioni/colonizzazioni è stato rilevato che il 72% erano colonizzazioni, il 13% ICA diagnosticate in ospedale, il 5% IC, il 5% altre ICA (da assistenza domiciliare, gestione di device, trattamento dialitico, etc.) e il 3% ICA provenienti da altro ospedale. Le percentuali maggiori di tutte le infezioni sono state riscontrate nell’area di Medicina: ICA 53,9%, ICA da altro ospedale 59,5%, altre ICA 72% e IC 62,3%, mentre il 13,9% delle ICA sono state rilevate in MT e il 13,3% in TI. Le colonizzazioni sono state rilevate maggiormente nell’area di Medicina (43,2%) e in TI (18,7%). Infine, per quanto riguarda le infezioni da CD, nell’area di Medicina il 41,5% erano ICA e il 30,7% IC; nel 60% e nel 66,7% dei casi erano ICA rispettivamente nell’area MT e TI. Conclusioni. I dati riportati segnalano presso l’Ospedale di Brescia un importante coinvolgimento delle aree di Medicina, TI e MT, laddove sono presenti pazienti particolarmente fragili. Da segnalare la peculiare diffusione del CD. La prevalenza rilevata delle infezioni e colonizzazioni ha fatto sì che per il 2024 fossero ulteriormente rafforzate le seguenti azioni: monitoraggio del trend epidemiologico delle infezioni e delle caratteristiche microbiologiche dei germi alert; implementazione delle misure di prevenzione e controllo del rischio infettivo ovvero igiene delle mani, applicazione delle misure di isolamento e dei bundle; valutazione dei progressi mediante l’utilizzo di indicatori specifici.


P24.

Sorveglianza epidemiologica di Candida auris: valutazione dell’impatto del ‘protocollo di gestione della colonizzazione ed infezione da Candida auris’  nel Reparto di Terapia Intensiva presso l’IRCCS ospedale policlinico San Martino di Genova

M. Pagnucco1, V. Paolozzi1, F. Stella1, M. Ogliastro1,  D. Bellina2, M. Cappellin2, M. Ferraro2, P. Valanzola2,  R. Ziferro2, A. Marchese3, A. Orsi2

1Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Genova; 2UO Igiene, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino Genova; 3UO Microbiologia, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino Genova

Introduzione. A partire da febbraio 2020, presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, si è assistito ad un aumento esponenziale del numero di isolamenti di Candida auris da campioni biologici. L’obiettivo dello studio è stato di analizzare l’impatto del ‘Protocollo di gestione della colonizzazione ed infezione da Candida auris’ redatto dal Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) sull’andamento epidemiologico di Candida auris. Metodi. Per analizzare l’impatto del protocollo sopracitato, che fornisce indicazioni in ambito di sorveglianza, diagnosi e misure di prevenzione e contenimento, sono stati presi in considerazione e confrontati due periodi: maggio 2020-marzo 2022 e aprile 2022-aprile 2024. I metodi diagnostici utilizzati sono il tampone cutaneo colturale e molecolare. I dati dei pazienti positivi raccolti tengono in considerazione: età, sesso, tempo intercorso tra il prelievo e il referto, tempo intercorso tra la prima positività e il decesso e presenza di fattori di rischio. Risultati. Nel periodo maggio 2020-aprile 2024, nel reparto di terapia intensiva sono stati ricoverati 2.352 pazienti, di cui 451 (19,17%) hanno mostrato almeno un campione positivo per Candida auris. Di questi, 286 (63,41%) erano maschi, 165 (36,59%) femmine, con un’età mediana di 63 anni (IQR 20). Settantasei (16,93%) pazienti hanno sviluppato candidemia e 121 (26,95%) sono deceduti. La mediana di giorni calcolata dalla prima positività per Candida auris al decesso è stata di 20 giorni (IQR 38). Confrontando i due periodi esaminati, sono stati registrati rispettivamente i seguenti risultati: 229 (37,55%) e 222 (35,13%) positività per Candida auris; 40 (17,47%) e 36 (16,21%) episodi di candidemia; i decessi sono stati rispettivamente 74 (32,31%) e 47 (21,17%). La mediana di giorni calcolata dalla prima positività per Candida auris al decesso è stata nel primo periodo di 19,5 giorni (IQR 33,25) e nel secondo periodo di 20 giorni (IQR 66,5). Conclusioni. L’introduzione del Protocollo ha contribuito a diminuire la frequenta dei pazienti positivi (dal 23,08% al 16,32%) e la letalità (da 32,31% al 21,17%) nonostante una relativa stabilità delle candidemie (dal 17,47% al 16,21%). Questi risultati sottolineano l’importanza di una diagnosi precoce, l’utilizzo corretto dei dispositivi di contenimento, delle procedure di disinfezione e della sorveglianza epidemiologica continua del fenomeno.


P25.

L’effetto dei tessili e della loro gestione nelle infezioni correlate all’assistenza: una scoping review

A. Caliaro1, A. Pontirolli2, F. Canzan3, E. Ambrosi3

1Università di Roma “Tor Vergata”, Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Roma; 2Azienda Provinciale Servizi Sanitari, Ospedale Santa Chiara, Trento; 3Università di Verona, Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Verona

Introduzione. I materiali tessili presenti negli ambienti sanitari, come le divise del personale, le lenzuola e altri tessuti, presentano dei rischi in quanto sono soggetti a contaminazione e proliferazione microbica, ma la ricerca sul loro ruolo nella trasmissione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) è limitato. Metodi. È stata condotta una scoping review per mappare i metodi e i risultati degli studi sull’efficacia dei tessili nel prevenire le ICA. Sono state consultate PubMed, CINAHL, Cochrane Central Register of Controlled Trials, Web of Science e Scopus ed è stata effettuata una ricerca manuale delle bibliografie degli articoli inclusi. È stato incluso qualsiasi studio primario sui tessili (biancheria da letto, cuscini, copricuscini, asciugamani, camici per pazienti e tende per la privacy) a partire dal 2008 e che coinvolgeva pazienti adulti e pediatrici in setting ospedaliero. Risultati. Sono stati inclusi 20 studi, condotti in ambito medico, chirurgico, di degenza specializzata e di riabilitazione, di terapia intensiva generale e specializzata e di pronto soccorso. Solo 2 studi hanno dichiarato che i pazienti comprendevano sia adulti che pediatrici. Otto studi hanno analizzato le tende per la privacy e 12 studi la biancheria da letto. Nove studi hanno esaminato l’efficacia della composizione dei tessili (impregnati con un agente antimicrobico), 9 studi hanno valutato gli interventi di gestione (tempi di sostituzione e metodi di decontaminazione) e 2 hanno esaminato una combinazione di interventi di gestione e composizione. a) Tende per la privacy. È risultata una riduzione della conta della carica batterica (CFU) nelle tende decontaminate con: perossido di idrogeno in formulazione spray e salvietta e quello a secco (DHP™) diffuso attraverso il sistema di areazione; cloruro di ammonio quaternario con applicazioni giornaliere e bisettimanali; nelle tende con marchio registrato Endurocide®; nelle tende BioSmart® decontaminate giornalmente con ipoclorito di sodio spray. Senza ipoclorito, le tende BioSmart® non hanno mostrato differenze significative rispetto alle tende standard. È avvenuta una riduzione della conta aerobica totale (TAC) nelle tende Endurocide®, ma non nelle tende Ecomed® con argento. La contaminazione delle tende da Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) si è ridotta con l’utilizzo del perossido di idrogeno e con le tende Endurocide®, mentre non ci sono state differenze statisticamente significative nelle tende Ecomed®. L’Enterococcus resistente alla vancomicina (VRE) è diminuito in presenza della decontaminazione con perossido di idrogeno e nelle tende con “composto di elementi complessi” (CEC®). Minor contaminazione da Acinetobacter resistente ai carbapenemi (CRA) e multi-resistente (MDRA) è avvenuta con le tende Endurocide® ed Ecomed®. b) Tessili per la biancheria da letto. Nelle lenzuola trattate con ossido di rame si sono riscontrati esiti contrastanti nella riduzione o meno delle ICA, delle infezioni del tratto urinario e del flusso sanguigno correlate al catetere e Clostridium difficile. Per quanto riguarda i patogeni multi-resistenti non si sono rilevate differenze statisticamente significative nella presenza di MRSA, mentre si sono verificate riduzioni di VRE e CRA. Si sono verificati esiti favorevoli nel ridurre gli eventi di inizio del trattamento antibiotico, i giorni di febbre e l’uso di antibiotici, sebbene il numero di antibiotici prescritti sia rimasto invariato. c) La biancheria da letto trattata con ossido di zinco ha riportato una riduzione delle infezioni da CRA, anche se non è stata calcolata la significatività statistica. L’uso della nanotecnologia Bio-kil® nella biancheria da letto e nelle superfici della stanza ha ridotto significativamente i CFU sui tessili e le ICA. Nella biancheria da letto trattata con argento (SilvaClean®), si è riscontrata una riduzione delle TAC, mentre la riduzione dell’MRSA è avvenuta solo sui camici dei pazienti, ma non nelle lenzuola. Conclusioni. Questa revisione evidenzia il potenziale impatto della gestione dei tessili nella prevenzione delle ICA. Le ricerche future dovranno studiare le pratiche relative al lavaggio, alla conservazione e alla sostituzione dei tessili, perché attualmente più orientate allo studio delle composizioni.


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Fast-track tra microbiologia e controllo infezioni  nella gestione delle ICA: l’esperienza dell’Azienda ospedaliera Universitaria di Alessandria

C. Bolla1, S. Penpa2, P. Toselli1, A. Rocchetti3, E. Marino1,  B. Montanari1, M. Ricci1, L. Di Matteo3, C. Leli3, A. Maconi2

1SS Prevenzione e Controllo Infezioni Ospedaliere e Antimicrobial Stewardship, Azienda Ospedaliero-Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria; 2SC Infrastruttura Ricerca Formazione Innovazione, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione, Azienda Ospedaliero-Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria: 3SC Microbiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano una delle complicanze più frequenti dell’assistenza sanitaria, causando elevate morbilità, mortalità e determinando costi elevati per la loro gestione. La sorveglianza delle ICA è lo strumento che consente di individuare possibili criticità, definirne la dimensione e programmare interventi atti al loro contenimento attraverso una strategia multimodale. La sorveglianza pro-attiva degli isolamenti con associata la formazione continua sul campo rappresenta uno dei componenti di tale strategia. Per attuarla è necessario un flusso informativo costante, affidabile, e riproducibile tra la Microbiologia e il Controllo Infezioni. Nel presente studio descriviamo l’organizzazione di un sistema informatico presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria (AOU) di Alessandria, dedicato alla segnalazione di isolamenti di microrganismi sentinella per la rapida attivazione della catena di controllo della loro diffusione. Metodi. La comunicazione tra la Microbiologia e il Controllo Infezioni è sempre avvenuta tramite referti cartacei quotidiani, determinando spesso ritardi nella sorveglianza sul campo e l’attuazione tardiva delle misure di contenimento. Dal mese di dicembre 2023 le comunicazioni cartacee sono state sostituite stabilmente da Virtuoso Plus, sistema informatizzato di segnalazione integrato con Concerto (applicazione dedicata in particolare alla gestione della batteriologia e virologia), che consente di sorvegliare in tempo reale la presenza di microrganismi sentinella identificati dal Laboratorio di Microbiologia, prevenendo e controllando tempestivamente le infezioni ospedaliere. Sono state concordate tre estrazioni giornaliere automatiche da parte dell’applicativo con conseguente invio dell’elenco dei microrganismi sentinella eventualmente presenti al Controllo Infezioni, che procede subito al sopralluogo nei reparti di degenza per dare l’indicazione ad attuare le misure di isolamento oltre ai monitoraggi di follow-up. Particolare attenzione è stata posta sui microrganismi sentinella soggetti alla sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza (AR-ISS): E. coli, K. pneumoniae, P. aeruginosa, Acinetobacter species, S. aureus meticillino-resistente (MRSA), E. faecalis, E. faecium e S. pneumoniae. Risultati. Dal 1/12/23 al 31/05/2024 sono state effettuate 722 estrazioni di microrganismi sentinella, cui sono seguiti altrettanti sopralluoghi nei reparti di degenza per il contenimento della loro diffusione. Nel dettaglio, gli isolamenti di microrganismi inclusi nella sorveglianza AR-ISS sono stati: 222 Escherichia coli, 163 Klebsiella pneumoniae, 12 Acinetobacter species, 24 P. aeruginosa, 32 MRSA, 3 Enterococcus faecalis, 58 Enterococcus faecium. Conclusioni. La sorveglianza delle ICA riveste un ruolo cruciale all’interno delle attività di Infection Control al fine di contrastarle. Oltre all’attività di prevenzione delle ICA, il Controllo Infezioni svolge un ruolo cruciale per il loro contenimento, in particolare quando esse sono sostenute da microrganismi sentinella. L’approccio pro-attivo ha dimostrato essere una modalità efficace nel contenimento delle infezioni da tali microrganismi, perché permette la rapida attivazione delle strategie di contenimento. Presso l’AOU di Alessandria, grazie all’implementazione di uno strumento informatico efficace, oggi esiste una comunicazione quasi in tempo reale tra Microbiologia e Controllo Infezioni che permette un intervento tempestivo nei reparti di degenza ed il monitoraggio delle misure di isolamento. L’azione preventiva con la formazione continua, la verifica dell’applicazione dei bundle, le sedute di audit sono azioni altrettanto importanti ma in caso di isolamento di un microrganismo sentinella, l’azione correttiva è necessaria e non procrastinabile.


P27.

Valutazione del processo di sanificazione di ambienti ospedalieri mediante sanificatori ad ozono

R. Mastrantonio1, A. Romantini1, A. Civisca1, A. Moretti2,  G. Micolucci2, L. Fabiani1, M. Muselli1

1Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università degli studi dell’Aquila, L’Aquila; 2Direzione Medica Presidio Ospedaliero S.Salvatore, ASL 1 L’Aquila

Introduzione. La contaminazione microbiologica delle superfici e dell’aria, oltre ad essere un indicatore delle condizioni igieniche degli ambienti indoor, può essere causa di infezioni e patologie. Tale condizione è particolarmente rilevante in contesti sanitari, i cui ambienti ospitano spesso individui immunocompromessi oppure sono utilizzati per attività invasive sul paziente. Lo scopo del presente studio è valutare l’efficacia di un sanificatore ad ozono nell’abbattimento della carica microbica dell’aria e delle superfici in ambiente ospedaliero. Metodi. Sono state valutate due stanze di degenza, una ambulanza e una sala endoscopica. Per ciascun ambiente il protocollo ha previsto 10 punti di campionamento delle superfici, tra cui pavimento, superfici di lavoro, mobilio e servizi igienici. Per l’analisi della contaminazione dell’aria è stato impiegato un Surface Air Sampler (SAS) modello DUO 360, con un volume di campionamento pari a 500 litri. Per entrambe le tipologie di campionamento sono state impiegate piastre RODAC da 55mm di diametro. Sono stati ricercati batteri aerobi (incubazione a 30°C per 48 ore con terreno non selettivo tipo Tryptic Soy Agar, TSA) e lieviti e muffe (incubazione a 25°C per 5 giorni con terreno non selettivo tipo Sabouraud Dextrose Agar, SDA). Tutti i campionamenti sono stati eseguiti in doppio e il risultato per ogni campionamento è espresso come media dei due campionamenti in numero di Unità Formanti Colonia (UFC)/ piastra o UFC/m3. Le analisi sono state svolte seguendo i princìpi delle pertinenti norme tecniche (BS 17141/2020, BS 4833-2/2013 e BS 21527-2/2008). La procedura di sanificazione degli ambienti ha previsto le operazioni di pulizia ordinaria e in seguito l’utilizzo dello strumento ozonizzatore secondo le istruzioni del produttore, da parte di personale ospedaliero formato. I campionamenti sono stati effettati con le stesse modalità al tempo zero (T0), cioè a locali vuoti, dopo l’ordinario utilizzo, al tempo uno (T1), dopo la pulizia abituale, e al tempo 2, dopo l’ozonizzazione. Le analisi statistiche sono state condotte mediante il software STATA 17. Risultati. La contaminazione microbica degli ambienti studiati al tempo zero è risultata nella maggioranza dei campionamenti accettabile per un ambiente a rischio medio. Le operazioni messe in atto, nel loro complesso, sono state efficaci nella riduzione della contaminazione microbiologica delle superfici. Nello specifico, la pulizia ha causato un decremento statisticamente significativo della carica microbica delle superfici esaminate per i due reparti di degenza e l’ambulanza. I valori medi di contaminazione per la carica batterica per tutti i reparti sono scesi da 21.4 ± 21.8/piastra a 11,2 ± 16,9/piastra al T1; al T2 sono scesi a 9,7 ± 12,7. Anche il decremento della carica fungina delle superfici è risultato significativo, ma soltanto per i reparti degenza 2 e ambulanza. I valori medi di contaminazione per la carica fungina per tutti i reparti sono scesi da 5,6 ± 7,5/piastra a 2,3 ± 4,1/piastra al T1; al T2 sono scesi a 2,1 ± 3,7. In nessun caso l’ozonizzazione ha restituito risultati significativi nella riduzione della contaminazione. Per quanto concerne il campionamento dell’aria, è possibile affermare che né le operazioni di pulizia, né l’uso dell’ozonizzatore hanno determinato un abbattimento significativo della carica per nessuno dei due tipi di microrganismi studiati. Nonostante ciò, è possibile apprezzare una costante diminuzione globale (per tutti i reparti) della concentrazione di UFC/m3 sia per i microrganismi che per lieviti e muffe. Conclusioni. Lo studio ha ulteriormente dimostrato l’efficacia delle operazioni di pulizia mentre non consente di confermare l’utilità dell’ozonizzazione in termini di abbattimento della carica microbiologica delle superfici. Le limitazioni di tale studio consistono nell’esiguo numero di ambienti analizzati e nell’eterogeneità delle operazioni condotte al tempo 1 e 2 per via dei differenti operatori coinvolti. Inoltre, non è stato possibile, nelle condizioni operative ospedaliere, misurare la concentrazione raggiunta dall’ozono nell’ambiente trattato; in ogni caso gli operatori hanno seguito le istruzioni del produttore della macchina durante l’utilizzo. Come è noto, individuare nuovi metodi di sanificazione degli ambienti che non favoriscano lo sviluppo di resistenze da parte dei microrganismi nosocomiali è di cruciale importanza. Approfondire l’efficacia dei sanificatori ad ozono in ambienti sanitari diversi oppure ripetere l’indagine invertendo l’ordine di esecuzione delle attività di pulizia e ozonizzazione o valutare l’effetto su patogeni specifici potrebbe fornire un valido contributo in termini di controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA).


P28.

Caratterizzazione della contaminazione microbica  in ambienti sanitari a rischio moderato

A. Romantini1, A. Civisca1, R. Mastrantonio1, A. Iagnemma1,  R. Lepore2, L. Fabiani1, M. Muselli1

1Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università degli studi dell’Aquila, L’Aquila; 2Direzione Medica Presidio Ospedaliero S. Salvatore, ASL 1 L’Aquila

Introduzione. Le ICA rappresentano una delle più frequenti complicazioni che si verificano nelle strutture sanitarie di tutto il mondo aumentando, di fatto, i tassi di morbilità e mortalità, nonché i costi sanitari. È noto che le superfici ambientali possono agire come reservoir per i microrganismi, aumentando il potenziale rischio di cross - contaminazione attraverso il contatto diretto e/o indiretto con il paziente. In quest’ottica la caratterizzazione di un background microbico definito in termini quantitativi e qualitativi consente di progettare azioni di prevenzione efficaci e mirate. Metodi. Sono stati analizzati quattro reparti di una struttura sanitaria. Il protocollo di campionamento ha previsto l’indagine di tutte le camere di degenza o stanze ad attività ambulatoriale dotate di un lavello presenti nei reparti individuati. Mediante l’impiego di tamponi sterili sono stati analizzati due siti per ogni lavello (rompigetto e scarico); in base alle peculiarità di ciascuna stanza l’indagine è stata estesa al campionamento di una o più superfici includendo, oltre ai tamponi sterili, l’utilizzo di piastre a contatto di tipo Rodac (Replicate Organism Direct Agar Contact). La messa in coltura dei tamponi ha previsto l’utilizzo di due diversi tipi di substrato: Pseudomonas CN agar (CN agar) e Chromogenic Coliform Agar (CCA) per la ricerca rispettivamente di Pseudomonas aeruginosa e dei Coliformi totali. Per mezzo delle piastre Rodac, invece, la ricerca è stata orientata verso la quantificazione della carica batterica totale, attraverso piastre contenenti Tryptic Soy Agar TLHTh (TSA), e della contaminazione di lieviti e muffe il cui substrato di crescita preferenziale è il Sabouraud Dextrose Agar TLHTh (SDA). Successivamente sono state isolate le unità formanti colonia (UFC) rappresentative di ogni piastra risultata positiva, le stesse sono state sottoposte a identificazione biochimica attraverso la metodica delle Gallerie API®. Risultati. Sono stati campionati 95 siti per mezzo dei tamponi: la positività delle piastre contenenti CN agar è risultata pari al 22,1%, tutti provenienti dallo scarico dei lavelli. La percentuale di campioni positivi da CCA ammonta al 34,7%, di cui circa i tre quarti provenienti dagli scarichi dei lavelli. Per ciò che concerne i prelievi effettuati con piastre Rodac i siti campionati sono stati 31, le positività si sono espresse con percentuali quali TSA 83,9% e SDA 58,1%. La quasi totalità dei campioni positivi rientra nell’intervallo compreso tra 0 e 25 UFC/piastra attestando un livello di contaminazione pari a “buono” secondo l’interpretazione proposte dalle norme tecniche di riferimento. Nell’interpretazione dei risultati occorre considerare che il campionamento è stato effettuato in locali ospedalieri in cui non è richiesta sterilità. L’analisi qualitativa degli isolati ha dipinto un quadro di contaminazione composto da batteri opportunisti quali: Pseudomonas aeruginosa, Stenotrophomonas maltophilia, Enterobacter cloacae, Aeromonas hydrophila/caviae, Serratia liquefaciens, Citrobacter freundii, Acinetobacter haemolyticus tra i Gram-negativi; Staphylococcus lentus, epidermidis ed haemolyticus tra i Gram-positivi. Conclusioni. Considerando le limitazioni legate principalmente all’impossibilità di definire il profilo di farmacoresistenza del microbiota ambientale si può concludere che: i livelli di contaminazione delle superfici, sia per batteri che per lieviti e muffe, sono da considerarsi in linea con gli standard di contaminazione microbica delle superfici in ambienti ospedalieri considerati a rischio moderato. I generi e le specie identificate costituiscono un profilo qualitativo di contaminazione ambientale potenzialmente rischioso per la salute di pazienti debilitati o immunocompromessi. Si tratta, in effetti, di microrganismi comunemente isolati da casi di ICA. L’ acquisizione di tali dati può risultare un elemento chiave nel miglioramento delle azioni di prevenzione e nel contenimento delle ICA.


P29.

Implementare 7 care bundle in un ampio contesto ospedaliero ai fini della prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza: protocollo di uno studio osservazionale.

D. Tomasoni1, L. Covolo2, M.G. Festa3, I. Gatta1, G. Piccioni1,  M. Ardesi4, E. Desenzani5, P. Bevilacqua6, S. Zappulla1, M. Ricca3

1Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia; 2Dipartimento di Specialità Mediche e Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Sudi di Brescia; 3Direzione Medica, Presidio Ospedaliero dei Bambini - ASST Spedali Civili di Brescia; 4Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Gardone VT - ASST Spedali Civili di Brescia; 5Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Montichiari - ASST Spedali Civili di Brescia; 6Direzione Aziendale Professioni Sanitarie e Socio-Sanitarie - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Tra le azioni strategiche indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per prevenire e contrastare le infezioni correlate all’assistenza (ICA) è inclusa l’applicazione dei care bundle, ovvero un insieme di pratiche “evidenced-based” che, se applicate insieme correttamente, garantiscono un miglioramento della qualità e dell’esito dei processi di prevenzione e controllo. A fine 2023, 7 gruppi di miglioramento (GDM) hanno elaborato ciascuno un bundle inerente alle principali tematiche di prevenzione e controllo delle ICA delineate dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Scopo primario dello studio sarà osservare l’adesione alle “good practices” prima dell’introduzione dei bundle per conoscere meglio il contesto di applicazione degli stessi e valutare l’applicabilità della scheda di monitoraggio, quale strumento di sorveglianza. Metodi. I GDM costituiti da medici e infermieri dell’ASST Spedali Civili di Brescia, comprensiva di 4 presidi ospedalieri, hanno elaborato 7 bundle per la prevenzione delle seguenti ICA: infezione della ferita chirurgica (SSI), polmonite nosocomiale (HAP), polmonite da ventilazione assistita (VAP), sepsi, infezioni catetere vescicale correlate (CA-UTI), infezione da Clostridioides difficile (ICD), infezioni correlate agli accessi vascolari centrali e periferici (ICVC e ICVP). Lo studio osservazionale pre-implementazione dei bundle verrà condotto nel periodo luglio–settembre 2024 e prevederà la compilazione di almeno 130 check-list (n. 20 per SSI, n. 18 per HAP, n. 8 per VAP, n. 14 per Sepsi, n. 21 per CA-UTI, n. 15 per ICD, n. 15 per ICVC, n.19 per ICVP) distribuite in 16 reparti di cui 7 di area chirurgica generale e specialistica, 8 di area medica e uno di terapia intensiva. Per ogni item contenuto nella check-list di ciascun bundle è indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile. Oltre all’osservazione diretta, è anche prevista la consultazione della cartella clinica. I dati raccolti consentiranno di avere una valutazione preliminare della compliance ai bundle. Risultati. Sono state identificate figure professionali di riferimento che saranno determinanti nella rilevazione di azioni di prevenzione e controllo delle ICA, valide anche per iniziative future. L’avvio di un sistema di monitoraggio pre-implementazione permetterà di ottimizzare l’introduzione dei bundle a fornire un confronto per poter stimare l’efficacia dei bundle una volta adottati da tutti i reparti dell’ASST. Nel 2025 sarà implementato lo studio osservazionale post-bundle per valutare il livello di compliance da parte degli operatori sanitari, utilizzando come strumento valutativo le medesime check-list. Conclusioni. I bundle in tal modo potranno contribuire ad un miglior assetto organizzativo e solleciteranno tutti gli operatori ad una maggiore attenzione nelle azioni di prevenzione e controllo delle ICA.


P30.

Uso e smaltimento dei dispositivi di protezione individuale per la prevenzione delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali da un punto di vista ecosostenibile. Studio pilota sul personale sanitario

S. Dominici1, C. Cartocini1, G. Ferretti1, A. Guerra1,  G. Maghini1, P. Claudia Gabriela1, A. Zampieri1, E. Cappelli2 

1Università degli Studi di Parma, Master di I livello in Management del Rischio Infettivo Correlato all’Assistenza Sanitaria, AA 2022/2023; 2PHD Student, Università degli studi di Tor Vergata Roma

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono una delle principali cause di mortalità e morbilità dei pazienti ospedalizzati, per le quali è necessario adottare in modo strategico e sinergico i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) come: guanti, mascherina, camice e visiera. Nonostante ciò, la letteratura evidenzia che molto spesso la mancata adesione al corretto utilizzo e smaltimento dei DPI, oltre a favorire la trasmissione delle ICA, incide negativamente sull’ambiente a causa della loro gestione e del loro smaltimento. In particolare, lo smaltimento della plastica, contenuta nella maggior parte dei DPI monouso, è diventato un’emergenza, esacerbato con la recente pandemia. Per quanto sopra indicato, si rende necessario comprendere quali possono essere le barriere e i facilitatori responsabili della promozione di un uso appropriato e consapevole dei DPI nelle pratiche assistenziali per la prevenzione e il controllo delle ICA. Metodi. È stato condotto uno studio fenomenologico a gennaio 2024. Sono state somministrate due web survey con lo scopo di mettere a confronto le risposte degli Infermieri Specialisti in Rischio Infettivo (ISRI) e gli Infermieri di clinica e Operatori Socio Sanitari (OSS) sul tema del corretto utilizzo dei DPI (pluriuso) e il loro impatto sulle ICA e sull’ambiente. Risultati. Hanno risposto alla web survey il 76% degli ISRI coinvolti e un totale di 720 professionisti di cui il 76% erano infermieri, il 21% erano OSS e il 3% erano altri professionisti. Dai risultati è emerso che il 57% degli infermieri e degli OSS utilizzano i guanti monouso impropriamente, mentre il 33% non conosce i programmi di Infection Prevention Control della propria azienda. Tutto ciò ha degli impatti negativi sullo smaltimento dei DPI. Inoltre, il 77% degli ISRI ha evidenziato l’importanza di avere programmi per il controllo delle ICA e programmi di IPC indirizzati alla sostenibilità ambientale, ma solo per il 31% di essi le aziende sanitarie sono pronte ad introdurre un cambiamento più sostenibile come indicato dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR, 2021-2026). Conclusioni. Per agire la complessità del controllo delle ICA in un’ottica ecosostenibile è necessario che l’approccio sia multidisciplinare e multiprofessionale. L’ISRI, avendo un ruolo chiave nei programmi di IPC, deve essere maggiormente coinvolto nella stesura dei capitolati di gara e nei processi di Health Tecnology Assesment della propria azienda e regione al fine di favorire l’implementazione di strategie green e l’adozione di dispositivi sempre più ecosostenibili. La formazione universitaria degli ISRI deve prevedere l’inserimento di questi temi nella progettazione dei programmi, affinché possa essere in grado di divulgare a tutti i professionisti sanitari e ai clinici conoscenze sull’uso appropriato dei DPI pluriuso, laddove utilizzabili e strategie per una gestione più sostenibile dei rifiuti. Infine, sono necessari Green Coach all’interno degli ospedali e un maggior coinvolgimento dei dirigenti e del top management al fine di promuovere programmi di IPC innovativi.


P31.

L’applicazione di tassi standardizzati (SIR e SUR)  nella valutazione dell’efficacia di un intervento  di miglioramento per la riduzione delle CLABSI

S. Boni1, M. Sartini2, F. Del Puente1, E. Pontali1, M.L. Cristina2

1SC Malattie Infettive - E.O. Ospedali Galliera, Genova; 2UO SSD Igiene Ospedaliera - E.O. Ospedali Galliera, Genova; Dip. Scienze della Salute - Università di Genova - Genova

Introduzione. In diversi contesti, la pandemia Covid-19 ha determinato un impatto negativo sul verificarsi di infezioni associate all’assistenza sanitaria, in particolare per quanto riguarda le infezioni del flusso sanguigno associate alle linee centrali (CLABSI). Scopo del lavoro è analizzare l’andamento delle CLABSI in una unità di terapia intensiva (ICU) di un ospedale del nord Italia dal 2018 al 2022. Metodi. Nel settembre-ottobre 2021, a seguito dell’innalzamento dell’incidenza delle CLABSI nella ICU, è stata effettuata un’attività di formazione e di aggiornamento sui bundle per la gestione dei cateteri venosi centrali (CVC) per il personale sanitario dell’unità di terapia intensiva. È stato quindi valutato l’impatto dell’implementazione del bundle attraverso l’utilizzo di indicatori standardizzati, come il Device Utilization Ratio (DUR), lo Standardized Utilization Ratio (SUR) e il Device Standardized Infection Ratio (dSIR). I rapporti standardizzati per l’utilizzo dei dispositivi e di infezione sono stati calcolati utilizzando i dati del 2018 e del 2019 come base storica. Risultati. Abbiamo osservato un totale di 1.679 ricoveri in terapia intensiva in un periodo di 5 anni (dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022). I valori di pSIR (determinati sulla base sia del dSIR che del SUR) sono stati più alti per tutta la durata della pandemia (3,42 nel 2020, 2,77 nel 2021), con una diminuzione osservata nel 2022, anche se in misura minore rispetto a quella calcolata utilizzando il dSIR (1,64). Dopo l’implementazione del bundle, è stata osservata una riduzione significativa del dSIR (p < 0,001). Conclusioni. I rapporti standardizzati si sono rivelati utili per identificare le tendenze all’aumento delle CLABSI in terapia intensiva e per monitorare l’impatto della formazione e l’implementazione di un bundle per la gestione dei CVC.


P32.

A scuola con l’igiene delle mani:
il progetto “tre volte sì”

S. Soddu1, A. Arghittu2, G. Deriu1, E. Balzano1, V. Cabras1,  M. Masia2, F. Serra3, P. Castiglia1

1S.C. Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia ed Infezioni Ospedaliere, AOU di Sassari; 2Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia, Università degli Studi di Sassari; 3Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Sassari

Introduzione. Evidenze epidemiologiche suggeriscono che tra i determinanti di trasmissione dei microrganismi potenzialmente patogeni in ambito nosocomiale, le mani ne rappresentano il principale driver. Linee guida e politiche sull’igiene delle mani sono focalizzate sugli operatori, mentre poca attenzione è dedicata alla relazione tra contaminazione delle mani di pazienti/visitatori e trasmissione di germi Multi Drug Resistant (MDR). Per contro, numerose evidenze descrivono come programmi che prevedono la partecipazione dei pazienti nelle attività assistenziali e nelle decisioni relative alla propria sicurezza (empowering), rappresentano una strategia vincente in termini di aderenza alle terapie e aumentata percezione del rischio. In ottemperanza a quanto richiesto dal Piano Regionale di Prevenzione 2020-2025, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari in riferimento al “Programma Predefinito PP10: Misure per il contrasto dell’antimicrobico-resistenza”, nell’ambito di un progetto pilota volto a sensibilizzare operatori/pazienti/visitatori verso la pratica dell’igiene delle mani, ha intrapreso un percorso formativo rivolto ai bambini in regime di degenza nell’ambito dello svolgimento delle attività scolastiche curriculari, in collaborazione con i docenti della Scuola di I e II grado (Scuola in Ospedale) e l’Associazione Happy Clown. Metodi. Nel periodo marzo-aprile 2024, un percorso educativo rivolto ai piccoli degenti è stato implementato durante le attività scolastiche ministeriali, all’interno del reparto di Pediatria. Preliminarmente, un team multidisciplinare ha predisposto 2 incontri di formazione (teorico-pratici) per i docenti della “Scuola in Ospedale” e 2 per i volontari dell’Associazione Happy Clown circa l’Igiene delle Mani. Al fine di agevolare il trasferimento delle nozioni acquisite, in un’ottica di formazione di formatori, il team, in 3 occasioni ha affiancato i volontari durante le visite educative ai piccoli degenti e genitori. Esercitazioni pratiche realizzate con l’ausilio del box pedagogico e valutazione microbiologica della contaminazione delle mani (mediante l’uso di piastre di coltura), ha consentito di rafforzare i contenuti affrontati durante la didattica individuale. Apposito leitmotive (Tre volte Sì) è stato studiato per rafforzare il messaggio formativo: Si, mi lavo le mani; Si, lo chiedo a chi mi cura; Si, lo chiedo a chi mi ama. Materiale didattico recante lo stesso leitmotive è stato predisposto e offerto ai partecipanti. Nel periodo successivo, docenti e volontari hanno raccolto e consegnato gli elaborati dei piccoli degenti, presentati in occasione della Giornata Mondiale dell’Igiene delle Mani. Risultati. Sono stati coinvolti 20 bambini in regime di degenza di età compresa tra 3 e 13 anni per un totale di 25 elaborati di cui: 6 elaborati in testo (poesie, filastrocche e temi), 1 prodotto fotografico recante le azioni del lavaggio mani, 2 manuali illustrati, 2 giochi educativi costruiti con gel e materiale decorativo, 2 rappresentazioni iconografiche, 1 poster in lingua inglese e 6 disegni. Tali elaborati sono stati raccolti in un audiovideo condiviso nei principali canali di comunicazione locali, regionali e nazionali. Conclusioni. Frequentare la Scuola durante la degenza garantisce a bambini e ragazzi la continuità del diritto a istruzione, apprendimento e conoscenza. La possibilità di poter frequentare le lezioni scolastiche rappresenta l’occasione opportuna per continuare a credere ed investire nel futuro nonostante la conditio vitae. In quest’ambito, educazione e promozione della salute sono due aspetti inscindibili con lo scopo di sostenere e incrementare il benessere fisico e psichico di bambini e giovani. In quest’ottica, le azioni implementate hanno sortito non solo una migliorata sensibilità verso il tema dell’igiene delle mani ma anche un forte consenso da parte dei piccoli degenti e genitori generando un coinvolgente entusiasmo. In considerazione del positivo riscontro ulteriori attività di formazione faranno parte del percorso didattico stanziale offerto ampliando i temi igienico-sanitari volti alla salvaguardia e alla promozione della salute.


P33.

Andamento epidemiologico degli “alert organisms”  nel periodo marzo 2023-marzo 2024 in un ospedale  del centro Italia

F.C. De Pinto1, R. De Dona2, G. Sansone3, P. D’Anchera3,  G. Massimo3, A. Ricci3, A. D’Amico2, N. Samprati2,  A. Santagata2, V. Viccione2, S. Manocchio2, M.T. Pilla2,  A. Lombardi1, A. Salzo4, M. Tamburro1, G. Ripabelli5

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 3Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso; 4Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute  “V. Tiberio”; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 5Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”; Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. I sistemi di sorveglianza attiva per l’identificazione di microrganismi “alert” o “sentinella” sono indispensabili per comprendere fonti e meccanismi di trasmissione, e se associati a tempestive misure di controllo, sono utili per prevenirne la diffusione e ridurre il rischio di epidemie nosocomiali. L’aumentata frequenza di isolamento è legata all’uso eccessivo e improprio di antibiotici e all’aumentato utilizzo di presidi invasivi, soprattutto in reparti con pazienti ad alto rischio. In questo studio, è stata effettuata l’analisi degli isolamenti nel corso di un anno nel Presidio Ospedaliero (PO) Hub della regione Molise, con l’obiettivo di descrivere l’andamento epidemiologico di questo gruppo di patogeni, rilevanti dal punto di vista epidemiologico e clinico. Metodi. È stata condotta un’analisi retrospettiva dei dati raccolti nel periodo 01/03/2023-15/03/2024 relativa ai microrganismi notificati tramite sistema di segnalazione automatica “alert organisms” presso il PO. Sono stati analizzati i dati e le frequenze di isolamento di 8 microrganismi “sentinella” provenienti da pazienti ricoverati in differenti reparti del PO. Risultati. Nel periodo esaminato, sono pervenute 294 segnalazioni (n=157, 53,4% tra marzo e dicembre 2023) che hanno interessato 344 pazienti (n=189, 54,9% maschi). Nello specifico, i microrganismi maggiormente isolati da diverse tipologie di campioni biologici sono stati: Escherichia coli (23,8%), Pseudomonas aeruginosa (23,2%), Staphylococcus aureus (17,8%), Klebsiella pneumoniae (12%), Acinetobacter baumannii (8,7%), Enterococcus faecium (8,1%), Enterococcus faecalis (5,5%), Streptococcus pneumoniae (0,9%). Essi sono stati maggiormente raccolti da urinocolture (37%), seguiti da emocolture (24,1%), esami colturali (20,5%), tamponi (11,9%) e broncoaspirato (6,5%). Il maggior numero di isolamenti (17,3%) è stato relativo a pazienti ricoverati nel reparto di rianimazione, seguito da quello di malattie infettive (16%), urologia e medicina (14% rispettivamente), nefrologia/dialisi (10,9%), ortopedia (6,5%), chirurgia generale/vascolare (5,1%), neurologia (3,7%), patologia neonatale (3,4%), anestesia (2,4%), pronto soccorso e cardiologia (2% rispettivamente), riabilitazione (1,7%), oncologia (0,6%) e psichiatria (0,3%). Conclusioni. Lo studio ha evidenziato il maggior numero di microrganismi dal reparto di rianimazione, dato sostanzialmente atteso, ospitando pazienti ad alta fragilità e complessità di gestione. È stato, inoltre, osservato un elevato numero di segnalazioni di E. coli e P. aeruginosa, che hanno interessato diversi reparti ospedalieri. Rispetto ad una precedente analisi relativa al periodo maggio 2022-maggio 2023, è stato confermato il reparto di rianimazione per la più alta frequenza di isolamento, mentre il principale microrganismo “alert” era stato P. aeruginosa (25,7% vs 23,2%), seguito da E. coli (18,7% vs 23,8%). I risultati ottenuti descrivono l’andamento delle ICA sostenute da patogeni alert nella Regione Molise e possono essere di supporto ai dati nazionali, anche in combinazione ad approcci di tipizzazione molecolare a completamento del quadro epidemiologico. Infine, si evidenzia la necessità di una rivalutazione delle procedure di igiene nel contesto ospedaliero per contrastare la loro comparsa.




P34.

Valutazione di un sistema di stoccaggio temporaneo degli endoscopi contaminati in attesa  di ricondizionamento

B. Casini1, F. Chiovelli1, C. Meozzi1, L. Zurlo2, L. De Santa2,  E. Marciano2

1Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, Università di Pisa, UOC Igiene ed Epidemiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP); 2UO Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP)

Introduzione. Linee guida nazionali e internazionali raccomandano di effettuare il ricondizionamento degli endoscopi nelle modalità tempistiche corrette per evitare l’inefficacia dell’alta disinfezione e il rischio di infezioni crociate. Tuttavia, le endoscopie effettuate in emergenza possono presentare delle criticità nel rispettare queste raccomandazioni. Avere a disposizione dei dispositivi di stoccaggio durante il tempo che intercorre tra la pre-detersione e il ricondizionamento può consentire di mantenere gli endoscopi in un ambiente sicuro impedendo l’essicazione di eventuali residui organici e permettendo una pulizia più efficace. Il presente studio è stato condotto per valutare la capacità delle Duck BagTM Humidity Pack (DB) (Medisafe UK Ltd, STERIS company) di conservare gli endoscopi in condizioni tali da mantenere i requisiti igienici previsti dopo ricondizionamento e individuare la tempistica migliore per lo stoccaggio, dal momento che il produttore non definisce un tempo limite. Metodi. Le DB sono un dispositivo (CE, Classe 1) utilizzato per il trasporto e lo stoccaggio di dispositivi medici contenente una soluzione acquosa a pH neutro di proteasi, lipasi e amilasi, inibitori di corrosione e tensioattivi. Da gennaio 2024 le DB sono state acquisite dall’UO Endoscopia Digestiva dell’AOUP e utilizzate anche dall’UO Chirurgia dell’Esofago e Stomaco, dove in passato sono state rilevate le maggiori criticità in merito alle tempistiche del ricondizionamento a causa delle endoscopie effettuate in urgenza. Tra gennaio e giugno 2024, 25 endoscopi posti in DB sono stati sottoposti, in accordo a quanto descritto nel documento multisocietario “La sorveglianza microbiologica post-ricondizionamento degli endoscopi flessibili termolabili”, a sorveglianza microbiologica da parte del personale dell’UOC di Igiene ed Epidemiologia dell’AOUP secondo lo stesso protocollo applicato sistematicamente su tutti gli strumenti in dotazione all’AOUP dal 2019. Alcuni di questi sono stati sottoposti a più di un campionamento, per un totale di 33 campionamenti. Risultati. Il tempo di permanenza medio degli endoscopi nelle DB è stato di 19 ± 7,35 ore (min 7 ore – max 38 ore). Dei 25 strumenti sottoposti a campionamento dopo la permanenza in DB, 22 sono risultati microbiologicamente conformi (CF) e solo 3 non conformi (NCF). Dei 22 strumenti CF, 10 erano CF anche in tutti i campionamenti precedenti e/o successivi eseguiti durante la sorveglianza microbiologica di routine. Uno di questi, un videogastroscopio, prima dell’inserimento in DB era stato utilizzato su paziente colonizzato/infetto da Klebsiella pneumoniae produttrice di carbapenemasi, non rilevata successivamente. Per altri 12 strumenti, invece, sono state rilevate delle NCF (da una a tre) in alcuni dei campionamenti precedenti all’utilizzo delle DB eseguiti durante la normale sorveglianza. Gli strumenti NCF dopo permanenza in DB erano tutti videocolonscopi (di cui uno fornito in service). Le NCF sono state determinate, nel primo endoscopio, dalla presenza di Aspergillus fumigatus (1 UFC/canali) (tempo di permanenza in DB 24 ore), nel secondo, da Staphylococcus epidermidis (4 UFC/canali) (permanenza 38 ore), e, nel terzo, da carica microbica totale >100 UFC/canali con identificazione di Staphylococcus capitis (permanenza 22 ore). In altri campionamenti eseguiti sempre dopo DB (prima o dopo quello in cui è stata rilevata la NCF), gli stessi strumenti sono risultati però CF, così come in tutti i campionamenti precedenti e successivi effettuati come sorveglianza routinaria, fatta eccezione per uno che ha continuato a risultare NCF per altre due volte per presenza di Staphylococcus hominis (1 UFC/canali e 1 UFC/canale di aspirazione). Conclusioni. Lo stoccaggio degli endoscopi in DB ha consentito di mantenerli in un ambiente umido e sicuro e di ottenere risultati conformi alla sorveglianza microbiologica: infatti, il 91% dei campionamenti effettuati dopo DB (30 su 33) sono risultati CF. Può costituire comunque una criticità il tempo di permanenza, dal momento che periodi superiori alle 20 ore possono influire negativamente sull’esito finale. L’adozione delle DB, pertanto, può rappresentare una buona soluzione per il mantenimento dei corretti requisiti igienico-sanitari dei dispositivi medici in tutti i reparti in cui si può verificare l’impossibilità di effettuarne nell’immediato il ricondizionamento.


P35.

Diagnosi precoce, trattamento, sorveglianza  e formazione per il contrasto alle infezioni sostenute  da microrganismi multi resistenti in ambito ospedaliero: un progetto pilota

P. Castiglia1, A. Cossu1, N. Muresu2, A. Arghittu1, I. Sechi1,  C. D’Avino2, I. Mulas2, G. Deiana2, A. Palmieri1, M. Dettori1,  A. Azara1, A. Piana1

1Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia, Università degli Studi di Sassari; 2S.C. Direzione Medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia ed Infezioni Ospedaliere, AOU di Sassari

Introduzione. Il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza (AMR) e delle infezioni correlate all’assistenza rappresenta una seria minaccia per la Sanità Pubblica. A riguardo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea l’importanza dei programmi di sorveglianza per valutare prevalenza, patogeni coinvolti e meccanismi genetici alla base della AMR. Gli attuali protocolli per diagnosi e sorveglianza delle malattie infettive si basano principalmente su metodiche colturali. Tuttavia, i metodi basati sulla coltura hanno tempi di analisi molto lunghi (da 24 a > 72 ore). Per tali motivi, sulla base dei criteri clinici e per ridurre il decorso dell’infezione e rischi di complicanze, è previsto l’avvio di una terapia empirica ad ampio spettro, la quale potrebbe indurre essa stessa AMR, con un aumento del rischio di insuccesso terapeutico. Pertanto, vista la necessità di ridurre il tempo di accertamento diagnostico per poter effettuare una terapia mirata, è stato avviato nell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari un progetto pilota finanziato con fondi MUR, con l’obiettivo di potenziare le azioni di sorveglianza delle infezioni emergenti correlate all’AMR in ambito nosocomiale, adottando nuovi protocolli di screening e diagnosi, con particolare focus sulle metodiche molecolari basate su amplificazione genica e sequenziamento di nuova generazione. Metodi. Nel periodo dicembre 2023-marzo 2024 è stato articolato un progetto pilota in 4 fasi. Nella fase 1 è stato implementato un sistema di sorveglianza attiva teso a migliorare l’identificazione rapida dei pazienti colonizzati da CPE e VRE mediante analisi molecolare su tampone rettale. Al fine di migliorare il percorso di screening e trattamento per MRSA, la strategia “search and destroy”, seguita da isolamento e bonifica, è stata attuata nei reparti considerati a maggior rischio, quali chirurgie specialistiche e protesiche ed i reparti di rianimazione ed ematologia per contrastare la diffusione di ceppi circolanti (fase 2). Attività di monitoraggio e caratterizzazione dei ceppi MDR causa di malattia invasiva (emocolture e broncoaspirati) sono state eseguite nella fase 3 con riferimento ai microrganismi classificati come alert nella sorveglianza AR-ISS. A tal fine, in linea con le raccomandazioni internazionali, è stato implementato un sistema basato su metodiche di sequenziamento genico e identificazione dei meccanismi molecolari di resistenza agli antibiotici nei ceppi causa di malattia invasiva. La fase 4, in ottemperanza del Piano di Azione Globale dell’AMR dell’OMS, ha previsto la realizzazione di interventi di educazione/comunicazione sanitaria strutturati al fine di migliorare la comprensione e la consapevolezza del fenomeno insieme ad un percorso di antimicrobial stewardship. Risultati. Da marzo 2024 a luglio 2024, sono tati analizzati 624 tamponi per un totale di 334 pazienti. L’1,5% dei pazienti è risultato positivo al primo tampone rettale all’analisi molecolare per K. pneumoniae produttrice di carbapenemasi di classi diverse, inclusa una NDM, risultato confermato anche all’esame colturale e nei prelievi successivi al primo. I pazienti positivi sono stati immediatamente isolati, secondo i protocolli aziendali per la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, evitando il coinvolgimento di altri ricoverati. Nello stesso arco temporale, è stato implementato un sito web (PROCARe) dedicato al tema, in prossima pubblicazione. Conclusioni. I risultati preliminari dimostrano una elevata accuratezza e tempi di refertazione molto ridotti rispetto a quelli ottenuti con le metodiche colturali standard. Tale approccio consentirebbe l’immediata attuazione di azioni di controllo e prevenzione delle infezioni, particolarmente utile nei programmi di screening e nell’identificazione di potenziali outbreak causati da microrganismi in grado di diffondersi rapidamente in ambito ospedaliero (K. pneumoniae produttrice di NDM beta-lattamasi). Analisi di costo-efficacia saranno necessarie al fine di comprendere il vantaggio anche economico derivante dall’adozione di tali nuovi protocolli di screening.




P36.

Aggiornamento delle Linee guida ESCMID/EUCIC  sulle misure di prevenzione e controllo per ridurre  la trasmissione dei batteri gram-negativi multiresistenti nei pazienti ospedalizzati

C. Recanatini1, A. Schwabe2, R. Le Guern3, S. Mccallin4, A. Wollkopf2, K. Last2, C. Moschopoulos5, D.P. Pires6, A. Ravindra7, B. Cookson8, S. Dancer9, S. Malhotra-Kumar10, B. Nagavci11, T. Naas12, N. Petrosillo13, J. Rodriguez-Baño14, L. Scudeller15, M. Vehreschild16, M. Vos17, N.T. Mutters2, E. Tacconelli18

1Julius Center for Health Sciences and Primary Care, UMC Utrecht, Netherlands; 2Institute for Hygiene and Public Health, University Hospital Bonn, Germany; 3Laboratoire de Bactériologie-Hygiène, CHU de Lille, France; 4Department of Neuro-Urology, Balgrist University Hospital, Switzerland; 54th Department of Internal Medicine, Attikon University Hospital, Greece; 6Centre of Biological Engineering, University of Minho, Portugal; 7Infectious Diseases, All India Institute of Medical Sciences, India; 8Medical Microbiology, University College London, UK; 9Department of Microbiology, NHS Lanarkshire, UK; 10Medical Microbiology, University of Antwerp, Belgium; 11European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases, Switzerland; 12Bacteriology-Hygiene, Bicêtre Hospital, France; 13Servizio Controllo delle Infezioni, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Roma; 14Unidad Clínica de Enfermedades Infecciosas y Microbiología, HU Virgen Macarena, Spain; 15Direzione Scientifica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia; 16Infectious Diseases, University Hospital Frankfurt, Germany; 17Medical Microbiology and Infectious Diseases, Erasmus MC, Netherlands; 18Divisione di Malattie Infettive, AOU Integrata di Verona

Introduzione. L’obiettivo di queste Linee Guida è aggiornare le raccomandazioni della Società Europea di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive (ESCMID), pubblicate nel 2014, sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni finalizzate a ridurre la trasmissione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) causate da batteri Gram-negativi multiresistenti (GN-MDR) nei pazienti adulti ospedalizzati. Metodi. L’aggiornamento si basa su una revisione sistematica della letteratura su studi primari e revisioni pubblicati dal 2011 al 2023 riguardanti le misure di prevenzione e controllo delle colonizzazioni e delle ICA causate da batteri GN-MDR sia in ambito epidemico che endemico. Alle misure di prevenzione del documento del 2014 (isolamento, precauzioni da contatto, screening e sanificazione e disinfezione ambientale) sono stati aggiunti l’applicazione di un approccio bundle e la valutazione dell’impatto della stewardship degli antibiotici nel contesto della prevenzione delle ICA. La principale misura di outcome è l’incidenza di nuovi casi di colonizzazione e/o infezione da GN-MDR nei pazienti ospedalizzati. Gli outcome secondari includono mortalità, durata della degenza ospedaliera e costi associati. Il livello di evidenza e la forza di ciascuna raccomandazione sono determinati secondo l’approccio GRADE (Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation). La valutazione dei dati e della loro trasferibilità in raccomandazioni viene effettuata da un gruppo multidisciplinare di esperti. Risultati. Dalla revisione della letteratura sono stati reperiti 24.325 studi primari e 523 revisioni; a seguito della lettura di titoli e abstract, 674 studi primari e 247 revisioni sono stati sottoposti a full-text screening, e infine 408 studi e 36 revisioni sono stati inclusi. I batteri GN-MDR negativi più frequentemente riscontrati sono stati: K. pneumoniae e altri enterobatteri resistenti ai carbapenemi e A. baumannii MDR. L’estrazione dei dati e la valutazione della qualità degli studi sono attualmente in corso. Una valutazione preliminare dei dati ha mostrato una definizione eterogenea di bundle e la frequente assenza di dati epidemiologici dei centri dove sono stati effettuati gli studi di implementazione delle misure di contrasto. Rispetto alle precedenti Linee guida, è stato riscontrato un aumento del numero degli studi che collegano interventi di corretta prescrizione degli antibiotici all’adozione di misure di prevenzione. Conclusioni. Le Linee guida aggiornate ESCMID saranno pubblicate nel 2025. ESCMID è favorevole alla condivisione dei risultati delle revisioni sistematiche con società scientifiche attive a livello nazionale, per una calibrazione delle Linee guida basata sulla epidemiologia e disponibilità di diagnostica a livello locale mediante la metodologia GRADE Adolopment. L’organizzazione precoce di queste iniziative faciliterebbe non solo una ottimizzazione delle risorse, ma anche una disseminazione capillare, potenziando l’impatto delle raccomandazioni.




Antibiotici e resistenza


P37.

Impatto clinico del risultato rapido di un saggio in  Real-Time PCR su campioni dell’apparato respiratorio

C. Leli1, D. Vay1, L. Ferrara1, P. Bottino1, F. Gotta1, E. Cornaglia1,  L. Di Matteo1, M. Zenato2, V. Cavallo1, V. Pizzo1, S. Castaldo1,  A. Rocchetti1

1SC di Microbiologia e Virologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria; 2Università del Piemonte Orientale, Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica (DISIT), Alessandria

Introduzione. L’innovazione tecnologica ha migliorato sensibilmente le performance analitiche della strumentazione di laboratorio consentendo di ottenere in tempi rapidissimi risposte di grande rilevanza clinica. Per la diagnostica delle polmoniti è disponibile un saggio in Real-Time PCR multiplex che permette di identificare in un’ora i principali agenti eziologici ed i più frequenti geni di resistenza. Il punto chiave di questo processo di implementazione tecnologica nei laboratori rimane quello di dimostrare ai decisori/finanziatori il reale impatto di questi test sulla gestione dei pazienti. Metodi. Lo scopo di questo studio osservazionale retrospettivo è stato quello di valutare gli eventuali cambiamenti nella terapia antibiotica in relazione al risultato del saggio in biologia molecolare eseguito su campione delle vie respiratorie nel sospetto di polmonite. È stato incluso soltanto il primo campione sottoposto al saggio Biofire® FilmArray® Pneumonia plus, prelevato da pazienti dei quali è stato possibile ottenere informazioni cliniche, ricoverati presso l’Azienda Ospedaliero - Universitaria SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria nel periodo novembre 2022-gennaio 2024. Risultati. Sono stati inclusi un totale di 116 pazienti di età mediana 67,5 anni (range interquartile: 55-75), dei quali 82 (70,7%) di sesso maschile. Circa il 40% dei campioni (47/116) sono stati inviati da Reparti di Terapia Intensiva e 106/116 (91,4%) erano lavaggio broncoalveolare. Il saggio è risultato positivo in 77/116 (66,4%) campioni, dei quali: 43/77 (55,8%) soltanto per batteri; 11/77 (14,3%) soltanto per virus; 23/77 (29,9%) misti. In particolare: 39/77 (50,6%) per Enterobacterales; 26/77 (33,8%) per Staphylococcus aureus; 17/77 (22,1%) per Pseudomonas aeruginosa. I geni di resistenza rilevati sono stati: beta-lattamasi a spettro esteso Cefotaximase-Munich (CTX-M) 5/77 (6,5%); geni mecA/mecC e mec right-extremity junction (MREJ) 4/77 (5,2%); Verona Integron-encoded metallo-beta lactamase (VIM) 2/77 (2,6%); Klebsiella pneumoniae carbapenemase (KPC) 1/77 (1,3%); New Delhi metallo-beta lactamase (NDM) 1/77 (1,3%). In 48/116 (41,4%) pazienti la terapia antibiotica è stata modificata in relazione al risultato del saggio. In particolare: in 17/48 (35,4%) pazienti è stata ridotta; in 15/48 (31,3%) è stata effettuata sostituzione con altre molecole più adatte ai microrganismi identificati; in 16/48 (33,3%) sono stati aggiunti uno o più antibiotici. Nel dettaglio, le molecole sospese sono state: linezolid 12/17 (70,6%); meropenem 3/17 (17,6%); ceftolozane-tazobactam 2/17 (11,8%); ceftriaxone 2/17 (11,8%); azitromicina 2/17 (11,8%); levofloxacina 1/17 (5,9%). Tra i 68 pazienti per i quali la terapia non è stata modificata, 29/68 (42,6%) non erano sottoposti a nessuna terapia antibiotica prima del saggio e nessun antibiotico è stato somministrato dopo il saggio. Tale decisione si è basata o sulla negatività del saggio (19/29; 65,5%) o sulla interpretazione dei risultati come sola colonizzazione delle vie respiratorie (10/29; 34,5%). Conclusioni. Nella nostra casistica, la disponibilità del risultato rapido del saggio in biologia molecolare ha permesso ai Colleghi Clinici di modificare la terapia antibiotica in più del 40% dei pazienti ed in più di un terzo di essi è stato possibile effettuare una de-escalation. In un quarto dei pazienti totali, il risultato del saggio ha permesso di evitare terapie antibiotiche inappropriate.


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Strategie multidisciplinari per favorire il corretto uso degli antimicrobici: l’efficacia di un programma aziendale

C. Contessa1, E. Frasson2, M. Mazzitelli3, S. Lo Menzo3,  D. Mengato4, P. Stano5, D. Donà6, M. Boschetto1, T. Martello1,  F. Venturini4, G.M. Barbato7, P. Simioni7, A. Cattelan3

1UOC Direzione Medica, Azienda Ospedale-Università Padova, Padova; 2Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Padova, Padova; 3UOC Malattie Infettive e Tropicali, Azienda Ospedale-Università Padova, Padova; 4UOC Farmacia, Azienda Ospedale-Università Padova, Padova; 5UOC Microbiologia e Virologia, Azienda Ospedale-Università Padova, Padova; 6UOC Clinica Pediatrica, Azienda Ospedale-Università Padova, Padova; 7UOC Clinica Medica 1, Azienda Ospedale-Università Padova, Padova

Introduzione. Il monitoraggio del consumo degli antibiotici, l’attuazione di politiche attive di Antimicrobial Stewardship (AMS) e l’impegno comune all’ottimizzazione dell’utilizzo della terapia antibiotica sono elementi prioritari a tutela della salute del paziente e dell’efficacia terapeutica delle molecole a disposizione. In linea con il PNCAR (Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza) 2022-2025 sono state intraprese in Azienda Ospedale-Università Padova (AOUP) molteplici strategie in ambito di AMS con l’obiettivo di promuovere una corretta modalità prescrittiva e contenere il consumo degli antibiotici. Metodi. Il consumo di antibiotici (ATC J01) è stato calcolato come DDD (Daily Defined Dose)/100 giornate di degenza. Si è analizzato e confrontato il consumo di antibiotici nel 2022, nel 2023 e nel I quadrimestre 2024, considerando le prescrizioni effettuate in regime di ricovero (ordinario e Day Hospital) e includendo le somministrazioni in Pronto Soccorso (queste ultime calcolate al 50% come nei flussi regionali). L’attività di AMS, promossa dal GMO (Gruppo Multidisciplinare Ospedaliero per il corretto uso degli antibiotici in ambito umano) è stata avviata il 28.02.2023 e durante il periodo di studio si è articolata attraverso le seguenti azioni: a) revisione delle modalità di fornitura degli antibiotici ai reparti in rapporto alle diverse categorie di antibiotici prescritti secondo la classificazione WHO (World Health Organization-Access, Watch, and Reserve), prevedendo 1) per la categoria “Access” riduzione al minimo delle scorte di reparto con monitoraggio delle forniture da parte del farmacista, 2) per la categoria “Watch” obbligo di richiesta motivata e fornitura del farmaco per 5 giorni di terapia (in caso di terapia empirica obbligo di consulenza infettivologica dopo 48-72 ore), 3) per la categoria “Reserved” obbligo di consulenza infettivologica e fornitura del farmaco per 3-5 giorni di terapia; b) stesura di nuovi protocolli di profilassi chirurgica condivisi in gruppi di lavoro per ogni specialità; c) invio di report mensili ai reparti sui dati di consumo degli antibiotici; d) attività formative con incontri con i referenti ICA di reparto; e) istituzione da settembre 2023 di un team mobile di AMS formato da infettivologo, microbiologo, farmacista, infermiere epidemiologo e medico di direzione medica, che ha avviato un progetto pilota presso un Reparto di medicina (46 posti letto) con discussione multidisciplinare “bedside” bisettimanale di tutti i pazienti in terapia antimicrobica. Risultati. Nel 2022 in AOUP il consumo di antibiotici è stato pari a 94,1 DDD/100 giornate di degenza. Nel 2023 il consumo di antibiotici è stato pari a 88,8 DDD/100 giornate di degenza, con una riduzione del 5,6% rispetto all’anno precedente. Una riduzione particolarmente significativa si è evidenziata nel reparto in cui il team di AMS svolge la propria attività, pari al 12,7%. In questo setting si segnala inoltre una riduzione dei consumi delle molecole Watch pari al 10,4% e delle Reserve del 34,9%. I dati del I quadrimestre 2024 evidenziano che il trend di riduzione è in mantenimento, con una ulteriore diminuzione del 6,4% rispetto al 2023. Conclusioni. Le strategie avviate a partire dalla seconda metà del 2023 si sono dimostrate efficaci nel ridurre il consumo aziendale di antibiotici che si attestava su valori di DDD molto elevati, pur considerando la complessità della casistica che afferisce all’AOUP, hub di eccellenza regionale e centro di riferimento anche nazionale. La riduzione si è mostrata particolarmente significativa nel I quadrimestre 2024, confermando un trend in riduzione, in particolar modo per le molecole di classe Watch. Il GMO sta avviando ulteriori iniziative a sostegno dell’AMS al fine di aumentare l’attenzione alle modalità prescrittive dei reparti.




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Controllo della diffusione del fenomeno NDM. Esperienza dell’Azienda Ospedaliera Universitaria  San Luigi Gonzaga di Orbassano

M. Giori1, P. Lovera1, S. Pelassa1, S. Biffi2, M. De Filippi3,  A. De Simone1, S. Di Gioia4, F. Bert5, C.M. Zotti5, E. Rolfini5

1S.S. Igiene Ospedaliera e governo ICA; AOU San Luigi Gonzaga – Orbassano (TO); 2Clinica Universitaria di Malattie Infettive dell’Università di Torino; Ospedale Amedeo di Savoia; 3Laboratorio Analisi Cliniche e Microbiologiche; AOU San Luigi Gonzaga – Orbassano (TO); 4Direttore Sanitario AOU San Luigi Gonzaga – Orbassano (TO); 5Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università di Torino, Torino

Introduzione. Nell’ambito dell’antimicrobico-resistenza, un ruolo rilevante è giocato dalle Enterobacteriales produttrici di carbapenemasi (CRE), in particolare da Klebsiella pneumoniae. Dal Rapporto dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), l’8,4% delle batteriemie da CRE è sostenuto da ceppi produttori di metallo-beta-lattamasi (MBL). Tra questi, i geni che codificano per la New Delhi metallo-beta-lattamasi (NDM) sono stati individuati nell’88% degli isolamenti. Il ruolo del genotipo NDM è di interesse per il crescente rilievo epidemiologico e le scarse opzioni terapeutiche disponibili. Si riporta l’esperienza Aziendale nell’osservazione della dimensione del fenomeno NDM locale. Metodi. Sono stati considerati tutti gli isolati clinici eccetto i tamponi rettali. L’analisi di prevalenza dei ceppi resistenti al carbapenemico e dei ceppi resistenti sia al carbapenemico che a ceftazidima/avibactam (AVICATZ) sul totale degli isolati, rispettivamente di Enterobacteriales e di Klebsiella pneumoniae, è stata effettuata sia per tutti i campioni considerati che per le sole emocolture prelevate nel corso del 2023. La sensibilità fenotipica per meropenem e per ceftazidima/avibactam è routinariamente valutata tramite metodica automatizzata. La ricerca dei meccanismi molecolari di resistenza non è eseguita di routine su tutti i campioni. In assenza di un dato di prevalenza per gli isolati produttori di NDM, la prevalenza della resistenza contemporanea a meropenem e AVICATZ è stata utilizzata come proxy per la prevalenza dei ceppi potenziali produttori di NDM. Risultati. Considerando i campioni da qualsiasi materiale, nel primo semestre del 2023 il 7,96% di 967 isolati di Enterobacteriales, è risultato resistente al meropenem e soltanto il 2,58% resistente sia a meropenem sia ad AVICATZ. Nel secondo semestre del 2023, su un totale di 1.090 isolati di Enterobacteriales, 102 sono risultati resistenti a meropenem (pari al 9,36%) e 70 resistenti sia a meropenem che ad AVICATZ (pari al 6,42%). Considerando solo le emocolture, nel primo semestre, su un totale di 49 campioni positivi per Enterobacteriales sono stati riscontrati 3 isolati resistenti a meropenem (6,12%), di cui 2 resistenti sia a meropenem che ad AVICATZ (4,08%), mentre nel secondo semestre su 83 emocolture positive per Enterobacteriales sono state riscontrate 14 resistenze a meropenem (16,87%) e 11 resistenze combinate a meropenem e AVICATZ (13,25%). Considerando le sole emocolture positive per K. pneumoniae, nel primo semestre, su un totale di 9 isolati, 3 erano resistenti a meropenem (33,3%) e 2 sia a meropenem che AVICATZ (22,2%). Nel secondo semestre, su un totale di 24 emocolture positive per K. pneumoniae, sono state riscontrate 12 resistenze a meropenem (50%) e 9 resistenze combinate a meropenem e AVICATZ (37,5%). Conclusioni. La prevalenza di ceppi di Enterobacteriales resistenti al carbapenemico su tutti gli isolati e di ceppi resistenti sia a ceftazdima/avibactam che a meropenem è aumentata lievemente tra il primo e il secondo semestre, mentre la prevalenza degli stessi sugli isolati da emocolture è quasi triplicata. Le infezioni invasive con isolamento di Enterobacteriales resistenti al carbapenemico su sangue erano un evento sporadico nel primo semestre del 2023, mentre il fenomeno è divenuto poi relativamente frequente: da 1 caso ogni due mesi, nel secondo semestre si è passati a più di due casi al mese. Il maggior carico di morbosità attribuibile alle infezioni invasive da CRE è stato interamente sostenuto da ceppi resistenti sia a meropenem che a ceftazdima/avibactam. Sul piano della sorveglianza a ciò è corrisposto un aumento della frequenza degli “alert” (microorganismi sentinella di rilevanza epidemiologica, portatori di multiresistenze agli antibiotici) per isolati produttori di NDM rispetto al totale degli alert per CRE (dati non mostrati). Come atteso, la gran parte degli eventi di infezione invasiva da CRE è stato sostenuto da Klebsiella pneumoniae.


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Analisi preliminare del profilo di resistenza agli antibiotici nei casi di sepsi del 1° semestre 2024  in un ospedale veneto

K. Bassani1, M. Luciano2, M. Simonini3

2AULSS 9 Scaligera, Infermiera Epidemiologa Direzione Medica Ospedale Legnago; 1AULSS 9 Scaligera, Direttore Medico Ospedale Legnago; 3Università di Verona, Medico in formazione Specialistica in Igiene e Medicina Preventiva

Introduzione. I microrganismi multiresistenti (MDRO) rappresentano un pericolo per la sanità pubblica dal momento che la resistenza ai molteplici antibiotici può determinare gravi quadri morbosi associati ad alti tassi di mortalità e ad elevati costi associati all’assistenza sanitaria. Metodi. Presso l’Azienda Ospedaliera “Mater Salutis” di Legnago esiste un sistema automatico di alert che avvisa i sanitari preventivamente individuati ogniqualvolta venga rilevato un MDRO in qualsiasi tipologia di materiale biologico analizzato. Tramite questo sistema abbiamo potuto analizzare l’andamento delle sepsi sostenute da MDRO durante il primo semestre del 2024 analizzandone le sensibilità rispetto ad un panel di 52 diversi antibiotici ed identificando quale tipo di MDRO era per lo più responsabile dell’infezione. Risultati. Le sepsi rappresentano il 25,8% delle segnalazioni di infezioni sostenute da MDRO registrate nel 1° semestre 2024 comprendendo un 13% di sepsi primitive, un 7,3% di urosepsi, un 3,6% di sepsi da cvc ed un 1,9% di sepsi post chirurgiche. Il reparto di Geriatria rappresenta l’unità operativa maggiormente colpita da sepsi primitive (57% circa, il resto equamente distribuito tra Rianimazione, Medicina e Riabilitazione) e dalle urosepsi (fino al 75% circa del totale). Interessante è valutare come i principali agenti eziologici delle sepsi siano E. coli (42,9%), E. aerogenes (28,6%) seguiti equamente da K. pneumoniae e S. aureus, (14,3%). Le urosepsi vedono come responsabile maggiore E. coli (66,7%) seguito da K. pneumoniae (33,3%). Utile capire la sensibilità agli antibiotici nella forma primitiva di sepsi dove troviamo il meropenem (83% di sensibilità e 86% di campioni testati) seguito dalla Gentamicina testata nel 100% dei casi analizzati è risultata efficace nel 71%. Molto bassa la sensibilità a ciprofloxacina (33%) ed ancor meno amoxicillina/ac. clavulanico (17%). Interessanti i valori registrati da vancomicina, clindamicina, daptomicina ed acido fusidico testati nel 14% dei campioni, ma sensibile nel 100% dei casi. Per quanto riguarda le urosepsi notiamo che l’amikacina è stata testata nel 100% dei campioni riscontrando la totale sensibilità. Anche imipenem ha registrato il 100% di sensibilità, ma è stato testato solo nel 67% dei campioni. Al contrario cefepime, cefotaxime, ceftazidime, amoxicillina/ac. clavulanico sono stati testati nel 100% dei casi riscontrando sempre la totale resistenza dai MDRO. Conclusioni. Il sistema allestito, pur nella necessità di implementazione, può essere di grande utilità nel guidare la terapia empirica impostata dai clinici in attesa di ricevere gli antibiogrammi specifici. Potrebbe inoltre rappresentare un utile mezzo di controllo dell’andamento delle resistenze dei vari MDRO ed all’occorrenza prevedere eventuali analisi genetiche all’emergere di ceppi particolarmente resistenti di batteri.


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Antimicrobico-resistenza: quali cambiamenti dal 2021  al 2024? L’esperienza della microbiologia di un presidio della ASL BAT

M.A. Distasi1, R. Bruno2, A. Crapolicchio2, M. Bollino3,  M. Lamanna3, A. Leonetti3, N. Saulle3, G. Mingolla4, L. Ceci5

1Dirigente medico, UOC Patologia clinica e Microbiologia, Ospedale di Andria, ASL BAT; 2Dirigente biologo, UOC Patologia clinica e Microbiologia, Ospedale di Andria, ASL BAT; 3TLSB, UOC Patologia clinica e Microbiologia, Ospedale di Andria, ASL BAT; 4Direttore, Farmacia Ospedaliera, Ospedale di Andria, ASL BAT; 5Direttore, UOC Patologia clinica e Microbiologia, Ospedale di Andria, ASL BAT

Introduzione. L’antimicrobico-resistenza (AMR) domina le preoccupazioni in ambito sanitario ed economico. In uno studio pubblicato a giugno 2024 su International Journal of Industrial Organization, un team di economisti inglesi, riprendendo le conclusioni della commissione governativa inglese sulla resistenza antimicrobica, ricorda che essa è causa di circa 700 mila morti all’anno e, se non controllata, entro il 2050 potrebbe mettere in pericolo 10 milioni di vite l’anno con una perdita di produzione economica pari a 100 trilioni di dollari. Gli economisti propongono una tassa sugli antibiotici ad ampio spettro, a carico dei medici di base, allo scopo di scoraggiarne la prescrizione a favore di prescrizioni più mirate di antibiotici a spettro più ristretto. Per questo nostro lavoro abbiamo esaminato il periodo che va dal 2021 a giugno 2024. Sono stati elaborati i dati dei campioni microbiologici che afferiscono dai reparti dell’Ospedale di Andria e da pazienti del territorio di questa provincia, per valutare la percentuale di resistenze antimicrobiche. In collaborazione con la Farmacia del nostro presidio ospedaliero, abbiamo verificato il consumo degli antibiotici, espresso in Defined Daily Dose (DDD), per tutti i reparti. Ci siamo soffermati in particolare su Medicina, Rianimazione, Pronto Soccorso e Chirurgia Generale. Metodi. I dati sono stati estrapolati dal sistema per identificazione e antibiogramma, Vitek 2 Compact bioMerièux, e elaborati con il software Whonet-Baclink, disponibile sul sito WHO e aggiornato alla versione 2024. La valutazione del consumo dei farmaci, nel periodo in esame, è stata fatta considerando una cefalosporina (ceftriaxone), un carbapenemico (meropenem) e un combinato di ultima generazione (meropenem-vaborbactam). Risultati. Nel 2021 sono stati rilevati 1.958 isolati, nel 2022: 2.445, nel 2023: 2.222; nei primi sei mesi 2024: 955. Negli anni osservati il campione più richiesto è rappresentato dalle urine (in media 55%) con a seguire emocoltura (16%) e respiratorio (12%); il microrganismo più rilevato è E. coli (in media 42%) con a seguire K. pneumoniae (16%) e S. aureus (7%). Il meccanismo di resistenza più rilevato è ESBL (in media 13%); a seguire carbapenemasi 5%, meticillino-resistenza 1,8%. Emerge l’incremento degli isolati VRE da 0,1% del 2021 a 1% del 2023. Nei primi 6 mesi 2024 sono confermate, per tutti gli elementi considerati, queste percentuali. Riguardo l’uso dei farmaci, in Medicina si evidenzia il maggior consumo di ceftriaxone (media di 2.162 DDD) e meropenem (media 731 DDD), mentre in Rianimazione domina meropenem (in media 282 DDD, verosimilmente utilizzato in terapie di associazione) contro ceftriaxone 151 DDD. Si osserva un uso crescente di meropenem-vaborbactam: in Medicina da DDD 0 nel 2021 a DDD 14 nel 2023, e Rianimazione da DDD 14 nel 2021 a DDD 46 nel 2023. In Pronto Soccorso il consumo medio di ceftriaxone è stato di 2.000 DDD e quello di meropenem di 123 DDD; in Chirurgia Generale, ceftriaxone 1.933 DDD e meropenem 295 DDD. Conclusioni. L’analisi dei dati evidenzia un contributo significativo di Ospedale e territorio a AMR. Il dato di incremento di VRE risulta in linea con quanto rilevato dal 2021 al 2022 in Italia da AR-ISS, con cui la nostra Microbiologia collabora. Si rileva, quindi, che l’uso degli antibiotici esige un’educazione al contenimento sia sul territorio che nei reparti. L’orientamento delle scelte terapeutiche verso farmaci selettivi, efficaci verso i batteri multiresistenti, è un dato significativo soprattutto per Rianimazione dove le multiresistenze sono più frequenti e presente, ma ancora embrionale, per Medicina che accoglie le maggiori criticità mediche dal territorio. È evidente l’ampio uso di terapia empirica in Pronto Soccorso e in Chirurgia generale; in quest’ultima verosimilmente in relazione all’uso dell’antibiotico per la profilassi pre-intervento. Implementare la diagnostica microbiologica FAST e le indagini molecolari come il sequenziamento, e ridurne i costi d’acquisto, può contribuire ad una diagnosi più rapida e dettagliata dei meccanismi di resistenza dei batteri e favorire la prescrizione farmacologica di molecole mirate e efficaci. L’approccio degli economisti inglesi può non essere adattabile ai nostri contesti, ma utile ad un percorso di improvement dell’uso degli antibiotici e della sinergia costante clinici-microbiologi.


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Combattere l’antimicrobico-resistenza con la comunicazione sanitaria: il progetto PRO CARe Sardinia

A. Arghittu1, M. Deriu2, M. Dettori1, E. Balzano2, V. Cabras2,  G. Deiana2, M. Masia1, E. Sanna3, S. Soddu2, P. Castiglia2

1Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia – Università degli Studi di Sassari; 2S.C. Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia ed Infezioni Ospedaliere – AOU di Sassari; 3Dipartimento di Scienze Biomediche – Università degli Studi di Sassari

Introduzione. Il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza (AMR) sostenuta da microrganismi multiresistenti (MDR) è un’emergenza di Sanità Pubblica e, in proposito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea che entro il 2050 le morti per infezioni sostenute da MDR potrebbero superare le morti per cancro. Infatti, numerosi antibiotici sono diventati parzialmente o del tutto inefficaci riducendo lo spettro terapeutico a disposizione del clinico. Un problema di tale complessità deve essere affrontato con interventi coordinati multisettoriali propri dell’approccio One Health. Pertanto, al fine di bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di individui, animali ed ecosistemi, occorrono nuove strategie di organizzazione, comunicazione e coordinamento. In particolare, le attività di comunicazione sanitaria rappresentano uno degli strumenti che permettono di acquisire conoscenza e consapevolezza sul tema dell’AMR, con particolare attenzione alle coorti di popolazione difficilmente raggiungibili. In quest’ambito, il Piano Regionale di Prevenzione 2020-2025 della Regione Sardegna, nel “Programma Predefinito PP 10 - Misure per il contrato dell’antimicrobico-resistenza” per l’azione 6 “Comunicazione”, ha previsto l’implementazione di un sito web interamente dedicato al tema: il Progetto Regionale Organico PRO CARe Sardinia. Metodi. Il portale sarà costituito da tre macro-aree: una dedicata ai professionisti della salute, una dedicata alla Scuola e una rivolta alla popolazione generale. In particolare, la macro-area dedicata ai professionisti sanitari permetterà di condividere tra colleghi case-report specifici e/o protocolli (Comunità di pratica) in maniera tale da consentire una condivisione delle informazioni (forum) e una più semplice accessibilità alle procedure applicate nelle diverse Aree Sanitarie e Aziende Ospedaliere regionali. Tale azione, attraverso una rete di collaborazione capillarmente distribuita, consentirà di condividere esperienze anche al fine di aumentare l’appropriatezza prescrittiva e ridurre i tempi di gestione assistenziale. L’area rivolta alla Scuola (intersettorialità col Programma predefinito PP1 - Scuole che promuovono salute), in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, permetterà di dedicare ampio spazio alle attività rivolte ai giovani studenti con la promozione di progetti, iniziative, contest e materiale educativo. La pubblicazione periodica di news, eventi, aggiornamenti e approfondimenti, informerà la popolazione generale sulle iniziative del territorio al fine di aumentare sensibilità e conoscenze sul tema. Risultati. Per l’implementazione del sito PRO CARe Sardinia è stata istituita una unità di coordinamento regionale composta da: un consiglio direttivo; un comitato scientifico e un comitato operativo. Inoltre, un Manager di gestione, un Referente per ogni Distretto territoriale e ospedaliero e un Board editoriale sono stati identificati a garanzia dei contributi pubblicati. Un framework è stato programmato al fine di pianificare la metodologia di comunicazione più idonea sulla base delle necessità informative e formative dei target in esame, con riferimento a caratteristiche, bisogni e obiettivi comunicativi. Per l’articolazione dei contenuti sono stati coinvolti 5 gruppi di lavoro: igienisti, infettivologi, microbiologi, farmacisti clinici e veterinari, mentre, per la valutazione qualitativa sono stati considerati i seguenti determinanti: autorevolezza e credibilità delle fonti, accuratezza delle informazioni, esaustività dei contenuti, accessibilità e usabilità del sito, interattività e coinvolgimento, design e responsività. Conclusioni. Le ricerche dimostrano che gli interventi sanitari di prevenzione, accompagnati da una corretta comunicazione, producono effettivi cambiamenti positivi o prevengono cambiamenti negativi rispetto ai comportamenti di salute di una vasta gamma di popolazione. In questo contesto, PRO CARe Sardinia potrà essere un valido strumento volto alla responsabilizzazione dei professionisti della salute e degli utenti sul corretto uso dei farmaci sia in ambito assistenziale che nella quotidianità.


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Confronto dell’andamento dell’antibiotico-resistenza (AMR) in isolati clinici di Pseudomonas aeruginosa  nel periodo luglio-dicembre 2022 vs gennaio-luglio 2023 nel principale ospedale della Regione Molise

A. Lombardi1, P. D’Anchera2, G. Massimo2, A. Ricci2,  G. Sansone2, A. Natale2, C. Adesso2, M.A. Di Palma3,  F.C. De Pinto1, M. Tamburro1, M.L. Sammarco1, M. Scutellà4,  G. Ripabelli5

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso; 3Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 4Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 5Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”; Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Pseudomonas aeruginosa è tra i principali agenti eziologici responsabili di infezioni nosocomiali, difficili da trattare per l’emergente resistenza agli antibiotici (AMR) e le notevoli capacità di persistenza ambientale. L’acquisizione di AMR è spesso favorita da trasferimento orizzontale, ricombinazione e perdita di geni. L’obiettivo di questo studio è stato quello di confrontare i dati relativi all’AMR in P. aeruginosa isolati nel corso di un anno, al fine di valutare l’andamento del fenomeno, anche alla luce della recente attivazione di un programma di antimicrobial stewardship. Metodi. Nell’analisi sono stati inclusi ceppi di P. aeruginosa isolati nell’ambito del sistema di sorveglianza “alert organisms” attivato presso il Presidio Ospedaliero (PO) hub della Regione Molise nel periodo luglio-dicembre 2022 e gennaio-luglio 2023. La valutazione della suscettibilità agli antibiotici degli isolati è stata condotta mediante sistema automatizzato e i risultati sono stati interpretati secondo i breakpoint dell’European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing, determinando le concentrazioni minime inibenti (MIC). Risultati. In totale, sono state diagnosticate 40 infezioni da P. aeruginosa in pazienti (57,5% maschi, età media 58,8±27,8 anni, range 0-89) ricoverati principalmente nel reparto di terapia intensiva (TI) (17,5%). Gli altri reparti in cui il patogeno è stato isolato sono stati quello di medicina, malattie infettive, terapia intensiva neonatale (TIN) (12,5% ciascuno), urologia (10%), chirurgia, ortopedia e nefrologia (7,5% rispettivamente) e otorinolaringoiatria, neurologia, cardiologia, riabilitazione e pronto soccorso (2,5% ognuno). Nei ceppi isolati tra gennaio e luglio 2023 è stato osservato un aumento della resistenza rispetto a quelli del periodo luglio-dicembre 2022, verso aztreonam (14% vs 0%), cefepime (23,8% vs 15,8%), ceftazidime (33,3% vs 10,5%), ceftazidime-avibactam (12,5% vs 0%), ceftolozano-tazobactam (12,5% vs 0%), ciprofloxacina (28,5% vs 5,3%), levofloxacina (50% vs 7,7%), piperacillina (34,4% vs 16,7%) e piperacillina-tazobactam (28,6% vs 15,8%). Conclusioni. Lo studio ha evidenziato profili di multiresistenza (MDR) negli isolati di P. aeruginosa. In tale contesto, l’incremento della resistenza nel periodo gennaio-luglio 2023 verso molteplici antibiotici delinea un quadro meritevole di attenzione nella Regione Molise. In confronto ai dati nazionali (dati AR-ISS, 2022), emerge, infatti, una situazione più critica per diverse classi di antibiotici: penicilline (24,1%, piperacillina-tazobactam), cefalosporine III/IV generazione (19%, ceftazidime; 17,5% cefepime; 6% ceftazidime-avibactam; 5,5% ceftolozano-tazobactam), fluorochinoloni (16,2% ciprofloxacina; 21,1% levofloxacina). Alla luce di questi dati, risulta necessaria l’implementazione di appropriate strategie di prevenzione e controllo delle infezioni come l’igiene delle mani, il cohorting dei pazienti, le misure di precauzione e la sorveglianza attiva, soprattutto in TI e TIN, in combinazione con la completa adozione e verifica del programma di antimicrobial stewardship. Infine, l’adozione di un approccio basato su bundle contribuisce significativamente a contrastare la crescente diffusione di patogeni MDR.


P44.

Consumo di antibiotici presso l’azienda sociosanitaria territoriale di Cremona: analisi 2006-2024

A. Pan, M. Tisi, P. Brambilla, L. Cimardi, M. Dalla Bona,  S. Dal Zoppo, A. Ferraresi, C. Fornabaio, M. Lupi,  . Machiavelli, M. Mancini, M. Milesi, S. Missorini, F. Raucci,  S. Rapino, M. Rossi, F. Sagradi, E. Segalini, M.L.R. Sinatra,  E. Zanetti Lorenzetti, A. Zoncada

Ospedale di Cremona, ASST Cremona

Introduzione. La medicina moderna più avanzata – trapianto d’organo, posizionamento di protesi, chemioterapia antitumorale – è in buona parte basata sulla disponibilità di antibiotici efficaci. Il nostro Paese è gravato da anni da elevati tassi di antibiotico-resistenza (AMR). Un attento monitoraggio del consumo di queste molecole nelle strutture ospedaliere, dove viene consumato il 20% circa degli antibiotici ad uso umano, rappresenta un importante punto di partenza per definire i migliori interventi volti a ottimizzare il loro uso. L’obiettivo del nostro studio è di analizzare le tendenze prescrittive di antibiotici ad uso sistemico presso l’ASST di Cremona nel periodo 2006-2024. Metodi. Sono stati registrati i consumi di antibiotici presso l’ASST di Cremona, un’azienda ospedaliera di circa 500 posti letto costituita da due presidi ospedalieri dal gennaio 2006 al maggio 2024. Sono state calcolate le dosi definite giornaliere per 100 giorni paziente (DDD/100gp), suddivise per classe di farmaco. Sono stati confrontati i lustri 2006-2010, 2014-2018 e 2019-2023. Per l’analisi statistica i dati sono stati confrontati utilizzando il test di Mann-Whitney. Risultati. Il consumo di antibiotici è variato da 73 DDD/100gp nel 2006 a 64 DDD/100gp nei primi 5 mesi del 2024. I consumi del primo lustro in studio sono stati di 77 DDD/100gp, mentre nell’ultimo quinquennio sono stati di 54 DDD/100 gp (p=0,012). I consumi più elevati sono stati osservati nel 2013 (85 DDD/100 gp), quelli più bassi nel 2020 (50 DDD/100 gp). Il consumo di carbapenemi è passato da 0,48 DDD/100 gp nel 2006 a 5,79 DDD/100 gp nel primo trimestre del 2024 e da 1,07 DDD/100 gp nel periodo 2006-2010, a 3,2 DDD/100gp nel 2014-2018 e a 4,74 DDD/100 gp nel periodo 2019-2023 (p=0,012). Il consumo di C3G (Monuril) è passato da 9,06 DDD/100gp nel periodo 2006-2010 a 5,23 DDD/100gp nel periodo 2019-2023 (p=0,012). Per i FQ (Fluorochinoloni) si è passati da 15,35 DDD/100gp nel 2006-2010 a 4,25 DDD/100gp nel 2019-2023 (p=0,012). Per il consumo di BLBLI (betalactamillattamasi inibitori) si è passati da 28,66 DDD/100gp a 32,46 DDD/100gp (p=0,21). I consumi di cefalosporine di I e II generazione sono passati da 3,99 e 0,18 DDD/100gp nel 2006-2010 a 1,26 e 0,86 DDD/100gp nel 2019-2023. Negli stessi anni i glicopeptidi sono passati da 1,72 a 2,57 DDD/100gp. Conclusioni. Nel corso degli ultimi 19 anni si è osservato un significativo calo del consumo di antibiotici associato ad un sostanziale cambiamento delle classi prescritte. Il calo globale, pari al 30% fra il primo e l’ultimo lustro, è legato in particolare a una riduzione significativa del consumo di FQ (-72%) e C3G (-42%). In parallelo si è osservato un incremento notevolissimo dell’uso dei carbapenemi, di oltre dieci volte (+1,106%). Questi cambiamenti possono avere un impatto differente sulla selezione dell’AMR: da un lato il calo di FQ e C3G potrebbe essere favorevole a una riduzione della diffusione di Staphylococcus aureus meticillino-resistente e Clostridioides difficile mentre dall’altro, il grande aumento dei carbapenemi può facilitare la selezione e la diffusione dei batteri resistenti ai carbapenemi, in particolare Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii e Pseudomonas aeruginosa. In conclusione, il calo del consumo di antibiotici osservato in questi anni presso il nostro ospedale è importante e deve essere sostenuto da politiche mirate a ottimizzare l’uso delle molecole oggi epidemiologicamente più importati, i carbapenemi, il cui incremento è notevolissimo.




Igiene delle mani

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Monitoraggio della compliance alle corrette pratiche  di igiene delle mani: un’esperienza nuova in un distretto dell’azienda Sanitaria dell’alto Adige

S. Tortora1, L. Rodighiero2, M. Lopez1, M. Cattelan3, F. Bartoli3,  R. Loss2

1Servizio di Igiene ospedaliera, Direzione medica, Ospedale centrale di Bolzano; 2Distretto sanitario 7 Bolzano Sede Oltrisarco – Sede Centro/Piani/Rencio, Comprensorio Sanitario di Bolzano; 3Unità organizzativa per il Governo clinico, Azienda Sanitaria dell’Alto Adige

Introduzione. L’igiene delle mani “hand hygiene” (HH) è ritenuta la modalità singola più importante per ridurre le infezioni correlate all’ assistenza. Il monitoraggio dell’HH nella realtà territoriale e domiciliare risulta però poco praticato e di non sempre facile esecuzione, seppur molte attività assistenziali, anche complesse, si eseguano a casa del paziente o nell’ambulatorio. Di seguito viene riportata un’esperienza di monitoraggio dell’HH presso un Distretto sanitario della Provincia Autonoma di Bolzano, dove operano 19 infermieri/e e 1 coordinatrice infermieristica, consistente nella combinazione di 2 metodi: l’autovalutazione del personale e il consumo di gel idroalcolico. Metodi. La conformità alle corrette pratiche di HH è stata monitorata dal 5 al 12 febbraio 2024 tramite checklist informatizzata, predisposta dall’Unità organizzativa per il Governo clinico, ugualmente adattata sia per il contesto ospedaliero che per quello territoriale e domiciliare. La checklist è composta da 27 requisiti suddivisi in 3 argomenti: l’igiene delle mani (8 requisiti), la cura della mano (5 requisiti) e l’utilizzo dei guanti monouso (14 requisiti). Oltre ai 5 momenti conosciuti ne sono stati aggiunti 3 nuovi specifici per il territorio: “all’ arrivo in casa del paziente”, “prima di maneggiare i compartimenti puliti della borsa di lavoro” e “dopo l’uscita da casa del paziente”. Ogni collaboratore ha utilizzato la checklist, ogni qualvolta iniziava una nuova attività assistenziale a casa del paziente. Il requisito non risulta raggiunto se il 10% o più di rilevazioni corrispondono a “non risponde” o “risponde parzialmente”. I dati sul consumo di gel idroalcolico sono ancora in fase di elaborazione. Risultati. Al monitoraggio hanno partecipato con interesse 15 infermieri/e e complessivamente sono state effettuate 127 autovalutazioni. Dei 27 requisiti, 15 (55,6%) sono stati raggiunti completamente e 12 (44,4%) parzialmente. Il requisito “prima del contatto con il paziente” ha ottenuto la miglior adesione di risposta nell’ autovalutazione, mentre i requisiti “l’operatore cambia sempre i guanti tra un paziente e l’altro” e “dopo l’esposizione o contatto con fluidi biologici” sono stati i meno osservati. Questo può essere spiegato dal fatto che sono 2 requisiti maggiormente legati al contesto ospedaliero. I 3 requisiti aggiuntivi hanno ottenuto un’elevata adesione, in quanto adatti all’attività specifica del territorio/domicilio. L’ adesione globale alle corrette pratiche di igiene delle mani, infine, è risultata del 92%. I dati emersi sono stati presentati al personale, durante un incontro ad hoc, quale opportunità di sensibilizzazione e formazione. Conclusioni. La checklist informatizzata è risultata uno strumento valido per standardizzare il monitoraggio dell’HH e i 3 requisiti aggiuntivi si sono rivelati efficaci e necessari per focalizzare ulteriormente l’attenzione sui momenti fondamentali in ambito territoriale/domiciliare. La restituzione dei dati ha permesso di approfondire queste tematiche e far luce su alcune criticità legate al contesto domiciliare (come la mancanza di disinfettante monodose per l’HH e di salviette disinfettanti monouso per le superfici) grazie ad un confronto attivo con tutto il personale del Distretto. In conclusione, è emerso che il monitoraggio delle pratiche di HH può essere sperimentato sia in ambito ospedaliero che territoriale/domiciliare. La nostra esperienza ha dimostrato, infatti, che un unico strumento può essere adattato ai due contesti, avendo però l’attenzione di aggiungere dei requisiti specifici propri per il territorio e il domicilio. Il prossimo autunno è organizzata una seconda sessione di autovalutazione a cui verranno aggiunte delle giornate di osservazione diretta delle pratiche di HH così da ridurre i bias dovuti alla sola autovalutazione, oltre alla verifica del consumo di gel idroalcolico. Questo ci permetterà un confronto con la prima sessione primaverile e una valutazione dell’efficacia di un programma di monitoraggio tramite checklist informatizzata e standardizzata per ospedale e territorio/domicilio, nonché la possibilità di estendere il monitoraggio anche ad altri Distretti.


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Valutazione dell’efficacia della frizione idroalcolica. Esperienza presso i reparti dell’Ospedale di Arco

C. Michelotti1, V. Vivaldelli2, P. Pedrotti1, G. De Mattia1,  C. Scarparo3, A. Ziglio1

1Direzione Medica, Ospedale di Arco, APSS Trento; 2UOM Pneumologia, Ospedale di Arco, APSS Trento; 3UOM Microbiologia e Virologia, Ospedale Santa Chiara, APSS Trento

Introduzione. Le mani degli operatori sanitari rappresentano il veicolo più comune per la trasmissione di microrganismi da un paziente all’altro, da una parte del corpo all’altra nello stesso paziente e da un ambiente contaminato ai pazienti. Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il modo più efficace di assicurare un’igiene delle mani ottimale è utilizzare un prodotto a base alcolica. Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’efficacia della procedura di igiene mani mediante l’osservazione dell’attività di crescita dei microrganismi sulle piastre di Petri e l’identificazione delle principali specie isolate prima e dopo la frizione idroalcolica. Metodi. In questo studio sono state utilizzate 30 piastre di Petri, tipo Agar Sangue, numerate in ordine progressivo (15 pre e 15 post frizione idroalcolica). Sono stati arruolati 15 operatori sanitari del Presidio Ospedaliero di Arco, appartenenti a diverse categorie professionali (medici, infermieri, OSS, studenti), reclutati al tempo 0, in modo casuale, su base volontaria ed in forma anonima, durante il turno di lavoro. Ad ogni operatore è stato chiesto di appoggiare sulla piastra i 5 polpastrelli di una mano, successivamente si è chiesto di eseguire la frizione idroalcolica e ripetere, con la stessa mano, l’impronta dei 5 polpastrelli sulla seconda piastra. Per l’igiene delle mani è stato utilizzato Lysoform medical gel®. Successivamente, le piastre sono state incubate per permettere la moltiplicazione batterica. Dopo il periodo di incubazione le piastre pre frizione e post frizione di ogni operatore, sono state confrontate. Su tutte e 30 le piastre è stata effettuata una valutazione microbiologica per identificare le specie batteriche. Risultati. Dall’osservazione visiva delle piastre è emerso che il 60% dei campioni (9 piastre su 15) ha riportato una riduzione delle colonie dopo il lavaggio delle mani mediante la frizione idroalcolica e in 3 casi il lavaggio delle mani ha dato come risultato un abbattimento virtuoso del numero di colonie. Nel 27% dei campioni (4 piastre su 15) la carica batterica post frizione è rimasta invariata mentre nel 13% dei campioni (2 piastre su 15) si è riscontrato un incremento della carica batterica rispetto al campionamento pre-lavaggio. Dalla valutazione microbiologica, eseguita mediante spettrometria di massa MALDI-TOF, in 3 campioni si è rilevata una diversa prevalenza delle popolazioni tra il pre e il post-frizione. Tra le identificazioni si sottolinea il riscontro di Staphylococcus aureus in un campione (pre e post frizione) e Bacillus cereus in 4 campioni (3 post-frizione e 1 pre e post). Non sono stati riscontrati né lieviti né bacilli Gram negativi. Conclusioni. Il lavaggio delle mani mediante la frizione idroalcolica nel 60% dei campioni ha ridotto la carica microbica presente sulle mani degli operatori sanitari e solo nel 20% dei campioni si è verificato un abbattimento virtuoso delle colonie in piastra. Nel restante 40% dei campioni la procedura di igiene mani si è dimostrata inefficace con il 27% dei casi in cui la carica batterica nel pre e nel post-frizione si è mantenuta invariata e nel 13% in cui si è evidenziato un aumento della carica batterica nel post-frizione. Considerati i risultati, la non completa riuscita della procedura potrebbe essere attribuita: alla non corretta applicazione di tutti i passaggi previsti dalla sequenza per l’igiene delle mani e al non rispetto del tempo e della quantità necessaria per la frizione idroalcolica, indicata dalla scheda tecnica del prodotto utilizzato. Altre possibili cause possono essere ricondotte alla presenza di unghie non conformi (artificiali, con smalto o più lunghe di 0,5 cm) e ornamenti personali (anelli, orologi o braccialetti). I risultati di questa indagine ci ricordano che utilizzare la soluzione idroalcolica per l’igiene delle mani non è sufficiente per disinfettarle in maniera efficace. Occorre applicare in modo corretto la tecnica, rispettando la sequenza, il tempo di esecuzione e la quantità di prodotto raccomandata.


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Implementazione della strategia multimodale dell’OMS per il miglioramento dell’adesione degli operatori sanitari alle corrette pratiche di igiene delle mani presso la ASL2 Savonese

C. Alicino1, R. Riente1, C. Iennaco2, D. Pera1, S. Penazzo1,  M. Marconi3, M. Bona3, L. Tulimiero1, L. Garra1

1S.C. Direzione Medica dei Presidi Ospedalieri, ASL2, Savona; 2Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Genova, Genova; 3Servizio di Formazione Aziendale, ASL2, Savona

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) costituiscono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria. L’igiene delle mani rappresenta la pratica più semplice e, nel contempo, più efficace per prevenire le ICA. Nel 2019, la ASL2 Savonese ha partecipato ad una rilevazione internazionale effettuata mediante un questionario di autovalutazione predisposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) volto a misurare il grado di implementazione della strategia multimodale per migliorare l’adesione degli operatori sanitari alle pratiche di igiene delle mani. I risultati del questionario hanno restituito un punteggio complessivo pari a 165/500, corrispondente ad un livello base di promozione e pratica dell’igiene delle mani, evidenziando la necessità di un miglioramento in tutti e 5 gli ambiti di azione della suddetta strategia. Metodi. Sulla base della guida all’implementazione delle linee-guida OMS sull’igiene delle mani, nel corso del 2022 sono state identificate le seguenti azioni volte a migliorare l’aderenza di ASL2 alla strategia multimodale OMS: - Istituzione di un team dedicato alla promozione dell’igiene delle mani; - Dotazione di tutti i letti ospedalieri di porta dispenser di gel alcolico; - Introduzione di un sistema di formazione obbligatoria sull’igiene delle mani per tutto il personale sanitario in servizio e neoassunto; - Creazione di una sezione dedicata all’igiene delle mani su intranet aziendale con la disponibilità di linee-guida e materiale informativo; - Introduzione di un obiettivo annuale relativo all’igiene delle mani nella scheda di budget di ciascuna struttura assistenziale. Risultati. Fra dicembre 2022 e giugno 2024, tutte le azioni individuate sono state realizzate consentendo di raggiungere, secondo il questionario di autovalutazione dell’OMS, un livello intermedio di implementazione della strategia multimodale (punteggio 315/500). Fra le principali azioni adottate vi è stata la dotazione di 940 letti di degenza, ordinaria o diurna, di porta dispenser di soluzione idroalcolica. Inoltre, nel corso dell’anno 2023 è stato realizzato, su piattaforma FAD di ASL2, il corso denominato “L’igiene delle mani: la pratica più efficace per prevenire le infezioni correlate all’assistenza”. Il corso, della durata di circa 4 ore ed accreditato ECM, è stato reso obbligatorio per tutto il personale sanitario in servizio presso ASL2 e per tutti gli operatori sanitari neoassunti. Nel periodo 20 giugno 2023-31 dicembre 2023, hanno completato il suddetto corso 3504 operatori su 3916 (89,5%). Il corso rimarrà a disposizione sulla piattaforma FAD per consentire la formazione di tutti i nuovi assunti presso ASL2. A partire dal 2024, sarà proposto annualmente a tutti gli operatori che hanno completato il suddetto corso, un refresh formativo. Conclusioni. Il piano adottato da ASL2 Savonese ha consentito di ottenere un rilevante miglioramento nell’implementazione della strategia multimodale OMS. Sarà necessario monitorare, attraverso i consumi di soluzione idroalcolica e l’avvio delle osservazioni dirette, l’effettivo incremento nel breve-medio termine dell’aderenza degli operatori sanitari alle corrette pratiche di igiene delle mani. Inoltre, sarà necessario consolidare il piano attraverso l’avvio delle osservazioni dirette dell’adesione all’igiene delle mani e il feedback di tali osservazioni allo scopo di raggiungere un livello avanzato di implementazione della strategia multimodale.


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La giornata del 5 maggio: un’esperienza vissuta  al presente e in prima persona

G. Moretto1, H. Makkaoui2, E. Lettiero2, T. Bisaglia1, M. Lopez1,  B. Testini1, S. Tortora1, M. Mattevi3, E. Bernini2, R. Leo4, R. Loss1

1Servizio di Igiene Ospedaliera, Direzione Medica, Ospedale centrale di Bolzano; 2Polo Universitario per le Professioni Sanitarie “Claudiana” di Bolzano; 3Dipartimento di Prevenzione, UO Igiene e Sanità Pubblica, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento; 4Ripartizione Aziendale Comunicazione, marketing e relazioni con il pubblico, Azienda Sanitaria dell’Alto Adige

Introduzione. L’igiene delle mani è ritenuta la modalità singola più importante per ridurre le infezioni, sia in ambito domestico, sia, e soprattutto, in ambito ospedaliero. In occasione della giornata internazionale per l’igiene delle mani, fissata per il 5 maggio, l’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige si è attivata al fine di sensibilizzare la popolazione e il personale sanitario sulla tematica, con una serie di attività. Quest’anno inoltre si è cercata la collaborazione del Polo Universitario per le Professioni Sanitarie “Claudiana”, e in particolare del corso di laurea in Assistenza Sanitaria, con l’obiettivo di coinvolgere e formare studenti e studentesse che un domani saranno protagonisti attivi nel tema della prevenzione e promotori di corrette pratiche igieniche. Metodi. Le Direzioni Mediche dei quattro Comprensori Sanitari (Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico), in collaborazione con la responsabile del corso di laurea in Assistenza Sanitaria, con il reparto di Pediatria dell’Ospedale di Bolzano, con la Farmacia Ospedaliera dell’ospedale di Bolzano, e con altri servizi ospedalieri, ha ideato, organizzato e predisposto una serie di attività al fine di offrire una giornata formativa attrattiva, ricca e gradevole. Risultati. Per la giornata del 6 maggio (il giorno 5 cadeva di domenica) sono stati predisposti degli stand nei quattro Ospedali principali della Provincia, dove, oltre al personale delle Direzioni Mediche, erano presenti gli studenti e le studentesse del corso di laurea in Assistenza Sanitaria, che nei giorni precedenti avevano elaborato un poster trilingue (italiano, tedesco e ladino), poi stampato e appeso in tutti gli ospedali, nei servizi territoriali e nelle case di riposo, nonché stampato in formato di flyer e distribuito ai vari stand. Agli stand, collocati all’ingresso delle strutture ospedaliere, venivano fornite informazioni ai visitatori, che al contempo venivano invitati ad igienizzarsi le mani con soluzione idroalcolica. Si è provveduto inoltre a distribuire flaconcini da 50 ml in omaggio, su cui era stata applicata un’etichetta che riprendeva il disegno realizzato dagli studenti, grazie al lavoro della Farmacia ospedaliera che ha provveduto a reperire sia i flaconcini omaggio che il gel idroalcolico. Complessivamente hanno aderito all’iniziativa 951 persone, ci cui 519 donne e 432 uomini. Il reparto di Pediatria dell’Ospedale di Bolzano infine ha fornito i lavori e i disegni realizzati dai loro assistiti, apportando un contributo colorato e divertente all’iniziativa. È stata anche realizzata una newsletter interna all’Azienda per il mese di aprile-maggio a tema “Salvare Vite? Sì, con le mani igienizzate!” in cui si sono spiegate le attività proposte per la giornata del 5 maggio. Alla giornata è stato dato risalto anche tramite i media locali, attraverso due videointerviste: una per il notiziario della tv locale VideoBolzano33 e una diretta “Buongiorno Bolzano”. Conclusioni. Grazie all’impegno di tutti gli attori coinvolti, e anche alla determinazione degli studenti del corso di laurea in Assistenza Sanitaria, la giornata del 5 maggio ha conseguito un notevole successo, raggiungendo una fascia di popolazione tutt’altro che trascurabile, dando risalto a una pratica semplice ma di fondamentale importanza per prevenire la diffusione di malattie e infezioni. Uno degli obiettivi conseguiti che più ha dato soddisfazione agli organizzatori, è stata la collaborazione e il coinvolgimento degli studenti e delle studentesse del corso di laurea in Assistenza Sanitaria, ai quali è stata offerta un’importante e concreta esperienza formativa, cui hanno risposto con entusiasmo, professionalità e creatività.


P49.

Osservazione della pratica dell’igiene delle mani tra gli operatori sanitari nell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana

E. Esposito1, S. Bracaloni1, M. Pasquale1, G. Gemignani2,  A.D. Porretta1, A. Baggiani1, G. Pieve2, N. Pagnucci3, C. Rizzo2

1Dipartimento di Ricerca Traslazionale N.T.M.C, Università di Pisa, Pisa; 2UO Organizzazione Servizi Ospedalieri, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa; 3Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa, Pisa

Introduzione. L’igiene delle mani, al centro delle cosiddette “Precauzioni Standard”, è ad oggi in maniera indiscussa la misura di controllo più efficace delle infezioni correlate all’assistenza (ICA); nella maggior parte dei casi, infatti, le mani degli operatori sanitari sono il veicolo di trasmissione dei microrganismi. Per migliorare l’aderenza alle pratiche di igiene delle mani tra gli operatori sanitari, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda l’osservazione diretta quale strumento per monitorare l’adesione alle pratiche. Presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) è stata condotta un’indagine basata sull’osservazione diretta della pratica del lavaggio delle mani da parte degli operatori sanitari. Obiettivo dell’indagine è stato quello di raccogliere dati preliminari in termini di conoscenze, atteggiamenti e pratiche nell’igiene delle mani che saranno la base di un programma di monitoraggio trimestrale supportato da interventi formativi basati sull’impiego di video contenenti le Linee Guida dell’OMS per l’Igiene delle mani nell’assistenza sanitaria. Metodi. L’indagine si è sviluppata su più giorni nella prima settimana di maggio 2024 ed è stata effettuata da studenti dei corsi di laurea di Infermieristica e Medicina e Chirurgia appositamente formati. È stato utilizzato il protocollo e modulo di osservazione dell’OMS e sono state coinvolte tutte le Unità Operative a carattere sanitario (N=101). È stato oggetto dell’osservazione il personale sanitario in servizio presso l’AOUP con qualunque profilo professionale, in qualunque forma contrattuale (dipendente, interinale, libero professionale, in convenzione, universitaria) con impegno tempo a tempo totale o parziale e in qualunque setting (inclusi ma non limitati a degenze, servizi ambulatoriali, laboratorio, day hospital, day surgery, pronto soccorso, sale operatorie). Risultati. Sono state osservate 7.655 opportunità di Igiene delle mani nei 9 dipartimenti della AOUP, per un totale di 126 tra reparti di ricovero e setting ambulatoriali. Per il 47% del campione osservato non è stata rilevata nessuna pratica di igiene delle mani; nel restante 53% è stato osservato il lavaggio delle mani (15%) e la frizione alcolica (38%). Di particolare interesse appare l’utilizzo di guanti, che, sia pure in misura ridotta (RR=1,1 nel campione osservato), risulta significativamente associato con l’omissione dell’igiene delle mani (p= 0,0002). Infine andando ad analizzare la distribuzione della compliance tra le tre principali professioni sanitarie e per setting assistenziali si è evidenziata una mancata compliance alle pratiche di igiene delle mani nel 53,9% dei medici, nel 47,9% degli OSS e nel 43,4% degli infermieri; in merito ai setting assistenziali si è riscontrata la mancata esecuzione delle pratiche di igiene delle mani in qualunque opportunità relata all’assistenza al paziente nel 47% dei casi nell’ Area Chirurgica, nel 42% dei casi nell’ Area Intensiva e nel 48,6% dei casi nell’Area Medica. Conclusioni. L’osservazione condotta presso l’AOUP ha evidenziato una scarsa aderenza alle pratiche di igiene delle mani tra gli operatori sanitari, con un complessivo 47% delle opportunità di igiene delle mani non realizzate. Questo dato sottolinea la necessità di interventi formativi mirati e continui per migliorare la compliance. L’osservazione diretta si configura come uno strumento che permette di ottenere dati sulla reale aderenza alle pratiche e che, ripetuta nel tempo, permetterà di monitorare sul campo i comportamenti degli operatori. L’efficacia dell’intervento formativo basato sui video contenenti le Linee Guida dell’OMS è ancora da valutare a lungo termine ma riteniamo che la formazione mirata potrebbe contribuire a migliorare le pratiche in uso promuovendo una cultura della sicurezza e dell’igiene delle mani tra gli operatori sanitari.




P50.

Feedback in tempo reale vs formazione teorica  per il miglioramento dell’aderenza all’igiene delle mani: uno studio osservazionale

G.L. Tunisi1, V. Zesi1, E. Carrara2, L. Brizzi1, E. Tacconelli2,  C. Ferrari3, D. Fasan2, M.M. Fattori1

1Direzione Medica Ospedaliera per le funzioni igienico sanitarie, AOUI Verona, Verona; 2Divisione di Malattie Infettive, Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Università di Verona, Verona; 3Direzione Professioni Sanitarie, AOUI Verona, Verona

Introduzione. L’igiene delle mani (HH) rappresenta una pratica cruciale nella prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza fino a ridurne il rischio di insorgenza del 50%. Vari studi hanno dimostrato, infatti, come la rigorosa aderenza all’HH possa ridurre, da sola, il rischio di trasmissione di microrganismi presenti nella flora batterica transitoria. Tra gli interventi ritenuti più efficaci previsti dal multimodal thinking e raccomandati per l’implementazione dell’HH, gli audit e i feedback one to one rappresentano una strategia efficace. Tuttavia il confronto tra diverse strategie in termini di efficacia versus economicità è ancora poco esplorato. Metodi. Da ottobre 2023 a giugno 2024 è stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo pre-post in tre reparti di area medica (Reparto 1, Reparto 2 e Reparto 3) dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona. Dopo aver misurato la percentuale di aderenza all’HH al basale nei tre reparti, sono stati attuati due interventi distinti. Nel Reparto 1 (R1) è stata adottata l’osservazione diretta associata ai feedback one to one, nel Reparto 2 (R2) è stata erogata una formazione teorica sui cinque momenti dell’HH, mentre il Reparto 3 (R3) è stato utilizzato come gruppo di controllo. Le categorie professionali osservate sono state: Infermieri, Operatori Socio-Sanitari, Dirigenti Medici e Medici in Formazione Specialistica. Le osservazioni sono state condotte da Infermieri esperti in rischio infettivo e le opportunità di HH sono state registrate utilizzando la scheda di osservazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’endpoint primario scelto è stato la percentuale di aderenza all’HH, mentre l’endpoint secondario è stato il costo diretto degli interventi erogati. Le differenze tra i tre gruppi sono state analizzate con il test chi-quadrato (X2). È stato inoltre costruito un modello di regressione logistica per aggiustare l’outcome primario in base alle diverse categorie professionali. Risultati. Al basale i tre gruppi erano confrontabili per quanto riguarda aderenza all’HH, numero di sessioni, minuti di osservazione e numero di professionisti coinvolti. R1 (osservazione e feedback continui) ha registrato un aumento del 10% nell’aderenza all’HH, passando dal 51% iniziale (80/155) al 61% post-intervento (101/165), sebbene questa differenza non sia risultata statisticamente significativa (p=0,093). R2 (formazione teorica) ha mostrato un aumento minimo del 3%, passando dal 48% iniziale (81/166) al 51% post-intervento (102/200) (p=0,674). R3 (controllo) ha mostrato una diminuzione del 14% nell’aderenza all’HH, passando dal 53% iniziale (95/179) al 39% post-intervento (78/197) (p=0,005). Confrontando i tre reparti al post-intervento, è emersa una differenza statisticamente significativa sia tra il gruppo con feedback continuo e il gruppo di controllo (OR 2,48, IC 95% 1,61-3,81) che tra il gruppo con formazione teorica e il gruppo di controllo (OR 1,81, IC 95% 1,19-2,75). È stata inoltre evidenziata una non significatività, seppur borderline, tra i due gruppi di intervento in studio (p=0,051). Il costo per la formazione dei 65 dipendenti di R2 è stato stimato in euro 7.130, calcolato come ore di lavoro retribuite impiegate in formazione e non in assistenza diretta al paziente. Il costo per l’osservazione di R1 è stato invece stimato in euro 288, calcolato come ore retribuite a carico dell’infermiere osservatore. Conclusioni. Il nostro studio ha evidenziato una significativa diminuzione dell’aderenza all’HH in assenza di interventi specifici (gruppo di controllo), sottolineando l’importanza di implementare strategie attive per mantenere elevati standard. Come evidenziato da letteratura precedente, i feedback in tempo reale potrebbero rappresentare una strategia ottimale per migliorare l’aderenza all’HH negli ospedali riducendo l’impiego di risorse economiche. L’osservazione continua con feedback si è dimostrata un intervento non solo più efficace, ma anche più economico rispetto alla sola formazione teorica. Ulteriori ricerche sono necessarie per valutare la sostenibilità e l’efficacia a lungo termine di questo intervento rispetto alla formazione tradizionale.


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Progetto di osservazione dell’igiene delle mani  nel reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale di Vicenza

F. De Siena1, C. Campagnolo1, S. Zanovello1,  C. Dalle Carbonare1, M. Rigoni1, M. Dalle Carbonare2,  D. Ghirardini3, M. Serpentino3, S. Mondino1

1Direzione Medica, Ospedale San Bortolo di Vicenza, Ulss 8 Berica; 2Università degli Studi di Verona, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; 3Università degli Studi di Padova, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva

Introduzione. L’igiene delle mani rappresenta la misura più efficace per la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) e la diffusione dei microrganismi resistenti agli antibiotici. Per favorire l’adesione del personale sanitario all’igiene delle mani e la corretta esecuzione di tale pratica, il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) dell’Azienda Ulss 8 Berica ha adottato una strategia multimodale basata su molteplici azioni volte a migliorare la formazione del personale sanitario e ad aumentare la cultura della sicurezza tra gli operatori. In quest’ottica sono stati attuati degli interventi mirati di osservazione dell’igiene delle mani in alcune Unità Operative dell’Ospedale “San Bortolo” di Vicenza secondo specifici criteri di stratificazione del rischio. In considerazione dell’elevata fragilità dei pazienti, è stato concordato con il personale dell’UOC Cardiochirurgia un periodo di osservazione diretta dell’igiene delle mani nel reparto di degenza e nella relativa Terapia Intensiva. Metodi. Dal 04/03/2024 al 05/04/2024 un team di osservatori della Direzione Medica dell’Ospedale di Vicenza, composto da medici ed infermieri, ha effettuato sessioni quotidiane di osservazione dell’igiene delle mani durante le attività di assistenza ai pazienti svolte dagli operatori sanitari della Cardiochirurgia. Come strumento di rilevazione sono state utilizzate le schede di osservazione promosse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nelle quali sono stati registrati i dati relativi alle categorie professionali e alle opportunità di igiene delle mani osservate (prima del contatto con il paziente, prima di una manovra asettica, dopo contatto con liquidi biologici, dopo contatto con il paziente, dopo contatto con l’ambiente circostante). Quando possibile è stata rilevata anche la presenza di monili e di smalto per le unghie. Risultati. Complessivamente sono state eseguite 232 osservazioni dell’igiene delle mani, delle quali 136 (59%) nel reparto di degenza e 96 (41%) nella Terapia Intensiva della Cardiochirurgia. Gli operatori maggiormente osservati sono stati gli infermieri (59%) e gli operatori socio-sanitari (23%), oltre a medici (13%), tecnici perfusionisti, fisioterapisti e tecnici di Radiologia Medica. Le opportunità più osservate e con maggiori criticità riscontrate riguardano l’igiene delle mani prima e dopo il contatto con il paziente (in totale 60%). L’igiene delle mani è stata valutata come eseguita correttamente in 111 occasioni (48%). In particolare, in 86 casi (37%) non è stata effettuata a causa dell’utilizzo esclusivo dei guanti. Conclusioni. Dai risultati della rilevazione si evince la necessità di sensibilizzare maggiormente il personale della Cardiochirurgia sull’importanza di praticare una puntuale ed accurata igiene delle mani in ogni contesto dell’attività assistenziale, rafforzando la consapevolezza degli operatori sui rischi legati ad un’inadeguata applicazione di tale pratica. A tal scopo è in corso di definizione la fase di restituzione dei dati emersi dal monitoraggio agli operatori sanitari coinvolti nel progetto di osservazioni, al fine di individuare successivamente gli interventi più appropriati per promuovere l’adesione all’igiene delle mani e migliorare l’addestramento degli operatori. In particolare, risulta prioritario istruire gli operatori sull’osservanza dei 5 momenti per l’igiene delle mani raccomandati dall’OMS e sulle corrette modalità di utilizzo dei guanti, soprattutto in occasione delle opportunità più critiche (prima e dopo il contatto con il paziente).


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L’educazione all’igiene delle mani per operatori sanitari e studenti: il ruolo del campionamento microbiologico

G.M. Deriu1, S. Soddu1, C. D’Avino1, I. Mulas2, S. Roggio1,  A. Arghittu2, A. Palmieri1, P. Castiglia1

1Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia e Infezioni Ospedaliere, AOU Sassari; 2Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia – Università degli Studi di Sassari

Introduzione. L’igiene delle mani rappresenta la misura più importante nella riduzione delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA). Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sottolineano come una buona igiene delle mani durante l’assistenza diretta al paziente sia il risultato di tre condizioni: una tecnica corretta, l’applicazione della tecnica nei 5 momenti dell’igiene delle mani, l’assenza di ornamenti personali (anelli, orologi, braccialetti) e di unghie non conformi (con smalto, artificiali e di una lunghezza superiore agli 0,5 cm). Il Gruppo di lavoro Igiene mani (GdLIm) istituito nell’ambito del Comitato per la gestione delle Infezioni Correlate all’Assistenza (CICA) dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari (AOU), ricopre un ruolo fondamentale nella formazione non solo degli operatori sanitari ma anche degli studenti afferenti a diversi Corsi di Studio e che svolgono il proprio tirocinio in ospedale. Il GdLIm, a supporto delle attività formative (lezioni frontali e simulazioni con box pedagogico), ha inserito anche il campionamento microbiologico (CM) volontario delle mani e degli ornamenti personali al fine di evidenziarne la contaminazione. Metodi. Per il CM delle mani (prima e dopo igiene mani con gel o acqua e sapone) sono state utilizzate delle piastre Petri dal diametro di 150 mm contenenti Plate Count Agar. Gli operatori/studenti sono stati invitati a poggiare la propria mano, senza fare eccessiva pressione, per 10 secondi. Per il campionamento dei monili sono state utilizzate piastre di Agar Sangue in cui anelli, bracciali e orologi sono stati poggiati, sempre per 10 secondi. I terreni sono stati posti ad incubare a 37°C per 48/72 ore. Si è poi proceduto alla identificazione dei batteri attraverso il sistema Maldi-TOF. Le piastre con la crescita batterica sono state fotografate e le immagini condivise e discusse con gli interessati. Risultati. Sono stati effettuati in totale 89 CM delle mani di cui 53 prima dell’igienizzazione e 36 dopo (42,2% dopo lavaggio sociale, 48,8% dopo gel) mentre sono stati 16 i monili campionati (62,5% bracciali). Dal punto di vista quantitativo nelle mani sono stati riscontrati valori mediani 48 UFC/5 dita (prima) e 15,5 UFC/5 dita (dopo). Dal punto di vista qualitativo il 67,3% erano stafilococchi (36% S. epidermidis e 1,9% S. aureus), 20% bacilli, mentre il 7,7% batteri Gram- (8,3% Enterobacterales) e l’1,9% erano muffe. Per quanto riguarda i monili la maggiore contaminazione è stata riscontrata a livello dei bracciali con l’isolamento nel 62,5% di stafilococchi. Conclusioni. Il CM delle mani e dei monili di operatori e studenti rappresenta un ottimo strumento formativo in un’ottica di: 1. aumento della consapevolezza: attraverso il CM, gli operatori sanitari/studenti possono vedere direttamente l’impatto delle loro pratiche di igiene, aumentando così la consapevolezza e l’adesione alle corrette procedure di lavaggio delle mani; 2. valutazione dell’efficacia dei programmi di formazione: fornisce un feedback oggettivo sull’efficacia dei programmi di formazione in igiene delle mani e gestione dei monili, permettendo di apportare eventuali miglioramenti; 3. sorveglianza dei principali germi circolanti: la possibilità di effettuare controlli routinari permette di sorvegliare sulla presenza di microrganismi patogeni; 4. prevenzione delle infezioni: poiché le mani degli operatori sanitari sono uno dei principali veicoli di trasmissione di infezioni in ambito ospedaliero, il CM permette di monitorare la presenza di microrganismi patogeni e di valutare l’efficacia delle pratiche di igiene delle mani. Inoltre, aiutando a monitorare la presenza di microrganismi patogeni circolanti nell’ambiente ospedaliero può essere di supporto alle politiche aziendali per la lotta all’antibiotico-resistenza e alle ICA.


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Progetto pilota per la sensibilizzazione all’igiene  delle mani: il coinvolgimento dei pazienti

V. Cabras1, S. Soddu1, A. Arghittu2, P. Castiglia1, E. Balzano1,  M. Masia2, S. Putzu3, I. Martis1, G. Deriu1

1Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia ed Infezioni Ospedaliere – AOU di Sassari; 2Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia – Università degli Studi di Sassari; 3Dipartimento di Scienze Biomediche – Università degli Studi di Sassari

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano uno degli eventi avversi più diffusi in ambito sanitario. Evidenze epidemiologiche suggeriscono che tra i fattori responsabili della trasmissione dei microrganismi potenzialmente patogeni, le mani degli Operatori Sanitari (OS) che prestano assistenza hanno un ruolo fondamentale. Le strategie per migliorare l’adesione all’igiene delle mani degli OS includono promemoria, istruzione e osservazione diretta con feedback. Tuttavia, più di recente, i Centers for Disease Control (CDC) e la Joint Commission descrivono il coinvolgimento del paziente quale componente essenziale della strategia multimodale adottata al fine di migliorare sensibilità e compliance verso questa pratica di sanità pubblica. Infatti, un paziente opportunamente formato e reso protagonista attivo della vita ospedaliera è esso stesso promotore di buoni comportamenti e buone pratiche assistenziali. Al fine di sperimentare quanto il coinvolgimento del paziente impatti positivamente sui comportamenti assunti dall’operatore sanitario, in ottemperanza al Piano Regionale di Prevenzione 2020-2025, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari (AOU-SS), in riferimento al “Programma Predefinito PP10: Misure per il contrasto dell’antimicrobico resistenza”, ha implementato un progetto pilota volto a sensibilizzare operatori/pazienti/visitatori verso la pratica dell’igiene delle mani. Metodi. Un questionario cartaceo è stato somministrato ai degenti di alcuni reparti a diverso rischio infettivo (Pediatria, Terapia Intensiva Neonatale, Ematologia e Ortopedia e Traumatologia) della AOU-SS, per saggiare conoscenze, percezioni e comportamenti dei pazienti sul tema. I reparti sono stati individuati sulla base della percezione del rischio avvertito dai pazienti in modo differente e proporzionale alle condizioni cliniche oggettivamente manifeste e soggettivamente percepite (outrage). Il questionario è stato articolato in 18 quesiti suddivisi in 3 aree di indagine: 6 domande anagrafiche volte a caratterizzare il profilo dei partecipanti; 4 domande aperte volte a determinare le conoscenze di base e 8 domande dicotomiche volte a definire gli aspetti comportamentali assunti sia in ambito ospedaliero che domestico degli intervistati. Risultati. Sono stati intervistati 64 pazienti di cui il 60% femmine, di età compresa tra i 18 e gli 89 anni, caratterizzati da diversi livelli di istruzione (6,3% licenza elementare, 39,1% licenza media inferiore, 31,3% diploma superiore, 23,4% laurea). Una buona percentuale dei pazienti (80%) era consapevole dell’importanza dell’igiene delle mani, sia in ambito ospedaliero che domestico. Il 56% degli intervistati ha indicato la mancanza di formazione come uno dei principali determinanti negativi all’adesione all’igiene delle mani. I pazienti allettati o impossibilitati dalle condizioni cliniche (25%) hanno riscontrato difficoltà a igienizzare le mani, affermando che, peraltro, la scarsa adesione a questa pratica da parte del personale sanitario è da imputarsi all’eccessivo carico di lavoro, mancanza di tempo, intensa attività clinica e alla carenza di presidi a loro disposizione (gel idroalcolico, salviette monouso, sapone e carta assorbente). La quasi totalità degli intervistati (90%) ritiene che al fine di migliorare la compliance dell’operatore sanitario, verso una adesione puntuale e consapevole, una delle soluzioni percorribili potrebbe concretizzarsi con attività di informazione/formazione insieme all’aumento del numero dei dispenser di gel idroalcolico correttamente posizionati. Conclusioni. I pazienti intervistati hanno mostrato partecipazione attiva ed entusiasmo e raramente sono state riscontrate resistenze nel corso del progetto. Con il passare del tempo e all’aumentare delle visite nei reparti considerati, è stato osservato un incremento dell’attenzione verso l’igiene delle mani proporzionale ad una aumentata consapevolezza sul tema, sia da parte dei pazienti che degli OS. Tuttavia, il possibile fattore confondente dato dall’effetto Hawthorne rende necessario il prosieguo delle visite in reparto con una valutazione nel lungo periodo.


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Consumo di soluzione idroalcolica per l’igiene  delle mani in ambito ospedaliero  in Friuli Venezia-Giulia: i dati 2016-2023

R. Florida1, G. Virone1, L. Arnoldo2

1Università degli Studi di Udine; 2Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Introduzione. L’igiene delle mani costituisce la misura più efficace per prevenire la trasmissione di microorganismi. L’utilizzo di prodotti a base alcolica costituisce un’alternativa valida al lavaggio delle mani con acqua e sapone in ambito sanitario e presenta diversi vantaggi, quali la capacità di eliminare la maggior parte dei microorganismi in minor tempo e la facile reperibilità. Sono stati condotti diversi studi osservazionali atti a valutare l’adesione degli operatori sanitari alle procedure di igienizzazione delle mani, riscontrando percentuali di adesione sul territorio italiano inferiori a quelle auspicate (≥75%) dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Quest’ultima ha proposto, tra i modelli utilizzabili per il monitoraggio, l’osservazione indiretta: metodo basato sulla misurazione del quantitativo di prodotti utilizzati per l’igienizzazione delle mani del personale sanitario attraverso i flussi di consumo. Metodi. Sono stati presi in esame i consumi di soluzione idroalcolica per l’igiene delle mani in ambito ospedaliero nelle aziende sanitarie della regione Friuli Venezia-Giulia (FVG) dal 2016 al 2023. A partire dal 2020 i dati delle aziende del FVG vengono caricati nell’applicativo web CSIA-ISS, mentre precedentemente i dati venivano valutati da indicatori regionali che prevedevano solo il consumo totale. Pertanto, per confrontare il trend, sono stati presi in considerazione soltanto i dati sul consumo totale in litri (L) standardizzati per 1.000 giornate di degenza ordinaria (GDO) e, così come proposto dall’OMS, è stato considerato come valore soglia quello di 20 L 1.000 GDO. Sono state condotte sia un’analisi del trend nelle singole aziende sia una valutazione complessiva del FVG. Risultati. I dati della sorveglianza regionale mostrano che prima dell’anno pandemico 2020 meno della metà delle aziende raggiungeva il valore soglia OMS: 3 su 7 nel 2016 (min: 11,6 e max: 36,7) e nel 2017 (min: 11,8 e max: 36,7), 2 su 5 nel 2018 (due aziende non hanno riportato il dato per quell’anno, min: 12.2 e max: 34,3). Un incremento del consumo si ebbe già a partire nel 2019 dove 5 aziende su 7 avevano raggiunto un consumo maggiore di 20 L 1.000 GDO (min: 12,3 e max: 56,6). Dal 2020 al 2023 tutte le aziende hanno raggiunto e mantenuto valori di consumo superiori alla soglia OMS, con un consumo massimo raggiunto nel 2020 da 6 aziende su 7 (min: 52,4 e max: 95,1) e da quella restante nel 2021 (min: 27,5 e max: 85,1). Nel 2022 (min: 29,5 e max: 65,5) e 2023 (min: 22,8 e max: 54,5) si è però assistito ad un trend in decrescita che ha portato ad una diminuzione percentuale che nel 2023 segnava un massimo di -67,0% e minimo di -42,7% rispetto al valore più elevato raggiunto nel 2020 o nel 2021. Considerando i dati complessivi del FVG il consumo dal 2016 al 2023 è stato il seguente: 17,7 (2016); 19,8 (2017); 15,4 (2017); 24,0 (2019); 72,4 (2020); 50,3 (2021); 37,5 (2022); 27,8 (2023). Il decremento del consumo annuale a partire dal 2020 è stato rispettivamente nei tre anni successivi del -30,6%, -25,4% e 26,0%. Conclusioni. I risultati hanno mostrato un rapido incremento del consumo di soluzione idroalcolica durante la fase più problematica della pandemia (2020, 2021), ma anche una netta diminuzione a partire dal 2022. Nonostante tutte le aziende abbiano mantenuto il consumo oltre la soglia OMS, tale inversione di tendenza deve far alzare l’attenzione sul tema igiene delle mani per evitare che il trend in decrescita continui. Questo anche considerando che il dato analizzato è quello complessivo aziendale e che quello specifico delle degenze dove avviene l’assistenza è inevitabilmente minore (stesso denominatore, minore numeratore). I dati confermano come le contromisure adottate a seguito dell’avvento della pandemia abbiano influito in maniera rilevante sull’utilizzo della soluzione idroalcolica in ambito ospedaliero, ma nello stesso tempo il vistoso calo avvenuto negli anni successivi deve farci riflettere riguardo l’attenzione che dobbiamo porre sul tema in modo tale da mantenere un’adeguata adesione alla fondamentale pratica da parte degli operatori sanitari.


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Monitoraggio dell’igiene delle mani all’interno dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine nel periodo 2022-2023: analisi e identificazione  delle criticità

M. Trivisani1, O.G.B. Vacchi1, D. Zago1, R. Cocconi2, L. Arnoldo2

1Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine, Udine; 2Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine, Udine; SOC Accreditamento, Qualità e Rischio Clinico, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Udine

Introduzione. L’igiene delle mani (IM) è una procedura semplice ed efficace di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) e, di conseguenza, di controllo dell’antibiotico-resistenza (AMR). Tuttavia, nonostante l’evidenza della sua importanza, i dati mostrano che l’adesione a questa pratica è ancora bassa, rendendo l’IM ancora una priorità per la sanità. L’Ospedale Santa Maria della Misericordia (SMM) di Udine effettua il monitoraggio dell’IM dal 2006 e tale attività è fondamentale per analizzare l’adesione del personale, al fine di ridurre le ICA. L’obiettivo di questo studio, incentrato sul periodo post-pandemico ed in particolare nel biennio 2022-23, è quello di individuare eventuali criticità, intese come momenti, particolari figure professionali o determinate aree ospedaliere con scarsa adesione all’IM, al fine di implementare future azioni correttive che possano migliorare la compliance complessiva della struttura ospedaliera. Metodi. I dati vengono raccolti in maniera anonima dai link professional mediante osservazioni sul campo. Per ogni opportunità di rilevazione vengono indicati: la figura professionale, il reparto di appartenenza, l’opportunità identificata tra i 5 momenti fondamentali secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’azione (lavaggio con acqua e sapone, utilizzo di soluzione idroalcolica o mancata azione effettuata). I dati vengono poi trasmessi alla SOC Accreditamento, Qualità e Rischio Clinico per l’analisi e la reportistica ai reparti. Risultati. Nel biennio 2022-23 sono state raccolte 43.174 opportunità, con una compliance dell’83,3% (35.961). Suddividendo per categorie professionali, l’adesione più alta è quella degli infermieri con l’88,8% (15.641/17.616), la più bassa quella dei medici con il 76,3% (7.426/9.733). Gli OSS invece aderiscono nell’82,7% dei casi (7.379/8.926) mentre le altre categorie nel 79,9% (5.515/6.899). Questi ultimi sono rappresentati da fisioterapisti (82,9% di 555), ostetriche (84,6% di 104), tecnici (86,3% di 1.199), specializzandi (72,1% di 2.339), figure professionali non rientranti nelle precedenti (83,1% di 2.702). Nella suddivisione in 5 momenti dell’OMS l’adesione maggiore si ha nel momento 3 (dopo esposizione ad un liquido biologico: 97,8%), seguita dal momento 2 (prima di una manovra asettica: 95%), dal momento 4 (dopo il contatto con il paziente: 85,6%), dal momento 1 (prima del contatto con il paziente: 75%) e infine dal momento 5 (dopo il contatto con l’ambiente circostante: 68,1%). Nel momento 5 le maggiori criticità riguardano i medici (49,1%), gli OSS (67,9%) e soprattutto gli specializzandi (37,7%). Le categorie con percentuali più basse nel momento 1 sono i fisioterapisti (57,9%), seguiti dagli specializzandi (62,5%), dalle ostetriche (64,3%), medici (67%) e OSS (74,8%). Analizzando per aree di pertinenza, le adesioni più basse si riscontrano nelle aree di pronto soccorso (77,4%) e nelle sale operatorie/interventistiche (81%). Le aree intensive sono le più performanti (89,8%), seguite dalle degenze (83,7%), mentre si pone negativamente in risalto la percentuale di adesione dei soli medici negli ambulatori/Day Hospital (74,1%), a fronte comunque di un’adesione generale dell’81,9%. Conclusioni. L’adesione risulta maggiormente deficitaria prima del contatto con il paziente e dopo il contatto con l’ambiente circostante. Ciò è probabilmente dovuto ad una minore percezione del rischio in questi particolari momenti. Altro dato di rilievo riguarda le categorie professionali: gli operatori che meno aderiscono all’IM risultano essere i medici e gli specializzandi. Le azioni di supporto al miglioramento (corsi di formazione, formazione tra pari attraverso il supporto dei link professional) per riuscire ad essere realmente efficaci dovranno concentrarsi sui punti di caduta identificati, cercando di trovare le forme più efficaci per aumentare la compliance attraverso l’omogeneizzazione dei comportamenti tra diverse figure professionali, aree di assistenza e con particolare attenzione a far emergere l’importanza di tutte e 5 le indicazioni OMS.


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Igiene delle mani: un’esperienza applicata in ospedale di una strategia innovativa di controllo diretto

F. Pagnoni1, M.L. Zanetti2, M. Andreoletti3, M. Iannucci4,  A. Fontana2

1ASL Novara, Direzione Medica Presidio Ospedaliero SS. Trinità, Borgomanero - Università del Piemonte Orientale; 2ASL Novara, Direzione Medica Presidio Ospedaliero SS. Trinità, Borgomanero; Scuola di specializzazione Igiene e medicina Preventiva, Novara; 3ASL Novara, Direzione Professioni Sanitarie; 4ASL Novara, Terapia Intensiva Ospedale SS. Trinità, Borgomanero

Introduzione. Nella lotta alle infezioni correlate all’assistenza (ICA) l’igiene delle mani è una misura preventiva di primaria importanza per la riduzione della trasmissione di patogeni ai pazienti. Il monitoraggio dell’igiene delle mani è fondamentale per fornire dati che possono evidenziare aree di miglioramento e misurare l’efficacia delle azioni intraprese. La sorveglianza del consumo di soluzione idroalcolica (CSIA), strumento usato per monitorare indirettamente l’igiene delle mani, potrebbe nascondere una scarsa aderenza ad altre norme, quali per esempio lo sfregamento per almeno 30’’ o il divieto di indossare monili. Il gold standard è il controllo diretto: diventa quindi obiettivo sfidante osservare l’aderenza all’igiene delle mani adottando modalità operative innovative che, a risorse invariate, risultino sistematicamente applicabili in una realtà ospedaliera come quella di Borgomanero e riproducibili in altri contesti. Metodi. L’Ospedale SS Trinità di Borgomanero ASL NO con 250 posti letto e 12.000 ricoveri/anno, monitora costantemente, oltre al CSIA, l’adesione alle buone pratiche di igiene delle mani (linee guida OMS) attraverso osservazioni dirette dei sanitari nelle singole degenze. Su indicazione regionale le osservazioni dal 2019 avvengono con l’utilizzo di un’app scaricabile gratuitamente sul cellulare che ha sostituito la scheda cartacea OMS per l’osservazione delle mani. L’app “SpeedyAudit” cattura le osservazioni utilizzando il rapporto tra i 5 momenti in cui è raccomandata l’igiene delle mani e la messa in atto delle azioni di igiene delle mani da parte dell’operatore; acquisisce informazioni ulteriori sulle precauzioni aggiuntive necessarie in alcune pratiche assistenziali come l’isolamento, sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e sulla presenza di criticità come per esempio unghie, mani non conformi e presenza di monili. Nel Presidio Ospedaliero (PO) di Borgomanero è attivo un “Team dell’igiene delle mani” costituito da medici e infermieri della Direzione Medica e dalla rete di “osservatori”, individuati da ciascun Coordinatore infermieristico delle Strutture ospedaliere, formati ad hoc. Gli osservatori registrano la conformità delle azioni all’igiene delle mani e alle precauzioni aggiuntive per ogni struttura utilizzando Speedy Audit e trasmettono i dati al termine di ogni osservazione all’infermiera che si occupa di ICA in ospedale che riceve su mail dedicata i risultati dell’attività svolta e li raccoglie in un dataset complessivo. I risultati (tendenze e conformità nel tempo) sono disponibili a ciascun osservatore in tempo reale; sono inoltre restituiti mensilmente dalla DMPO ad ogni Struttura e presentati periodicamente al Comitato Controllo Infezioni Correlate all’Assistenza (CICA). Risultati. Nel 2023 sono stati osservati 1.566 operatori appartenenti a tutte le strutture di degenza del PO e al Servizio Dialisi, con un netto incremento delle adesioni rispetto all’anno precedente: risulta ancora da coinvolgere il solo Pronto Soccorso. In 24 casi (1,5%) le mani non sono state igienizzate; in 273 osservazioni (17,4%) si sono rilevati braccialetti (122) e anelli (151); in 106 (6,8%) era presente lo smalto sulle unghie. Conclusioni. Il monitoraggio diretto dell’adesione all’igiene delle mani dei sanitari nelle singole strutture è un nuovo modo di osservare raccogliendo dati in situ; le caratteristiche dello strumento, dotato di interfaccia facile da usare, che richiede un’infrastruttura minima e risulta aggiornato in tempo reale, ne incoraggiano l’adozione da parte del personale, consentendo a chiunque di accedere e avviare l’auditing. La rete di osservatori responsabilizzati nel loro ruolo di valutatori tra pari in un’attività continua e sistematica che vede coinvolti tutti i professionisti sanitari al fine di misurare il grado di conformità all’igiene delle mani ed identificare i punti critici all’insegna della trasparenza e della confidenzialità è un ulteriore valore aggiunto che va presidiato per assicurare la qualità dei dati raccolti ma che consente l’effettuazione quotidiana della sorveglianza su larga scala, in tutto il PO, a risorse invariate, e può essere riprodotto in altri luoghi di cura.


P57.

Igiene delle mani dopo la fase pandemica di Covid-19: analisi del consumo di soluzione idroalcolica  in un ospedale di II livello

A. Pan, A. Machiavelli, P. Brambilla, A. Campari, L. Cimardi,  M. Dalla Bona, S. Dal Zoppo, A. Ferraresi, M. Fiorentini,  C. Fornabaio, M. Lupi, M. Mancini, M. Milesi, B.M. Giuranna,  S. Missorini, M. Rossi, F. Sagradi, E. Segalini, M.L.R. Sinatra,  M. Tisi, A. Zoncada

Ospedale di Cremona, ASST Cremona

Introduzione. La pandemia di Covid-19 ha fatto conoscere a tutti, sia operatori sanitari sia popolazione laica, l’importanza dell’igiene delle mani. Durante i primi due anni di pandemia si è osservato un aumento sostanziale del consumo di soluzione idroalcolica in ospedale ma anche in comunità. L’impressione che emerge però in questa fase di fine pandemia e inizio endemia è di un calo di sensibilità fra il personale sanitario nell’adesione alle indicazioni di questa fondamentale procedura assistenziale. L’obiettivo del nostro studio è di valutare il consumo di soluzione idroalcolica (CSIA) e l’adesione all’igiene delle mani dal gennaio 2018 al giugno 2024. Metodi. Sono stati prospetticamente registrati i CSIA presso l’ospedale di Cremona dal gennaio 2018 al giugno 2024. Il CSIA è stato calcolato, secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in litri per 1.000 giorni di degenza (ggdeg). I consumi sono stati calcolati sia globalmente, per tutto l’ospedale, sia per le singole unità operative. Il periodo in analisi è stato suddiviso in tre fasi, in rapporto all’andamento della pandemia di Covid-19: periodo pre-Covid-19 (1/2018-12/2019), periodo di pandemia di Covid-19 (1/2020-12/2022), e infine la fase di endemia di Covid-19 (1/2023-6/2024). È stata eseguita un’analisi della differenza di consumo della soluzione idroalcolica utilizzando il test Mann-Whitney. Risultati. Il CSIA nella fase pre-Covid-19 è stato pari a 16,7 L/1.000 ggdeg, nel secondo periodo, di pandemia, è salito a 32,2 L/1.000 ggdeg ed infine nel terzo periodo è sceso a 20,2 L/1.000 ggdeg. Il picco di consumo osservato durante il periodo pandemico è risultato avere una differenza statisticamente significativa sia con la fase precedente, fase 1 pre-Covid-19 (p=0,002), sia con la fase successiva, quella attuale di endemia di Covid-19 (p=0,02). Confrontando il periodo pre-Covid-19 e quello di endemia di Covid-19 la differenza non è risultata significativa (p =0,12). Il consumo degli ultimi 12 mesi (luglio 2023 – giugno 2024) è inferiore (20,2 L/1.000 ggdeg) rispetto a quello del 2019 della fase pre-pandemica (20,3 L/1.000 ggdeg), inoltre l’andamento tendenziale osservato nel 2019 era in progressivo aumento (da 12,6 a 23,6 L/1.000 ggdeg) mentre quello attuale è in progressivo calo (da 24 a 19 L/1.000 ggdeg). Differenze significative fra il periodo 2018-2019 e quello 2023-2024 si sono osservate solo in patologia neonatale con un incremento del consumo passato da 14 a 39 L/1.000 ggdeg (p=0,004), mentre in pediatria si è evidenziato un calo significativo, da 38 a 20 L/1.000 ggdeg (p=0,0085). Conclusioni. L’incremento del CSIA osservato durante la pandemia di Covid-19 si è esaurito con la trasformazione della pandemia in una endemia e i consumi si sono ridotti a meno di quanto riscontrato nel 2019, ma soprattutto si sta osservando un continuo e progressivo calo tendenziale. Nell’unico reparto in cui si è osservato un incremento di CSIA statisticamente significativo, la patologia neonatale, la differenza è quasi certamente da ascrivere ad un intervento di prevenzione controllo infezioni (IPC) legato ad una epidemia intercorrente di un germe multiresistente. Nonostante i molti anni di formazione specifica sul tema è necessario riprendere l’educazione sull’igiene delle mani, punto centrale di tutte le attività di IPC: un forte mandato centrale è indispensabile.





Miscellanea


P58.

Due domande sulle batteriemie da Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA): quale ruolo ha l’origine comunitaria e quale impatto ha avuto il Covid-19?

P. Brambilla, G. Chiodelli, L. Cimardi, S. Dal Zoppo,  A. Ferraresi, C. Fornabaio, M. Lupi, M. Milesi, S. Missorini,  A. Pan, S. Rapino, M. Rossi, F. Sagradi, E. Segalini,  M.L.R. Sinatra, T. Sophie, A. Zoncada

Ospedale di Cremona, ASST d Cremona

Introduzione. Lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) rimane uno dei principali patogeni multiresistenti identificati nostro Paese, il terzo per numerosità secondo i dati del sistema di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza dell’Istituto Superiore di Sanità (AR-ISS). La batteriemia rappresenta una delle patologie più gravi sostenute da MRSA. Nella maggior parte dei casi queste infezioni sono correlate all’assistenza sanitaria ma si possono avere anche forme di origine comunitaria. Non abbiamo dati precisi sull’impatto che ha avuto il Covid-19 sull’andamento di MRSA nel nostro Paese. L’obiettivo del nostro studio è di valutare l’origine dell’infezione, se associate all’assistenza sanitaria o comunitaria, e di valutare l’impatto delle ondate di Covid-19 sulle batteriemie da MRSA. Metodi. Sono state registrate tutte le batteriemie da MRSA identificate presso l’ospedale di Cremona dal gennaio 1997 a giugno 2024. Le infezioni sono state classificate come “comunitarie” se identificate entro le prime 48 ore di degenza e se non era presente un ricovero negli ultimi 3 mesi; sono state classificate come “nosocomiali”, se identificate oltre 48 ore dopo il ricovero, e come “correlate all’assistenza” se identificate entro le prime 48 ore di degenza e se era presente un ricovero negli ultimi 3 mesi. È stata calcolata la mortalità durante il ricovero nei pazienti con batteriemia da MRSA. È stata valutata l’incidenza delle infezioni durante le ondate di Covid-19, definite come una percentuale di posti letto dedicati ai pazienti con diagnosi di Covid-19 >5% del totale dei pazienti ricoverati in degenza ordinaria. Risultati. Nel periodo di sorveglianza ci sono state 121 batteriemie di origine comunitaria (20%). La proporzione di forme comunitarie nel periodo 1997-2001 è risultata del 9% (7/79) mentre negli ultimi 5 anni (7/2019-6/2024) è stata del 24% (37/157) (p=0,006). Durante il periodo Covid-19, nei 52 mesi dal marzo 2020 ad oggi, l’incidenza globale di batteriemie da MRSA è stata di 1,51 casi/10.000 gd, sovrapponibile a quanto osservato nei 52 mesi precedenti di 1,55/10.000 gd (11/2015-2/2020). L’incidenza massima osservata nella fase di Covid-19 è stata di 3,31/10.000 gd, durante la prima ondata (3/2020-6/2020), ed è stata la più elevata identificata negli oltre 27 anni di sorveglianza presso il nostro centro. Durante i 52 mesi del periodo Covid-19 non si sono evidenziate differenze significative nell’incidenza delle batteriemie da MRSA nei 23 mesi delle fasi di ondata (1,8 casi /10.000 gd) rispetto a quanto osservato nei periodi inter-ondata (1,28 casi /10.000 gd) (p=0,13). Negli ultimi 12 mesi la prevalenza è stata di 1,11/10.000 gd, la più bassa dall’inizio della pandemia. La mortalità in degenza dal 1997 ad oggi è stata del 29%, senza un andamento tendenziale di periodo, con ampie oscillazioni nel corso del tempo, con una mortalità minima del 9% nel 2001 e massima del 50% nel 2005. La mortalità nel periodo di Covid-19 è stata del 31%, non significativamente differente da quanto osservato nei 4 anni precedenti (2016-2019) (26%, p=0,44) e nei 24 anni del periodo pre-Covid-19 (1996-2019) (29%, p=0,63). Conclusioni. Nel corso del lungo periodo di sorveglianza si è osservato un significativo incremento delle forme di origine comunitaria, un dato epidemiologico preoccupante per il nostro Paese per le possibili implicazioni delle scelte di terapia empirica nei pazienti con infezioni di origine comunitaria. I dati di sorveglianza evidenziano come il Covid-19 non abbia causato un incremento sostanziale dei casi di batteriemie da MRSA né si evidenzia che la mortalità nei pazienti con batteriemia da MRSA sia aumentata durante la fase pandemica.


P59.

Il ruolo dell’ambulatorio codici bianchi e verdi  nella gestione del sovraffollamento nel pronto soccorso. Analisi ad interim in uno dei principali ospedali dell’area metropolitana genovese

E. Cantova1, F. Parente1, A.M. De Mite1, M. De Martini1, M. Re1,  S. Reggiani1, B. Velpini1, G. Cassatella2, G. Spatari2,  M. Caltabellotta3, B. Rebagliati1

1Direzione Medica di Presidio Ospedaliero POU, ASL 3 Genova; 2Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Genova; 3Direzione Sanitaria, ASL 3 Genova

Introduzione. Il sistema di emergenza-urgenza garantisce risposte immediate e tempestive ai bisogni di salute urgenti e non programmati della popolazione collocandosi come un punto cruciale del sistema sanitario, di cui va garantita la massima funzionalità. Il sovraffollamento dei servizi di Pronto-Soccorso (PS) costituisce un tema all’ordine del giorno per le ricadute inevitabili, e talvolta gravi, a carico dei pazienti, del personale medico e infermieristico impattando in termini organizzativi, sull’aumento di errore medico e sulla riduzione della qualità delle cure erogate, nonché sull’aumento di rischio di aggressioni per gli operatori sanitari. Il presente cross-sectional study ha come obiettivo la valutazione dell’impatto del nuovo ambulatorio codici Bianchi e Verdi dell’Ospedale Villa Scassi dell’ASL 3 Genovese sulle condizioni di iperafflusso in PS. Metodi. I dati sono stati estratti utilizzando l’Hospital International System considerando l’arco temporale compreso tra il 18 marzo (data di apertura dell’ambulatorio) e il 31 maggio 2024. È stata analizzata tutta la popolazione che ha effettuato un accesso presso l’ambulatorio PS nel periodo considerato, acquisendo i dati su provenienza, codice colore assegnato all’accesso e all’uscita dall’ambulatorio PS, esito dell’accesso. L’analisi statistica dei dati è stata effettuata utilizzando il software Microsoft Excel. Risultati. I dati rappresentano una estrazione parziale ad interim della valutazione annuale che è ancora in corso. Nel periodo di osservazione, sono stati registrati 748 accessi. I codici colore maggiormente rappresentati assegnati al Triage sono stati i codici verde (57,62%) e azzurro (25,53%) seguiti dal codice bianco (13,90%) e da una minima quota di codici arancioni (2,94%). A seguito della visita medica i codici venivano così riassegnati: codice verde 83,16%, codice bianco 12,97% e codice azzurro 3,61%. Alla dimissione i dati venivano pressoché mantenuti invariati (codice verde 83,69%, codice bianco 11,23%, codice azzurro 2,94%, codice arancione 1,20%). Nell’88,2% dei casi la codifica iniziale dell’infermiere triagista (assegnazione codice bianco verde) è risultata appropriata. Sul totale degli accessi (748) risultano al triage provenienti da domicilio 11,5% codici bianchi e 45,1% codici verdi; mentre, provenienti dal territorio 12,4% codici verdi e 2,4% codici bianchi. Inoltre, il 53,7% è stato dimesso a domicilio, il 29,4% è stato inviato al medico curante, l’1,5% è stato ricoverato, l’1,3% è stato ricoverato in OBI (Osservazione Breve Intensiva), l’1,1% è stato inviato ad ambulatorio specialistico e lo 0,1% è stato trasferito ad altro ospedale. Nel 73% dei codici bianchi e verdi è stato rispettato il tempo massimo di attesa per codice priorità (verde entro 120 minuti; bianco entro 240 minuti). Il tempo medio di attesa nei 3 mesi precedenti all’apertura dell’ambulatorio era di 5,30 ore ed è sceso a meno di 4 ore nei 3 mesi di valutazione post apertura. Conclusioni. Dall’analisi parziale dei dati a disposizione risulta evidente che l’apertura del nuovo ambulatorio codici verdi e bianchi abbia avuto un impatto considerevole nella gestione del sovraffollamento del pronto soccorso migliorando sia i tempi medi di attesa che l’organizzazione complessiva delle attività e dell’erogazione della cura.


P60.

Ospedalizzazioni per meningite batterica  prevenibili con vaccinazione

A. Manzella1, V. Avalos Clerici1, L. Salmaso2, F. Bortolan2,  U. Fedeli2, C. Barbiellini Amidei2, M. Saia2

1Università degli Studi di Padova; 2Regione Veneto - Azienda Zero

Introduzione. Le meningiti infettive di origine batterica (MIB) rappresentano un’importante causa di morbosità e di gravi complicanze e da oltre vent’anni sono disponibili le vaccinazioni nei confronti dei più comuni agenti eziologici (Haemophilus influenzae, Neisseria meningitidis e Streptococcus pneumoniae) modificandone l’epidemiologia. Allo scopo di dimensionare le ospedalizzazioni per MIB è stato condotto uno studio retrospettivo sulle dimissioni avvenute nell’ultimo ventennio nel Veneto. Metodi. Come fonte informativa ci si è avvalsi dell’archivio informatizzato delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) selezionando le dimissioni avvenute nel periodo 2002-2023 con la presenza degli specifici codici diagnosi ICD-9-CM riferiti alle MIB riportati sia come principale che secondaria. Per il calcolo dei tassi di ospedalizzazione (TO) standardizzati x100.000 abitanti si è fatto riferimento alla popolazione residente in Veneto nell’anno 2012 e dal calcolo della durata della degenza sono stati esclusi i deceduti. Risultati. A fronte di 7.095 dimissioni complessive con diagnosi di meningite infettiva avvenute tra il 2002 ed il 2023, il 51,4% (n.3.649) delle quali di origine batterica, con il 40,3% (n. 1.469) di queste, pari al 20,7% delle 7.095 meningiti infettive complessivamente ospedalizzate, è attribuibile ad infezioni prevenibili con vaccinazione: 28,6% (n. 1.044) causato da Streptococcus pneumoniae, l’8,1% (n. 295) da Neisseria meningitidis ed il 3,6% (n. 130) da Haemophilus influenzae. L’età media dei soggetti si è attestata a 45,7±27,7 anni, più elevata nel genere femminile (47,5 vs 44,0, p<0,0001). Considerando l’intero periodo di osservazione, il TO grezzo per MIB si è attestato a 3,3 (IC95%: 3,2-3,4) e quello standardizzato è risultato più elevato nel genere maschile (3,7, IC95%: 3,5-3,8 vs 3,0, IC95%: 2,9-3,2, p=0,0001) e soprattutto per le MIB non prevenibili con vaccino rispetto alle altre (2,0, IC95%: 1,9-2,1 vs 1,4, IC95% 1,3-1,4 p<0,0001). Le ospedalizzazioni per MIB prevenibili hanno evidenziato un aumento dopo il 2015 e un crollo durante il biennio pandemico da SARS-CoV-2, in occasione del quale si è evidenziato il valore più contenuto e pari a 0,5 (IC95%: 0,3-0,7) con un importante successivo rialzo fino al 1,3 del 2023 (IC95%: 1,0-1,7), ovvero ai valori prepandemici. Il TO specifico per età è particolarmente elevato al di sotto dell’anno di età (43,1, IC95%: 38,9-47,4), specie per le MIB non prevenibili (31,5, IC95%: 27,8-35,1) e nelle classi d’età 1-5 anni (4,6 IC95%: 4,0-5,2) e 60-89 anni (5,4, IC95%: 5,1-5,6). La durata della degenza mediana è stata di 16 giorni (IQR 10-28), con i valori più alti registrati nel biennio pandemico 2020-2021 (20 giorni, IQR 11-29 nel 2021). Durante il ricovero il 15,6% dei pazienti è transitato per la terapia intensiva, dato in aumento confrontando primo e ultimo anno dell’analisi, dal 13,1% nel 2002 al 18,3% nel 2023, e la percentuale di decessi complessiva si è attestata al 12,7% confermando l’elevata mortalità per tale patologia, senza significative differenze tra MIB prevenibili con vaccino e le altre. Conclusioni. Come evidenziato oltre la metà delle ospedalizzazioni per meningite infettiva è di eziologia batterica, con un 40% delle stesse prevenibili con vaccinazione, dato assolutamente non trascurabile in considerazione del fatto che continuano a rappresentare un rilevante problema di sanità pubblica, perché associate ad un forte rischio epidemico e all’assorbimento di una quota rilevante di risorse oltre alle gravi complicanze post-infettive quali disabilità permanenti e decessi.




P61.

Ricorso alle cure ospedaliere per erisipela nel Veneto

M. Saia1, A. Manzella2, C. Barbiellini Amidei1, L. Salmaso1,  F. Bortolan1, U. Fedeli1

1Regione Veneto - Azienda Zero; 2Università degli Studi di Padova

Introduzione. L’erisipela è un’infezione cutanea, prevalentemente sostenuta dallo streptococco beta emolitico di gruppo A, che nella sua forma più severa può richiedere cure ospedaliere. Con l’obiettivo di dimensionarne l’impatto nella Regione Veneto è stata condotta un’analisi retrospettiva sugli accessi al Pronto Soccorso (PS) e le eventuali conseguenti ospedalizzazioni. Metodi. Avvalendosi dei flussi SDO ed EMUR-PS, si è fatto riferimento alle dimissioni e agli accessi in PS nella Regione Veneto con codice di diagnosi ICD-9-CM (primaria o secondaria) “035 Erisipela”, calcolando i tassi annuali grezzi e standardizzati di ospedalizzazione (TO) e di accesso al PS per 100.000 residenti (standardizzazione diretta per età, rif. pop. residente 2002), valutandone il trend mediante l’Annual Percent Change (APC). Per le ospedalizzazioni sono stati considerati tutti i ricoveri avvenuti tra il 2002 e il 2023 mentre per gli accessi al PS il periodo analizzato è stato quello 2015-2023 in considerazione della limitata disponibilità del dato. Risultati. L’analisi degli accessi al PS nel periodo 2015-2023 ha registrato 33.716 accessi, con 3.700 accessi annui medi e un tasso standardizzato pari a 60,1 (95%CI: 59,4-60,8), in crescita tra il 2015 (49,9; IC95%: 48,0-51,8) ed il 2019 (74.0; 95%IC: 71,7-76,3 APC: 10,2 p-value: 0,006), con un drastico calo nel biennio pandemico e (48,2; IC95%: 46,4-50,0), e una successiva ripresa tornando ai valori prepandemici. Di rilievo la diminuzione del 35% delle ospedalizzazioni a seguito di accesso in PS, passati da 17% (n. 504) a 11,0% (n. 524) confrontando primo e ultimo anno di osservazione. Per quanto concerne le dimissioni con diagnosi di erisipela, tra il 2002 ed il 2023 si è assistito a 21.547 dimissioni, poco meno di 1.000 all’anno, per un TO standardizzato per età pari a 17,5 (IC95%: 17,3-17,8), più elevato per i maschi rispetto alle femmine (18,1; IC95%: 17,7-18,5 Vs. 16,6; IC95%: 16,3-16,9), e diminuito significativamente nel corso degli anni, passando da 22,5 a 16,0 (APC: -1,46 p-value: 0,0002), più marcatamente nelle femmine (da 23,2 a 13,8 APC: -2.35 p-value: <0,0001) rispetto ai maschi (da 20,4 a 18,6 APC: -0.22 p-value: 0,531). L’età media al ricovero è stata di 71,5 ± 16,2 anni, più elevata per le femmine rispetto ai maschi (75,3 ± 14,6 vs 66,7 ± 16,9) e complessivamente in crescita dal primo all’ultimo anno di analisi (da 66,9 ± 16,6 a 73,2 ± 17,1). Il 79,7% dei soggetti (n. 17.179) era ultrasessantenne e le classi d’età maggiormente rappresentate erano la 70-79 anni (TO: 57,6; IC95%: 56,1-59,1) e la over-80 (TO: 124,4; IC95%: 121,7-127,1), nella quale la differenza tra femmine e maschi è particolarmente accentuata (132,7 Vs. 108,1; p-value: <0,0001). Sovrapponibile per genere e pressoché costante è stata la degenza media, attestatasi a 11,8 ± 9 giorni. Conclusioni. Oltre a un quadro complessivo del ricorso alle cure ospedaliere in Veneto per erisipela in un lungo periodo evidenziando nel contempo le principali caratteristiche dei pazienti, dalla presente analisi emerge come, a fronte di un importante incremento degli accessi al PS, eccezion fatta per il biennio pandemico, il tasso di ospedalizzazione sia calato nel corso degli anni, evidenziando pertanto l’opportunità di un ulteriore potenziamento dell’offerta sanitaria extraospedaliera.


P62.

Analisi retrospettiva delle dimissioni per infezione meningococcica nel Veneto

V. Avalos Clerici1, A. Manzella1, L. Salmaso2, F. Bortolan2,  C. Barbiellini Amidei2, U. Fedeli2, M. Saia2

1Università degli Studi di Padova; 2Regione Veneto - Azienda Zero

Introduzione. L’infezione meningococcica (IM) rappresenta un’importante causa primaria di meningite batterica e setticemia che, pur interessando tutte le età, si manifesta prevalentemente in età pediatrica. La rapida progressione e l’imprevedibilità del decorso rendono complessa la gestione della malattia, caratterizzata da una elevata letalità e da significative sequele stimate tra il 10% e il 20%. Con l’obiettivo di dimensionare il fenomeno nel Veneto è stata condotta un’analisi retrospettiva nel periodo 2002-2023. Metodi. Avvalendosi dell’archivio informatizzato delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) sono state identificate le ospedalizzazioni per IM, selezionando gli specifici codici ICD9-CM 036.xx in tutti i campi diagnosi, calcolando il tasso standardizzato annuo di ospedalizzazione (TO) e di mortalità intraospedaliera (TM), espressi per 100.000 residenti, valutandone nel contempo l’andamento temporale mediante il calcolo dell’estimated annual percentage change (EAPC) e la significatività delle variazioni occorse. Risultati. Tra il 2002 e il 2023 sono state rilevate 470 ospedalizzazioni per IM riferite a 398 pazienti, per un totale di 6.677 giornate di degenza. Il TO, per l’intero periodo, è risultato pari a 0,43 per 100.000 residenti (IC95%: 0,39-0,47), con un andamento temporale significativamente in calo (EAPC: -5,5% IC95%: -8,0; -3,0; p=0,0003). La classe di età maggiormente interessata era quella pediatrica (TO 1,24 IC95%: 1,06-1,43), in particolare al di sotto dell’anno (TO 5,94 IC95%: 4,36-7,53) e tra 1 e 5 anni (TO 2,01 IC95%: 1,60-2,41), seguita dalla classe 15-19 anni (TO 1,02 IC95%: 0,74-1,31). Per il 6,2% delle ospedalizzazioni è stato necessario il ricorso alla terapia intensiva con un 10,9% dei ricoveri conclusosi con il decesso del paziente (n. 51), per un TM pari a 0,05 (IC95%: 0,03-0,06). Il 27% dei decessi ha riguardato pazienti in età prescolare per i quali si evidenzia un rischio maggiore di mortalità (TM: 0,23; RR: 6,41; IC95%: 3,40-12,09; p<0,0001) in particolare al di sotto dell’anno di età (TM: 0,44 RR: 10,26; IC95%:3,69-28,53; p<0,0001). Dall’analisi dei codici diagnosi ICD9-CM è emerso come le patologie maggiormente rappresentate fossero la meningite meningococcica (58,7%) e la meningococcemia (25,1%), l’encefalite meningococcica (5,3%) e la Sindrome Waterhouse-Friderichsen meningococcica (4,3%), gravate da una mortalità percentuale rispettivamente pari a 7%, 12%, 12% e 55%. TO e TM sono risultati sovrapponibili per genere. Conclusioni. Quanto emerso, in linea alla letteratura e al dato nazionale, conferma l’impatto delle infezioni meningococciche sia in termini di ospedalizzazioni che di letalità, evidenziando nel contempo, pur con il limite di non differenziare le ospedalizzazioni per ceppo di meningococco, una significativa flessione plausibilmente riconducibile all’efficacia della strategia vaccinale proposta.




P63.

Analisi epidemiologica descrittiva dei casi  di tubercolosi notificati all’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino dal 2018 ad oggi

F. Stella1, M. Pagnucco1, V. Paolozzi1, M. Scarpaleggia1,  M. Ogliastro1, A. Battistini2, B. Guglielmi2, M.G. Paoletti2,  F. Scola2, A. Talamini2, A. Orsi2

1Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Genova;  2UO Igiene, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino Genova

Introduzione. L’obiettivo di questa analisi è di descrivere l’epidemiologia dei casi di tubercolosi (TB) in termini di distribuzione temporale e le caratteristiche demografiche dei pazienti afferiti all’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino. Metodi. Sono state raccolte le schede di notifica di malattia infettiva riguardante la TB ricevute dall’UO Igiene dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino riferite al periodo 01/01/2018-08/07/2024. Dalle schede sono stati estrapolati dati relativi a: sesso, età, nazionalità e occupazione dei pazienti presi in esame. Inoltre, è stato valutato se le schede riportavano una diagnosi confermata o sospetta e l’esame diagnostico utilizzato. Risultati. In totale sono stati registrati 211 casi, 44 (20,85%) nel 2018, 57 (27,01%) nel 2019, 19 (9,00%) nel 2020, 22 (10,43%) nel 2021, 25 (11,85%) nel 2022, 32 (15,17%) nel 2023 e 12 (5,69%) nel 2024 fino all’8 luglio. Di questi, 136 erano maschi (64,45%) e 75 femmine (35,55%). Il campione era composto da 117 (55,45%) cittadini italiani e 72 (34,12%) cittadini stranieri, per altri 22 (10,43%) la nazionalità era invece sconosciuta. L’età media e mediana dei pazienti sono risultate rispettivamente di 51,57 (±21,82) e 51 (IQR 37). Per i cittadini italiani l’età media risulta di 62,29 anni (±20,43), mentre per i cittadini stranieri 35,87 (±16,00). Riguardo al profilo occupazionale 31 (14,69%) dei pazienti sono risultati disoccupati, 4 (1,90%) operatori sanitari, 10 (4,74%) studenti e 57 (27,01%) pensionati. Centonove (51,66%) infine sono i pazienti che svolgono un altro lavoro. I pazienti con TB accertata sono risultati 179 (84,83%), mentre i pazienti con TB sospetta 31 (14,69%). Di tutti i 211 casi, 110 avevano una diagnosi di TB polmonare e 30 di TB polmonare bacillifera, per un totale del 66,35% di pazienti con TB con interessamento polmonare, i restanti 71 pazienti (33,65%) hanno mostrato un altro tipo di TB. Infine nell’analisi del tipo del campione 27 sono risultati positivi alla ricerca del Mycobacterium tuberculosis complex al microscopio (12,80%), 16 hanno avuto colture di vari campioni positivi (7,58%), mentre 123 (58,29%) pazienti sono risultati positivi alla PCR eseguita su vari tipi di campioni. I restanti 45 pazienti (21,33%) hanno eseguito altri tipi di esami. Conclusioni. Dai dati raccolti emerge una distribuzione temporale che potrebbe essere stata influenzata dalle misure sanitarie introdotte per la pandemia Covid-19, perciò la riduzione del numero dei casi di TB registrati negli anni 2020 e 2021 potrebbe essere legata all’impatto del distanziamento e all’uso dei dispositivi di protezione individuale insieme a un certo grado di sotto notifica. I maschi sono risultati più colpiti rispetto alle femmine, mentre per la nazionalità si registra una maggioranza di cittadini italiani. Si può notare però che l’età media dei pazienti con cittadinanza non italiana risulti molto inferiore a quella dei pazienti cittadini italiani, nello specifico di 35,87 anni contro 62,29 anni. La PCR risulta la metodologia diagnostica più usata per l’accertamento della diagnosi di TB. Il monitoraggio dei casi permette un migliore approccio alla gestione e all’introduzione di eventuali misure preventive per questa patologia.


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Epidemiologia, suscettibilità antimicotica, fattori  di rischio e mortalità della candidemia in pazienti adulti: studio retrospettivo di 4 anni

G. Spinetto1, A. Centi2, C. Bruzzone1, A. Laureri1, B. Presi1,  C. Gandolfo1, C. Lorusso2

1Unità operativa di Terapia Intensiva, ospedale di Lavagna, ASL 4 Ligure; 2SSD Igiene ospedaliera, UICA, ASL 4 Ligure

Introduzione. La candidemia è una condizione clinica importante che aumenta la morbilità, la mortalità e i costi ospedalieri. Lo scopo di questo studio è stato quello di indagare l’epidemiologia della candidemia, la suscettibilità antifungina e il tasso di mortalità in 4 anni nei pazienti ricoverati presso l’unità di Terapia Intensiva dell’ospedale di Lavagna. Metodi. Questo studio retrospettivo è stato condotto da gennaio 2020 a giugno 2024. Abbiamo analizzato i dati raccolti sulla nostra cartella clinica elettronica e li abbiamo incrociati con quelli presenti sul database Prosafe-Margherita utilizzato nella nostra Terapia Intensiva. Risultati. Nel quadriennio 2020-2024 abbiamo registrato 1.631 ricoveri e 12 candidemie (0,7% dei pazienti ricoverati). L’incidenza dei vari tipi di Candida era così distribuita: 5 C. albicans, 9 C. non albicans (5 C. parapsilosis, 1 C. krusei, 3 C. glabrata). Un paziente ha sviluppato una candidemia sostenuta da C. albicans, C. parapsilosis e C. krusei ritrovate su emocolture eseguite in tempi diversi nel contesto del medesimo ricovero. Il sesso dei pazienti è risultato equamente distribuito (6 maschi e 6 femmine). L’età dei pazienti era così composta: 2 pazienti con meno di 60 anni; 5 pazienti con più di 60 anni e 5 pazienti over 80. La maggior parte dei pazienti aveva un BMI compreso tra 25 e 30. Il motivo di ammissione dei pazienti che hanno sviluppato candidemia era così distribuito: - Chirurgia addominale in urgenza: 5 pazienti; - Pancreatite: 2 pazienti; - Shock settico: 4 pazienti; - Infarto miocardico e annegamento in acqua di mare: 1 paziente. Il tempo di insorgenza della candidemia rispetto al tempo di ricovero in Rianimazione è stato così suddiviso: 4 pazienti avevano sviluppato candidemia già al momento del ricovero; 5 pazienti hanno sviluppato candidemia entro 10 giorni dal ricovero; 3 pazienti hanno sviluppato candidemia oltre il 10° giorno di ricovero. È stata analizzata la suscettibilità antimicotica: - C. albicans: 5 multi-sensibili; - C. krusei: 1 multi-sensibile; - C. glabrata: 2 sensibili a Micamine-Anfotericina-Caspofungina; 1 sensibile ad Anfotericina- Resistente a Micamine- Intermedia a Caspofungina; -C. parapsilosis: 3 Resistenti a Diflucan®; 2 multisensibili (con MIC 1 a Diflucan). I pazienti deceduti sono stati 7, i pazienti sopravvissuti sono stati 5. Conclusioni. L’assenza di resistenza antimicotica dei nostri C. albicans e una lieve resistenza alla candidemia di C. parapsilosis suggeriscono un possibile trattamento con fluconazolo come terapia di prima linea nel nostro ospedale, non appena possibile e continuando a eseguire il test antimicotico. Abbiamo anche osservato un aumento dei tassi di candidemia di non Albicans sp. La patologia acuta a partenza addominale è stata identificata come il più importante fattore di rischio per lo sviluppo di candidemia.


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Valutazione del processo di handover nel setting chirurgico per la continuità assistenziale  tra degenza e sala operatoria

D. Lombardi Fortino

Agenzia Regionale Sanitaria delle Marche

Introduzione. L’handover, o passaggio di consegna, è il trasferimento di informazioni e delle relative responsabilità riguardanti un paziente, tra i professionisti sanitari coinvolti nell’intero processo assistenziale. Questo sistema informativo, se non ben strutturato, può aumentare il rischio di errori di comunicazione, influenzando negativamente la sicurezza e la qualità dell’assistenza ai pazienti. La Joint Commission ha evidenziato come la maggior parte degli eventi sentinella sia attribuibile a una comunicazione inadeguata durante l’handover. Nel contesto chirurgico, il paziente è particolarmente vulnerabile a errori di comunicazione dovuti ai numerosi trasferimenti e alla varietà di operatori coinvolti in setting diversificati da differenti livelli di complessità assistenziale. Metodi. Nell’ambito del gruppo di lavoro istituito dall’ARS Marche per verificare le “Linee di governo adottate dalla Regione Marche nel percorso del paziente chirurgico programmato”, il Coordinamento Regionale ha realizzato, tramite la somministrazione di un questionario rivolto agli infermieri delle degenze e dei blocchi operatori che lavorano presso le Strutture/Enti del SSR del territorio marchigiano, l’analisi della loro percezione rispetto al fenomeno del “passaggio di consegne”. Risultati. La compilazione del questionario era volontaria. Dall’analisi preliminare dei questionari raccolti (Nr. 435), le équipe infermieristiche rispettivamente del Blocco Operatorio Nr. 206 (47%) e della degenza Nr. 226 (52%) ritengono, nella quasi totalità del campione (99%), che un efficace trasferimento di informazioni sia essenziale per la gestione del paziente chirurgico. Il gruppo infermieristico del blocco operatorio ritiene importante ricevere dal reparto di degenza le seguenti informazioni: a) rischio di trasmissione di una malattia infettiva, b) preparazione del paziente prima del trasferimento, c) valutazione del livello di coscienza e di autonomia prima del trasferimento, d) decorso post-operatorio. Il gruppo infermieristico della degenza ritiene importante ricevere dal blocco operatorio le seguenti informazioni: e) indicazioni sulla gestione del paziente nel post-operatorio, f) decorso intraoperatorio, compresa la eventuale comparsa di complicanze ed il posizionamento del paziente per l’intervento chirurgico. Complessivamente il 58% del campione definisce “buono” il sistema informativo in uso, mentre il 33% lo ritiene “scarso”. Il 94% considera fondamentale l’implementazione di uno strumento integrato e condiviso tra i due setting assistenziali. Conclusioni. L’integrazione del NMDS nel contesto chirurgico può migliorare l’accuratezza e la completezza del trasferimento delle informazioni del paziente, garantendo una migliore continuità assistenziale, contenere gli esiti sfavorevoli e migliorare gli outcome assistenziali.


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Vibrio alginolyticus e polmonite da aspirazione

A. Gallo, R.H.M. Sperning, D. Fioriti, F. Consoli, G. Olivieri,  S. Di Clemente, E. Magini, M. Mandato, M. Ciardullo,  S. Missori, I. Canullo, R.M. Oliverio, G. Parisi

UOC Microbiologia e Virologia, AO San Camillo Forlanini, Roma

Introduzione. La maggior parte dei microrganismi che vive negli ambienti marini è rappresentata da batteri Gram negativi che riescono a crescere in concentrazioni saline relativamente elevate (3,4-3,7% di NaCl) e a temperatura ottimale di circa 20-25°C. I microrganismi acquatici relativamente abbondanti in acqua di mare, ma normalmente assenti nel corpo umano, appartengono al genere Photobacterium, Shewanella, Psychrobacter e Vibrio. Il genere Vibrio comprende 110 specie che possono infettare l’uomo con ingestione di cibo o acqua contaminata. Le specie che più frequentemente causano infezione nell’uomo sono V. cholerae, V. parahaemolyticus e V. alginolyticus. In particolare, la presenza di V. alginolyticus in campioni biologici umani può rappresentare un marcatore di annegamento in acqua di mare. Questo case report descrive l’isolamento di V. alginolyticus da aspirato bronchiale di un paziente con polmonite da aspirazione di acqua di mare. Metodi. Paziente tra i 30 e i 40 anni. viene ricoverato per frattura del soma vertebrale, perdita di coscienza, polmonite da inalazione di acqua di mare. Al nostro laboratorio di Microbiologia viene inviato un aspirato bronchiale per esame colturale per batteri e Miceti. Il campione viene seminato mediante il sistema WASP Lab Copan’s full Lab Automation sui terreni MCK, COS, CNA, HAE2, BCSA di Biomerieux. Dopo 24h di incubazione l’imaging digitale ha mostrato crescita batterica in carica >10ˆ5 UFC/ml di 2 microrganismi diversi. Risultati. L’identificazione con spettrometria di massa MALDI-TOF ha rilevato la presenza di S. aureus e V. alginolitycus. V. alginolyticus presentava colonie grigiastre e traslucide su COS e HAE2 e la colorazione di Gram ha evidenziato bacilli Gram negativi con caratteristica “forma a virgola”. L’esame microscopico a fresco ha mostrato mobilità positiva, test dell’ossidasi positivo e fermentazione per gli zuccheri positiva su TSI. L’antibiogramma eseguito secondo le indicazioni EUCAST per Vibrio spp. ha rilevato sensibilità nei confronti di chinolonici, macrolidi, cefalosporine di terza generazione, tri-metroprim/sulfametossazolo e aminopenicilline con inibitori delle beta-lattamasi; pertanto viene iniziato il trattamento con Piperacillina-tazobactam e Vancomicina con risultato soddisfacente. Conclusioni. V. alginolyticus non fa parte della normale flora microbica dell’apparato respiratorio umano pertanto il suo rilevamento dall’aspirato bronchiale si correla con l’acquisizione di una polmonite da aspirazione di acqua di mare. L’isolamento di batteri marini da campioni respiratori deve far sempre sospettare la sindrome da annegamento.




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Possibile reattività crociata tra Legionella  ed Enterococcus faecium

M.G. Maluccio1, P. Falco1, M. Musolino1, C. Farilla1,  M.T. Coppola2, M.T. Gallo3, D. De Luca4

1Struttura Complessa Direzione Medica Presidio Ospedaliero Centrale POC Azienda Sanitaria Locale di Taranto; 2Struttura Semplice Dipartimentale Psicologia del Lavoro; 3Servizio Prevenzione e Protezione Azienda Sanitaria Locale di Taranto, Medico competente; 4Servizio Prevenzione e Protezione Azienda Sanitaria Locale di Taranto.

Introduzione. In letteratura sono documentati casi di reattività crociata, con l’esame sierologico, tra la Legionella ed altri microrganismi come Campylobacter e Pseudomonas species (Boswell, 1996; Marshall et al, 1994). Viene qui presentato un caso di un paziente con più di 75 anni ricoverato, per embolia con infarto cerebrale. Per il sopraggiungere di sintomi correlabili ad un’infezione delle basse vie aeree e febbre, viene eseguita ricerca dell’antigene urinario per Legionella che risulta negativa in più di una occasione. Metodi. Nell’ambito dei controlli di laboratorio per l’accertamento diagnostico, nella prima fase venivano eseguiti: 1. esame colturale su campione di espettorato (a distanza di 14 giorni dal ricovero), positivo per Enterococcus faecium e Candida albicans; 2. esame colturale su lavaggio broncoalveolare BAL (a distanza di 15 giorni dal ricovero), positivo per Enterococcus faecium; 3. sierologico con metodica in chemiluminescenza per ricerca anticorpi anti Legionella, risultati positivi (IgG 1,90 e IgM 5,36 con cut off >1,10). Risultati. Per la conferma della diagnosi a distanza di 28 giorni dal ricovero è stato eseguito un esame molecolare Pneumotris PCR real time su espettorato con risultato negativo che escludeva, pertanto, la conferma della diagnosi di legionellosi. Conclusioni. Un risultato positivo su un singolo campione sierologico non ha valore diagnostico, come ampiamente riportato in letteratura, anche per la possibilità di falsi positivi dovuti alla cross reattività con altri microrganismi. Nel case study presentato, presumibilmente, è ipotizzabile una cross reattività con l’Enterococcus faecium da cui potrebbe essere derivata la positività sierologica. L’esclusione dell’infezione da Legionella è stata dimostrata dall’esame molecolare risultato negativo. Nei casi di sospetta legionellosi con Ag urinario negativo e sierologia positiva, in presenza di campioni colturali positivi ad altri microrganismi, andrebbe sempre valutata la possibilità di un falso positivo con l’esecuzione dell’esame molecolare per la conferma della legionella ovvero procedendo direttamente con la PCR in fase di primo step diagnostico.


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Controllo microbiologico ambientale:
un esempio di raccolta e valutazione dati

L. Puce1, O. Maiorano2, M. Laneve1

1UOC Patologia Clinica e Microbiologia PO Scorrano ASL LECCE;  2Direzione Medica PO Scorrano ASL LECCE

Introduzione. Alla fine degli anni ’50 si iniziò ad ipotizzare una correlazione tra infezioni ospedaliere e qualità dell’aria, ma l’interesse per la valutazione della contaminazione microbica dell’aria si è accresciuto soprattutto negli ultimi 20 anni. In ambito ospedaliero tale monitoraggio viene eseguito effettuando controlli dell’aria e delle superfici di lavoro. Esistono 2 modalità di campionamento dell’aria: quello attivo mediante campionatori attivi, che aspirano volumi predeterminati di aria, e quello passivo, per sedimentazione dei microorganismi, veicolati da particelle solide o liquide sospese nell’aria, su terreni di coltura, successivamente quantificati e ed identificati. Metodi. Nel PO di Scorrano, in seguito all’elaborazione di una procedura condivisa con la Direzione Medica e i reparti interessati, viene eseguito mensilmente dal 2012 il monitoraggio microbiologico dell’aria, utilizzando il campionamento passivo (Linee Guida INAIL, 2009). Le aree monitorate sono le Sale Parto della UOC di Ostetricia e Ginecologia, con le seguenti postazioni: letto parto, tavolo servitore e isole neonatali, e l’Open- Space e la Sala Isolamento della UOC di Rianimazione con le quattro zone: letto, carrello terapia, piano d’appoggio ventilatore e piano d’appoggio monitor. Una volta effettuata la disinfezione delle aree, vengono posizionate le seguenti piastre: Agar Columbia (COS), per la crescita di diverse specie microbiche, Agar Mac Conkey (MCK), per la crescita di batteri Gram negativi, Agar mannitolo (MSA2) per la crescita di batteri Gram positivi e Agar Sabouraud con Cloramfenicolo e Gentamicina(SGC2) per la crescita di lieviti e funghi filamentosi. Le piastre COS, MCK e MSA2 sono incubate in camera termostatata a 35-37° C per 48 ore, mentre le piastre SGC2 sono incubate a temperatura ambiente per tempi più lunghi. Poi si procede al conteggio delle colonie e alla loro identificazione col sistema Vitek2 (Biomerieux). Il metodo utilizzato è l’Indice Microbico Aria (IMA), che esprime il grado di inquinamento microbiologico dell’aria come numero di unità formanti colonia (UFC) che si contano in una piastra Petri di 9 cm di diametro, contenente agar nutriente, lasciata aperta nell’ambiente per un’ora, ad un metro da terra e ad un metro da ogni ostacolo fisico rilevante. Per i valori di riferimento esistono quattro classi, definite dall’IMA, che prevede che, in assenza di normative ufficialmente approvate, l’operatore individui quale classe di contaminazione microbica dell’aria adottare come limite massimo per l’ambiente da monitorare, in base al rischio di infezione che questo presenta. Nel nostro caso utilizziamo la seconda classe, che definisce gli ambienti ad alto rischio con un valore massimo di 25 UFC/piastra. Risultati. Dal 2012 ad oggi sono stati effettuati circa 2.000 campionamenti. Nella maggior parte dei casi è stata rilevata una conta batterica al di sotto della soglia ed ascrivibile spesso alle specie di Staphylococcus coagulasi negativi. Sono stati riscontrati rari casi di colonie fungine e di colonie di batteri Gram -. Recentemente abbiamo riscontrato in una sala parto colonie di Aspergillus spp, che hanno permesso di evidenziare una zona umida nel soffitto poi sanificata. È stato possibile, valutando la contaminazione microbica, evidenziare la causa ed adottare azioni correttive specifiche. Non abbiamo notato differenze di contaminazione microbica dell’aria tra periodo pre-covid e post-covid. Conclusioni. Il campionamento passivo è un sistema semplice, economico, che consente di fare più campioni ed usare più terreni contemporaneamente, con la possibilità di posizionare le piastre in vicinanza delle zone di possibile inquinamento. Esso consente di avere una stima diretta del numero di microrganismi che si depositano sugli oggetti. Tale campionamento però non permette di correlare il dato delle colonie con un volume noto di aria (ufc/metro cubo). Col campionamento su piastra si rileva solo la frazione microbica vitale, in grado di riprodursi e di formare colonie visibili, ma la modalità di campionamento, può determinare una condizione di stress per i microrganismi, compromettendone la vitalità e comportando una possibile sottostima del rischio biologico. L’utilità dei campionamenti ambientali sta nel poter correlare tali dati con quelli epidemiologici, per cercare di ridurre le infezioni ospedaliere e promuovere le buone pratiche assistenziali.